Castel Porziano è il nome della ventinovesima zona del comune di Roma nell’Agro Romano, indicata con Z.XXIX.
Si trova nell’area sud del comune, separata dal complesso cittadino. Rientra nei territori amministrati dai municipi XII e XIII di Roma.
Tenuta Presidenziale
La Tenuta Presidenziale di Castelporziano, dista circa 25 Km dal centro di Roma e si estende su una superficie di 59 Km2 (5892 ettari) comprendendo alcune storiche tenute di caccia quali “Trafusa, Trafusina, Riserve Nuove e Capocotta”, comprendendo circa 3,1 Km di spiaggia ancora incontaminata.
Castelporziano è in parte delimitata dalla via Cristoforo Colombo, che collega la capitale ad Ostia, dalla strada statale Pontina, che raggiunge la città di Latina ed in parte dalla strada statale litoranea che da Ostia conduce ad Anzio.
Territorio
Non è solo una Tenuta ma un mondo a sé stante: un posto bellissimo, naturale, di grande quiete a soli 16 chilometri da Roma, verso il mare, che si estende per 6.000 ettari: il suo perimetro è di quasi 50 chilometri. La sorveglianza è strettissima – anche se non si vede – per preservare questa che ormai è un’oasi verde, di così rara bellezza; dal 1979 nel territorio della Tenuta è stato imposto il silenzio venatorio; per questo non si caccia più.
La Tenuta è abitata solo nel Borgo dove risiedono stabilmente 44 famiglie tra Polizia, Carabinieri e Guardie Forestali e addetti alla manutenzione del territorio; il “Borgo”, quindi, è l’unico insediamento abitativo della Tenuta.
Storia
L’aspetto della Tenuta, come lo vediamo oggi, ricalca sostanzialmente l’assetto dato dalla Famiglia Grazioli che investì le sue ricchezze nella costruzione di strade e nella ricostruzione dell’intero castello facendo diventare il tutto un luogo signorile, un luogo ameno, dove poter ospitare il Pontefice, le personalità di Roma , d’Italia e dell’estero.
La storia della Tenuta, però, è molto più antica; il suo territorio risulta abitato dall’uomo fin dalla preistoria come dimostrano i ritrovamenti rinvenuti nel corso degli scavi per la costruzione della Via Cristoforo Colombo.
Numerosi reperti di ville di alto prestigio dell’età imperiale romana, poi, testimoniano che il luogo – corrispondente all’antico Fundus Procilianus (Agro Laurentino) – era stato scelto dall’antica aristocrazia romana per la vicinanza al mare giacché il territorio abbraccia la fascia litoranea che va da Ostia ad Anzio.
Le antiche ville romane erano collegate a Roma attraverso un capace sistema viario costituito dalla Via Ostiense, dalla Via Severiana e dalla Via Laurentina.
Nella stessa tenuta di Castelporziano ci sono ancora i resti di un acquedotto e della villa, con relative terme private fornite di calidarium, tepidarium, frigidarium e palestra, dell’imperatore Commodo (180 d. C.) che aveva scelto questa residenza in occasione della pestilenza a Roma ma che ne rimase rapito per la bellezza del paesaggio che, ora come allora, mostra un universo verde in modo così assoluto e totale da sentirsi sottratti alle leggi del tempo; se non ci fossero quei lunghi viali asfaltati si potrebbe credere di essere arrivati qua in un lontanissimo ieri perché tutto è identico a quell’età remota.
Nel piccolo museo delle Terme allestito all’interno della tenuta sono conservati parte dei reperti archeologici portati alla luce durante gli scavi: vi sono dei pezzi molto importanti e altri molto antichi di età preromana, come i frammenti di una volta dipinta e ricomposta in modo da poter testimoniare la moda del tempo.
Altro ritrovamento importante rinvenuto nella Tenuta è la statua di un discobolo;. oggi nel museo è presente soltanto una copia perché l’originale si trova al Museo delle Terme di Roma; la statua è a grandezza naturale, priva della testa, di una parte della gamba e di un braccio ma, è spettacolare.
Dopo la caduta dell’Impero romano e dopo le invasioni barbariche questa zona entrò a far parte dei beni della Chiesa, fu affidata, di volta in volta, ad alcuni feudatari di nomina del Vaticano e fu adibita sempre a tenuta di caccia perché la grande caratteristica era una flora meravigliosa tipica della macchia mediterranea e la grande quantità di animali.
Era un luogo molto amato dai nobili nel ‘700 e nell’’800 per le grandi battute di caccia.
Nel 1568 una famiglia di origine fiorentina i “del Nero” acquistano la Tenuta sostanzialmente per ricavarne del reddito. I “del Nero” ebbero grosse conflittualità con il popolo per l’inosservanza dei diritti acquisiti dalla popolazione con gli editti papali.
I contrasti si fecero ancora più accentuati e la popolazione diminuì sia a causa della malaria sia decidendo di andare altrove per le poche risorse a disposizione: il reddito derivava soltanto dall’allevamento degli animali allo stato brado, dall’utilizzo dei prodotti del bosco come il legname grosso e il legname da ardere.
La proprietà dei “del Nero” va avanti per circa tre secoli finché l’ultima rappresentante, Ottavia Guadagni, una vedova senza figli, aliena la proprietà (1824) ad una facoltosa famiglia romana i Grazioli che per l’acquisizione di meriti importanti da parte del vaticano – meriti economici – aveva bisogno di darsi un lustro, uno stemma; come già detto quest’ultima Famiglia promuove opere di varia natura per la rinascita del territorio.
Gli eventi precipitano e nel 1870 con la presa di Porta Pia i proprietari si trovano in difficoltà e vendono allo Stato italiano – tramite il Ministro delle Finanze pro tempore Quintino Sella – la Tenuta di Castelporziano; ciò per consentire al Re d’Italia Vittorio Emanuele II di coltivare la sua grande passione: la caccia che lo portava spesso ad allontanarsi da Roma per la lontana Tenuta in Toscana di S. Rossore; il territorio, quindi, entra, a far parte dei beni demaniali della Corona come riserva di caccia.
Dal 1948 è divenuta appannaggio del Presidente della Repubblica, che la utilizza sia come luogo di residenza e rappresentanza, sia come zona d’attività zootecniche, agricole e silviculturali nel rispetto dell’ambiente naturale. Totalmente recintata, è sottratta al pubblico e può essere visitata solo per speciale concessione.
Fauna e Flora
Nella zona a nord della Tenuta – lungo la valle di Malafede in un recinto di quasi 650 ettari– sono allevati i cavalli e i bovini maremmani che qui vivono quasi allo stato brado; tozzo ma forte, il primo è un mezzosangue vincitore di diversi premi dedicati alla razza; il toro, maestoso e possente con lunghe corna a forma di mezzaluna e le vacche maremmane con le tipiche corna a lira.
L’area, con i suoi circa 6.000 ettari d’ampiezza, si estende dalla spiaggia dunosa ora in gran parte aperta ai bagnanti (pur essendo uno dei pochi tratti di costa laziale in cui è quasi integra, anche se è un ambiente fragile che facilmente può essere distrutto da un eccessivo calpestio) fino ad una profondità di 9 Km. nell’entroterra.
Il 70% circa del territorio della tenuta è costituito da boschi con prevalenza di querce come la farnia, il leccio, il cerro e la sughera che comincia a fornire il sughero all’età di 25 anni con prelievi ogni sette anni – in media una sughera vive 200 anni; numerose sono anche altre piante di alto fusto: il pino domestico – più conosciuto come pino marittimo – il frassino, l’olmo, l’acero, l’ippocastano, il bagolaro, il melo e il pero selvatico, l’eucalipto introdotto per bonificare le zone paludose, nonchè tratti a praterie, zone depresse allagate (le cosiddette “piscine”) e macchia mediterranea.
Nella zona di Capocotta la vegetazione cambia: si vedono tuje, noccioli, aranci, filliree e di notevole interesse sono le pinete, di cui la più vecchia risale al secolo scorso e una pianta di fillirea di circa 1200 anni abbraccia un rudere antico come volesse proteggerlo dallo scorrere dei secoli.
Il sottobosco è composto dalle piante tipiche della macchia mediterranea; il mirto, il lentisco, il corbezzolo, il cisto, l’erica, la ginestra, l’alloro, l’oleastro, la fillirea, il rosmarino, il rovo, il ginepro, il prugnolo, il biancospino, l’asfodelo, lo stramonio.
All’ombra di boschi si trovano un gran numero di animali che hanno resa famosa la tenuta, quali il cinghiale, il daino, il capriolo e il cervo reintrodotto nella tenuta negli anni ’50 dopo che era scomparso a seguito di avvenimenti bellici.
Ci sono anche i piccoli mammiferi quali la volpe, l’istrice, il tasso, la martora, le lepri, i conigli selvatici e tra i volatili stanziali: i fagiani, le ghiandaie e il barbagianni, i corvi, il nibbio bruno, l’airone rosso e il cinerino, le garzette, il gufo reale, alzavole e germani reali.
Le dune
Le dune, che fila dopo fila si spingono fino al mare sono ricoperte da piante erbacee come il cardo selvatico e cespugli di erbe striscianti che vivono sulla sabbia e resistono all’azione del vento salmastro.
E’ uno spettacolo che cambia con il fluire delle stagioni e che muta luce ed emozione durante la giornata; protagonista è la macchia mediterranea che si presenta su tre livelli: altofusti, arbusti e piante erbacee alternandosi con dune degradanti verso il mare.
Qui all’imbrunire è possibile udire il rumore sordo del cinghiale in corsa, gli scatti metallici degli aculei dell’istrice ed il verso dei rapaci notturni come il barbagianni.
Resti Antichi
All’interno della tenuta sono presenti numerosi resti di ville romane del tardo periodo repubblicano, per lo più utilizzate per l’attività rurale. Tra questi spiccano i ruderi della villa di Plinio il Giovane, in prossimità di quanto rimane dell’antica Via Severiana.
Villa di Plinio
All’interno della pineta di Castel Fusano, ad appena 200 metri dal confine con la tenuta di Castel Porziano e lungo quanto rimane dell’antica Via Severiana, sono stati rinvenuti i resti di una villa romana risalente all’ultimo periodo repubblicano. Gli scavi che hanno portato alla luce quella che da tutti è conosciuta come “villa di Plinio” furono condotti nel 1935, per localizzare, appunto, la bellissima residenza sul mare di proprietà di Plinio il Giovane, avvalendosi delle indicazioni per raggiungerla fornite dallo stesso in una lettera all’amico Gallo. In verità i suddetti resti non apparterrebbero alla villa di Plinio, che è invece situata a circa 1 Km. di distanza, all’interno della tenuta presidenziale (nei pressi della cosiddetta Villa Magna, in località Grotte di Piastre). I ruderi rinvenuti nell’area del Parco di Castel Fusano sarebbero attribuibili alla villa estiva dell’oratore Ortensio, vissuto tra il 114 ed il 50 a.C.
Il muro di cinta di tale villa (che è possibile visitare su appuntamento) è visibile in una vasta radura a fianco ai resti di una basilica paleocristiana, alla quale si accede allontanandosi dalla Via Severiana lungo il sentiero all’altezza del paletto numero 16. Purtroppo della struttura originaria, oggetto di scavi clandestini e spoliazioni fin dal 1700, è rimasto ben poco. Osservando i vari tipi di muratura utilizzati è stato però possibile dedurre che la struttura è stata edificata in varie fasi. Un primo impianto, costituito da blocchetti di tufo, risale all’età Giulio-Claudia. E’ poi presente un ampliamento in mattoni databile al II sec. d.C. Di particolare interesse sono una zona adibita a terme con mosaico rappresentante Nettuno circondato da fauna marina mentre guida un ippocampo, ed un altro mosaico a tessere bianche su sfondo nero, situato subito dopo l’arco d’ingresso alla villa.
Via Severiana
Ultima delle grandi strade imperiali romane, fu fatta costruire dall’imperatore Settimio Severo in un periodo molto florido per Roma, tra il 198 ed il 209 d.C., al fine di collegare Ostia e la città di Porto (la Fiumicino dell’epoca) con Anzio e Terracina. Il suo percorso costiero probabilmente seguiva il tracciato di una pista sterrata già esistente. Concepita per scopi commerciali ed in particolare per il trasporto della calce dei monti Lepini, la Severiana entrava ad Ostia da sud, passando di fronte alla sinagoga risalente al I sec. d.C. (ancora visibile lungo la strada che da Ostia Antica porta al Ponte della Scafa). Proseguiva poi, attraverso l’Isola Sacra ed il “pons Matidiae” (le cui tracce sono venute alla luce negli anni ’70, nel corso degli scavi effettuati dall’Istituto di Archeologia Cristiana dell’Università di Roma), sino a Porto (Portus Ostiensis Augusti).
Un percorso molto suggestivo, tuttora riconoscibile grazie a cospicue tracce di lastricato di basoli in pietra lavica, che, anche se solo a tratti, è visibile per oltre 5 Km. attraverso una delle principali ricchezze naturalistiche della zona (l’area di Castel Fusano, Castel Porziano e Capocotta). Proprio grazie a questa strada il traffico verso sud aumentò notevolmente e la Severiana divenne col tempo una delle vie più utilizzate di tutto l’impero. Anche per questo numerosi furono i personaggi illustri che vollero costruire le loro dimore in prossimità di essa. Imperatori, come Commodo e persino Augusto e grandi letterati, come Plinio il Giovane e l’oratore Ortensio. Resti di tali splendide ville sono ancora visibili all’interno della pineta di Castel Fusano e della tenuta di Castel Porziano.