Laurentino 38

Laurentino è il nome della zona urbanistica 12d del XII Municipio del comune di Roma. Si estende completamente sulla zona Z.XXIV Fonte Ostiense.
Il Laurentino 38 occupa un’area più centrale, compreso tra il quartiere Ferratella e la Via Laurentina, l’insediamento è stato progettato da una equipe di architetti che si sono ispirati ad esperienze europee (tedesche, danesi ed inglesi) sulla costituzione di un modello di quartiere moderno.
Prende il nome dalla via Laurentina e dal numero del Piano di Zona, ma è chiamato anche Undici Ponti.

Storia

Il nome con cui venne inizialmente designato era “EUR Fonte Ostiense”, ma forse per la pesantezza del nome o forse per prediligere una certa assonanza con la “P38” oppure semplicemente per disinteresse questa denominazione è stata abbandonata. Oggi è stato proposto di chiamare il quartiere “Nuovo Laurentino” mentre il CIL invita se non altro a tralasciare il “38”, ma ormai è difficile cambiare e questo da un ulteriore indicazione per quanto concerne l’emarginazione di questa zona.

E’ sorto su un’area importantissima per i ritrovamenti archeologici rinvenuti negli anni ’70, durante i lavori di costruzione del quartiere.
Di proprietà dei Torlonia, la zona è stata espropriata nel 1975 per divenire oggetto di un intervento di edilizia popolare, conosciuto più comunemente come I Ponti, essendo costituito da un anello viario (via Ignazio Silone e via Marinetti) che si sviluppa attorno al Fosso del Ciuccio (via Carlo Emilio Gadda) caratterizzato dalla presenza di 11 ponti, a destinazione residenziale e commerciale.

Via I. Silone costeggia, nel suo sviluppo viario, undici isole abitative collegate da altrettanti ponti che avrebbero dovuto fungere da congiunzione fra i vari nuclei abitativi;
invece in pochissimi anni si sono trasformati, per il degrado e l’abbandono, in strutture in gran parte compromesse.

Il progetto del quartiere Laurentino 38 risale al 1972-73. In quell’area sorgevano una serie di borgate e borghetti “autocostruiti” che vennero interamente demoliti per dare modo ad i loro abitanti di avere delle vere e proprie case.
Diciamo subito che non esiste una distinzione topografica netta fra gli appartamenti delle cooperative e quelli dello IACP: a parte infatti la zona tra l’ 11° ed il 1° ponte a ridosso della via Laurentina interamente costruita dalle cooperative, nel resto del complesso alcuni palazzi sono dello IACP ed altri, seppure in minor numero, sono delle cooperative. Ecco perché è successo che al Laurentino 38 abitino ceti sociali medi, costituiti da imprenditori, dirigenti, liberi professionisti, graduati delle Forze Armate, a fianco di ceti sociali più deboli.
Eppure agli occhi dell’opinione pubblica sono proprio questi ultimi a caratterizzare il quartiere assieme a quella fama di ghetto malfamato – quasi un Bronx alla romana – dovuta ad una massiccia casistica di microcriminalità o di criminalità più o meno organizzata, di violenze e di traffico di droga; realtà queste senz’altro presenti ma forse anche esasperate dai giornali che, come si sa, evidenziano soprattutto aspetti di cronaca nera
L’insediamento nel quartiere avvenne verso la fine degli anni ’70 e, per risolvere la situazione dei baraccati alla periferia di Roma, il Comune, attraverso lo IACP, pensò di assegnare loro buona parte dei nuovi alloggi.
Furono pertanto sfollati dalle baracche e trapiantati bruscamente in una nuova realtà abitativa e sociale spesso, come per i baraccati della borgata di via Anzio sulla Tuscolana, quasi senza preavviso, mediante dei camion del comune che avevano il compito di raccogliere quelli ed i loro beni e “scaricarli” letteralmente nel nuovo quartiere.
Ovviamente questo fu un miglioramento netto della loro condizione, fatto in sè certamente positivo ed encomiabile, però è anche chiaro che a molta di questa gente mancava necessariamente la “cultura della casa” non avendone mai avuta una, e non era dunque in grado, da un giorno all’altro, di occuparsene e di mantenerla efficiente.
A questo si deve inoltre aggiungere che all’epoca dell’insediamento il quartiere era, per la maggior parte, privo dei servizi da quelli essenziali come strade asfaltate, acqua corrente, fognature ed elettricità a quelli sociali, vale a dire un centro servizi, una centrale di Polizia, un consultorio, un centro per anziani, strutture per handicappati, centri sportivi e soprattutto – forse la carenza più grave – le scuole.
Questa situazione si protrasse per alcuni anni e quando in parte alcuni di questi servizi vennero attivati ( si noti che tuttora alcuni servizi sociali, come il consultorio, sono solo nominalmente attivi essendo presenti, per gli abitanti del Laurentino, a Spinaceto! ) si era già arrivati ad un avanzato stato di degrado, ad una ” cultura dell’abbandono “: si può dire che il destino del quartiere forse si è giocato tutto in quei primi difficili anni.
A causa del degrado progressivo del quartiere, nel 2006 gli ultimi 3 ponti sono stati abbattuti come da progetto di “bonifica urbana”, mentre è già stata deliberata la distruzione del VII e VIII. È del 2010 la decisione di abbattere il V e il VI ponte.

Territorio

Si sviluppa sulle pendici del Vulcano Laziale, occupando prevalentemente tre fondovalli: da nord a sud il Fosso del Ciuccio, il Fosso dell’Acqua Acetosa e il Fosso del Vallerano. I primi due raggiungono il Vallerano dopo località “il Castellaccio” (dopo la via Colombo, nel Torrino), qualche centinaio di metri prima che questi affluisca nel Tevere.
Il primo fosso, fortemente urbanizzato, costituisce l’asse attorno al quale si sviluppa l’anello viario del Laurentino 38. È parzialmente attrezzato per il tempo libero.
Nel secondo fosso l’uso del territorio è vario, essendo presenti aree residenziali e altre destinate all’agricoltura. La sua particolarità deriva dalla presenza nella zona orientale della “zona archeologica dell’Acqua Acetosa Ostiense” e, al bordo sud-orientale, della sorgente di acqua minerale San Paolo.

Il terzo fosso ha i caratteri di una valle agricola, e ha mantenuto omogeneo l’aspetto assunto dopo la bonifica idraulica effettuata
negli anni trenta del XX secolo.