Portonaccio

Attualmente con il toponimo di Portonaccio si intende, la porzione di territorio che si estende dal vallo ferroviario (fosso della Marranella),  fino a via dei Cluniacensi e via dei Durantini, confinando a sud-est con Casal Bruciato e a nord-est con Pietralata.

In realtà, quando il territorio era diviso in tenute (dal tardo medioevo fino agli inizi del secolo scorso), il settore sia a nord della via Tiburtina sia quello a sud rientravano nelle tenute di Pietralata.

Quella a sud della via Tiburtina, Pietralata dei Vittori poi dei d’Aste dalla metà del settecento prende il nome anche di Portonaccio, per la presenza di un antico grande arco diruto, di cui poteva vedersi un pilastro ancora negli anni settanta del secolo scorso addossato all’osteria detta appunto di Portonaccio.
Il nome di Portonaccio si conserva nel tratto di strada di collegamento con la via Prenestina, via di Portonaccio appunto, costruita nel 1891 come strada militare di raccordo delle vie consolari del settore orientale di Roma dall’Appia antica fino alla Batteria Nomentana. Il moderno quartiere è costituito da edifici intensivi che caratterizzano negativamente l’edilizia abitativa di questa parte della città. L’urbanizzazione selvaggia non tenne conto assolutamente delle numerosissime preesistenze archeologiche. Della vasta necropoli ai lati della consolare furono recuperati, presso via cave di Pietralata, soltanto tre sarcofagi di marmo ora al Museo Nazionale Romano. Lungo la via Tiburtina, già a partire dall’ultimo quarto del XIX secolo, particolarmente fiorente fu l’attività estrattiva della pozzolana, dovuta soprattutto all’impulso urbanistico per Roma capitale: la pozzolana della vasta cava in galleria di Portonaccio del principe Torlonia raggiunse per ferrovia con partenza dalla stazione allora di Portonaccio ora Tiburtina addirittura anche altre regioni.

Già a partire dagli anni trenta del secolo scorso, sotto la spinta del governo Mussolini, la Tiburtina, dove era già presente la Chimica Aniene, si caratterizza come area industriale, vocazione che tuttora perdura. Vengono costruiti nel 1938 da Angelo De Paolis capannoni industriali per la lavorazione dell’acciaio, subito però trasformati in teatri di posa a seguito di una legge che vietava l’accentramento dell’industria pesante nella capitale.

Colpiti durante i bombardamenti aerei del 1943 furono ricostruiti e nel 1948 nasceva la De Paolis Industria Cinematografica Romana.

Nel 2004, in largo Beltramelli, è stato collocato un piccolo monumento in ricordo delle vittime del bombardamento dell’ultimo conflitto mondiale che colpì duramente, proprio per la presenza della De Paolis e della Stazione Tiburtina, il quartiere.
Tra via Ottoboni e via dei Cluniacensi ci concentrano resti monumentali di età romana ed edifici storici, mentre ormai non rimane quasi più nulla degli altri sepolcri che si disponevano lungo il lato meridionale della Tiburtina antica.

Una vasta villa il cui primo impianto di età tardo repubblicana (II-I sec. a.C.) raggiunse un particolare splendore, soprattutto nella prima età imperiale, si estende tra via Galla Placidia e via dei Cluniacensi. Da Marziale sappiamo dell’esistenza di una grande villa, posta tra il terzo e il quarto miglio della via Tiburtina, appartenuta al suo amico M. Aquilio Regolo. L’ubicazione, la particolare ricchezza e vastità della villa rendono plausibile la sua identificazione con quella ricordata da Marziale.

Il monumento, databile agli inizi del II secolo d. C., dopo anni di totale abbandono e uso improprio, è stato in parte restaurato e protetto con tettoie. Questi resti insieme allo scavo della via Tiburtina antica tra via Ottoboni e via Galla Placidia con la realizzazione del cosidetto Parco archeologico Tiburtino a partire proprio dalla Tiburtina avrebbero potuto e possono ancora, malgrado i dissennati interventi urbanistici, riqualificare un quartiere cresciuto nel segno della speculazione edilizia.