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Fontignani

Fontignani è una frazione di Roma Capitale, situata sulle zone Z.XLI Ponte Galeria e Z.XLV Castel di Guido, nel territorio dei municipi XV e XVI.

Sorge a cavallo di via della Pisana, a est della congiunzione di via di Malagrotta con via di Ponte Galeria.

Colli Portuensi

Tutta la zona era un terreno paludoso, bonificato sotto il periodo fascista

Monte delle Capre

L’area del Piano Particolareggiato zona “O” n.21 “Monte delle Capre” ricade nel territorio del XV Municipio, compresa fra la Via Portuense Via delle Vigne, Via della Magliana e Via del Trullo.

Dati
La borgata ha una superficie complessiva, pari a 53,87 ettari, per una densità territoriale pari a 166 ab/ha.

Pisana

Ponte Galeria-La Pisana è una frazione di Roma Capitale, situata in zona Z.XLI Ponte Galeria, nel territorio del Municipio Roma XV.

Sorge sul lato sud di via della Pisana, dopo il bivio con via di Monte Stallonara.

Toponomastica

Le sole cinque strade di Ponte Galeria-La Pisana sono dedicate ad alcuni comuni della Sardegna.

L’area del Piano Particolareggiato zona “O” n.64 “Via della Pisana” ricade nel territorio del XV Municipio ed è situata sul lato sinistro di Via della Pisana all’esterno del G.R.A.

Dati
La borgata ha una superficie complessiva, pari a 16,50 ettari, per una densità territoriale pari a 89,36 ab/ha.

La Serenella

E’ una dimora signorile visibile già dal catasto del 1818, sita in via dei Martuzzi al Corviale.

Per quanto noto, la proprietà è di ente ecclesiastico e funzionale; non è visitabile, non è visibile da strada. È stata studiata dalla Soprintendenza ai Beni architettonici e del paesaggio di Roma.

Castel Malnome

Ci fu una visita papale (Papa Leone, appassionato di caccia) durante una battuta di caccia vide in loco un bel palazzo fortificato denominato castel del cazzo.”bello” disse il papa ”come si chiama?”…il capo caccia rimasto un po perplesso rispose:” si chiama Castel Malnome”.

Oggi quest’area ospita una discarica, due inceneritori e una raffineria. Durante gli scavi per il gassificatore il proprietario ha trovato a 12 metri di profondita’ 340 tombe di persone che lavoravano in quelle terre vicino il porto.

Villa Bonelli

Villa Bonelli è un parco urbano di 4,5 ettari, dove risiedono la presidenza del Municipio XV Arvalia-Portuense, gli uffici Cultura, Sport e Scuola e lo Sportello per le imprese.

Storia

Un documento fiscale del 1693 nomina l’abate Cenci e monsignor Pallavicini, proprietari della vigna “in contrada Vicolo Inbrecciato”, per la quale pagano le tasse più alte del comprensorio.

Un secolo dopo e oltre, il Catasto gregoriano (anno 1818, mappa 159, particella 235) attesta una “casa con corte per l’uso del Vignarolo”, primo nucleo della moderna Villa Bonelli, su una superficie di 32 centesimi catastali.

La proprietà è ancora ecclesiastica – precisamente della chiesa di S. Maria in via Lata – ma su di essa il vignarolo Giuseppe Pagani vanta il diritto di “enfiteusi perpetua”, una sorta di affitto a basso canone, riscattabile, molto vicino al moderno contratto di “leasing”.

Non solo. Pagani ha in enfiteusi anche l’intera “vigna” (particella catastale 234) che misura 8 quadrati, 8 tavole e 27 centesimi, e il “fienile” (particella 233) che misura 6 centesimi.

Verso il 1839 l’operoso vignarolo aggiunge al casale un corpo perpendicolare (visibile nella mappa della Congregazione del Censo), ma verso metà Ottocento l’attività deve conoscere un rapido declino: nelle mappe la nuova ala è crollata, e un documento del 1878 annota che il fienile è ormai “diruto”.

L’enfiteusi sarà “riscattata” (pagando il valore capitalizzato del canone) verosimilmente intorno al 1870, anno in cui la piena proprietà passa a Giuseppe Balzani.

 I Balzani (e poi i Trinchieri) sono proprietari di Villa Bonelli per mezzo secolo, dal 1870 al 1926. Le loro vicende familiari sono state ricostruite dagli studi attenti di Carla Benocci.

Alla morte del capostipite Giuseppe Balzani, nel 1885, ereditano congiuntamentela vedova Virginia Ciocci-Balzanie i figli Saverio, Giuseppe e Silvia.

Virginia Ciocci-Balzani muore due anni dopo, nel 1887, e la proprietà si consolida nei tre figli. La comproprietà non deve essere stata facile, tanto che il 28 gennaio 1900 si arriva ad una spartizione:la tenuta Balzaniviene assegnata in via esclusiva alla figlia femmina, andata sposa ad Emilio Trinchieri.

Alla morte di Silvia Balzani-Trinchieri, nel 1902, la proprietà passa in eredità congiuntamente al marito Emilio e alla numerosa figliolanza: Virginia, Giuseppe, Emma, Giovanna, Giovan Battista e Marcello.

Intorno al 1906 sono attestati degli abbellimenti che portano la dimora ad assumere carattere signorile e “forma ad L”, e ad essere indicata nelle mappe come “Casa Balzani” o già “Villa Balzani”. La sua estensione, delimitata dalle attuali vie Montalcini, Fuggetta, Baffi, Ribotti e Valli, è di 113 mila mq.

Gli eredi Trinchieri vendono la proprietà a all’agronomo ing. Michelangelo Bonelli, già proprietario della paludosa Piana Due Torri il 29 ottobre 1925.

La sua opera avrà del prodigioso: unificate le proprietà, prosciuga le acque stagnanti con idrovore di sua invenzione, scava un ramo artificiale del Tevere (l’attuale via Pian due torri) e con vasche e chiuse porta l’acqua per l’irrigazione sù in collina. In pochi anni la valle si copre di carciofi e altri ortaggi, il pendio collinare di vigna pregiata e frutteto.

Al casino nobile si aggiungono un nuovo corpo di fabbrica ela serra-studio. Ilparco si addolcisce con scalinate, fontane e terrazze prospettiche, con querce, pini e cipressi.

Mussolini nel 1938 chiederà la tenuta per ampliare l’EUR: Bonelli gli dirà di no.
La tenuta di Bonelli, alla sua morte, fu ereditata dal conte Tournon, che ne aveva sposato una delle figlie.
Il conte iniziò a lottizzare e costruì le prime case, distruggendo gran parte degli alberi circostanti.
Tra gli anni ’60 e ’70 venne costruita la maggior parte dei ‘casermoni’ della Magliana.
Tutta la zona, situata sette metri sotto l’argine del Tevere, doveva essere reinterrata sino a raggiungere il livello dell’argine stesso.
Il Comune diede il permesso di costruire, alla sola condizione di sottoscrivere un atto d’obbligo che impegnava i costruttori a reinterrare i due primi piani dei palazzi in epoca successiva, accordo che non fu mai rispettato.
Furono così realizzati due piani in più rispetto a quelli previsti. Non si costruirono invece strade, fogne, scuole, campi sportivi e soprattutto niente verde.

Negli anni ’80 la villa passa al Comune; nel 2004 gli arch. Panunti e Santarelli hanno progettato il restauro, completato nel marzo 2005. Un’area bimbi e spazi culturali completano la villa.

Dal dopoguerra ad oggi la periferia di Roma ha cambiato fisionomia: via della Magliana Nuova è una sorta di diramazione di via della Magliana, creata per smaltire il grosso traffico della strada principale.
La costruzione della stazione ferroviaria di Villa Bonelli ha reso più agevoli i collegamenti col centro della città.
Tuttavia nonostante il traffico, la viabilità in tilt, il cemento armato dei palazzi costruiti uno addosso all’altro, c’è un ricco patrimonio artistico ed ambientale da rivalutare.

Borgata Petrelli

Largo Petrelli, dedicato alla figura di Giuseppe Petrelli (1883-1937), rappresenta il centro ideale del quartiere. Ogni anno a metà giugno ospita l’“Isola Verde”, festa popolare con danze e fuochi d’artificio. Vi fa capolinea la navetta 711, dopo un giro che tocca la Magliana nuova, via Lenin e largo La Loggia.
Il parco, di 3100 metriquadri, contiene specie arboree miste piantumate a partire dal 1992, tra cui alcuni pini dalla bella ombreggiatura su panchine e area giochi per bambini.

La cappella all’interno del parco, dedicata a Papa Giovanni XXIII, ha interni sobri con una doppia fila di banchi, l’organo e il confessionale. La crocifissione, due statue e le mattonelle della via crucis completano le decorazioni. La chiesetta dipende dalla parrocchia Nostra Signora di Valme.

Il Programma di recupero urbano della Magliana prevede nella piazza la realizzazione di un sottopasso ferroviario. Un progetto, da ritenersi ormai tramontato, proponeva in passato di trasformare la banchina ferroviaria presso il passaggio a livello nella fermata “Newton” della FM1.

Storia

Borgo agrario del Settecento, a cavallo fra Portuense e Magliana, su un territorio ricco di memorie archeologiche. Di qui passava la via Campana, e poco distanti si trovano il Bosco sacro degli Arvali, le Catacombe, Santa Passera, la Villa papale e Villa Bonelli.

Nel 1884 una trincea difensiva taglia in due il Petrelli. L’8 settembre 1943 vi si combatté la furibonda battaglia di Ponte della Magliana, in cui i Granatieri resistettero 20 ore agli assalti tedeschi. In ricordo di quei tragici avvenimenti il Piano regolatore del ’62 ha mantenuto la trincea lì dov’era, e salvato il quartiere dal cemento.

Oggi il Petrelli è “isola verde”, parte del parco Valle dei Casali. Nel futuro prossimo arriveranno il nuovo ponte sul Tevere, nuove strade e spazi verdi, e forse una buona protezione per le tracce archeologiche e di un recente passato rurale”.

La città dei Ragazzi

La Repubblica dei Ragazzi di Civitavecchia

Nel gennaio del 1945 Monsignor Carroll-Abbing, fondando “L’Opera per il Ragazzo della Strada”, diede inizio alla sua attività assistenziale a favore dell’infanzia del dopoguerra.
Insieme a Don Antonio Rivolta, Monsignore fondò una comunità tra S. Marinella e Civitavecchia, quella che poi prese il nome di “Repubblica dei Ragazzi di Civitavecchia”.
Nacquero così i “Villaggi”: quello Marinaro, quello Agricolo e quello Industriale.
Cominciò a prendere corpo l’Autogoverno, frutto della vita quotidiana dei ragazzi e dei loro sforzi di regolare la comunità.
L’Assemblea diventò il fulcro organizzativo della vita cittadina.
La vita comunitaria venne perfezionata dall’introduzione di uno specifico sistema monetario: i “Meriti”, monete metalliche appositamente coniate e studiate, che ogni ragazzo riceveva come ricompensa per i compiti svolti.

La Città dei Ragazzi di Roma

Avviata la Repubblica dei Ragazzi a S. Marinella, Monsignore decise di fondare un’altra Comunità per giovani bisognosi, più vicina a Roma. Acquistò così una landa di terreno in Via della Pisana, due chilometri fuori del Grande Raccordo Anulare, ed il 6 ottobre 1953, alla presenza delle Autorità italiane ed estere, venne posta la prima pietra della futura “Città dei Ragazzi di Roma”, dove Monsignore passerà il resto della sua vita.
Anche il sistema dell’Autogoverno venne trasferito alla Città dei Ragazzi, con l’unica differenza che qui saranno gli “Scudi” e non più i “Meriti” a regolare la vita cittadina

Portuense

Portuense è il nome dell’undicesimo quartiere di Roma, indicato con Q.XI. Il toponimo indica anche la zona urbanistica 15b del XV Municipio.
Esiste anche un suburbio omonimo, indicato con S.VII.
Si trova nell’area sud della città, a ridosso delle Mura Aureliane e del fiume Tevere.

Storia
Il Portuense è fra i primi 15 quartieri nati nel 1911, ufficialmente istituiti nel 1921 e prese il nome dalla via Portuense.

Si estende tra Via Portuense, Via del Casaletto, Via Aurelia Antica e le Mura Aureliane. Durante l’occupazione nazista fu teatro di assalti ai forni ed episodi di resistenza.

 

Valle dei Casali

La Valle dei Casali, nella periferia sud occidentale di Roma, è una delle valli di affluenza al basso corso del Tevere, e’ percorsa dal fosso di Affogalasino e dal suo affluente della Nocetta.

Il nome del fosso che ha dato origine nelle epoche geologiche alla Valle dei Casali e’ sicuramente uno fra i toponimi piu singolari: Affogalasino.

L’etimologia del termine deriva probabilmente dall’usanza di affogare gli asini per trarne pelli per strumenti musicali.

Ma e’ probabile anche quanto riportato da B. Belli nello Stradario Romano : “.vige tradizione che, presso la Magliana,  fra i boschi e le praterie dei Fratelli Arvali (membri di un antico culto pagano romano) molti pagani convertiti al Cristianesimo, vi fossero affogati e per disprezzo ai cristiani, creduti adoratori di un Dio con la testa d’asino (l’asino ricorre spesso nel cristianesimo, simbolo di pazienza), la localita prese il nome di Affogalasino .”

Il fosso nasce a Villa Pamphili, taglia la Tenuta di Villa York, prosegue fino a passarela Via Portuense, ormai contenuto da una condotta artificiale sotto Via del Trullo, fino al Tevere.

La vegetazione che in alcuni tratti ricopre le rive costituisce la risorsa naturalistica principale della Riserva.

Nel Catasto Gregoriano, all’interno del perimetro della Valle dei Casali, sono disegnati centinaia di casali di pertinenza dei vignaioli, insieme ad alcune chiese, qualche fontanile e una decina di ville. A quel tempo il suburbio romano era diviso in piccoli appezzamenti, ceduti in enfiteusi, ognuno con il suo casale adibito alla conduzione della “vigna” (a Roma erano cosi chiamati gli orti). Il tipico casale romano era a pianta quadrata o rettangolare con un corpo piu elevato che ospitava gli alloggi ed un corpo allungato di servizio adibito a stalle o deposito.

Originariamente (1963) era un comprensorio di circa350 hacompreso trala via Aurelia, via di Bravetta, via del Casaletto ed il Tevere. In questa zona prevalentemente agricola, erano presenti numerosi edifici (ville, chiese rurali, casali) alcuni dei quali sono stati distrutti durante l’edificazione della zona di via dei Colli Portuensi. Nel Piano regolatore del 1962, infatti, la zona era destinata a edilizia intensiva.

La Riserva è caratterizzata da un altopiano che raggiunge gli 80 metri e degrada poi fino al livello del fiume con un andamento movimentato da collinette.

La vegetazione è il risultato dell’uso del suolo prevalentemente agricolo, della presenza di una fitta rete di fossi, del fiume Tevere e dell’adiacenza con aree urbanizzate della città.

La Valle si insinua infatti da sudovest nel tessuto urbano rappresentando un cuneo di verde che collega le ampie piane alluvionali costiere con il centro della città. Molte le aree adibite ad uso agricolo e a prato pascolo. Nelle zone sfuggite allo sfruttamento si è mantenuta,una condizione seminaturale con la presenza, tra le altre specie, di querce, aceri, ginestre e alaterno.

Tra gli animali più significativi, il cervone, il barbagianni, il riccio e la donnola.

Da un punto di vista storico l’interesse maggiore della zona risiede nella conservazione dell’articolato sistema di ville e casali.

Di grande interesse la Tenuta della settecentesca Villa York che realizza un felice connubio tra la villa nobiliare suburbana e l’azienda agricola quale raro esempio di “vigna romana”.

Le emergenze architettoniche più importanti della zona sono Villa York e il Complesso del Buon Pastore.

Nel 1975 la società Sheraton, nel tentativo di eguagliare il prospicente Hilton, chiese, ed ottenne, una licenza per costruire200.000 metri cubi in prossimità del Buon Pastore. Successivamente il progetto naufragò ma vennero comunque costruiti dei “residence” da usare come condomini.

Nel 1976, dopo una lunga serie di proteste, i cittadini dei quartieri limitrofi ottennero alcune modifiche al piano regolatore che vincolarono le zone di confine destinando a verde pubblico un nucleo di 250 ha.

L’istituzione nel 1997 della Riserva Naturale della Valle dei Casali, costituisce allo stesso tempo un provvedimento necessario per salvare un lembo di territorio oggetto di una aggressione insediativa particolarmente esasperata e insieme, per gli stessi motivi, un atto di coraggio e una scommessa.

Nella Valle dei casali esiste un patrimonio storico di edilizia (più o meno povera) non trascurabile mentre l’originale vocazione agricola è progressivamente confinata ad alcune piccole aree.
La scarsa accessibilità degli spazi della Valle rendono questo rilevante comprensorio marginale e poco interessante per le attività quotidiane (passeggiate,giochi…) dei residenti che sono pochi attenti ai progressivi scempi.
Lo scarso controllo esercitato dai cittadini, unitamente alle difficoltà di amministrazione e forze dell’ordine, permette inoltre una serie di attività illegali (discarica abusiva, incendi…) o marginali che aumentano il degrado di un patrimonio di cui invece si reclama il bisogno.

Infine, la mancata utilizzazione degli edifici antichi presenti nella valle li espone al pesante rischio di rapido degrado, riducendo in maniera irreversibile il valore culturale ed ambientale di questo patrimonio che ci è miracolosamente giunto sopravvivendo alla cementificazione degli anni ’60 e ’70.

I rilevamenti hanno interessato le zone intorno all’edificio del Buon Pastore su terreni di natura sia tufacea che argillosa. La costituzione geologica della zona rappresenta la prosecuzione meridionale del Colle del Gianicolo; essa è il risultato di colmate di tufi vulcanici e materiali alluvionali sopra una fossa di erosione preesistente. La morfologia ondulata del paesaggio è caratterizzata da versanti occupati da materiali prevalentemente argillosi, mentre i crinali sono caratterizzati da tufi di consistenza terrosa proveniente dalle antiche eruzioni vulcaniche dei Sabatini. Il fondo delle vallecole e dei fossi è caratterizzato da modesti spessori di materiali alluvionali

Villa York

Villa York, nota anche come Villa Baldinotti o Bichi Ruspoli, deve il suo nome al cardinale Enrico Benedetto duca di York, personaggio celebre della Roma di fine Settecento e degli inizi dell’Ottocento.
La proprietà più antica della villa attuale è da ricercarsi in ambito ecclesiastico, come per gran parte delle tenute della campagna romana, in relazione al ruolo di riorganizzazione del territorio alle porte della città svolto dalla Chiesa alle soglie dell’età moderna.
Furono le monache di S.Cosimato che trasformarono la tenuta, nota come Casal di Marcello, in una prospera azienda, dotata di un casale e di annessi manufatti di servizio.
Nel 1647 Zenobio Baldinotti acquistò Casal di Marcello, avviando la costruzione di una magnifica villa barocca, con un Casino realizzato da Pietro Paolo Drei. Il figlio Cesare ampliò successivamente la tenuta con l’acquisto del vicino Casale di Bravetta e la realizzazione di una splendida via d’acqua, che partendo dal piazzale antistante il Casino si conclude in un ninfeo, secondo un modello adottato anche in Villa Carpegna.
Nel 1697 la Villa fu acquisita e rinnovata dalla marchesa Girolama Bichi Ruspoli, che vi fece realizzare diverse pitture ad opera di Giovanni Ulisse Cariaci, edificare nuovi manufatti tra cui le uccelliere, e piantare numerosi alberi, specialmente in prossimità dell’ingresso.
Nel corso del XIX secolo Villa York raggiunse la sua massima estensione.
Di proprietà del principe Benedetto Giustiniani fino al 1804, quindi del duca di York, fino al 1808, ed infine dei Silvestri e dei Troiani, la villa sviluppò le sue caratteristiche agricole, mantenendo in parte anche le qualità di rappresentanza.
Villa York, collocata nella splendida Valle dei Casali, con vista su Villa Doria Pamphilj e cupola di S. Pietro, rappresenta un luogo ideale per la rievocazione del paesaggio romano, insieme bucolico e raffinato. A breve è previsto l’esproprio da parte del Comune di Roma del complesso attualmente di proprietà privata.

Tenuta dei Massimi

La Riserva Naturale della Tenuta dei Massimi si sviluppa a ovest delle ultime propaggini edificate di Roma nei quartieri Corviale, Borgata del Trullo e della Pisana. Il paesaggio dell’area protetta è scandito da dolci rilievi incisi dal reticolo idrografico del Fosso della Magliana.

È l’aspetto tipico della campagna romana, in cui vaste aree pianeggianti, occupate prevalentemente da coltivi e prati-pascoli, si alternano a colline e piccole valli laterali ricoperte, sui versanti più ripidi, da formazioni boschive. Il fondovalle del Fosso della Magliana, nella parte tra la via della Pisana e la foce, è insolitamente ampio rispetto alle altre valli dell’Agro. Nei secoli passati questo territorio offriva allo sguardo del visitatore boschi, pantani, fiumicelli, monumenti, casali, fontanili, torri d’avvistamento. Su questi terreni da sempre l’uomo ha praticato l’agricoltura e l’allevamento: nel Rinascimento il fiorire di ville urbane favorì l’insediamento delle “vigne”, l’orto romano dove si coltivavano frutta, verdure in quantità, cereali. Solo nei secoli successivi la malaria ha provocato lo spopolamento di parte della campagna, ma sulle zone più alte hanno continuano ad essere costruite ville suburbane quali luoghi di villeggiatura. La struttura del latifondo è rimasta inalterata fino ai nostri giorni così come è rimasto invariato l’uso agricolo.

Torretta Massimi

Nel corso del secolo VIII le coste laziali divennero obiettivo delle scorrerie dei saraceni e di altri predoni del mare i quali, in qualche occasione, riuscirono a saccheggiare Ostia, catturandovi anche dei prigionieri, e arrivarono a minacciare Roma. Per evitare il ripetersi di queste scorrerie, i proprietari dei terreni dell’Agro Romano dovettero costruire un sistema di vedette che consentisse di avvistare le imbarcazioni in avvicinamento e di trasmettere in breve tempo l’allarme mediante segnali luminosi e di fumo. In questo modo tutto l’Agro fu sorvegliato da Torrette, molte delle quali, sebbene in un grave stato di degrado, sono ancora visibili. Col passare del tempo, le torrette divennero simbolo di prestigio e potere, e le lotte tra i vari signorotti locali si svolgevano frequentemente intorno ad esse, avendo come obiettivo la loro conquista. La necessità di non risentire né degli attacchi da terra, né delle frecce incendiate che venivano scagliate nel corso degli assedi, spiega perché il primo e l’ultimo piano fossero in muratura, mentre, per mantenere la struttura leggera, tutti gli altri piani erano in legno. Talvolta, per rendere le torri praticamente inespugnabili, si poneva l’ingresso al primo piano, in modo che si potesse raggiungere solo con una scala a pioli, la quale poteva facilmente essere ritirata in caso di necessità.
Con l’avvento della polvere da sparo le torri persero quasi del tutto la loro importanza strategica, in quanto la loro struttura leggera male resisteva al nuovo tipo di attacco.

I Lancellotti una delle famiglie nobili romane legate al Papa era proprietaria tra l’altro del palazzo Lancellotti ai Coronari, la villa Lancellottia san Giovanni, di alcuni edifici a Tor Sapienza, di alcune azienda agricole nonchè del Discobolo (venduto ai tedeschi nel 1936 ed ora al museo di palazzo Massimo); la famiglia conserva tuttavia ancora alcune dimore come il castello di Lauro (Av) e la splendida tenuta di Torretta de Massimi
La proprietà apparteneva alla famiglia Massimo passata poi per eredità ai Lancellotti nell’800 assieme ad altri beni ed ad altre aziende agricole dell’agro romano, è stata adibita ad abitazione negli anni 50.
L’azienda agricola si estende su una superficie di154 ettari tra via della Pisana,via di Brava e via della Vignaccia è composta da terreni coltivati,prati ed un bellissimo bosco di sughero.

Il Buon Pastore

Il Buon Pastore è un maestoso complesso edilizio collocato all’interno della Riserva naturale della Valle dei Casali a Roma nel SuburbioVIII Gianicolense,nel territorio del Municipio Roma XVI, più esattamente in via di Bravetta 383 a pochi passi dalla seicentesca Villa York, Casal Ninfeo e dal Forte Bravetta. Progettato da Armando Brasini, l’edificio fu realizzato fra il 1929 e il 1943.

Il complesso, costato ben 25 milioni di lire dell’epoca, era nato per ospitare la casa provinciale della congregazione delle Suore di Nostra Signora della Carità del Buon Pastore di Augiere, in seguito ospedale e sanatorio militare e dal 1969 ad oggi ospita importanti istituti scolastici.

Per il progetto del Buon Pastore il Brasini prese a modello moltissimi stili architettonici precedenti nel tentativo di creare un nuovo stile unico di sicuro impatto e meraviglia. Infatti l’aspetto del fronte principale del Buon Pastore si ispira liberamente alla gigantesca nicchia del cortile del Belvedere in Vaticano (opera del Bramante), mentre la cupola della chiesa al centro del maestoso complesso replica lo stile barocco della cupola di Sant’Ivo alla Sapienza (opera del Borromini) è stata riaperta nel 2008 per una mostra sullo sterminio degli ebrei italiani dopo aver concluso lavori di ristrutturazione.

Alterazioni Strutturali

Negli anni70 l’edificio fu privato delle bellissime guglie in pietra serena, alte diversi metri, che donavano slancio ed eleganza alla parte superiore dell’edificio (al tempo si scelse di demolire ed alterare un’opera d’arte invece che procedere ad un restauro conservativo).

La bella croce di bronzo che adornava la parte superiore della cupola viene rimossa negli anni90 aseguito dei danni provocati da un fulmine.

A gran voce la cittadinanza ha richiesto nel corso degli anni il ripristino degli elementi architettonici mancanti, intervento ancora non effettuato.

Torretta Troili

Nei pressi di via dei Faggella, all’interno di una villa privata, sorge la Torretta Troili.
Il nome attuale deriva dai proprietari che, in età moderna, posero lo stemma sulla parte frontale della torre.
La torre era strategicamente disposta in posizione dominante rispetto al sottostante Fosso di Valcannuta, all’incrocio fra i due tronchi suburbani dell’Aurelia; per tutto il Medioevo la torre costituì un ottimo punto di osservazione. Nel Medioevo il luogo è ricordato con i toponimi Canneolus ( sec. VII) e Canutoli (sec. XI)- ovviamente in relazione alla presenza dei numerosi canneti della zona, che hanno originato anche i moderni toponimi di Val Cannuta – e fecero parte dei possedimenti della Chiesa romana sin dal tempo di Onorio I ( 625-638).
Nel secolo XIII il fundus appartenne alla Basilica di San Pietro: in seguito fu venduto alla famiglia Santacroce.
La torre, rimodernata e unita a un casaletto, è oggi trasformata in abitazione. Posta sul sito di una villa romana, della quale non è più visibile alcuna struttura, la torre ne reimpiegò i materiali di costruzione.
Di forma quadrata ( 5 metri per lato) e alta circa 8 metri, è abbastanza ben conservata: è costruita con mattoni di recupero, frammenti di marmo e scagli di selce ( soprattutto nella parte superiore affinché la si potesse scorgere anche da lontano).
Negli spigoli nord-est e sud-est la torre è rinforzata in basso da due contrafforti di forma rotonda in blocchi di selce. Le finestre rettangolari e l’entrata, che è nella parete Est, sono state rifatte in età moderna.

Muratella

Muratella è un’area urbana (piano di zona B38) del XV Municipio di Roma. Si estende sulla zona Z.XL Magliana Vecchia.

È situata lungo la via della Magliana, in prossimità della omonima stazione della linea FR1, che collega l’aeroporto “Leonardo da Vinci” a Roma ed a Fara in Sabina/Orte/Poggio Mirteto.

Si tratta di una zona importante soprattutto per la posizione che occupa e per la questione mobilità. Si trova nel quadrante sud-ovest della città; è collegata, grazie alla linea metropolitana FR1, l’A91 (Roma – Fiumicino Aeroporto) ed il Grande Raccordo Anulare sia con l’aeroporto che con il resto della regione e con Roma.

È vicina anche al Parco de’ Medici, dove è da anni in fase di sviluppo un nuovo quartiere amministrativo, con uffici, centri direzionali, sedi legali di importanti aziende italiane.

Sempre nelle vicinanze, per la precisione nel comune di Fiumicino, c’è il nuovo polo fieristico e già da qualche anno sono stati costruiti il centro commerciale Parco Leonardo e il multisala Ciné Cité, i più grandi d’Italia.

Situato a Sud-Ovest del centro della città, il comprensorio Muratella-Collina Alitalia si colloca strategicamente lungo uno dei più importanti assi di sviluppo della città, tra l’autostrada Roma-Fiumicino e il GRA.
Dal punto di vista morfologico-paesaggistico l’area è definita da tre importanti aree naturalistiche che determinano un’importante valore ambientale da integrare con i nuovi interventi e in generale con le strategie progettuali proposte.
A Nord il Parco regionale istituito dal Piano Territoriale Paesistico ‘Valle del Tevere’, ad Ovest la Valle Lupara e ad Est la Valle Bufalino.

Il quartiere sarà in grado, in futuro, grazie alla sua continua espansione, di ospitare gli uffici che attualmente si trovano nel centro di Roma, così da decentrarli e dare un futuro migliore al centro storico della Capitale.

In quest’area è prevista la costruzione di due grattacieli: il grattacielo di Richard Rogers (152 metri, in progettazione) e la Torre Verde di Jean Marc Schivo (130 metri, approvato).

Di fronte alla stazione si trova il “Canile Comunale Muratella”.

Piana del Sole

Piana del Sole è una frazione di Roma Capitale (piano di zona B40), situata in zona Z.XLI Ponte Galeria, nel territorio del Municipio Roma XV.

Sorge al confine col comune di Fiumicino, racchiusa fra l’Autostrada A12 “Autostrada Azzurra” a ovest, l’Autostrada A91 “Roma-Fiumicino” a sud e via della Muratella a nord-est.

Storia

Piana del Sole è un nucleo edilizio abusivo spontaneamente sorto, mai perimetrato né soggetto ad alcun tipo di pianificazione attuativa.

L’Amministrazione Comunale ha individuato nell’ambito di Piana del Sole aree destinate all’Edilizia Residenziale Pubblica per le quali, insieme alle aree del nucleo edilizio abusivo circostante, intende coordinare interventi pubblici e privati ai fini di ottimizzare i costi per la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria.

Scavi archeologici nell’area della Piana del Sole, hanno consentito di scoprire 300 tombe di una necropoli romana risalente al II secolo d.C.
Nell’area si possono trovare siti dell’età preistorica e dell’età del ferro nonché di epoca etrusca e romana.

Ponte Galeria

Ponte Galeria è il nome della quarantunesima zona di Roma nell’Agro Romano, indicata con Z.XLI.

Il toponimo indica anche una frazione di Roma Capitale e la zona urbanistica 15g del Municipio Roma XV.
A Ponte Galeria è situato un centro di identificazione ed espulsione (CIE).

Si trova nell’area sud-ovest di Roma, a ridosso ed esternamente al Grande Raccordo Anulare

Storia

Ponte Galeria, oltre al fiume Tevere, è attraversata da un piccolo fiume che per la dimensione ridotta viene classificato come ‘rio’ e ha dato il nome alla valle che attraversa, il rio Galeria, appunto.
Oggi di questo corso d’acqua non ci accorgiamo quasi più, chiuso com’è tra argini poderosi. E’ comunemente definito ‘marana’, declassazione o confidenza che ignorano le vetuste origini ed antiche vestigia e funzioni, quando era solcato da barche, o quando era temuto per le inondazioni o quando era usato come barriera naturale alle invasioni.

Il rio Galeria era chiamato dagli etruschi ‘Careiae’ o ‘Careia’ o ‘Cereja’, e veniva utilizzato per il trasporto del sale fin sotto le mura di Veio. Il nome ‘Careja’ venne poi trasformato in Galeria (=abitanti del rio Careia), quando Roma venne divisa in 16 tribù nella riforma dell’agro ad opera di Servio Tullio (quarto re di Roma).
Il nome fu poi esteso a tutta la valle del rio. Il nome Galeria appare in numerosi testi classici, fra cui Tito Livio e Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia.

Il rio e la valle Galeria erano noti per la loro importanza strategica, militare e alimentare.
Ciò risulta dall’opera di Papa Adriano I (772-795), che volle qui una domusculta, cioè una grande masseria ‘con campi e casali, vigne, mulino, ..’ per dare rifornimento di grano alla città.
Dopo cinquant’anni, un altro Papa, Gregorio IV (827-844) fece costruire qui un castello adibito a villa e fortilizio. Era una torre a tre piani, circondata da un robusto antemurale. Tra le varie vedette che difendevano il castello, una era di particolare importanza, per il fatto che racchiudeva il ponte con cui si superava il rio Galeria.

Anche i Papi successivi ebbero a cuore il ponte sul Galeria. Papa Benedetto VIII, nel 1018 ordinala restaurazione. Stessa cosa fece il 12 agosto 1526 Papa Clemente VII, incaricando il prefetto dell’alveo e delle sponde del Tevere a restaurare il ponte sul Galeria. Lo stesso Papa gli ingiunge poi di mantenerlo in buono stato e, per trovare i fondi per la manutenzione, lo autorizza a riscuotere una tassa dalle navi che risalgono il Tevere.

Nell’arco della storia la valle Galeria vede un alternarsi di periodi floridi con periodi di abbandono; di fioritura o di squallore, come agli inizi del 1900.
Con l’espansione verso il mare voluta dal fascismo e con la costruzione della vetreria, inizia l’urbanizzazione della valle Galeria.
Ponte Galeria non era una tenuta, ma un piccolo centro, nodo di due importanti arterie stradali (via Portuense e via Magliana) e di due vie fluviali (Tevere e Rio Galeria).

Sin dall’antichità fu un centro abitato. Ciò è dimostrato anche dalle tombe neolitiche (cioè dell’età della pietra e del bronzo) rinvenute.
E’ durante il paleolitico che i primi uomini arrivarono in questa zona. Trecentomila anni fa nella zona si aggirava l’elefante, l’ippopotamo, il rinoceronte il cavallo il bue, il cervo, il cinghiale, ed altri animali di taglia minore, prede della caccia utile al sostentamento della popolazione.

La valle, in via di formazione, era ingombra di acquitrini e paludi, e nel suo insieme appariva come una steppa nella quale si distendevano, senza argini, il fiume Tevere ed il Galeria.
Proprio la presenza dei due fiumi riduceva il bisogno idrico del centro, perché a quel tempo l’acqua del fiume si beveva.