Europa, meglio noto come EUR, è il nome del trentaduesimo quartiere di Roma, indicato con Q.XXXII.
Si trova nell’area sud della città, a ridosso del fiume Tevere.
La posizione dell’EUR ne fa un essenziale nodo fra il centro e i quartieri del lido, nonché verso la nuova Fiera di Roma, la zona aeroportuale di Fiumicino e la zona industriale a sud della Capitale.
Storia
La tenuta delle Tre Fontane era vastissima si estendeva dalla Porta San Paolo fino all’attuale complesso dell’Eur. Nel 1936, dopo la vittoria in Abissinia, fu presentata ufficialmente la richiesta di effettuare a Roma, in occasione del Ventennio Fascista del 1942, l’Esposizione Universale. Fu individuata, anche grazie all’accanito sostenitore Senatore Virgilio Testa allora Segretario Generale del Governatorato, la tenuta delle Tre Fontane. Fu costituito l’Ente Autonomo per l’Esposizione Universale ed Internazionale.
Originariamente noto come E42 (Esposizione 1942), il suo nome fu variato in E.U.R. dall’acronimo di Esposizione Universale di Roma quindi, con delibera n. 2509 del 5 maggio 1965 della Giunta Municipale, assume l’attuale nome Europa, pur rimanendo conosciuto con l’acronimo.
L’EUR è un quartiere moderno celebre per la sua architettura razionalista, concepito e costruito in occasione dell’Esposizione Universale che si sarebbe dovuta tenere nella Capitale nel 1942, per celebrare il ventesimo anniversario della Marcia su Roma. La manifestazione venne poi annullata a causa della Seconda guerra mondiale, ed il quartiere, allora in fase di costruzione, venne completato in tempi successivi.
Architettura
Il Quartiere occupa un’area di 420 ettari ed ha un perimetro pentagonale. Il nuovo quartiere EUR ha presentato nel corso della sua espansione dei singolari pregi non riscontrati
poi in nessun altro quartiere di Roma. Una particolare rapidità di
comunicazione interne ed esterne, un’assoluta modernità di impianti pubblici, un’alta dignità degli edifici monumentali forse ancora poco sfruttata, una massima razionalità ed armonia di sviluppo urbanistico ed edilizio.
Il progetto venne presentato nel 1938, sotto la direzione di Marcello Piacentini. Il modello è ispirato, secondo l’ideologia fascista, all’urbanistica classica romana, apportandovi elementi del Razionalismo Italiano.
Edifici di particolare rilievo sono:
• Il Palazzo della Civiltà Italiana di Giovanni Guerrini, Ernesto Lapadula e Mario Romano
• Il Palazzo dei Congressi di Adalberto Libera
• L’Archivio Centrale dello Stato
• la stele dedicata a Guglielmo Marconi
• La Chiesa dei Santi Pietro e Paolo (la costruzione domina il quartiere dall’alto, e doveva essere, secondo i piani originali, il mausoleo di Mussolini)
• Il PalaLottomatica (precedentemente PalaEur), progettato da Pier Luigi Nervi e Marcello Piacentini
• Il Fungo (serbatoio idrico che deve il nome alla sua caratteristica forma, attualmente ospita un ristorante panoramico)
• Obelisco Novecento (di Arnaldo Pomodoro, inaugurato nel 2004, è il più moderno obelisco di Roma)
È presente inoltre un’area museale che comprende tra gli altri il Museo della Civiltà Romana, il Museo Nazionale dell’Alto Medioevo ed il Museo Nazionale Preistorico Etnografico Luigi Pigorini, oltre ad un nuovo planetario, con annesso Museo dell’Astronomia, aperto nel 2004.
La costruzione del quartiere venne ultimata solamente alla fine degli anni cinquanta in occasione della XVII Olimpiade, tenutasi a Roma nel 1960, completando alcune infrastrutture, come il Palazzo dello Sport progettato da Nervi e Piacentini e il Velodromo, nonché dando l’attuale struttura al laghetto ed alla zona verde ad esso limitrofa.
Oggi il quartiere è un vero e proprio “Centro Direzionale
Amministrativo”, nonostante siano destinate ad aree libere e verde pubblico il 47% della superficie totale del comprensorio.
LunEur
Un’altra importante infrastruttura del quartiere è senza dubbio il Luneur, il luna park permanente di Roma. È il Luna Park più antico d’Italia; fu costruito inizialmente come attrazione temporanea all’interno dell’Expo agricolo del 1953. Visto il successo che riscosse, venne chiesto agli organizzatori di mantenerlo aperto ogni anno per un certo periodo. Dal 1960, anno delle Olimpiadi, rimase aperto tutto l’anno e cinque anni dopo assunse, tramite referendum, il nome attuale. Attualmente conta centotrenta attrazioni a conduzione familiare ed osserva un giorno di chiusura settimanale.
Dopo vari interventi di rinnovamento ha riaperto nel marzo del 2007 con settanta attrazioni, varie mostre e musei, percorsi a tema e spettacoli. Nell’aprile 2008 l’improvvisa chiusura, dovuta alla ridefinizione societaria e alla messa in sicurezza.
L’ente EUR
L’ Ente Autonomo Esposizione Universale di Roma gestisce l’organizzazione del quartiere in parziale autonomia dal Comune di Roma. Istituito con legge del 26 dicembre 1936, è stato in seguito trasformato in società per azioni.
Gran parte del patrimonio mobiliare ed immobiliare del quartiere è di proprietà di EUR S.p.A. (già Ente EUR), partecipata dal Ministero dell’Economia per il 90% e dal Comune di Roma per il 10%.
L’EUR e la Tenuta di Ferratella
Il territorio su cui attualmente sorge il moderno quartiere dell’E.U.R. ha rappresentato, fin dai primi secoli della storia dell’Urbe e successivamente durante tutta l’epoca romana e medioevale, una posizione di notevole importanza, venendo quasi a costituire, a sud di Roma, un punto di congiunzione tra l’immediato suburbio e la campagna vera e propria.
Durante gli sbancamenti, operati negli anni dal 1937 al 1939, per la realizzazione dell’intero quartiere, non fu mai data una descrizione accurata dei rinvenimenti e non tutti i resti messi in luce furono adeguatamente salvaguardati, anzi la maggior parte delle strutture fu distrutta, per permettere il proseguimento dei lavori d’urbanizzazione dell’area.
La funzionalità del quartiere era ulteriormente accresciuta, oltre alla relativa vicinanza all’importantissimo centro di scambio come il porto di Ostia, anche dalla presenza di un vicino borgo, noto con il nome di vicus Alexandri, considerato uno dei principali scali commerciali lungo il percorso suburbano del Tevere.
Il complesso portuale, situato tra la collina su cui sorge il Forte Ostiense e quella più a sud detta di Ponte Fratto, pur avendo origini probabilmente risalenti ad epoca medio repubblicana, non viene mai menzionato dalle fonti prima della metà del IV secolo d.C., quando ce ne dà una breve notizia Ammiano Marcellino (Rerum gestarum libri, XVII, 4, 14).
Nell’area in cui si è voluto porre il vicus Alexandri provengono numerosi ritrovamenti: due documenti del 1321 ricordano il carico di marmi dal Portus Grapiliani, denominazione che assunse la località durante l’epoca medievale; nel ‘700, nelle diverse vigne della zona, furono rinvenute iscrizioni, sia funerarie sia votive, resti di colombari e ruderi di un imponente mausoleo. Alcuni rinvenimenti compiuti nell’800 misero in luce ambienti termali, un bacino lustrale, un sepolcro in blocchi di peperino, cippi per la delimitazione di tombe, iscrizioni funerarie e resti forse pertinenti alle strutture portuali.
Tra il 1891 e il 1897, sulla riva sinistra del fiume, emersero a circa 4 chilometri dalla porta di S. Paolo, muri di fondazione in scaglioni di tufo con paramento in cortina laterizia, pavimenti in mosaico a tessere bianche e nere e soglie di travertino; successivamente, sulla riva sinistra del fiume, nei prati fra la Basilica di S. Paolo e il bivio detto “del Ponticello”, fu rinvenuto, a circa 700 metri a sud della Basilica, un muraglione di circa 22 metri di lunghezza realizzato in scaglioni di tufo legati con malta (forse poteva trattarsi di una sponda murata). Altre porzioni di banchine sono riemerse in anni recenti poco a valle dell’ansa sottostante la Basilica di S. Paolo, lungo la riva destra del fiume.
Con ogni probabilità le strutture di questo vicus dovevano rappresentare uno scalo intermedio nella navigazione di risalita del Tevere da Ostia a Roma, intorno alle quali si era sviluppato, a partire dalla metà del IV secolo a.C., un centro abitato: sul lato sinistro della Via Ostiense si dovevano trovare le abitazioni, mentre sul lato destro doveva essere la zona commerciale con uffici e magazzini.
L’area occupata dal moderno complesso urbanistico dell’E.U.R., collocata in una posizione sopraelevata e caratterizzata da una serie di pianori dagli estesi orizzonti, si prestava favorevolmente, durante il periodo romano, all’insediamento di piccole fattorie e ville residenziali garantite anche da una locale rete stradale particolarmente ricca e ben articolata.
Questa maglia viaria poteva contare, oltre alla Via Ostiense e alle due vie che portavano nell’agro Laurentino, entrambe con andamento nord sud, anche di un lungo asse viario che, staccandosi verosimilmente al sesto chilometro dell’antica Via Ostiense, tagliava diagonalmente il comprensorio, da nord ovest a sud est, e si univa, una volta incrociato il percorso della moderna Via Laurentina, nei pressi di Ponte Buttero, con l’antica Via Ardeatina mediante un diverticolo ricalcante l’attuale Via di Vigna Murata.
Oltre a quest’asse stradale, in questa zona dovevano probabilmente convergere altre due vie: una, il cui tracciato è solo ipotetico, ricalcava la moderna Via Laurentina, l’altra, probabilmente un diverticolo di cui era già noto da tempo un breve tratto, proveniva dall’Abbazia delle Tre Fontane e tagliava diagonalmente questo complesso con andamento nord est sud ovest.
Il percorso della tangenziale, che tagliava in due il comprensorio dell’E.U.R., portato in luce in vari segmenti durante gli sbancamenti per la realizzazione del nuovo quartiere e della Via Cristoforo Colombo, si dirigeva nel primo tratto, con un andamento grosso modo regolare nord nord ovest, a destra di un’altura ora occupata dal Piazzale delle Nazioni Unite, per poi deviare decisamente, all’altezza di Piazzale Guglielmo Marconi, verso sud est; in particolare in quest’area fu messo in luce un tratto di strada basolata, compreso fra l’attuale Piazzale Konrad Adenauer e Via Ciro il Grande, in cui la via, evitando tutta una serie d’alture, correva lungo un avvallamento delimitato a sud da una collina ed a nord da banchi tufacei, probabilmente già sfruttati in epoca antica come cava di materiali da costruzione.
Nel 1938, nell’area occupata attualmente dal Piazzale delle Nazioni Unite, durante la realizzazione delle fondazioni per la costruzione del palazzo dell’I.N.A., furono rinvenuti alcuni resti delle strutture murarie di un tempio arcaico, databili al V secolo a.C., e frammenti appartenuti alla decorazione fittile dell’edificio cultuale (un’antefissa policroma con raffigurazione di una cavallo e decorazione con motivi a riquadri nella parte inferiore, un frammento di lastra raffigurante la parte superiore di una gamba maschile, un frammento policromo di un elemento per la copertura del tetto e un frammento di piede relativo ad un ex voto).
Il tracciato stradale, prima di raggiungere la Via Cristoforo Colombo, nelle vicinanze della quale fu rinvenuto un brevissimo tratto di strada basolata, aveva una diramazione ad est lungo l’asse dell’attuale Piazzale dell’Agricoltura; nell’angolo formato dalla biforcazione furono rinvenuti i resti di una tomba. Questa diramazione stradale doveva probabilmente raggiungere una piccola altura, all’altezza di Piazzale dell’Industria, dove emersero un gruppo di tombe, e raccordarsi, nei pressi del Santuario della Madonna delle Tre Fontane, con il tracciato ricalcante la moderna Via Laurentina.
Recentemente in quest’area, durante alcuni lavori di sterro, sono stati recuperati, all’interno di una fossa scavata nel banco di tufo, alcuni ex voto fittili databili tra il IV e gli inizi del III secolo a.C. (una mezza testa femminile e un piede sinistro); il tipo di materiale rinvenuto può essere messo in relazione con un luogo sacro probabilmente legato al culto delle acque od una vicina fonte, identificabile verosimilmente all’interno del complesso dell’Abbazia delle Tre Fontane.
La presenza di questi votivi fittili e il precedente rinvenimento in zona, durante gli sbancamenti del 1938, di elementi architettonici d’età arcaica (due antefisse a testa femminile, due frammenti di lastre fittili con decorazione geometrica e figurata, un frammento di antefissa policroma con palmette e un frammento policromo di un piede calzato, forse relativo ad un ex voto), probabilmente riferibili alla decorazione di un altro edificio cultuale, può far ipotizzare l’esistenza, sull’altura ora occupata dal moderno complesso delle Madonna delle Tre Fontane, di un secondo santuario con una sua prima fase databile tra la fine del VI ed gli inizi del V secolo a.C. ed una successiva frequentazione dell’area almeno fino alla metà del III secolo a.C.
Ulteriori resti dell’asse viario affiorarono, ancora per diversi tratti e a varie distanze, nella zona compresa tra gli edifici che ospitano il Museo Nazionale Preistorico ed Etnografico “Luigi Pigorini” e quello della Marina Mercantile; in questo settore di scavo furono messi in luce, ai lati del tracciato viario, resti di un sarcofago liscio in terracotta collocato alla stessa quota del piano stradale, un muro in blocchi di tufo giallo che rivestiva un nucleo cementizio in scaglie di pietra, un gruppo di tombe a camera, colombari, numerose tombe a fossa con copertura a cappuccina, tracce di muratura a blocchi di tufo e avanzi di murature forse attribuibili ad altri sepolcri.
A Nord di quest’area, in particolare su di un’ampia collina attualmente compresa tra Viale della Civiltà Romana e Viale della Letteratura, furono messi in luce, durante alcuni lavori che portarono successivamente al completo livellamento dell’altura, i resti di un vasto complesso rustico identificabile in una villa romana databile alla tarda età repubblicana (fine II secolo a.C. inizi I secolo d.C.).
Del complesso furono messi in luce numerosi ambienti, quasi tutti con orientamento est ovest, con paramenti di muratura in opera reticolata di tufo; vennero anche rinvenuti, all’interno di alcune stanze, pavimenti in mosaico con decorazioni floreali, in opus spicatum e in cocciopesto.
All’interno dell’insediamento furono evidenziati anche i resti di un sistema di raccolta per le acque, costituito da alcune cisterne e cunicoli scavati nel banco di tufo con rivestimento d’intonaco idraulico; presso l’estremità meridionale della villa fu identificato un pozzo di forma circolare.
Si potrebbe ipotizzare che l’area facesse parte di un tenuta appartenente alla gens Antonia, Cornelia o Cassia: sappiamo, infatti, che tra i fondi che componevano nel VII secolo d.C. la massa quae Aqua Salvias nuncupatur, vale a dire la Tenuta delle Tre Fontane, erano compresi quelli denominati Antoniana, Cassianum e Cornelianum.
L’asse stradale, di cui non furono evidenziati ulteriori resti, proseguiva verso sud est andando a raggiungere la moderna Via di Vigna Murata.
Su un’altura delimitante a nord questa strada, a circa 500 metri a sinistra dall’incrocio con la moderna Via Laurentina, furono rinvenuti i resti di una cisterna romana realizzata in calcestruzzo di selce nota con il nome di “ruderi delle Grotte d’Arcaccio”. Sulle strutture d’epoca romana, di cui attualmente non rimangono che alcuni tratti della parete sud, fu fondata, tra il X secolo e l’XI secolo d.C., una torretta d’avvistamento realizzata in blocchetti regolari di tufo; la torre occupava un’ottima posizione in quanto, oltre a vigilare sulla Via Laurentina, poteva controllare una strada d’origine romana, l’odierna Via di Vigna Murata, che univa la Via Ostiense all’Appia.
Nel 1971, a circa 250 metri prima dell’incrocio di Via del Serafico con Via del Tintoretto, durante alcuni lavori per la realizzazione di un edificio, furono rinvenuti i resti di un sepolcro ipogeo; la tomba, costruita con un paramento in opera mista di laterizi e tufelli, accoglieva, all’interno di due celle, sepolture ad inumazione ed incinerazione.
Anche l’attuale tracciato di Via Laurentina, da Ponte Buttero fino all’altezza della città militare della Cecchignola, doveva ricalcare i resti di un’antica strada.
Nel 1942 all’incrocio di Via Laurentina con Via del Fenilone, durante la realizzazione della centrale elettrica, fu scoperto un cunicolo scavato nel banco di tufo, le cui pareti erano rivestite con un sottile strato d’intonaco idraulico in cocciopesto; a meno di 300 metri ad est da quest’area, lungo Via dei Radiotelegrafisti, nel 1959 furono rinvenuti tre tombe con sarcofagi di marmo bianco.
A breve distanza da quest’area, nella zona di Ponte Buttero, vennero in luce nel 1926 altri due sarcofagi in marmo, databili al III secolo d.C. (uno presentava la raffigurazione di una scena di orante, l’altro con strigilatura, aveva nella parte centrale circolare la raffigurazione delle tre grazie ed agli angoli eroi sorreggenti delle fiaccole); altri elementi architettonici, forse decorazione di antichi sepolcri, andati completamente distrutti durante la costruzione degli edifici, sono conservati all’interno di un giardino condominiale in Via dei Corazzieri, di fronte a Via dei Guastatori.
I resti di un lungo tratto di strada basolata furono rinvenuti nel 1953, al chilometro 6,500 della Via Laurentina, nei pressi dell’incrocio con Via Oscar Sinigaglia, durante i lavori d’ampliamento del villaggio Giuliano-Dalmata. Dell’asse basolato fu messo in luce un tratto che conservava ancora sul lato est i margini a blocchi di basalto disposti verticalmente.
Recentemente, tra marzo e giugno del 1995, a meno di 150 metri a sud da quest’area, durante gli sbancamenti operati per il raddoppio dell’attuale tracciato di Via Laurentina, sono stati messi in luce i resti di un probabile complesso abitativo d’epoca romana, tracce di un pozzo-cisterna scavato nel banco di tufo e i resti di una necropoli d’età imperiale.
Nel 1969, a circa 600 metri ad ovest da questi ritrovamenti, furono rinvenuti, durante la realizzazione del Piano di Zona 37 Ferratella, i resti riferibili ad una villa rustica databile tra la fine del II secolo a.C. e gli inizi del I secolo d.C.; del complesso, già in parte sezionato dallo sfruttamento dell’area ad uso di cava per la pozzolana, vennero messe in luce alcune murature di terrazzamento, realizzate in opera reticolata di tufo ed in calcestruzzo di selce e i resti di una cisterna in calcestruzzo con copertura a volta.
Lo scavo dell’impianto rustico della villa mise in evidenza un sistema costituito da canalette e fosse scavate nel banco di tufo, utilizzate probabilmente per la raccolta e conservazione delle acque meteoriche; fu inoltre individuato un complesso idrico sotterraneo costituito da pozzi e cunicoli scavati nel tufo e rivestiti d’intonaco idraulico in cocciopesto.
Dopo un periodo di abbandono, probabilmente avvenuto sul finire del II secolo d.C., il complesso rustico venne riutilizzato come area di necropoli; all’interno di alcuni ambienti furono messe in luce una serie di tombe a fossa con copertura di tegole disposte alla cappuccina o all’interno di anfore di tipo africano (III secolo d.C.).
Come si può vedere, questi sporadici rinvenimenti concorrono alla ricomposizione dell’antico tessuto topografico di una vasta area che, proprio per la mancanza di ruderi affioranti sul terreno, non era stata finora inquadrata nel suo giusto contesto.
La probabile esistenza di luoghi di culto, a partire dal periodo arcaico, e la presenza di resti della fine della repubblica e di varie testimonianze relative ad epoca imperiale, testimoniano una continuità di vita e un crescendo di insediamenti in tutta la zona.