La Valle dei Casali, nella periferia sud occidentale di Roma, è una delle valli di affluenza al basso corso del Tevere, e’ percorsa dal fosso di Affogalasino e dal suo affluente della Nocetta.
Il nome del fosso che ha dato origine nelle epoche geologiche alla Valle dei Casali e’ sicuramente uno fra i toponimi piu singolari: Affogalasino.
L’etimologia del termine deriva probabilmente dall’usanza di affogare gli asini per trarne pelli per strumenti musicali.
Ma e’ probabile anche quanto riportato da B. Belli nello Stradario Romano : “.vige tradizione che, presso la Magliana, fra i boschi e le praterie dei Fratelli Arvali (membri di un antico culto pagano romano) molti pagani convertiti al Cristianesimo, vi fossero affogati e per disprezzo ai cristiani, creduti adoratori di un Dio con la testa d’asino (l’asino ricorre spesso nel cristianesimo, simbolo di pazienza), la localita prese il nome di Affogalasino .”
Il fosso nasce a Villa Pamphili, taglia la Tenuta di Villa York, prosegue fino a passarela Via Portuense, ormai contenuto da una condotta artificiale sotto Via del Trullo, fino al Tevere.
La vegetazione che in alcuni tratti ricopre le rive costituisce la risorsa naturalistica principale della Riserva.
Nel Catasto Gregoriano, all’interno del perimetro della Valle dei Casali, sono disegnati centinaia di casali di pertinenza dei vignaioli, insieme ad alcune chiese, qualche fontanile e una decina di ville. A quel tempo il suburbio romano era diviso in piccoli appezzamenti, ceduti in enfiteusi, ognuno con il suo casale adibito alla conduzione della “vigna” (a Roma erano cosi chiamati gli orti). Il tipico casale romano era a pianta quadrata o rettangolare con un corpo piu elevato che ospitava gli alloggi ed un corpo allungato di servizio adibito a stalle o deposito.
Originariamente (1963) era un comprensorio di circa350 hacompreso trala via Aurelia, via di Bravetta, via del Casaletto ed il Tevere. In questa zona prevalentemente agricola, erano presenti numerosi edifici (ville, chiese rurali, casali) alcuni dei quali sono stati distrutti durante l’edificazione della zona di via dei Colli Portuensi. Nel Piano regolatore del 1962, infatti, la zona era destinata a edilizia intensiva.
La Riserva è caratterizzata da un altopiano che raggiunge gli 80 metri e degrada poi fino al livello del fiume con un andamento movimentato da collinette.
La vegetazione è il risultato dell’uso del suolo prevalentemente agricolo, della presenza di una fitta rete di fossi, del fiume Tevere e dell’adiacenza con aree urbanizzate della città.
La Valle si insinua infatti da sudovest nel tessuto urbano rappresentando un cuneo di verde che collega le ampie piane alluvionali costiere con il centro della città. Molte le aree adibite ad uso agricolo e a prato pascolo. Nelle zone sfuggite allo sfruttamento si è mantenuta,una condizione seminaturale con la presenza, tra le altre specie, di querce, aceri, ginestre e alaterno.
Tra gli animali più significativi, il cervone, il barbagianni, il riccio e la donnola.
Da un punto di vista storico l’interesse maggiore della zona risiede nella conservazione dell’articolato sistema di ville e casali.
Di grande interesse la Tenuta della settecentesca Villa York che realizza un felice connubio tra la villa nobiliare suburbana e l’azienda agricola quale raro esempio di “vigna romana”.
Le emergenze architettoniche più importanti della zona sono Villa York e il Complesso del Buon Pastore.
Nel 1975 la società Sheraton, nel tentativo di eguagliare il prospicente Hilton, chiese, ed ottenne, una licenza per costruire200.000 metri cubi in prossimità del Buon Pastore. Successivamente il progetto naufragò ma vennero comunque costruiti dei “residence” da usare come condomini.
Nel 1976, dopo una lunga serie di proteste, i cittadini dei quartieri limitrofi ottennero alcune modifiche al piano regolatore che vincolarono le zone di confine destinando a verde pubblico un nucleo di 250 ha.
L’istituzione nel 1997 della Riserva Naturale della Valle dei Casali, costituisce allo stesso tempo un provvedimento necessario per salvare un lembo di territorio oggetto di una aggressione insediativa particolarmente esasperata e insieme, per gli stessi motivi, un atto di coraggio e una scommessa.
Nella Valle dei casali esiste un patrimonio storico di edilizia (più o meno povera) non trascurabile mentre l’originale vocazione agricola è progressivamente confinata ad alcune piccole aree.
La scarsa accessibilità degli spazi della Valle rendono questo rilevante comprensorio marginale e poco interessante per le attività quotidiane (passeggiate,giochi…) dei residenti che sono pochi attenti ai progressivi scempi.
Lo scarso controllo esercitato dai cittadini, unitamente alle difficoltà di amministrazione e forze dell’ordine, permette inoltre una serie di attività illegali (discarica abusiva, incendi…) o marginali che aumentano il degrado di un patrimonio di cui invece si reclama il bisogno.
Infine, la mancata utilizzazione degli edifici antichi presenti nella valle li espone al pesante rischio di rapido degrado, riducendo in maniera irreversibile il valore culturale ed ambientale di questo patrimonio che ci è miracolosamente giunto sopravvivendo alla cementificazione degli anni ’60 e ’70.
I rilevamenti hanno interessato le zone intorno all’edificio del Buon Pastore su terreni di natura sia tufacea che argillosa. La costituzione geologica della zona rappresenta la prosecuzione meridionale del Colle del Gianicolo; essa è il risultato di colmate di tufi vulcanici e materiali alluvionali sopra una fossa di erosione preesistente. La morfologia ondulata del paesaggio è caratterizzata da versanti occupati da materiali prevalentemente argillosi, mentre i crinali sono caratterizzati da tufi di consistenza terrosa proveniente dalle antiche eruzioni vulcaniche dei Sabatini. Il fondo delle vallecole e dei fossi è caratterizzato da modesti spessori di materiali alluvionali
Villa York
Villa York, nota anche come Villa Baldinotti o Bichi Ruspoli, deve il suo nome al cardinale Enrico Benedetto duca di York, personaggio celebre della Roma di fine Settecento e degli inizi dell’Ottocento.
La proprietà più antica della villa attuale è da ricercarsi in ambito ecclesiastico, come per gran parte delle tenute della campagna romana, in relazione al ruolo di riorganizzazione del territorio alle porte della città svolto dalla Chiesa alle soglie dell’età moderna.
Furono le monache di S.Cosimato che trasformarono la tenuta, nota come Casal di Marcello, in una prospera azienda, dotata di un casale e di annessi manufatti di servizio.
Nel 1647 Zenobio Baldinotti acquistò Casal di Marcello, avviando la costruzione di una magnifica villa barocca, con un Casino realizzato da Pietro Paolo Drei. Il figlio Cesare ampliò successivamente la tenuta con l’acquisto del vicino Casale di Bravetta e la realizzazione di una splendida via d’acqua, che partendo dal piazzale antistante il Casino si conclude in un ninfeo, secondo un modello adottato anche in Villa Carpegna.
Nel 1697 la Villa fu acquisita e rinnovata dalla marchesa Girolama Bichi Ruspoli, che vi fece realizzare diverse pitture ad opera di Giovanni Ulisse Cariaci, edificare nuovi manufatti tra cui le uccelliere, e piantare numerosi alberi, specialmente in prossimità dell’ingresso.
Nel corso del XIX secolo Villa York raggiunse la sua massima estensione.
Di proprietà del principe Benedetto Giustiniani fino al 1804, quindi del duca di York, fino al 1808, ed infine dei Silvestri e dei Troiani, la villa sviluppò le sue caratteristiche agricole, mantenendo in parte anche le qualità di rappresentanza.
Villa York, collocata nella splendida Valle dei Casali, con vista su Villa Doria Pamphilj e cupola di S. Pietro, rappresenta un luogo ideale per la rievocazione del paesaggio romano, insieme bucolico e raffinato. A breve è previsto l’esproprio da parte del Comune di Roma del complesso attualmente di proprietà privata.
Tenuta dei Massimi
La Riserva Naturale della Tenuta dei Massimi si sviluppa a ovest delle ultime propaggini edificate di Roma nei quartieri Corviale, Borgata del Trullo e della Pisana. Il paesaggio dell’area protetta è scandito da dolci rilievi incisi dal reticolo idrografico del Fosso della Magliana.
È l’aspetto tipico della campagna romana, in cui vaste aree pianeggianti, occupate prevalentemente da coltivi e prati-pascoli, si alternano a colline e piccole valli laterali ricoperte, sui versanti più ripidi, da formazioni boschive. Il fondovalle del Fosso della Magliana, nella parte tra la via della Pisana e la foce, è insolitamente ampio rispetto alle altre valli dell’Agro. Nei secoli passati questo territorio offriva allo sguardo del visitatore boschi, pantani, fiumicelli, monumenti, casali, fontanili, torri d’avvistamento. Su questi terreni da sempre l’uomo ha praticato l’agricoltura e l’allevamento: nel Rinascimento il fiorire di ville urbane favorì l’insediamento delle “vigne”, l’orto romano dove si coltivavano frutta, verdure in quantità, cereali. Solo nei secoli successivi la malaria ha provocato lo spopolamento di parte della campagna, ma sulle zone più alte hanno continuano ad essere costruite ville suburbane quali luoghi di villeggiatura. La struttura del latifondo è rimasta inalterata fino ai nostri giorni così come è rimasto invariato l’uso agricolo.
Torretta Massimi
Nel corso del secolo VIII le coste laziali divennero obiettivo delle scorrerie dei saraceni e di altri predoni del mare i quali, in qualche occasione, riuscirono a saccheggiare Ostia, catturandovi anche dei prigionieri, e arrivarono a minacciare Roma. Per evitare il ripetersi di queste scorrerie, i proprietari dei terreni dell’Agro Romano dovettero costruire un sistema di vedette che consentisse di avvistare le imbarcazioni in avvicinamento e di trasmettere in breve tempo l’allarme mediante segnali luminosi e di fumo. In questo modo tutto l’Agro fu sorvegliato da Torrette, molte delle quali, sebbene in un grave stato di degrado, sono ancora visibili. Col passare del tempo, le torrette divennero simbolo di prestigio e potere, e le lotte tra i vari signorotti locali si svolgevano frequentemente intorno ad esse, avendo come obiettivo la loro conquista. La necessità di non risentire né degli attacchi da terra, né delle frecce incendiate che venivano scagliate nel corso degli assedi, spiega perché il primo e l’ultimo piano fossero in muratura, mentre, per mantenere la struttura leggera, tutti gli altri piani erano in legno. Talvolta, per rendere le torri praticamente inespugnabili, si poneva l’ingresso al primo piano, in modo che si potesse raggiungere solo con una scala a pioli, la quale poteva facilmente essere ritirata in caso di necessità.
Con l’avvento della polvere da sparo le torri persero quasi del tutto la loro importanza strategica, in quanto la loro struttura leggera male resisteva al nuovo tipo di attacco.
I Lancellotti una delle famiglie nobili romane legate al Papa era proprietaria tra l’altro del palazzo Lancellotti ai Coronari, la villa Lancellottia san Giovanni, di alcuni edifici a Tor Sapienza, di alcune azienda agricole nonchè del Discobolo (venduto ai tedeschi nel 1936 ed ora al museo di palazzo Massimo); la famiglia conserva tuttavia ancora alcune dimore come il castello di Lauro (Av) e la splendida tenuta di Torretta de Massimi
La proprietà apparteneva alla famiglia Massimo passata poi per eredità ai Lancellotti nell’800 assieme ad altri beni ed ad altre aziende agricole dell’agro romano, è stata adibita ad abitazione negli anni 50.
L’azienda agricola si estende su una superficie di154 ettari tra via della Pisana,via di Brava e via della Vignaccia è composta da terreni coltivati,prati ed un bellissimo bosco di sughero.
Il Buon Pastore
Il Buon Pastore è un maestoso complesso edilizio collocato all’interno della Riserva naturale della Valle dei Casali a Roma nel SuburbioVIII Gianicolense,nel territorio del Municipio Roma XVI, più esattamente in via di Bravetta 383 a pochi passi dalla seicentesca Villa York, Casal Ninfeo e dal Forte Bravetta. Progettato da Armando Brasini, l’edificio fu realizzato fra il 1929 e il 1943.
Il complesso, costato ben 25 milioni di lire dell’epoca, era nato per ospitare la casa provinciale della congregazione delle Suore di Nostra Signora della Carità del Buon Pastore di Augiere, in seguito ospedale e sanatorio militare e dal 1969 ad oggi ospita importanti istituti scolastici.
Per il progetto del Buon Pastore il Brasini prese a modello moltissimi stili architettonici precedenti nel tentativo di creare un nuovo stile unico di sicuro impatto e meraviglia. Infatti l’aspetto del fronte principale del Buon Pastore si ispira liberamente alla gigantesca nicchia del cortile del Belvedere in Vaticano (opera del Bramante), mentre la cupola della chiesa al centro del maestoso complesso replica lo stile barocco della cupola di Sant’Ivo alla Sapienza (opera del Borromini) è stata riaperta nel 2008 per una mostra sullo sterminio degli ebrei italiani dopo aver concluso lavori di ristrutturazione.
Alterazioni Strutturali
Negli anni70 l’edificio fu privato delle bellissime guglie in pietra serena, alte diversi metri, che donavano slancio ed eleganza alla parte superiore dell’edificio (al tempo si scelse di demolire ed alterare un’opera d’arte invece che procedere ad un restauro conservativo).
La bella croce di bronzo che adornava la parte superiore della cupola viene rimossa negli anni90 aseguito dei danni provocati da un fulmine.
A gran voce la cittadinanza ha richiesto nel corso degli anni il ripristino degli elementi architettonici mancanti, intervento ancora non effettuato.
Torretta Troili
Nei pressi di via dei Faggella, all’interno di una villa privata, sorge la Torretta Troili.
Il nome attuale deriva dai proprietari che, in età moderna, posero lo stemma sulla parte frontale della torre.
La torre era strategicamente disposta in posizione dominante rispetto al sottostante Fosso di Valcannuta, all’incrocio fra i due tronchi suburbani dell’Aurelia; per tutto il Medioevo la torre costituì un ottimo punto di osservazione. Nel Medioevo il luogo è ricordato con i toponimi Canneolus ( sec. VII) e Canutoli (sec. XI)- ovviamente in relazione alla presenza dei numerosi canneti della zona, che hanno originato anche i moderni toponimi di Val Cannuta – e fecero parte dei possedimenti della Chiesa romana sin dal tempo di Onorio I ( 625-638).
Nel secolo XIII il fundus appartenne alla Basilica di San Pietro: in seguito fu venduto alla famiglia Santacroce.
La torre, rimodernata e unita a un casaletto, è oggi trasformata in abitazione. Posta sul sito di una villa romana, della quale non è più visibile alcuna struttura, la torre ne reimpiegò i materiali di costruzione.
Di forma quadrata ( 5 metri per lato) e alta circa 8 metri, è abbastanza ben conservata: è costruita con mattoni di recupero, frammenti di marmo e scagli di selce ( soprattutto nella parte superiore affinché la si potesse scorgere anche da lontano).
Negli spigoli nord-est e sud-est la torre è rinforzata in basso da due contrafforti di forma rotonda in blocchi di selce. Le finestre rettangolari e l’entrata, che è nella parete Est, sono state rifatte in età moderna.