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Bagnoletto

E’ un’area urbana del XIII Municipio di Roma. Fa parte della zona Z.XXXV Ostia Antica ed è informalmente definito “quartiere”.
Confina a nord-ovest con il comune di Fiumicino, a nord-est con Dragona, a sud-ovest con Saline di Ostia e a sud-est con la via dei Romagnoli.

Saline-Collettore Primario

L’area del Piano Particolareggiato zona “O” n.40 “Saline – Collettore Primario” ricade nel territorio del XIII Municipio nel quadrante sud della città, lungo la Via del Mare.

Dati
La borgata ha una superficie complessiva, pari a 122,19 ettari, per una densità territoriale pari a 67 ab/ha.

Valle Porcina

L’area del Piano Particolareggiato zona “O” n.43 “Via Mellano – Valle Porcina” ricade nel territorio del XIII Municipio, comprendendo il territorio urbanizzato che da Acilia si estende fino al Tevere, lungo la Via Cristoforo Colombo ed oltre fino all’Infernetto, occupando le pendici collinari fino a Vitinia.

Dati
La borgata ha una superficie complessiva, pari a 166,81 ettari, per una densità territoriale pari a 117,43 ab/ha.

Villaggio San Francesco è una frazione di Roma Capitale, situata in zona Z.XXXII Acilia Nord, nel territorio del Municipio Roma XIII.

Sorge sul lato nord della via dei Romagnoli, tra le frazioni di Acilia a est e Dragoncello a ovest.

Castel Porziano

Castel Porziano è il nome della ventinovesima zona del comune di Roma nell’Agro Romano, indicata con Z.XXIX.

Si trova nell’area sud del comune, separata dal complesso cittadino. Rientra nei territori amministrati dai municipi XII e XIII di Roma.

Tenuta Presidenziale

La Tenuta Presidenziale di Castelporziano, dista circa 25 Km dal centro di Roma e si estende su una superficie di 59 Km2 (5892 ettari)  comprendendo alcune storiche tenute di caccia quali “Trafusa, Trafusina, Riserve Nuove e Capocotta”, comprendendo circa 3,1 Km di spiaggia ancora incontaminata.

Castelporziano è in parte delimitata dalla via Cristoforo Colombo, che collega la capitale ad Ostia, dalla strada statale Pontina, che raggiunge la città di Latina ed in parte dalla strada statale litoranea che da Ostia conduce ad Anzio.

Territorio

Non è solo una Tenuta ma un mondo a sé stante: un posto bellissimo, naturale, di grande quiete a soli 16 chilometri da Roma, verso il mare, che si estende per 6.000 ettari: il suo perimetro è di quasi 50 chilometri. La sorveglianza è strettissima – anche se non si vede – per preservare questa che ormai è un’oasi verde, di così rara bellezza; dal 1979 nel territorio della Tenuta è stato imposto il silenzio venatorio; per questo non si caccia più.

La Tenuta è abitata solo nel Borgo dove risiedono stabilmente 44 famiglie tra Polizia, Carabinieri e Guardie Forestali e addetti alla manutenzione del territorio; il “Borgo”, quindi, è l’unico insediamento abitativo della Tenuta.

Storia

L’aspetto della Tenuta, come lo vediamo oggi, ricalca sostanzialmente l’assetto dato dalla Famiglia Grazioli che investì le sue ricchezze nella costruzione di strade e nella ricostruzione dell’intero castello facendo diventare il tutto un luogo signorile, un luogo ameno, dove poter ospitare il Pontefice, le personalità di Roma , d’Italia e dell’estero.

La storia della Tenuta, però, è molto più antica; il suo territorio risulta abitato dall’uomo fin dalla preistoria come dimostrano i ritrovamenti rinvenuti nel corso degli scavi per la costruzione della Via Cristoforo Colombo.

Numerosi reperti di ville di alto prestigio dell’età imperiale romana, poi, testimoniano che il luogo – corrispondente all’antico Fundus Procilianus (Agro Laurentino) – era stato scelto dall’antica aristocrazia romana per la vicinanza al mare giacché il territorio abbraccia la fascia litoranea che va da Ostia ad Anzio.

Le antiche ville romane erano collegate a Roma attraverso un capace sistema viario costituito dalla Via Ostiense, dalla Via Severiana e dalla Via Laurentina.

Nella stessa tenuta di Castelporziano ci sono ancora i resti di un acquedotto e della villa, con relative terme private fornite di calidarium, tepidarium, frigidarium e palestra, dell’imperatore Commodo (180 d. C.) che aveva scelto questa residenza in occasione della pestilenza a Roma ma che ne rimase rapito per la bellezza del paesaggio che, ora come allora, mostra un universo verde in modo così assoluto e totale da sentirsi sottratti alle leggi del tempo; se non ci fossero quei lunghi viali asfaltati si potrebbe credere di essere arrivati qua in un lontanissimo ieri perché tutto è identico a quell’età remota.

Nel piccolo museo delle Terme allestito all’interno della tenuta sono conservati parte dei reperti archeologici portati alla luce durante gli scavi: vi sono dei pezzi molto importanti e altri molto antichi di età preromana, come i frammenti di una volta dipinta e ricomposta in modo da poter testimoniare la moda del tempo.

Altro ritrovamento importante rinvenuto nella Tenuta è la statua di un discobolo;. oggi nel museo è presente soltanto una copia perché l’originale si trova al Museo delle Terme di Roma; la statua è a grandezza naturale, priva della testa, di una parte della gamba e di un braccio ma, è spettacolare.

Dopo la caduta dell’Impero romano e dopo le invasioni barbariche questa zona entrò a far parte dei beni della Chiesa, fu affidata, di volta in volta, ad alcuni feudatari di nomina del Vaticano e fu adibita sempre a tenuta di caccia perché la grande caratteristica era una flora meravigliosa tipica della macchia mediterranea e la grande quantità di animali.

Era un luogo molto amato dai nobili nel ‘700 e nell’’800 per le grandi battute di caccia.

Nel 1568 una famiglia di origine fiorentina i “del Nero” acquistano la Tenuta sostanzialmente per ricavarne del reddito. I “del Nero” ebbero grosse conflittualità con il popolo per l’inosservanza dei diritti acquisiti dalla popolazione con gli editti papali.

I contrasti si fecero ancora più accentuati e la popolazione diminuì sia a causa della malaria sia decidendo di andare altrove per le poche risorse a disposizione: il reddito derivava soltanto dall’allevamento degli animali allo stato brado, dall’utilizzo dei prodotti del bosco come il legname grosso e il legname da ardere.

La proprietà dei “del Nero” va avanti per circa tre secoli finché l’ultima rappresentante, Ottavia Guadagni, una vedova senza figli, aliena la proprietà (1824) ad una facoltosa famiglia romana i Grazioli che per l’acquisizione di meriti importanti da parte del vaticano – meriti economici – aveva bisogno di darsi un lustro, uno stemma; come già detto quest’ultima Famiglia promuove opere di varia natura per la rinascita del territorio.

Gli eventi precipitano e nel 1870 con la presa di Porta Pia i proprietari si trovano in difficoltà e vendono allo Stato italiano – tramite il Ministro delle Finanze pro tempore Quintino Sella – la Tenuta di Castelporziano; ciò per consentire al Re d’Italia Vittorio Emanuele II di coltivare la sua grande passione: la caccia che lo portava spesso ad allontanarsi da Roma per la lontana Tenuta in Toscana di S. Rossore; il territorio, quindi, entra, a far parte dei beni demaniali della Corona come riserva di caccia.

Dal 1948 è divenuta appannaggio del Presidente della Repubblica, che la utilizza sia come luogo di residenza e rappresentanza, sia come zona d’attività zootecniche, agricole e silviculturali nel rispetto dell’ambiente naturale. Totalmente recintata, è sottratta al pubblico e può essere visitata solo per speciale concessione.

Fauna e Flora

Nella zona a nord della Tenuta – lungo la valle di Malafede in un recinto di quasi 650 ettari– sono allevati i cavalli e i bovini maremmani che qui vivono quasi allo stato brado; tozzo ma forte, il primo è un mezzosangue vincitore di diversi premi dedicati alla razza; il toro, maestoso e possente con lunghe corna a forma di mezzaluna e le vacche maremmane con le tipiche corna a lira.

L’area, con i suoi circa 6.000 ettari d’ampiezza, si estende dalla spiaggia dunosa ora in gran parte aperta ai bagnanti (pur essendo uno dei pochi tratti di costa laziale in cui è quasi integra, anche se è un ambiente fragile che facilmente può essere distrutto da un eccessivo calpestio) fino ad una profondità di 9 Km. nell’entroterra.

Il 70% circa del territorio della tenuta è costituito da boschi con prevalenza di querce come la farnia, il leccio, il cerro e la sughera che comincia a fornire il sughero all’età di 25 anni con prelievi ogni sette anni – in media una sughera vive 200 anni; numerose sono anche altre piante di alto fusto: il pino domestico – più conosciuto come pino marittimo – il frassino, l’olmo, l’acero, l’ippocastano, il bagolaro, il melo e il pero selvatico, l’eucalipto introdotto per bonificare le zone paludose, nonchè tratti a  praterie, zone depresse allagate (le cosiddette “piscine”) e macchia mediterranea.

Nella zona di Capocotta la vegetazione cambia: si vedono tuje, noccioli, aranci, filliree e di notevole interesse sono le pinete, di cui la più vecchia risale al secolo scorso e una pianta di fillirea di circa 1200 anni abbraccia un rudere antico come volesse proteggerlo dallo scorrere dei secoli.

Il sottobosco è composto dalle piante tipiche della macchia mediterranea; il mirto, il lentisco, il corbezzolo, il cisto, l’erica, la ginestra, l’alloro, l’oleastro, la fillirea, il rosmarino, il rovo, il ginepro, il prugnolo, il biancospino, l’asfodelo, lo stramonio.

All’ombra di boschi si trovano un gran numero di animali che hanno resa famosa la tenuta, quali il cinghiale, il daino, il capriolo e il cervo reintrodotto nella tenuta negli anni ’50 dopo che era scomparso a seguito di avvenimenti bellici.

Ci sono anche i piccoli mammiferi quali la volpe, l’istrice, il tasso, la martora, le lepri, i conigli selvatici e tra i volatili stanziali: i fagiani, le ghiandaie e il barbagianni, i corvi, il nibbio bruno, l’airone rosso e il cinerino, le garzette, il gufo reale, alzavole e germani reali.

Le dune

Le dune, che fila dopo fila si spingono fino al mare sono ricoperte da piante erbacee come il cardo selvatico e cespugli di erbe striscianti che vivono sulla sabbia e resistono all’azione del vento salmastro.

E’ uno spettacolo che cambia con il fluire delle stagioni e che muta luce ed emozione durante la giornata; protagonista è la macchia mediterranea che si presenta su tre livelli: altofusti, arbusti e piante erbacee alternandosi con dune degradanti verso il mare.

Qui all’imbrunire è possibile udire il rumore sordo del cinghiale in corsa, gli scatti metallici degli aculei dell’istrice ed il verso dei rapaci notturni come il barbagianni.

Resti Antichi

All’interno della tenuta sono presenti numerosi resti di ville romane del tardo periodo repubblicano, per lo più utilizzate per l’attività rurale. Tra questi spiccano i ruderi della villa di Plinio il Giovane, in prossimità di quanto rimane dell’antica Via Severiana.

Villa di Plinio
All’interno della pineta di Castel Fusano, ad appena 200 metri dal confine con la tenuta di Castel Porziano e lungo quanto rimane dell’antica Via Severiana, sono stati rinvenuti i resti di una villa romana risalente all’ultimo periodo repubblicano. Gli scavi che hanno portato alla luce quella che da tutti è conosciuta come “villa di Plinio” furono condotti nel 1935, per localizzare, appunto, la bellissima residenza sul mare di proprietà di Plinio il Giovane, avvalendosi delle indicazioni per raggiungerla fornite dallo stesso in una lettera all’amico Gallo. In verità i suddetti resti non apparterrebbero alla villa di Plinio, che è invece situata a circa 1 Km. di distanza, all’interno della tenuta presidenziale (nei pressi della cosiddetta Villa Magna, in località Grotte di Piastre). I ruderi rinvenuti nell’area del Parco di Castel Fusano sarebbero attribuibili alla villa estiva dell’oratore Ortensio, vissuto tra il 114 ed il 50 a.C.
Il muro di cinta di tale villa (che è possibile visitare su appuntamento) è visibile in una vasta radura a fianco ai resti di una basilica paleocristiana, alla quale si accede allontanandosi dalla Via Severiana lungo il sentiero all’altezza del paletto numero 16. Purtroppo della struttura originaria, oggetto di scavi clandestini e spoliazioni fin dal 1700, è rimasto ben poco. Osservando i vari tipi di muratura utilizzati è stato però possibile dedurre che la struttura è stata edificata in varie fasi. Un primo impianto, costituito da blocchetti di tufo, risale all’età Giulio-Claudia. E’ poi presente un ampliamento in mattoni databile al II sec. d.C. Di particolare interesse sono una zona adibita a terme con mosaico rappresentante Nettuno circondato da fauna marina mentre guida un ippocampo, ed un altro mosaico a tessere bianche su sfondo nero, situato subito dopo l’arco d’ingresso alla villa.

Via Severiana
Ultima delle grandi strade imperiali romane, fu fatta costruire dall’imperatore Settimio Severo in un periodo molto florido per Roma, tra il 198 ed il 209 d.C., al fine di collegare Ostia e la città di Porto (la Fiumicino dell’epoca) con Anzio e Terracina. Il suo percorso costiero probabilmente seguiva il tracciato di una pista sterrata già esistente. Concepita per scopi commerciali ed in particolare per il trasporto della calce dei monti Lepini, la Severiana entrava ad Ostia da sud, passando di fronte alla sinagoga risalente al I sec. d.C. (ancora visibile lungo la strada che da Ostia Antica porta al Ponte della Scafa). Proseguiva poi, attraverso l’Isola Sacra ed il “pons Matidiae” (le cui tracce sono venute alla luce negli anni ’70, nel corso degli scavi effettuati dall’Istituto di Archeologia Cristiana dell’Università di Roma), sino a Porto (Portus Ostiensis Augusti).
Un percorso molto suggestivo, tuttora riconoscibile grazie a cospicue tracce di lastricato di basoli in pietra lavica, che, anche se solo a tratti, è visibile per oltre 5 Km. attraverso una delle principali ricchezze naturalistiche della zona (l’area di Castel Fusano, Castel Porziano e Capocotta). Proprio grazie a questa strada il traffico verso sud aumentò notevolmente e la Severiana divenne col tempo una delle vie più utilizzate di tutto l’impero. Anche per questo numerosi furono i personaggi illustri che vollero costruire le loro dimore in prossimità di essa. Imperatori, come Commodo e persino Augusto e grandi letterati, come Plinio il Giovane e l’oratore Ortensio. Resti di tali splendide ville sono ancora visibili all’interno della pineta di Castel Fusano e della tenuta di Castel Porziano.

Castel Fusano

Castel Fusano è il nome della trentesima zona del comune di Roma nell’Agro Romano, indicata con Z.XXX.
Il toponimo indica anche la zona urbanistica 13h del XIII Municipio.
Si trova nell’area sud del comune, separata dal complesso cittadino.
Insieme alla zona di Casal Palocco è la sola, delle attuali 53 del comune di Roma, i cui confini non sono delimitati da alcuno fra il GRA, il Tevere, il Mar Tirreno o un altro comune. Tutte le altre zone confinano con almeno uno di essi.

La Pineta
Situato presso il lido ove secondo la leggenda i fati condussero Enea, il parco urbano Pineta di Castel Fusano (istituito dalla Regione Lazio dal giugno 1980) si estende per oltre 1.000 ettari e costituisce la più vasta area di verde pubblico del Comune di Roma. Tale territorio ebbe nei secoli proprietari illustri, quali gli Orsini, i Corona ed i Fabi, per passare ai Sacchetti nel 1620 ed infine ai Chigi. Nel 1932 fu aquisito dal Governatorato di Roma ed aperto al pubblico l’anno successivo. Presenta zone con vegetazione più o meno fitta, a seconda che domini la macchia sempreverde autoctona (in prevalenza lecci) o il pino domestico (pinus pinea). Quest’ultimo, introdotto dall’uomo alla fine del 1600, ha dato origine ad un paesaggio monumentale che sebbene fondamentalmente artificiale ha un enorme valore storico. Un vasto lembo di macchia litoranea si estende poi parallelamente alle dune, con prevalenza di leccio, corbezzolo, lentisco, fillirea, erica arborea, mirto, alaterno, ginepro fenicio, rosmarino ed osiride.
In un simile ambiente è presente una fauna molto varia, specie per quanto riguarda gli uccelli, anche in virtù della vetusta età dei pini. Picchi, upupa, capinere, occhiotti, volatili tipici della macchia mediterranea, cinghiali, donnole, volpi, faine, ricci, istrici e tassi e non è raro incontrare esemplari di testuggine. Numerosissime sono anche le specie di insetti, a volte assai rare, che trovano rifugio nel legno putrescente di alberi morti o caduti. Nel luglio del 2000, un disastroso incendio ha interessato proprio i300 ettari della pineta monumentale secolare, costituita da pini radi di grandi dimensioni e da un folto sottobosco di piante della macchia sempreverde mediterranea. I danni sono stati ingentissimi, più di 280 sono stati gli ettari andati distrutti, e pur provvedendo ad interventi di recupero ci vorranno secoli prima di riuscire a ricostituire il paesaggio originario (in considerazione anche del fatto che il problema incendi si ripropone inevitabilmente tutte le estati).

Infernetto

Infernetto è il nome della zona urbanistica 13i del XIII Municipio del comune di Roma. Si estende sulla zona Z.XXX Castel Fusano, sul lato orientale di via Cristoforo Colombo, di fronte alla zona di Casal Palocco.

A Casalpalocco ed all’Axa, sorti come quartieri residenziali a seguito di appositi programmi, si è aggiunto di fatto il quartiere Infernetto, zona residenziale di recente costruzione, è tutt’ora in crescita e sviluppo urbanistico, ad oggi caratterizzata essenzialmente da singole costruzioni.

E’ tuttora in corso di sistemazione, con la qualificazione ed il potenziamento delle reti di urbanizzazione primaria e secondaria. Oggi è un’ambita zona residenziale, tutt’ora in crescita e sviluppo urbanistico, e caratterizzata essenzialmente da singole costruzioni.

Il piano di risanamento ed il relativo programma d’urbanizzazione del Comune di Roma senza dubbio armonizzeranno i tre insediamenti residenziali, Infernetto, Casal Palocco e Axa,   i cui limiti territoriali si affacciano sui due versanti della grande arteria C.Colombo, a pochi chilometri dal Lido di Ostia approntando adeguati assetti urbanistici, oltre che provvedendo all’acquisizione di moltissime strade ancora private e mal ridotte.

Storia
La spartizione del territorio secondo il catasto Alessandrino del 1660, senza la minima apparizione della denominazione “Infernetto”, divideva così la zona: Tumoletto, Quarto del Casale, Spinerba, Macchia del Guerrino, Fusano.

L’area dell’Infernetto ha una sua peculiarità per essere a ridosso della tenuta di Castel Porziano, di cui lambisce la lunga fascia di rispetto.

In passato, prima della bonifica delle paludi, esistevano in questa zona sporadici insediamenti abitativi, costituiti da gruppi di capanne di legno e frasche, utilizzate nella stagione invernale da boscaioli, cacciatori e soprattutto da carbonai. Gran parte del fabbisogno di carbone, che a quei tempi costituiva una delle maggiori fonti di energia, veniva infatti soddisfatto da un numero non trascurabile di carbonaie attivate in quell’area per la disponibilità della legna e dell’acqua necessarie. Le carbonaie, ricordiamo, venivano realizzate formando una catasta di legna di circa tre metri d’altezza, che veniva poi coperta con uno strato di terra di trenta, quaranta centimetri. La catasta terminava con un foro in cui veniva inserito un tubo che aveva la funzione di camino sfiatatoio. La combustione era rallentata da continue irrorazioni d’acqua ed il processo di produzione di carbone durava circa otto giorni. Si tramanda che il nome Infernetto sia stato dato a questa zona proprio per i fumi delle carbonaie che si potevano vedere da tutta la città.

Stagni di Ostia-Longarina

Stagni di Ostia è un’area urbana del XIII Municipio di Roma.

Si estende su circa 280 ettari ed è delimitata a nord-ovest da via Agostino Chigi che costeggia i binari della Ferrovia Roma-Lido, a sud-est da via del Fosso di Dragoncello, a sud da via dei Pescatori e a ovest da via di Castel Fusano.
La parte a sud, percorsa da via Luigi Pernier, prende il nome di Longarina.

È composta per lo più da piccole vie non asfaltate collegate alle tre vie principali che sono: via Federico Bazzini che taglia la zona da sud e da ovest, via Giuseppe Micali che taglia la zona da est, e via Agostino Chigi che taglia la zona da nord.

Fra la via dei Pescatori e via Federico Bazzini vi è un’area di modeste dimensioni considerata come riserva naturale.
Nell’area sono presenti due piani di zona: il piano di zona B36 Acilia Saline e il piano di zona B42 Stagni di Ostia; grazie ai quali si stanno costruendo le prime opere di urbanizzazione del quartiere.

La zona, prima della bonifica di Ostia del 1884, era piena di stagni, da cui il nome.
Fu, quindi, sfruttata fino alla seconda metà degli anni ’80 come area agricola, dopodiché cominciò un’edificazione abusiva poi regolarizzata.

Nel 1988, per un malfunzionamento dell’impianto idrovoro di Ostia Antica, l’intero comprensorio fu invaso da circa 1 metro d’acqua. Ancora oggi l’impianto idrovoro costruito durante la bonifica (che si può vedere dalla Longarina), a cui sono collegati vari canali, impedisce che la zona si allaghi.

Longarina

Il quartiere LONGARINA deve il proprio nome alla sua disposizione geografica sul territorio; infatti, è costituito da una striscia longitudinale di terreno tra il canale delle acque medie ed il canale in disuso conosciuto come ex alveo canale allacciante di Ostia.
Anticamente era la sponda dello Stagno ostiense, dove attraccavano i barconi che trasportavano, i materiali di approvvigionamento dalle terre emerse di Acilia fino ad Ostia, come dimostra il ritrovamento, anni fa in Longarina, di un magazzino di anfore di età Augustea, proprio a ridosso del canale di bonifica.
Da uno studio, fatto tempo fa, dall’archeologo Lorenzo Barbieri, è emerso che questo territorio in epoca romana era utilizzato per la sepoltura dei poveri. Dall’aratura del terreno, infatti, emergono moltissime tracce di vasi, anfore, vasellame e urne cinerarie di terracotta, materiale tipico di allora, usato prevalentemente per la sepoltura dei meno abbienti, mentre i ricchi erano tumulati in sarcofaghi di marmo pregiato lungo la vicina Via Severiana, che partendo da Ostia arrivava fino ad Anzio.

Il quartiere Longarina nasce alla fine degli anni ’50.
In quegli anni alcune famiglie immigrate da varie regioni d’Italia acquistarono i terreni dal principe G. Aldobrandini e v’insediarono le loro aziende agricole. Data la scarsa produttività del suolo, i proprietari, dopo qualche tempo, abbandonarono l’attività agricola e vendettero a poco a poco i terreni a parenti e conoscenti. Iniziò cosi il lento e progressivo sviluppo della zona, con edifici costruiti in modo spontaneo, senza tenere conto dell’armonia dei volumi e degli spazi adeguati per le strade e le infrastrutture.
Questa spontaneità ha portato ad un modello urbano che per certi versi ricorda i paesi medioevali: edifici edificati gli uni a ridosso degli altri con magari una piccola area retrostante utilizzata come orto, realizzati con stili e metodi costruttivi dissimili, strade strette e per lo più “cieche”.
Negli anni settanta i progettisti del Comune di Roma incaricati di perimetrare i nuclei edilizi spontaneamente sorti, hanno inferto il colpo di grazia tracciando la linea di perimetrazione dello strumento urbanistico a ridosso del perimetro abitato, senza lasciare nemmeno un metro in più (teoricamente se si volesse cingere il quartiere non ci sarebbe lo spazio per fare le mura). La mancanza di gran parte dei servizi primari (acqua, gas, fogne, strade, illuminazione pubblica, trasporti) ha portato gli abitanti di Longarina ad associarsi per il loro conseguimento.
Nacque così in maniera spontanea il Comitato di Quartiere, il quale oltre che a farsi portavoce verso gli uffici competenti per ottenere la fornitura dei servizi essenziali si attivava per raccogliere fondi e realizzare in proprio le opere di urbanizzazione primaria.
Nei primi anni settanta, la Longarina è stata la prima zona della periferia di Roma ad essere servita dal “PIANO A.C.E.A.” (acqua e illuminazione pubblica). A seguito dei lavori eseguiti dall’A.C.E.A., parte dei materiali di risulta sono stati depositati nell’ex alveo del canale allacciante ormai in disuso e quasi completamente ricoperto, e più tardi, negli anni a venire, i cittadini stessi hanno finito di coprire, rendendo così fruibile alla collettività una striscia di territorio demaniale.
All’inizio degli anni “70 i cittadini si autotassarono per asfaltare via Pernier, la strada che costituisce la spina dorsale del quartiere, per consentire ai bambini di essere trasportati a scuola dal servizio comunale. Dopo anni di richieste e battaglie politiche verso la metà degli anni “70 il CdQ riuscì ad ottenere il primo servizio di autobus nel quartiere.
Negli anni “80 il Comitato cittadino organizzò feste popolari, che oltre a offrire un’opportunità di incontro tra le persone, consentiva di reperire fondi; le feste si svolgevano nella striscia demaniale dell’ex canale allacciante a ridosso della strada a causa della mancanza di disponibilità dì una piazza pubblica. Con i fondi reperiti furono realizzate le pensiline e le panchine alle fermate dell’autobus, e la piantumazione di alberature lungo Via Pernier.
L’esigenza di uno spazio sociale, la necessità di una piazza pubblica indusse il CdQ a prendere contatto con la famiglia Aldobrandini proprietaria dei terreni adiacenti al quartiere e ad ottenere in comodato d’uso un appezzamento di terreno, con destinazione urbanistica al vigente P.R.G. “Zona N” (verde pubblico e privato), fuori della perimetrazione, – N 41 Via Pernier-Longarina – mettendolo a disposizione di tutta la comunità.
Dalla metà degli anni 90 quell’area “privata” è diventata il parco e allo stesso tempo la piazza del quartiere, anche in conformità della destinazione d’uso alla normativa urbanistica vigente. Sul finire degli anni “90, il nuovo CdQ eletto, dopo un attento dibattito e riflessione al suo interno, decise di avviare un progetto che potesse superare le limitazioni di un comitato cittadino, che si facesse carico di tutte le problematiche del tessuto sociale attraverso uno strumento adeguato alla normativa delle associazioni di volontariato. Da qui la trasformazione (con atto statutario pubblicamente registrato) da Comitato dì Quartiere a CENTRO SOCIALE POLIVALENTE LONGARINA .

L’avvio di questo progetto ha dato un nuovo impulso verso una maggiore coscienza del sociale e della partecipazione, segnando cosi l’inizio di una marcata collaborazione con altri soggetti operanti nello stesso settore.

Piano Particolareggiato

L’area del Piano Particolareggiato zona “O” n.41 “Via Pernier – Longarina” ricade nel territorio del XIII Municipio, nel quadrante sud della città, tra la Via del Mare e Viale di Castel Fusano.

Dati
La borgata ha una superficie complessiva, pari a 11,85 ettari, per una densità territoriale pari a 97,47 ab/ha.

Borghetto dei Pescatori

Ad Est di Ostia, tra il mare e la pineta di Castel Fusano, sorge il caratteristico “Borghetto dei Pescatori”. Nucleo genetico della località balneare, il piccolo borgo si presenta come un agglomerato di casupole dislocate su due piani, costruite intorno ad una piazzetta centrale, a ridosso del Canale dei Pescatori.

La nascita ufficiale del Borghetto risale al 4 aprile del 1932, proprio in funzione dello sfruttamento dell’adiacente canale, realizzato dai romani nel 356 a.C. per drenare il terreno paludoso circostante e sfruttare al meglio le saline, abbondanti nella zona.

E’ questa una delle realtà del territorio di cui poco si parla, ma che riveste un’importanza fondamentale dal punto di vista storico e che è meritevole di considerazione in quanto ha saputo mantenere le proprie origini.

Infatti, la realtà odierna continua ad essere costituita da pescatori che portano avanti le tradizioni dei loro avi. Figure affascinanti, pescatori furono numerosi personaggi leggendari, che hanno ispirato artisti d’ogni epoca. Non può che essere suggestivo e affascinante un borgo la cui vita ruota tutta ancora intorno al porticciolo, dove i pescatori ormeggiano le barche, scaricano e vendono direttamente il pesce pescato.
Il borgo è caratterizzato anche dalla presenza di una deliziosa chiesetta in muratura dedicata a S.Nicola da Bari, appunto protettore della categoria dei pescatori, e da quella di un rinomato ristorante specializzato in piatti marinari, spesso frequentato da personaggi noti.

Ogni anno alla fine dell’estate nel Borghetto si svolge la “sagra della tellina”, esempio di manifestazione popolare che richiama numerose persone provenienti dalla città e dalle zone limitrofe.

Porto di Ostia

Dal porto di Ostia a Porto

La strategica posizione geografica induce i vari Imperatori romani che si avvicenderanno nei secoli (ma anche facoltosi cittadini privati), a dotare di tutti i servizi questa cittadella, che proprio grazie a questi interventi diverrà una città di dimensioni ragguardevoli per quei tempi: arriverà a contare fino a cinquantamila abitanti, che formeranno, visto il massiccio andirivieni con i porti del Mar Mediterraneo, una comunità estremamente multirazziale.

Porto di Claudio

Già Giulio Cesare aveva intuito la necessità di creare un nuovo porto vicino Roma ma le difficoltà tecniche e l’urgenza di altri problemi l’avevano fatto rinunciare. A causa dell’aumento del traffico commerciale che rendeva insufficiente la capacità della foce del Tevere, l’imperatore Claudio, fece costruire a partire dal 42 un nuovo porto a circa 3 kma nord di Ostia, collegato al Tevere da un canale, terminato nel 46, il canale di Fiumicino, con la formazione dell’Isola Sacra. Il Porto sarà terminato da Nerone, nel 64-66, ma era già attivo nel 62.

Il nuovo porto, di forma grosso modo circolare, fu creato partendo da un bacino artificiale di ca. 90 ettari di superficie, costruito utilizzando una laguna che si era formata, con il cordone sabbioso che costituiva una protezione naturale. L’entrata del bacino fu sbarrata da un’immensa diga di 758 m di lunghezza e 3 m di larghezza, lasciando per l’entrata al porto un passaggio di 206 m, tra la diga ed un molo lungo 600 m e largo 12 m, il cosiddetto monte Giulio, situato a nord-est sulla terra ferma.

Furono creati attracchi ed horrea sui due bracci del porto, che in complesso coprivano più di cento ettari, per facilitare gli scambi e lo stoccaggio delle merci.

All’estremità della grande diga fu eretto un faro, simile a quello del porto di Alessandria, utilizzando come fondazione la nave utilizzata dall’imperatore Caligola per portare dall’Egitto l’ obelisco che attualmente si trova in Vaticano. La nave fu riempita di pietre, quindi fatta affondare per far così affiorare un isolotto artificiale. Secondo i ricercatori i lavori richiesero l’intervento di 30 000 operai e di 1000 paia di buoi durante 20 anni.

Porto esagonale di Traiano

Ma questo nuovo porto era troppo esposto alle insidie delle tempeste: Tacito riporta che già nel 62, prima quindi che i lavori fossero portati a compimento, una tempesta affondò 200 navi. Inoltre il suo mantenimento era estremamente costoso. Quindi l’imperatore Traiano fece costruire da Apollodoro di Damasco un nuovo porto, il Porto di Traiano, più funzionale e più arretrato rispetto a quello di Claudio. I lavori durarono dal 100 al 112, con la creazione di un bacino di forma esagonale con lati di 358 m e profondo 5 m, con una superficie di 32 ettari e 2000 metri di banchina. Fu costruito un ulteriore canale, ed il collegamento ad Ostia fu assicurato da una strada a due corsie.

I depositi

Al Portus Traiani, furono costruiti magazzini e depositi per permettere la miglior conservazione delle derrate alimentari. Al massimo della sua espansione Ostia comprendeva immensi depositi che ricoprivano una superficie di 10 ettari. Erano più ampi di quelli della stessa Roma.

Tutti i prodotti dell’antico mondo mediterraneo venivano stoccati: candele, torce, libri in pergamena, rotoli di papiro; generi alimentari: pepe e spezie, quintali di grano, anfore di vino, giare d’olio; vestiti, materiali da costruzione.

Età imperiale

Durante il periodo della sua massima prosperità, durante il II ed il III secolo Ostia aveva una popolazione urbana di 75.000 abitanti. Nella città furono costruiti molti edifici tra cui la basilica e la Curia.

Tra il 117 e 161, gli imperatori Adriano e Antonino Pio fecero ricostruire e risistemare il centro, con abitazioni a più piani ma con ampi cortili interni e nuovi edifici pubblici, tra cui il nuovo Campidoglio, le terme di Nettuno e la caserma dei vigili.

Nel 180, l’imperatore Commodo fece costruire il nuovo teatro di Ostia.

Tra il 203 e il 217, gli imperatori Settimio Severo e Caracalla fecero ingrandire e rinnovare il teatro di Ostia e la piazza delle Corporazioni che comprendeva al centro il Tempio di Cerere e la circondarono completamente di un colonnato, dietro al quale si trovavano gli uffici delle più importanti società di commercio di tutto l’Impero. I nomi delle società furono scritti sui mosaici che ornavano i marciapiedi ed in questa piazza si incontravano i mercanti, gli artigiani, i marittimi e i banchieri.

Per far funzionare al meglio l’insieme, vegliavano i magistrati e i funzionari dell’impero.

Questi erano incaricati di sorvegliare il carico e lo scarico delle derrate alimentari, di controllarne la qualità e la quantità, di effettuare i pagamenti e prelevare le tasse, di fare assicurare il rispetto dei contratti, in particolare quelli tra lo Stato e i privati, di gestire i rapporti con gli armatori, di sorvegliare le corporazioni dei lavoratori delle navi trasbordo, dei dock, dei cantieri navali, delle ditte incaricate della manutenzione delle banchine e dei depositi.

Esisteva anche una corporazione di tuffatori incaricati di recuperare le mercanzie cadute in acqua.

Aureliano fece abbellire il foro, Massenzio, come Prefetto di Ostia, concesse il privilegio di una Zecca locale.

Bisogna poi ricordare anche le Domus, le Insule, le botteghe (splendido esempio, il Termopolium), Il Tempio di Ercole, il Mitreo delle Sette Sfere, la Domus della Porta Annonaria, il Decumano Massimo, le case a quattro piani, Templi, Statue, Mosaici e tutto ciò che potesse rappresentare il lusso e la modernità di quei tempi.

Decadenza

A partire da Costantino I, all’inizio del IV secolo, con la crisi dei commerci e dell’economia che era in definitiva dovuta alle incursioni barbariche lo stato dovette ridurre i suoi sforzi nella gestione della città. È l’inizio di una lenta decadenza. Verso la fine del IV secolo sant’Agostino di passaggio ad Ostia attesta il degrado della città. Sua madre, Santa Monica, muore nella locanda dove è in attesa di imbarcarsi per l’Africa del Nord. Nel 414, il poeta Rutilio Namaziano conferma anche lui la fine della città per mancanza di manutenzione.

La città cominciò ad essere distrutta a partire dal IX secolo, ma conobbe una nuova storia già a partire dal Medio Evo. Le rovine, scavate sistematicamente dal 1854, sono ben conservate e sono seconde solo a quelle di Pompei.

Il Tevere, ha portato nei secoli detriti e terra che hanno fatto arretrare la costa creando una costa alluvionale piatta e paludosa, soggetta a malaria. Le rovine d’Ostia Antica sono circondate da campi e situate attualmente a 4 km dal mare.

Nuovo Porto Turistico
Oggi, finalmente questa situazione è mutata e il Porto di Roma è una realtà da godere. Inaugurato intorno alla metà del 2001, il nuovo porto turistico sorge in prossimità della foce del Tevere, nella zona nord di Ostia.
Ricostruito nelle immediate vicinanze del sito antico, il Porto di Roma si rifà molto alla struttura originaria mantenendo un’aria suggestivamente imperiale. In grado di ospitare oltre 800 natanti con dimensioni variabili tra gli 8 ed i 60 metri, la struttura è perfettamente attrezzata per le esigenze della navigazione da diporto. I pontili fissi e le banchine sono provvisti di tutte le normali dotazioni nautiche, sono presenti un cantiere navale e numerosi negozi specializzati per le attività da diporto.
La profondità del bacino portuale è variabile, dai 5 metri dell’ingresso fino ad un minimo di 3,5 nella zona riservata alle imbarcazioni più piccole. L’accesso alle strutture è consentito anche in caso di condizioni meteo sfavorevoli ed i due moli proteggono le imbarcazioni durante le mareggiate violente. Un sistema d’immissione forzata di acque prelevate in mare aperto evita la stagnazione di quelle del bacino.
Edifici bassi e porticati ospitano i locali commerciali: supermercato, farmacia, banca, lavanderia e rivenditori delle migliori marche. Numerosi sono i bar ed i ristoranti e nella piazza principale è presente anche uno yachting club. Il vasto parcheggio vanta oltre 2000 posti auto, per gli spostamenti all’interno del porto sono disponibili mezzi ecologici e le aree carrabili sono nettamente separate dalle pedonali.
Con il Porto di Roma, dopo 2000 anni, l’Urbe si riaffaccia sul mare come la sua grandezza impone.

Luoghi di Ostia

Pontile
Inaugurato il 27 ottobre del 1940 proprio di fronte alla Piazza dei Ravennati, il Pontile della Vittoria, allora Pontile del Littorio, ha da sempre avuto un’esistenza travagliata. Simbolo per antonomasia del litorale ostiense, nel dicembre del 1943, ad appena tre anni dalla sua inaugurazione, fu raso al suolo dalle truppe tedesche che avevano occupato la zona, nel tentativo d’impedire lo sbarco degli anglo-americani per la liberazione della capitale. Rimasero in piedi appena due tronconi in mare e l’emiciclo del pontile, che fu totalmente ristrutturato solo nei primi anni ’50. Negli anni ’60 un gruppo di ragazzi di Ostia scoprì sotto la parte a terra della struttura, interrata nel bagnasciuga, una Santa Barbara tedesca perfettamente conservata. Per permettere la bonifica del deposito l’intera area del pontile rimase chiusa al pubblico per vari mesi. Seguirono poi, negli anni, svariati altri periodi di chiusura per lo più dovuti ai continui danneggiamenti causati al pontile dalle mareggiate.
Una volta constatata l’incapacità a risolvere una tale situazione, il Comune di Roma optò per una soluzione drastica e nel 1980 decise di demolire completamente la struttura. Fortissima fu però l’opposizione verso questo intervento da parte di privati, associazioni sindacali, organi di stampa e vari esponenti del mondo politico. Accantonata quindi l’idea di demolire, si procedette ad una totale rimessa a nuovo della struttura, inaugurata con tutti gli onori due anni dopo, alla presenza del sindaco di Roma e delle varie autorità locali. Il pontile si protende ora verso il mare con i suoi 150 metri di lunghezza, allargandosi nella parte terminale a formare una piazzola, dove fa bella mostra di se una caratteristica rosa dei venti.

L’arenile di Ostia
Il territorio del XIII Municipio si caratterizza per essere comprensivo del litorale di Roma. Sono circa 14 km d’arenile, di cui il 15% a spiagge libere o libere attrezzate, mentre il rimanente 85% organizzato in stabilimenti in concessione per la balneazione. Tra le spiagge libere attrezzate le più belle ed importanti sono quella di Castel Porziano (concessa dal Presidente della Repubblica ai bagnanti romani nel 1965), con i suoi 7 cancelli d’ingresso lungo la Via Litoranea e Capocotta (rientrante nel territorio della Riserva Statale del Litorale Romano), con i suoi 5 ingressi. Le loro dune ricoperte di macchia mediterranea da migliaia di anni offrono un panorama unico, ma estremamente fragile e da tutelare. Nei 10 km d’arenile tra il confine della Riserva Presidenziale ed il Nuovo Porto Turistico sorgono più di 50 stabilimenti balneari. Molti sono quelli storici, come il Battistini, primo stabilimento-ristorante di Ostia fondato nel 1911, appena 3 anni dopo che la Via Ostiense era stata prolungata fino al mare. Poi il Tibidabo (nato nel ’28, esempio d’architettura moderna con ascendente razionalista), il Plinius e la Vecchia Pineta, del ’31, il Capanno, ex-Duilio (realizzato nel ’39 da Moretti, stesso architetto che si è occupato di Casalpalocco) ed il Kursaal, fine anni ’40, dal caratteristico trampolino aggiunto nei ’50, dell’architetto Nervi. Esempio neoclassico con punte di liberty era lo stabilimento Roma, realizzato nel ’24 dall’architetto Milani. Per la sua cupola dalle dimensioni monumentali era definito il più grande del mondo. Venne distrutto dai tedeschi nel ’43 poichè facile punto di riferimento per gli aerei alleati.
Tutti questi stabilimenti, che di giorno fanno da location alle numerose manifestazioni sportive che vedono Ostia come protagonista, al calar del sole si trasformano in night e discoteche, divenendo meta preferita dei romani nelle calde notti capitoline.

Ex-colonia marina Vittorio Emanuele III
La prima colonia marina di Ostia nacque nel 1916, su progetto dell’architetto Marcello Piacentini. Era una costruzione in cemento armato che vantava refettori, cucine, sale svago e due grandi camerate per un totale di 80 posti letto, atti ad ospitare i ragazzi per i quali era previsto anche il pernottamento. Nel 1925, nell’ambito di un piano sanitario voluto dal Governatorato di Roma, venne proposto l’ampliamento della struttura per contrastare la lotta alla tubercolosi. Il progetto venne affidato all’architetto Vincenzo Fasolo, che dette il via ai lavori il 20 gennaio del 1927. L’inaugurazione della struttura avvenne il 24 gennaio del 1932, alla presenza della regina Elena. Vista la coincidenza con il venticinquesimo anno di regno di Vittorio Emanuele III, il cosiddetto “Ospizio Marino e Colonia di Profilassi” fu intitolato al sovrano d’Italia. Il tutto era dislocato su un’area di circa 16.000 metri quadrati e diviso in due sezioni distinte. Per facilitare lo spostamento dei ragazzi fino al mare fu costruito un sottopasso, ancora esistente, che li conduceva direttamente in spiaggia. Il complesso fu occupato e semidistrutto dai tedeschi nel 1943 e rimase inattivo fino alla ristrutturazione avvenuta nei primi anni ’50. Da allora fino al 1983 fu adibito a collegio per ospitare i figli delle famiglie bisognose romane.
Attualmente l’edificio continua a svolgere un servizio di pubblica utilità, ospitando mensa dei poveri, centro anziani e alloggio temporaneo per persone meno abbienti. E’ inoltre sede della biblioteca “Elsa Morante”, una delle migliori della capitale, e del Teatro del Lido.

Basilica S.Maria Regina Pacis
Nel 1916 l’ingegner Paolo Orlando si mise in contatto con l’allora Vescovo di Ostia, Cardinal Vannutelli, proponendogli di far costruire un tempio votivo alla Regina della Pace, affinchè non si protraessero più a lungo i giorni della prima guerra mondiale in atto. Il progetto per la realizzazione dell’opera fu affidato all’architetto Giulio Magni. Il Governatorato di Roma donò ai Padri Agostiniani, che già officiavano la Chiesa di S.Aurea, 2500 mq di terreno sulla duna più alta del litorale, ove il Magni avrebbe edificato la futura “Basilica S.Maria Regina Pacis”. La prima pietra angolare dell’edificio fu posta il 21 giugno del 1919 dal Cardinal Vannutelli, con un suggestivo rito religioso. La consacrazione e l’inaugurazione al pubblico ebbero luogo 9 anni dopo, il 20 dicembre del 1928.
La chiesa ha una lunghezza di 56 metri ed una larghezza di 21. Vanta una cupola ottagona dal diametro di 12 metri, la cui altezza tocca i 42. La navata centrale, coperta da una volta a tutto sesto suddivisa in sezioni, è scolpita dalle lunette delle grandi finestrature laterali. Sono presenti anche cappelle laterali il cui ritmo è scandito da una successione di colonne, in finto travertino martellato con plinto ottagonale e capitello corinzio, dell’altezza di 8 metri sotto il cornicione. L’esterno, dalle linee insieme classiche e moderne, è in travertino romano con speciali mattoni rossi. La facciata è maestosa, anche se ha un portone d’ingresso centrale un pò angusto, sormontato dallo stemma di Papa Pio XI. Sulla navata centrale e sulla facciata vi sono grandi finestre che riprendono, nello stile, quelle delle terme di Diocleziano.

Cineland
Una delle più grandi multisala cinematografiche d’Europa, la struttura è stata inaugurata il 15 settembre del 1999, grazie al recupero dei fabbricati dell’ex Meccanica Romana (chiusa 26 anni prima), nell’ambito di un progetto di riscatto urbanistico nella zona di Ostia. La grande costruzione era stata realizzata durante la bonifica agraria per volere di Mussolini, tra il 1927 ed il 29. Doveva costituire il nucleo originario di una grande area industriale servita dalla ferrovia Roma-Ostia, ma rimase isolata. Inizialmente impiegata nella produzione di macchine agricole, fu poi adibita a fonderia, per tornare a produrre macchinari ed aggiustare i vagoni della Roma-Ostia dall’immediato dopoguerra fino agli anni ’70. Nella realizzazione della moderna multisala sono state mantenute tutte le facciate del fabbricato originario, sottoposte ad intervento di risanamento con metodi ad impatto leggero. Le strutture in ferro che costituivano la prima matrice formale, non più in linea con le normative vigenti, sono state invece integralmente riprodotte, così come gli intonaci, picconati e rifatti. Lesene e capitelli sono stati ripresi.
Il Cineland vanta adesso 15.000 mq coperti e 60.000 mq. di verde. Si compone di due sezioni principali: 14 sale cinematografiche multiplex ed un’area divertimento con 16 piste da bowling, sala giochi e centro realtà virtuale, oltre a ristoranti, birrerie, gelaterie, negozi vari e pubblici esercizi, edificio per riunioni e parcheggio con 3.000 posti auto. Nell’area interna antistante il Mc Donald’s è stato inoltre allestito uno speciale parco giochi per i più piccoli.

Palazzo del Governatorato
Il Palazzo del Governatorato di Ostia fu realizzato tra il 1924 ed il 1928 su progetto dell’architetto Vincenzo Fasolo (1885-1969), lo stesso che si è occupato anche della Caserma dei Vigili del Fuoco (1926), della Colonia Marina Vittorio Emanuele III (1927) e del Ponte Duca d’Aosta (1938). La prima pietra dell’edificio, ubicato in Piazza della Stazione Vecchia, fu posta il 10 agosto del 1924 (lo stesso giorno in cui veniva inaugurata la ferrovia Roma-Lido) con la benedizione del Vescovo di Ostia, Cardinal Vincenzo Vannutelli e con apposta la firma del Capo del Governo, Benito Mussolini. Il palazzo è stato edificato nel rispetto dei criteri monumentali classici, adoperando materiali importanti quali il travertino di Tivoli ed il tufo dorato della campagna romana. Tra gli elementi di maggior pregio dell’intero complesso si nota la torre, decorata con altorilievi realizzati in impasto di polvere di travertino. Tutto l’edificio, con particolare attenzione alle facciate esterne, è stato decorato da Umberto Calzolari, su bozzetti da lui elaborati ed approvati da Fasolo.
Per qualche anno un’ala del palazzo ha ospitato il primo centralino telefonico di Ostia e le scuole elementari. In seguito, dalla fine del secondo conflitto mondiale sino ai primi anni ’80, è stato l’unico pronto soccorso ostiense. Sede attuale del Municipio Roma XIII, è soggetto a lavori di restauro che lo restituiranno agli antichi splendori, riconsegnando ai cittadini un pezzo importante di storia del territorio ed aprendola al pubblico utilizzo culturale, mediante l’organizzazione di varie mostre e manifestazioni all’interno di alcuni dei suoi locali.

Monumento a Pasolini
La notte del 2 novembre del 1975, Pier Paolo Pasolini fu ucciso in un campo del degradato Idroscalo di Ostia, a pochi passi dallo squallido gruppo di casupole abusive. Suo assassino fu un ragazzo di 17 anni, Giuseppe Pelosi detto “Pino la rana”, per nulla differente dai giovani di borgata descritti dal contestato scrittore nei suoi libri. Il ragazzo lo massacrò a colpi di bastone per poi investirlo con la macchina di proprietà dello stesso Pasolini.
In quel luogo irreale, proprio sulla scena del delitto, lo scultore Mario Rosati ha scolpito un monumento dedicato alla sua memoria. E’ un’opera moderna in cemento grezzo, che per vent’anni è rimasta abbandonata a se stessa, isolata tra fango, acquitrini, immondizia e sterpaglie, senza una targa a ricordare ove furono soppresse la persona e la poesia di Pasolini. Due anni fa l’area dedicata al monumento è stata però completamente bonificata e sistemata. La scultura è ora inserita nel perimetro dell’oasi ecologica dov’è situato il Centro Habitat Mediterraneo della LIPU. Posta in un’area recintata, non è più circondata da rifiuti, ma dalla natura rifiorita. Un tempo quasi sconosciuta, sono in continuo aumento le persone che si recano a visitarla, anche grazie all’istituzione nelle immediate vicinanze del nuovo porto turistico di Roma (che attrae moltissimi turisti). Alla memoria di Pasolini è dedicata, sempre ad Ostia, anche un’altra scultura. Realizzata dal maestro Cascella l’opera è situata nella centralissima Piazza Anco Marzio.

Oasi della LIPU
Nella zona dell’Idroscalo di Ostia, proprio alle spalle del nuovo Porto di Roma, in una laguna di 11 ettari ricostruita presso la foce del Tevere, è situato il Centro Habitat Mediterraneo della LIPU. Sebbene posizionata nei pressi di una zona fortemente urbanizzata, tale oasi ecologica è in breve tempo divenuta una delle ultime mete in cui gli uccelli possono trovare un riparo sicuro e stabile, dove riposarsi e procurarsi il cibo isolati da elementi di disturbo, nel corso dei loro viaggi migratori. L’opera di ricostruzione ambientale è stata effettuata dagli operatori della LIPU in modo tale da far rivivere, nei tempi dettati dalla natura, le condizioni territoriali antecedenti la costituzione degli insediamenti umani. In posizione strategica, tra il fiume ed il mare, gli uccelli che si orientano seguendo il Tevere possono trovare stagni, canneti e duna costiera. Più di una volta si sono registrati nella zona eventi di elevato interesse ornitologico. Negli ultimi anni sono state censite sul luogo ben 180 differenti specie di uccelli, spesso anche molto rare, come il Tarabusino, che sovente vi nidifica e la Moretta tabaccata, che vi è stanziata. Proprio quest’ultima specie, presente in Italia con solo una cinquantina di coppie, è considerata vulnerabile a livello europeo ed è classificata al massimo grado d’importanza per la conservazione.
Numerose sono le iniziative del centro per la salvaguardia e la liberazione di vari uccelli. In primavera ed estate vengono poi accolti i piccoli caduti dal nido ed in inverno i rapaci feriti dai bracconieri. Gli animali vengono curati ed aiutati a riprendersi e lasciati andare una volta guariti.

Ostia

Ostia, conosciuta anche come Lido di Ostia (o Lido di Roma) è una località del Comune di Roma, situata nel territorio del XIII Municipio. È l’insediamento principale del Municipio Roma XIII ed è costituita dai tre quartieri marini di Roma, Q.XXXIII Lido di Ostia Ponente, Q.XXXIV Lido di Ostia Levante e Q.XXXV Lido di Castel Fusano.
Da non confondersi con Ostia Antica.

Il nome deriva dal latino Ostium (foce), riferito alla foce del Tevere.

Ha una popolazione di 84.239 abitanti, che ne fanno la seconda frazione italiana per popolosità, dopo Mestre (Venezia).

Storia Recente

Nel XIX secolo qui c’erano solo delle saline ed un territorio lasciato da secoli a se stesso, infestato dalla malaria e dai briganti. La palude si estendeva per tutta la costa tirrenica dello Stato Pontificio, da Gaeta a Piombino.

Alla classe dirigente dello Stato sabaudo era chiara l’esigenza di bonificare le terre intorno alla nuova capitale del Regno d’Italia, nella convinzione che l’ambiente malsano che circondava la città avrebbe influito negativamente sullo sviluppo economico della città e del Regno. Considerato che l’opzione di sollevare il livello del terreno prevedeva con le tecnologie dell’epoca un tempo di circa 50 anni si scelse di creare un sistema di canali che avrebbe permesso il deflusso delle acque.

Nel 1884 si insediarono ad Ostia antica i Braccianti Ravennati ed ebbero inizio i lavori di Bonifica. Quelli che arrivarono in palude erano braccianti senza terra con le loro famiglie, lasciati senza lavoro dalla crisi delle risaie che in quegli anni colpiva il ravennate, ma che, primi in Italia del loro mestiere, cominciavano a costituire le loro organizzazioni associative: l’Associazione Generale Operai Braccianti del Comune di Ravenna, prima cooperativa bracciantile della storia italiana, entrò quindi in lizza per ottenere il subappalto dei lavori della bonifica, lo ottenne ed ebbe anche dal governo Depretis, nel 1884, finanziamenti pubblici per avviare i lavori e facilitazioni ferroviarie per agevolare gli spostamenti delle famiglie e delle loro cose.
Nelle tensioni economiche e sociali di quegli anni, l’avvio della bonifica fu un’operazione keynesiana ante litteram, che diede buoni frutti: i primi 303 iscritti alla cooperativa erano diventati 2547 nell’agosto 1885. I lavori, previsti per 4 anni, ne richiesero 7. Tuttavia sia il nuovo Stato unitario che i braccianti vinsero la loro battaglia.

Il ricordo della bonifica è ancora vivo nei nomi delle strade (viale dei Romagnoli, piazza dei Ravennati) e nei monumenti dedicati ai padri fondatori della bonifica: Armando Armuzzi, presidente dell’Associazione, e Federico Bazzini – ma soprattutto Andrea Costa e Nullo Baldini, gli ‘apostoli del socialismo’. E rimane vivo negli abitanti di Ostia Antica, figli e nipoti di quei Romagnoli, che spesso ancora ne parlano il dialetto.

Furono quindi creati i canali detti di Dragoncello, della Lingua (zona Casal Palocco) e di Pantanello (Infernetto) che si collegavano al canale detto dei Pescatori. Nel 1889 si avviarono finalmente le idrovore che in meno di due settimane prosciugarono più di 1500 ettari di palude. Dopo questa prima canalizzazione si procedette alla canalizzazione secondaria.
In via del fosso di Dragoncello è ancora visibile il vecchio impianto per le idrovore.
La nascita del quartiere è legata al fascismo che la trasformò nella spiaggia di Roma, collegata dalla ferrovia, affiancata poi nel 1927 da una delle prime autostrade italiane, la Via del Mare, mentre venivano elaborati i primi progetti per l’aeroporto di Roma-Fiumicino. Nel 1933 prese ufficialmente il nome di “Lido di Roma”.

A seguito del nuovo piano urbanistico di Roma, fu creato ex novo un nuovo quartiere nel lato sud della città (EUR) e fu progettata una strada (dedicata a Cristoforo Colombo), al tempo chiamata “la Via Imperiale”, per collegare Roma con il mare. Il progetto venne approvato nel 1938, ma la strada venne aperta al traffico solo dopo la guerra, nel 1949.

La cittadina fu riorganizzata secondo lo stile della cosiddetta “architettura fascista” (che ricorda gli stili coloniale, mediterraneo e razionalista) e suddivisa in una fascia lungo il mare, con piccoli villini usati come seconde case da Romani abbienti ed una fascia per gli operai: in quel periodo furono creati intorno a Roma quartieri periferici e borgate per gli sfollati, causa sventramenti, dei rioni storici come ad esempio “Acilia”, prima borgata fascista di Roma che si collocava a metà strada dalla costa; era infatti obbiettivo dichiarato del regime quello di costruire la “terza Roma”, che si sarebbe dovuta estendere fino alle soglie del Tirreno.
Comunque il rinnovamento fascista non fu goduto a lungo dai Romani, a causa dell’imminenza della II guerra mondiale che iniziò quando gran parte dei lavori era ancora agli inizi; è soltanto negli anni 1960 che Ostia si ingrandisce, sviluppandosi anche nella parte di ponente con alcuni edifici popolari nei pressi della foce del Tevere; fino ad assumere il tipico aspetto di un popoloso quartiere romano e comincia ad essere usata come luogo di vacanza, ma anche come quartiere, inizialmente abitato da pescatori poi anche da lavoratori diventando realmente una importante frazione della città di cui ancora fa parte.
Negli anni settanta e ottanta la forte espansione della metropoli porta alla occupazione del suolo che divideva il lido di Roma dal nucleo urbano principale con insediamenti di abitazioni unifamiliari che vanno ad attenuare il pesante isolamento di quelle frazioni o borgate sparse sul territorio da tempo e non di meno della stessa Ostia che acquisisce indubbi benefici.

Celebre è il concorso per la progettazione di un lotto di villini al quale parteciparono importanti architetti dell’epoca, fra cui Adalberto Libera. Ostia vanta numerosi esempi di architettura moderna residenziale e pubblica fra cui le poste di Mazzoni.

Ostia ai giorni nostri è diventata oltretutto una località turistica di tutto rispetto e, dopo l’edificazione di un nuovo approdo turistico per imbarcazioni da parte di privati denominato “il porto di Roma”, è ritornata ad essere com’era in origine il “Mare di Roma” a pieno titolo, e uno dei quartieri più popolosi della capitale. A sud di Ostia si estendono numerose spiagge libere tutelate con dune e flora mediterranea.

Nella storia occasioni di distacco da Roma e quindi di diventare comune autonomo, come la vicina Fiumicino, sono state proposte agli abitanti con due referendum, il primo nel 1989 ove prevalsero i “NO” e il secondo nel 1999 dove non si raggiunse il quorum. Nel 2008 si è stilato un progetto chiamato “Patto per Ostia e il XIII Municipio” che prevede maggiore autonomia amministrativa ad Ostia. Il 24 novembre del 2009 è stato siglato l’accordo per il decentramento del XIII Municipio tra il presidente del Municipio Giacomo Vizzani ed il sindaco di Roma Gianni Alemanno. Il 19 Aprile 2011 è stata approvata la delibera in Campidoglio. Il 14 maggio 2011 è entrato ufficialmente in vigore il regolamento del decentramento.

Storia di Ostia

L’antica Ostia era una città costiera romana sul Mar Tirreno, fondata dai Quiriti che intendevano dotarsi di un naturale sbocco sul mare. Ora si trova a circa 2 km dalla costa. Era il porto dell’antica Roma e forse la sua prima colonia.

633 a.C. Questa è la data che ricorre maggiormente quando si parla della nascita di Ostia.

La tradizione affida la creazione dell’insediamento ad Anco Marzio, quarto re di Roma. Studi più approfonditi fanno ritenere che il periodo esatto sia nel IV secolo a.C.. Teoria rafforzata dal ritrovamento del Castrum, un piccolo nucleo abitativo cinto da mura, datato 330 a.C..

Già nel 278 a.C., vi sbarca la flotta Cartaginese, inviata in aiuto dei Romani nella guerra contro Pirro. Il grande sviluppo però, inizia solo poco dopo, quando fu istituita la Questura Ostiense, nel 266 a.C..

È il primo passo che permetterà in pochi anni un radicale cambiamento di Ostia, sia sotto il profilo edilizio e urbanistico, sia per quello che riguarda il commercio e i collegamenti con altre civiltà. La piccola cittadella si trasforma in una vera città romana, che viene ingrandita, cinta di nuove mura, preparandosi così agli sviluppi futuri. Più tardi il senato capitolino esonera il suo scalo marittimo dal pagamento dei tributi e sancisce nei fatti un’appartenenza alla città che le deriva dalle origini e dalla funzione a cui fu preposta. Nel 217 a.C. da Ostia partono le navi per portare gli approvvigionamenti per l’esercito romano che si trova in Iberia e nel 212 vi sbarca il grano proveniente dalla Sardegna. Nel 211 a.C. Ostia costituisce la base da cui partono le trenta quinqueremi di Publio Cornelio Scipione, dirette in Africa alla conquista definitiva di Cartagine. Era importante per il porto, che riceveva navi cariche di cereali, olio e di garum provenienti da tutto l’impero e in primo luogo dalle province della Sicilia, dell’Egitto antico, dell’Africa e della Sardegna. Le merci venivano trasbordate su imbarcazioni più piccole che le trasportavano a Roma risalendo il fiume. In genere venivano stivate agli Horrea di Testaccio.

In periodo repubblicano la città era considerata l”emporium di Roma, dove fare acquisti nei numerosi negozi e depositi. Furono costruite eleganti case ad atrium e peristilio, con strade fiancheggiate da colonne. Vennero costruite le fogne che correvano sotto le strade e creata una necropoli fuori dalle mura.

Lido di Ostia Levante
Lido di Ostia Levante è il nome del trentaquattresimo quartiere di Roma, indicato con Q.XXXIV.
Costituisce la sezione orientale di Ostia.
Si trova sul litorale tirrenico, separato dal complesso cittadino.

Lido di Ostia Ponente
Lido di Ostia Ponente è il nome del trentatreesimo quartiere di Roma, indicato con Q.XXXIII.
Costituisce la sezione occidentale di Ostia.
Si trova sul litorale tirrenico, separato dal complesso cittadino.

Lido di Castel Fusano
Lido di Castel Fusano è il nome del trentacinquesimo quartiere di Roma, indicato con Q.XXXV.
Si trova sul litorale tirrenico, separato dal complesso cittadino.

Ostia Nord
Ostia Nord è il nome della zona urbanistica 13f del XIII Municipio del comune di Roma. Si estende sul quartiere Q.XXXIII Lido di Ostia Ponente.

Ostia Sud
Ostia Sud è il nome della zona urbanistica 13g del XIII Municipio del comune di Roma. Si estende sul quartiere Q.XXXIV Lido di Ostia Levante.

Casal Palocco

Casal Palocco è il nome della trentaquattresima zona del comune di Roma nell’Agro Romano, indicata con Z.XXXIV.
Il toponimo indica anche la zona urbanistica 13d del XIII Municipio.
Si trova nell’area sud-ovest del comune, separata dal complesso cittadino.

La zona residenziale di Casal Palocco si estende tra via Cristoforo Colombo e via dei Pescatori e confina con le altre zone residenziali di Madonnetta, Axa e Infernetto.

Storia

L’idea di Casal Palocco urbanizzata nasce tra gli anni ’30 e ’40, un tentativo di creare un’area nobile nella zona sud di Roma. Nelle intenzioni del Regime Fascista vi era l’idea dell’EUR come centro della Capitale, idea da implementare definitivamente dopo l’Esposizione Universale del 1942. Quindi, un quartiere residenziale, alla cui progettazione partecipò Adalberto Libera, uno degli architetti protagonisti del Razionalismo italiano.
Le prime ville, costruite in effetti nel dopoguerra, furono una ardita realizzazione di sistemi antisismici, abitazioni grandiose, lussuose, mai eccessive.

L’idea di creare un quartiere come Casalpalocco, concepito come unità urbanistica definita avente caratteri d’autonomia notevoli rispetto al contesto cittadino tradizionale, si sviluppò intorno agli anni ’50. Il progetto era assolutamente innovativo; non esistevano altri precedenti italiani, specie nella capitale. Fu infatti un ente privato,la Società Generale Immobiliare S.p.a., ad assumersi il compito di realizzarlo, avvalendosi esclusivamente delle proprie forze. Oltretutto il piano d’attuazione di tale unità urbanistica era proiettato su un arco di tempo che andava oltre i dieci anni, prevedendo anche zone destinate a verde o ad attività sportive, presenti oggi in così gran numero sul territorio del quartiere da conferirgli il nome di “Quartiere verde”. Oggi la cura nella manutenzione delle servitù verdi legate alle abitazioni, il pro-capite di densità abitativa, rendono il “borghetto” studiato da università di vari continenti.
La toponomastica del quartiere si riferisce tutta a personaggi storici greci.

Struttura
Il quartiere, tipicamente residenziale, è caratterizzato dalla totale ed armonica integrazione tra la sua architettura e l’ambiente naturale circostante. L’intera zona è articolata intorno ad una grande strada-parco, anello che si disloca lungo tutto il perimetro del territorio.
Il suo cuore è rappresentato dal vasto complesso de “Le Terrazze”, che prende il nome dalla particolare architettura dei suoi palazzi, i quali oltre alle unità abitative ospitano numerosi esercizi commerciali. Questi si affacciano su una grande isola pedonale ricca di panchine, dove fanno bella mostra di se due fontane dai caratteristici getti d’acqua.
Vi sono altri tre centri commerciali, di cui il “Centro Vecchio”, adiacente alla Cristoforo Colombo, è una delle prime strutture realizzate nel quartiere.  Un altro (più piccolo) centro commerciale è il cosiddetto “Centro Bianco”.
Casalpalocco, con i suoi attivissimi centri sportivi e le varie strutture disseminate sul territorio, è considerato il quartiere simbolo dello sport.
Un grande complesso sportivo è la Polisportiva, dotata di campi da tennis, da calcio, da basket, da pallavolo,di una pista di Pattinaggio,di una piscina e di una palestra (con 2 sale) dove si svolgono, tra l’altro, corsi di Judo e Ju jitsu.

I quartieri facenti parte del Tredicesimo Municipio e che circondano la verde Casal Palocco sono l’Axa, l’Infernetto, Madonnetta e Palocco 84 (Nuova Palocco), il complesso residenziale situato a sud di Casal Palocco, che prende il nome dall’anno della sua costruzione.
Palocco un tempo era considerato un quartiere dormitorio, oggi invece nel cosiddetto “Pianeta Verde” abitano molti giovani che lavorano anche nelle zone del Tredicesimo Municipio. Casal Palocco fu abitata sin dagli anni ’60 da attori e uomini di spettacolo, nel tempo vi si insediarono comandanti d’aereo (esserci era un po’ uno status symbol), ma anche assistenti di volo: erano anni in cui volare non era certamente per tutti!. Successivamente, un po’ snobbato dai Romani, divenne un po’ British e un po’ California, molto cosmopolita. Oggi commercianti, professionisti, e qualche calciatore, la fanno da padrone.

Palocco, insieme all’Olgiata e ai Parioli, è considerato un quartiere-bene di Roma.

Drive In
Il grande schermo di 540 mq ubicato in Piazza Fonte degli Acilii (adiacente alla Cristoforo Colombo, in posizione intermedia tra i quartieri Axa e Casalpalocco) per anni ha costituito una delle attrazioni più peculiari del Municipio XIII. Inaugurato nel lontano 29 agosto del 1957, ha vissuto il suo periodo d’oro negli anni ’60, quando schiere di romani e turisti di ritorno dal litorale si fermavano affascinate ad assistere alle proiezioni. Il Metro Drive In, il più grande tra i cinema all’aperto per auto sorti in Europa, rappresentava veramente il fiore all’occhiello della zona. Nato dall’entusiasmo d’imprenditori locali contagiati dalla moda statunitense, è clamorosamente caduto in disuso nella seconda metà degli anni ’80. L’area ospitante la struttura è stata lasciata abbandonata a se stessa, ritrovo per derelitti e senza tetto, per ben undici anni. Numerose sono state in quel periodo le proposte di recupero della zona. Si parlava di adibirla a campo da golf, o di costruirvi un nuovo centro commerciale, ma tutto sfociava sempre in un nulla di fatto. Poi finalmente il 17 luglio del 1997, ad oltre 40 anni dalla prima apertura, un gruppo di ragazzi facenti parte dell’associazione culturale Reservoir Dogs (promotori del cinema come mezzo di socializzazione e diffusione della cultura) è riuscito nell’impresa di ridar vita al Metro Drive In. Due aree destinate alle proiezioni (spiaggia artificiale con sdraio ed ombrelloni per 800 posti e Drive 2000 per 485 auto) circondate da strutture ospitanti vari eventi settimanali, in una sorta di città dello spettacolo stile anni ’50-’60.

Attualmente la gestione della struttura, ormai divenuta un grande centro di ritrovo (con ristoranti, bar-discoteca, parco giochi per bambini, terrazza panoramica, pista di pattinaggio, per mini moto e per go-kart), è passata a noti imprenditori locali, che vi ospitano spesso iniziative culturali e mostre mercato, nonchè concorsi di bellezza per animali.