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Casale Vaselli

Costruito di solito su luoghi elevati, il casale tipico del ‘ 700 era un edificio rettangolare che racchiudeva una corte interna. Ospitava le abitazioni, le stalle e dei locali per custodirvi i prodotti della tenuta; veniva costruito con pietre miste a mattoni o blocchetti di tufo e, dove possibile, si inglobavano elementi costruttivi romani e medievali. Il tetto era ricoperto dalla tipica tegola romana in cotto. Si vede ancora il grande fontanile usato per abbeverare il bestiame.

Porta Medaglia

Porta Medaglia è il nome della zona urbanistica 12l del XII Municipio del comune di Roma. Si estende sulla zona Z.XXIII Castel di Leva.

L’area del Piano Particolareggiato zona “O” n.48 “Porta Medaglia” ricade nel territorio del XII Municipio, all’esterno del G.R.A. nell’Agro Romano a sud di Roma, tra la Via Laurentina e la Via Ardeatina.

Dati
La borgata ha una superficie complessiva, pari a 11,94 ettari, per una densità territoriale pari a 55 ab/ha.

Colle dei Pini

E’ una frazione del comune di Roma, situata in zona Z.XXVI Castel di Decima, nel territorio del Municipio XII.
Sorge sul lato est di via Laurentina.

Poggetto

L’area del Piano Particolareggiato zona “O” n.47 “Poggetto” ricade nel territorio del XII Municipio, situata nel settore meridionale della città, all’esterno del G.R.A. e contenuta tra la Via Laurentina e la Via Ardeatina.

Dati
La borgata ha una superficie complessiva, pari a 55,13 ettari, per una densità territoriale pari a 91,35 ab/ha.

Schizzanello

L’area del Piano Particolareggiato zona “O” n.71 “Schizzanello” ricade nel territorio del XII Municipio, nel quadrante sud della città, lungo la Via Laurentina che taglia il nucleo in due parti dimensionalmente diverse tra di loro.

Dati
La borgata ha una superficie complessiva, pari a 11,74 ettari, per una densità territoriale pari a 86,62 ab/ha.

Santa Serena

E’ una frazione di Roma Capitale, situata in zona Z.XXVI Castel di Decima, nel territorio del Municipio Roma XII.

Sorge sul lato est di via Laurentina.

Valleranello

L’area del Piano Particolareggiato zona “O” n.31 “Valleranello” ricade nel territorio del XII Municipio e sorge a ridosso della Pontina, nel quadrante sud.

Dati
La borgata ha una superficie complessiva, pari a 7,36 ettari, per una densità territoriale pari a 28,85 ab/ha.

Mulino San Felicola

L’area del Piano Particolareggiato zona “O” n.32 “Mulino – S. Felicola” ricade nel territorio del XII Municipio, e sorge a ridosso dell’incrocio tra il G.R.A. e la Via Ardeatina, nel quadrante sud-ovest. Il nucleo è collegato con il territorio urbano unicamente tramite l’Ardeatina, che lo lambisce ad est.

Dati
La borgata ha una superficie complessiva, pari a 9,89 ettari, per una densità territoriale pari a 81 ab/ha.

Selcetta

L’area del Piano Particolareggiato zona “O” n.46 “Selcetta – Trigoria” ricade nel territorio del XIII Municipio, nel settore sud della città, a cavallo della strada di Trigoria poco distante dall’innesto con la Via Laurentina.

Dati
La borgata ha una superficie complessiva, pari a 100,69 ettari, per una densità territoriale pari a 88,21 ab/ha.

Solfarata

Solfarata è una frazione di Roma Capitale, situata in zona Z. XXIII Castel di Leva, nel territorio del Municipio Roma IX (ex Municipio Roma XII).

Sorge al diciassettesimo km di via Ardeatina, sul confine con il comune di Pomezia.È posta sul lato sud di via della Solfarata, a ovest della frazione di Santa Palomba.

La frazione è a carattere industriale.

Borgo Santa Fumia

E’ una frazione di Roma Capitale, situata in zona Z. XXIII Castel di Leva, nel territorio del Municipio Roma IX (ex Municipio Roma XII).

Sorge al diciottesimo km di via Ardeatina.

Torretta

Il complesso residenziale “Poggio la Torretta” è a soli 5 minuti di macchina dal quartiere EUR, dista circa 2 Km dal GRA ed è ben collegato con i mezzi pubblici comunali e regionali.

Territorio
La sua posizione gli consente, a differenza di altre iniziative immobiliari simili, di svilupparsi all’interno di una riserva naturale tra le più belle, importanti e protette del territorio romano, ma al contempo di avere tutti i servizi e le comodità dei quartieri urbani più intensivi limitrofi.

L’iniziativa si sviluppa su una superficie di circa 60 ettari in cui l’edificazione, caratterizzata da edifici su due piani in stile coloniale o da ville su due o tre livelli di varia tipologia, copre scarsamente il 15% del territorio, lasciando l’elevata parte residua a attrezzature per i residenti, a verde attrezzato e di campagna, a piste ciclabili e pedonali, a servizi di quartiere quali ad esempio scuole, alla preservazione dell’habitat esistente e della fauna locale.

Storia
La convenzione urbanistica è stata sottoscritta con Roma Capitale in data 21 dicembre 2012, attualmente è in corso di attuazione l’esecuzione delle opere di urbanizzazione primarie e secondarie con l’assegnazione della gara pubblica a ditta qualificata che si è aggiudicata una gara di carattere normativo Europeo.

Castellaccio

Situato in un’area altamente strategica il “Business Park Europarco” è il fulcro della nuova centralità urbana prevista nel nuovo PRG  “Eur Sud Castellaccio” e gioca, per la sua collocazione, un ruolo essenziale nella ridefinizione funzionale e formale dell’intero settore sul quale insiste. Collocato all’incrocio degli assi a scorrimento veloce come via Cristoforo Colombo e viale Oceano Pacifico, il complesso Europarco garantisce attraverso un sistema che fruisce di linee di trasporto pubblico su ferro e su gomma, nodi di scambio e viabilità a grande scorrimento rapidi collegamenti con le aree urbane ed extraurbane, arterie autostradali e aree aeroportuali della città di Roma.

Il Business Park Europarco costituisce, insieme alla presenza in loco di numerosi edifici per uffici, del Palazzo dello Sport e del nuovo Centro Congressi, un polo dinamico capace di esprimere nuovi e avanzati processi produttivi in cui oltre a un’alta qualità progettuale che ridisegna uno scenario metropolitano in cui confluiscono presenze di tracciati insediativi storici, spazi verdi e nuove viabilità.

Si tratta di un progetto complesso destinato prevalentemente a uffici privati con spazi commerciali ricreativi ed edifici residenziali e alberghieri servito da un sistema di mobilità che fruisce di linee di trasporto pubblico su ferro e su gomma, nodi di scambio e un sistema di mobilità a grande scorrimento e di collegamento ad aeree aeroportuali, arterie autostradali e viabilità urbana.

Si avvale inoltre di un sistema di sottoservizi, collegati attraverso un cunicolo tecnologico intelligente interrato chiuso ad anello, in cui caratteristiche di sicurezza, fruibilità, integrabilità, funzionamento e gestione prestano attenzione a fattori non prescindibili quali gli aspetti ambientali, il risparmio energetico e la riparabilità che costituiscono i maggiori fattori di innovazione nel campo edilizio.

Il Polo direzionale EUR-Castellaccio, denominato anche “Europarco” sarà una sorta di Defense Capitolina, posizionato subito dopo il Palasport a destra dell’inizio della via Pontina: l’area avrà un suo svincolo stradale e anche un tunnel sotto la Colombo che riunirà la zona del Laurentino con Torrino Sud e Decima.

Le nuove edificazioni non saranno di impatto piccolo, si tratta infatti di un intervento di circa 800 mila nuovi metri cubi distribuito su 63 ettari, caratterizzato da 2 torri di 100 metri, destinati a diventare i grattacieli più alti della città.

Il progetto prevede una grande piazza pedonale, dotata di parcheggi sotterranei, cui si accederà passando tra le due torri: queste saranno costituite da strutture in ferro e cemento armato, con grandi superfici vetrate e rivestimenti in travertino ma soprattutto con l’aggiunta del verde, terrazze fioriere, che daranno loro l’aspetto di giardini in verticale; una torre sarà destinata ad appartamenti, l’altra ad uffici.

Europarco costituirà infatti un centro direzionale che comprenderà uffici, negozi, sale espositive, multisala cinematografiche, servizi ed abitazioni.

Le nuove edificazioni saranno concentrate sul lato collinare dell’area, lasciando libero il fondovalle che diventerà parco pubblico gestito da Roma Natura. I cantieri sono aperti dal 2005: sono previsti almeno 5 o 6 anni perchè l’Europarco acquisti la sua fisionomia definitiva, ma già dal 2007 il Centro Commerciale sarà completato. La costruzione infatti avverrà a moduli, il che faciliterà la velocità del cantiere e quindi la progressiva operatività degli impianti.

EUR

Europa, meglio noto come EUR, è il nome del trentaduesimo quartiere di Roma, indicato con Q.XXXII.
Si trova nell’area sud della città, a ridosso del fiume Tevere.
La posizione dell’EUR ne fa un essenziale nodo fra il centro e i quartieri del lido, nonché verso la nuova Fiera di Roma, la zona aeroportuale di Fiumicino e la zona industriale a sud della Capitale.

Storia

La tenuta delle Tre Fontane era vastissima si estendeva dalla Porta San Paolo fino all’attuale complesso dell’Eur. Nel 1936, dopo la vittoria in Abissinia, fu presentata ufficialmente la richiesta di effettuare a Roma, in occasione del Ventennio Fascista del 1942, l’Esposizione Universale. Fu individuata, anche grazie all’accanito sostenitore Senatore Virgilio Testa allora Segretario Generale del Governatorato, la tenuta delle Tre Fontane. Fu costituito l’Ente Autonomo per l’Esposizione Universale ed Internazionale. 

Originariamente noto come E42 (Esposizione 1942), il suo nome fu variato in E.U.R. dall’acronimo di Esposizione Universale di Roma quindi, con delibera n. 2509 del 5 maggio 1965 della Giunta Municipale, assume l’attuale nome Europa, pur rimanendo conosciuto con l’acronimo.
L’EUR è un quartiere moderno celebre per la sua architettura razionalista, concepito e costruito in occasione dell’Esposizione Universale che si sarebbe dovuta tenere nella Capitale nel 1942, per celebrare il ventesimo anniversario della Marcia su Roma. La manifestazione venne poi annullata a causa della Seconda guerra mondiale, ed il quartiere, allora in fase di costruzione, venne completato in tempi successivi.

Architettura
Il Quartiere occupa un’area di 420 ettari ed ha un perimetro pentagonale. Il nuovo quartiere EUR ha presentato nel corso della sua espansione dei singolari pregi non riscontrati
poi in nessun altro quartiere di Roma. Una particolare rapidità di
comunicazione interne ed esterne, un’assoluta modernità di impianti pubblici, un’alta dignità degli edifici monumentali forse ancora poco sfruttata, una massima razionalità ed armonia di sviluppo urbanistico ed edilizio.

Il progetto venne presentato nel 1938, sotto la direzione di Marcello Piacentini. Il modello è ispirato, secondo l’ideologia fascista, all’urbanistica classica romana, apportandovi elementi del Razionalismo Italiano.
Edifici di particolare rilievo sono:
• Il Palazzo della Civiltà Italiana di Giovanni Guerrini, Ernesto Lapadula e Mario Romano
• Il Palazzo dei Congressi di Adalberto Libera
• L’Archivio Centrale dello Stato
• la stele dedicata a Guglielmo Marconi
• La Chiesa dei Santi Pietro e Paolo (la costruzione domina il quartiere dall’alto, e doveva essere, secondo i piani originali, il mausoleo di Mussolini)
• Il PalaLottomatica (precedentemente PalaEur), progettato da Pier Luigi Nervi e Marcello Piacentini
• Il Fungo (serbatoio idrico che deve il nome alla sua caratteristica forma, attualmente ospita un ristorante panoramico)
• Obelisco Novecento (di Arnaldo Pomodoro, inaugurato nel 2004, è il più moderno obelisco di Roma)
È presente inoltre un’area museale che comprende tra gli altri il Museo della Civiltà Romana, il Museo Nazionale dell’Alto Medioevo ed il Museo Nazionale Preistorico Etnografico Luigi Pigorini, oltre ad un nuovo planetario, con annesso Museo dell’Astronomia, aperto nel 2004.
La costruzione del quartiere venne ultimata solamente alla fine degli anni cinquanta in occasione della XVII Olimpiade, tenutasi a Roma nel 1960, completando alcune infrastrutture, come il Palazzo dello Sport progettato da Nervi e Piacentini e il Velodromo, nonché dando l’attuale struttura al laghetto ed alla zona verde ad esso limitrofa.

Oggi il quartiere è un vero e proprio “Centro Direzionale
Amministrativo”, nonostante siano destinate ad aree libere e verde pubblico il 47% della superficie totale del comprensorio.

LunEur
Un’altra importante infrastruttura del quartiere è senza dubbio il Luneur, il luna park permanente di Roma. È il Luna Park più antico d’Italia; fu costruito inizialmente come attrazione temporanea all’interno dell’Expo agricolo del 1953. Visto il successo che riscosse, venne chiesto agli organizzatori di mantenerlo aperto ogni anno per un certo periodo. Dal 1960, anno delle Olimpiadi, rimase aperto tutto l’anno e cinque anni dopo assunse, tramite referendum, il nome attuale. Attualmente conta centotrenta attrazioni a conduzione familiare ed osserva un giorno di chiusura settimanale.
Dopo vari interventi di rinnovamento ha riaperto nel marzo del 2007 con settanta attrazioni, varie mostre e musei, percorsi a tema e spettacoli. Nell’aprile 2008 l’improvvisa chiusura, dovuta alla ridefinizione societaria e alla messa in sicurezza.

L’ente EUR

L’ Ente Autonomo Esposizione Universale di Roma gestisce l’organizzazione del quartiere in parziale autonomia dal Comune di Roma. Istituito con legge del 26 dicembre 1936, è stato in seguito trasformato in società per azioni.
Gran parte del patrimonio mobiliare ed immobiliare del quartiere è di proprietà di EUR S.p.A. (già Ente EUR), partecipata dal Ministero dell’Economia per il 90% e dal Comune di Roma per il 10%.
L’EUR e la Tenuta di Ferratella
Il territorio su cui attualmente sorge il moderno quartiere dell’E.U.R. ha rappresentato, fin dai primi secoli della storia dell’Urbe e successivamente durante tutta l’epoca romana e medioevale, una posizione di notevole importanza, venendo quasi a costituire, a sud di Roma, un punto di congiunzione tra l’immediato suburbio e la campagna vera e propria.

Durante gli sbancamenti, operati negli anni dal 1937 al 1939, per la realizzazione dell’intero quartiere, non fu mai data una descrizione accurata dei rinvenimenti e non tutti i resti messi in luce furono adeguatamente salvaguardati, anzi la maggior parte delle strutture fu distrutta, per permettere il proseguimento dei lavori d’urbanizzazione dell’area.

La funzionalità del quartiere era ulteriormente accresciuta, oltre alla relativa vicinanza all’importantissimo centro di scambio come il porto di Ostia, anche dalla presenza di un vicino borgo, noto con il nome di vicus Alexandri, considerato uno dei principali scali commerciali lungo il percorso suburbano del Tevere.

Il complesso portuale, situato tra la collina su cui sorge il Forte Ostiense e quella più a sud detta di Ponte Fratto, pur avendo origini probabilmente risalenti ad epoca medio repubblicana, non viene mai menzionato dalle fonti prima della metà del IV secolo d.C., quando ce ne dà una breve notizia Ammiano Marcellino (Rerum gestarum libri, XVII, 4, 14).

Nell’area in cui si è voluto porre il vicus Alexandri provengono numerosi ritrovamenti: due documenti del 1321 ricordano il carico di marmi dal Portus Grapiliani, denominazione che assunse la località durante l’epoca medievale; nel ‘700, nelle diverse vigne della zona, furono rinvenute iscrizioni, sia funerarie sia votive, resti di colombari e ruderi di un imponente mausoleo. Alcuni rinvenimenti compiuti nell’800 misero in luce ambienti termali, un bacino lustrale, un sepolcro in blocchi di peperino, cippi per la delimitazione di tombe, iscrizioni funerarie e resti forse pertinenti alle strutture portuali.

Tra il 1891 e il 1897, sulla riva sinistra del fiume, emersero a circa 4 chilometri dalla porta di S. Paolo, muri di fondazione in scaglioni di tufo con paramento in cortina laterizia, pavimenti in mosaico a tessere bianche e nere e soglie di travertino; successivamente, sulla riva sinistra del fiume, nei prati fra la Basilica di S. Paolo e il bivio detto “del Ponticello”, fu rinvenuto, a circa 700 metri a sud della Basilica, un muraglione di circa 22 metri di lunghezza realizzato in scaglioni di tufo legati con malta (forse poteva trattarsi di una sponda murata). Altre porzioni di banchine sono riemerse in anni recenti poco a valle dell’ansa sottostante la Basilica di S. Paolo, lungo la riva destra del fiume.

Con ogni probabilità le strutture di questo vicus dovevano rappresentare uno scalo intermedio nella navigazione di risalita del Tevere da Ostia a Roma, intorno alle quali si era sviluppato, a partire dalla metà del IV secolo a.C., un centro abitato: sul lato sinistro della Via Ostiense si dovevano trovare le abitazioni, mentre sul lato destro doveva essere la zona commerciale con uffici e magazzini.

L’area occupata dal moderno complesso urbanistico dell’E.U.R., collocata in una posizione sopraelevata e caratterizzata da una serie di pianori dagli estesi orizzonti, si prestava favorevolmente, durante il periodo romano, all’insediamento di piccole fattorie e ville residenziali garantite anche da una locale rete stradale particolarmente ricca e ben articolata.

Questa maglia viaria poteva contare, oltre alla Via Ostiense e alle due vie che portavano nell’agro Laurentino, entrambe con andamento nord sud, anche di un lungo asse viario che, staccandosi verosimilmente al sesto chilometro dell’antica Via Ostiense, tagliava diagonalmente il comprensorio, da nord ovest a sud est, e si univa, una volta incrociato il percorso della moderna Via Laurentina, nei pressi di Ponte Buttero, con l’antica Via Ardeatina mediante un diverticolo ricalcante l’attuale Via di Vigna Murata.

Oltre a quest’asse stradale, in questa zona dovevano probabilmente convergere altre due vie: una, il cui tracciato è solo ipotetico, ricalcava la moderna Via Laurentina, l’altra, probabilmente un diverticolo di cui era già noto da tempo un breve tratto, proveniva dall’Abbazia delle Tre Fontane e tagliava diagonalmente questo complesso con andamento nord est sud ovest.

Il percorso della tangenziale, che tagliava in due il comprensorio dell’E.U.R., portato in luce in vari segmenti durante gli sbancamenti per la realizzazione del nuovo quartiere e della Via Cristoforo Colombo, si dirigeva nel primo tratto, con un andamento grosso modo regolare nord nord ovest, a destra di un’altura ora occupata dal Piazzale delle Nazioni Unite, per poi deviare decisamente, all’altezza di Piazzale Guglielmo Marconi, verso sud est; in particolare in quest’area fu messo in luce un tratto di strada basolata, compreso fra l’attuale Piazzale Konrad Adenauer e Via Ciro il Grande, in cui la via, evitando tutta una serie d’alture, correva lungo un avvallamento delimitato a sud da una collina ed a nord da banchi tufacei, probabilmente già sfruttati in epoca antica come cava di materiali da costruzione.

Nel 1938, nell’area occupata attualmente dal Piazzale delle Nazioni Unite, durante la realizzazione delle fondazioni per la costruzione del palazzo dell’I.N.A., furono rinvenuti alcuni resti delle strutture murarie di un tempio arcaico, databili al V secolo a.C., e frammenti appartenuti alla decorazione fittile dell’edificio cultuale (un’antefissa policroma con raffigurazione di una cavallo e decorazione con motivi a riquadri nella parte inferiore, un frammento di lastra raffigurante la parte superiore di una gamba maschile, un frammento policromo di un elemento per la copertura del tetto e un frammento di piede relativo ad un ex voto).

Il tracciato stradale, prima di raggiungere la Via Cristoforo Colombo, nelle vicinanze della quale fu rinvenuto un brevissimo tratto di strada basolata, aveva una diramazione ad est lungo l’asse dell’attuale Piazzale dell’Agricoltura; nell’angolo formato dalla biforcazione furono rinvenuti i resti di una tomba. Questa diramazione stradale doveva probabilmente raggiungere una piccola altura, all’altezza di Piazzale dell’Industria, dove emersero un gruppo di tombe, e raccordarsi, nei pressi del Santuario della Madonna delle Tre Fontane, con il tracciato ricalcante la moderna Via Laurentina.

Recentemente in quest’area, durante alcuni lavori di sterro, sono stati recuperati, all’interno di una fossa scavata nel banco di tufo, alcuni ex voto fittili databili tra il IV e gli inizi del III secolo a.C. (una mezza testa femminile e un piede sinistro); il tipo di materiale rinvenuto può essere messo in relazione con un luogo sacro probabilmente legato al culto delle acque od una vicina fonte, identificabile verosimilmente all’interno del complesso dell’Abbazia delle Tre Fontane.

La presenza di questi votivi fittili e il precedente rinvenimento in zona, durante gli sbancamenti del 1938, di elementi architettonici d’età arcaica (due antefisse a testa femminile, due frammenti di lastre fittili con decorazione geometrica e figurata, un frammento di antefissa policroma con palmette e un frammento policromo di un piede calzato, forse relativo ad un ex voto), probabilmente riferibili alla decorazione di un altro edificio cultuale, può far ipotizzare l’esistenza, sull’altura ora occupata dal moderno complesso delle Madonna delle Tre Fontane, di un secondo santuario con una sua prima fase databile tra la fine del VI ed gli inizi del V secolo a.C. ed una successiva frequentazione dell’area almeno fino alla metà del III secolo a.C.

Ulteriori resti dell’asse viario affiorarono, ancora per diversi tratti e a varie distanze, nella zona compresa tra gli edifici che ospitano il Museo Nazionale Preistorico ed Etnografico “Luigi Pigorini” e quello della Marina Mercantile; in questo settore di scavo furono messi in luce, ai lati del tracciato viario, resti di un sarcofago liscio in terracotta collocato alla stessa quota del piano stradale, un muro in blocchi di tufo giallo che rivestiva un nucleo cementizio in scaglie di pietra, un gruppo di tombe a camera, colombari, numerose tombe a fossa con copertura a cappuccina, tracce di muratura a blocchi di tufo e avanzi di murature forse attribuibili ad altri sepolcri.

A Nord di quest’area, in particolare su di un’ampia collina attualmente compresa tra Viale della Civiltà Romana e Viale della Letteratura, furono messi in luce, durante alcuni lavori che portarono successivamente al completo livellamento dell’altura, i resti di un vasto complesso rustico identificabile in una villa romana databile alla tarda età repubblicana (fine II secolo a.C. inizi I secolo d.C.).

Del complesso furono messi in luce numerosi ambienti, quasi tutti con orientamento est ovest, con paramenti di muratura in opera reticolata di tufo; vennero anche rinvenuti, all’interno di alcune stanze, pavimenti in mosaico con decorazioni floreali, in opus spicatum e in cocciopesto.

All’interno dell’insediamento furono evidenziati anche i resti di un sistema di raccolta per le acque, costituito da alcune cisterne e cunicoli scavati nel banco di tufo con rivestimento d’intonaco idraulico; presso l’estremità meridionale della villa fu identificato un pozzo di forma circolare.

Si potrebbe ipotizzare che l’area facesse parte di un tenuta appartenente alla gens Antonia, Cornelia o Cassia: sappiamo, infatti, che tra i fondi che componevano nel VII secolo d.C. la massa quae Aqua Salvias nuncupatur, vale a dire la Tenuta delle Tre Fontane, erano compresi quelli denominati Antoniana, Cassianum e Cornelianum.

L’asse stradale, di cui non furono evidenziati ulteriori resti, proseguiva verso sud est andando a raggiungere la moderna Via di Vigna Murata.

Su un’altura delimitante a nord questa strada, a circa 500 metri a sinistra dall’incrocio con la moderna Via Laurentina, furono rinvenuti i resti di una cisterna romana realizzata in calcestruzzo di selce nota con il nome di “ruderi delle Grotte d’Arcaccio”. Sulle strutture d’epoca romana, di cui attualmente non rimangono che alcuni tratti della parete sud, fu fondata, tra il X secolo e l’XI secolo d.C., una torretta d’avvistamento realizzata in blocchetti regolari di tufo; la torre occupava un’ottima posizione in quanto, oltre a vigilare sulla Via Laurentina, poteva controllare una strada d’origine romana, l’odierna Via di Vigna Murata, che univa la Via Ostiense all’Appia.

Nel 1971, a circa 250 metri prima dell’incrocio di Via del Serafico con Via del Tintoretto, durante alcuni lavori per la realizzazione di un edificio, furono rinvenuti i resti di un sepolcro ipogeo; la tomba, costruita con un paramento in opera mista di laterizi e tufelli, accoglieva, all’interno di due celle, sepolture ad inumazione ed incinerazione.

Anche l’attuale tracciato di Via Laurentina, da Ponte Buttero fino all’altezza della città militare della Cecchignola, doveva ricalcare i resti di un’antica strada.

Nel 1942 all’incrocio di Via Laurentina con Via del Fenilone, durante la realizzazione della centrale elettrica, fu scoperto un cunicolo scavato nel banco di tufo, le cui pareti erano rivestite con un sottile strato d’intonaco idraulico in cocciopesto; a meno di 300 metri ad est da quest’area, lungo Via dei Radiotelegrafisti, nel 1959 furono rinvenuti tre tombe con sarcofagi di marmo bianco.

A breve distanza da quest’area, nella zona di Ponte Buttero, vennero in luce nel 1926 altri due sarcofagi in marmo, databili al III secolo d.C. (uno presentava la raffigurazione di una scena di orante, l’altro con strigilatura, aveva nella parte centrale circolare la raffigurazione delle tre grazie ed agli angoli eroi sorreggenti delle fiaccole); altri elementi architettonici, forse decorazione di antichi sepolcri, andati completamente distrutti durante la costruzione degli edifici, sono conservati all’interno di un giardino condominiale in Via dei Corazzieri, di fronte a Via dei Guastatori.

I resti di un lungo tratto di strada basolata furono rinvenuti nel 1953, al chilometro 6,500 della Via Laurentina, nei pressi dell’incrocio con Via Oscar Sinigaglia, durante i lavori d’ampliamento del villaggio Giuliano-Dalmata. Dell’asse basolato fu messo in luce un tratto che conservava ancora sul lato est i margini a blocchi di basalto disposti verticalmente.

Recentemente, tra marzo e giugno del 1995, a meno di 150 metri a sud da quest’area, durante gli sbancamenti operati per il raddoppio dell’attuale tracciato di Via Laurentina, sono stati messi in luce i resti di un probabile complesso abitativo d’epoca romana, tracce di un pozzo-cisterna scavato nel banco di tufo e i resti di una necropoli d’età imperiale.

Nel 1969, a circa 600 metri ad ovest da questi ritrovamenti, furono rinvenuti, durante la realizzazione del Piano di Zona 37 Ferratella, i resti riferibili ad una villa rustica databile tra la fine del II secolo a.C. e gli inizi del I secolo d.C.; del complesso, già in parte sezionato dallo sfruttamento dell’area ad uso di cava per la pozzolana, vennero messe in luce alcune murature di terrazzamento, realizzate in opera reticolata di tufo ed in calcestruzzo di selce e i resti di una cisterna in calcestruzzo con copertura a volta.

Lo scavo dell’impianto rustico della villa mise in evidenza un sistema costituito da canalette e fosse scavate nel banco di tufo, utilizzate probabilmente per la raccolta e conservazione delle acque meteoriche; fu inoltre individuato un complesso idrico sotterraneo costituito da pozzi e cunicoli scavati nel tufo e rivestiti d’intonaco idraulico in cocciopesto.

Dopo un periodo di abbandono, probabilmente avvenuto sul finire del II secolo d.C., il complesso rustico venne riutilizzato come area di necropoli; all’interno di alcuni ambienti furono messe in luce una serie di tombe a fossa con copertura di tegole disposte alla cappuccina o all’interno di anfore di tipo africano (III secolo d.C.).

Come si può vedere, questi sporadici rinvenimenti concorrono alla ricomposizione dell’antico tessuto topografico di una vasta area che, proprio per la mancanza di ruderi affioranti sul terreno, non era stata finora inquadrata nel suo giusto contesto.

La probabile esistenza di luoghi di culto, a partire dal periodo arcaico, e la presenza di resti della fine della repubblica e di varie testimonianze relative ad epoca imperiale, testimoniano una continuità di vita e un crescendo di insediamenti in tutta la zona.

 

Colle di Mezzo

Colle di Mezzo sorge su un altura posta tra Via di Vigna Murata e il Fosso della Cecchignola ove circa trenta anni fa cominciarono ad essere edificate delle palazzine, ancora oggi è rimasta una zona isolata rispetto ad altri quartieri.

Il Serbatoio idrico di Palpacelli.

Progetto che doveva essere inserito in un’area denominata parco scientifico dell’acqua. Questo centro nasce dal design a scala gigante. Esso e’ in effetti un autentico organismo architettonico. Tutte le funzioni sono integrate tra loro, ciascun elemento architettonico assolve contemporaneamente più funzioni, concetti appunto nati dal design. Il pubblico puo’ raggiungere le varie zone fruibili: la terrazza, sopra il serbatoio pensile anulare, a quota 70 metri dal suolo, la quale fornisce un ottimo punto d’osservazione della città; la caffetteria, ad una quota più alta; il percorso anulare intorno all’imbocco del vortice del piezometro che inevitabilmente provoca emozioni suggestive nel guardare la caduta dell’acqua. Fruibili dal pubblico sono anche i torrini in sommita’, luminosi di notte. Gli elementi di collegamento verticale, la scala e l’ascensore, sono contenuti nei due piloni cavi esterni al serbatoio anulare; questi sorreggono la torre piezometrica dalla forma tronco conica rovesciata. L’acciaio impiegato nella costruzione e’ ITACOR 2, del tipo autopassivante con rivestimenti inox voluti dall’architetto non solo per la grande durata e scarsa manutenzione, ma anche per l’alta qualita’ visiva delle immagini che riflettono. Tutte le superfici degli elementi aerei sono costituite da 96 pannelli piani verticali in acciaio inox satinato, che determinano una visione formale perfettamente circolare. Funzione di questo acciaio e’ la sua lunga durata nel tempo e la sua capacità di armonizzarsi con le mutevoli tonalita’ del cielo. Questi pannelli, distaccati da solchi verticali di 3 cm in inox lucido, consentono anche la lettura dell’ora sulle tacche ed i pannelli corrispondono infatti ciascuno ad un quarto di ora delle 24 della giornata. Questo grande organismo avrà una lunghissima durata nel tempo in cui la manutenzione dovrà essere minima. Non esistono mensole o strutture in vista , cornici o aggetti che potrebbero dare luogo a depositi di polvere e relative colature. Le giunture sono previste sempre verticali sul filo della continuita’ della superficie. Tutto l’edificio poggia su due grossi blocchi di c.a. che saranno lasciati in vista allo stato grezzo e saranno percorribili sopra per l’osservazione e l’accesso dalla base dei cilindri. L’intenzione e’ di lasciare le grandi canalizzazioni in vista e non sottoterra; a questo scopo le canalizzazioni sono colorate con colori specifici per le rispettive funzioni: rosso gli arrivi, blu le partenze, giallo le dispersioni o scarichi. Cio’ rendera’ leggibili le funzioni idrauliche in basso, che integrate con la lettura di tutti gli altri elementi sempre chiaramente figurati nelle loro funzioni nello spazio, daranno l’immagine integrale dell’organismo architettonico.

Palpacelli sviluppa un linguaggio innovativo, concepisce il serbatoio , non solo come architettura, scultura, tecnologia, ma anche come una composizione armonica tra le parti e la natura circostante dove ogni elemento e’ il tutto e parte del tutto. L’impianto e’ realizzato interamente in cemento armato e comprende 5 elementi principali: un piezometro per l’alimentazione delle zone piu’ alte del territorio; un serbatoio anulare per la distribuzione alle zone piu’ basse; 2 vasche interrate; un gruppo di elettropompe per sollevare l’acqua dai serbatoi interrati a quelli sopraelevati e una camera di manovra per le apparecchiature di comando e di controllo. Il serbatoio e’ sostenuto a sbalzo da 3 piloni cavi , di altezze diverse che si rastremano verso l’alto, uno dei quali si amplia nella parte terminale per l’inserimento dell’altro serbatoio, il piezometro. I 3 piloni ospitano al loro interno gli impianti di servizio e sono caratterizzati da superfici esterne rigate da profilati metallici a U; in quello piu’ alto c’e’ l’ascensore proprio per contenere l’extracorsa.

 

Giuliano-Dalmata e il Villaggio

Giuliano Dalmata è il nome del trentunesimo quartiere di Roma, indicato con Q.XXXI.
Si trova nell’area sud della città.

Storia

Nacque come Villaggio Operaio E42, adibito ad alloggiare gli operai impegnati nell’allestimento dell’ Esposizione Universale di Roma (che originò l’attuale quartiere EUR).

Con lo scoppio della guerra gli operai abbandonarono le loro case che, dopo una breve occupazione anglo americana, rimasero abbandonate.
Nel 1947, dodici famiglie di profughi provenienti dall’Istria, da Fiume, da Zara, da quei territori destinati dal trattato di pace del 1947 alla Jugoslavia, si insediarono nei padiglioni abbandonati dagli operai impegnati nella costruzione dell’Eur prima della guerra, che fu ribattezzato Villaggio Giuliano.

Nel 1955, inseguito all’arrivo di circa duemila profughi istriani e dalmati, assunse il nome attuale.
Il 4 novembre del 1961 fu inaugurato sulla via Laurentina, per volere dell’Opera Profughi, un monumento costituito da un masso carsico con incastonata la scritta “AI CADUTI GIULIANI E DALMATI” e gli stemmi delle città giuliane.
Nel giro di pochi anni la comunità cominciò a contare più di 8000 profughi.

Iniziarono ad essere costruite le prime palazzine ed il quartiere si unì al resto della città.

Il nucleo originario comunque non si è ancora dissolto ed è ancora possibile girando nel quartiere imbattersi in dialetti veneti.
Il 10 febbraio del 2008, in occasione della celebrazione del quarto Giorno del ricordo, è stato inaugurato, in largo Vittime delle Foibe Istriane, un monumento commemorativo per le vittime dei massacri delle foibe. L’opera è stata realizzata dal maestro Giuseppe Mannino.
La denominazione toponomastica ufficiale Giuliano-Dalmata non è comunemente nota ed è raramente utilizzata nella segnaletica. La stessa popolazione romana indica la zona come “Laurentina” o “Cecchignola”.

Toponimi di zona:
Casale Solaro, Casale Zola, Cecchignoletta, Chiesa del Presidio, Colle della Strega, Colle di Mezzo, Tor Pagnotta, Torre Archetta

Villaggio Giuliano è il nome della zona urbanistica 12b del XII Municipio del comune di Roma. Si estende sul quartiere Q.XXXI Giuliano Dalmata.

 

 

Cecchignola

Cecchignola è il nome della ventiduesima zona del comune di Roma nell’Agro Romano, indicata con Z.XXII.
Il toponimo indica anche la zona urbanistica 12e del XII Municipio.
Si trova nell’area sud della città, a ridosso ed internamente al Grande Raccordo Anulare.

Storia

Il nome più antico con cui veniva identificata questa tenuta era “Cicomola” che, insieme al termine “Piliocti” (odierna Tor Pagnotta), compare in una bolla di papa Onorio III° (1216-1227 d.C.) con riferimento al monastero di San Alessio. Il termine si attribuiva anche alla tenuta di S. Ciriaco (Mezzocamino), appartenuta ai Capizucchi e passato in seguito ai Torlonia, fino ai primi del ‘900.

Ancora oggi, inclusa nel consorzio Fonte Meravigliosa, c’è l’antica e altissima Torre della Cecchignola con l’annesso casale fortificato, innalzata dai Torlonia per sollevare l’acqua di una sorgente e distribuirla nella tenuta. Quella sorgente alimenta il laghetto artificiale dell’Eur.

La città Militare

Il primo nucleo abitativo dell’attuale città militare fu costruito per alloggiare gli operai impegnati nell’allestimento dell’ Esposizione Universale di Roma (attuale EUR).
Successivamente allo sbarco di Anzio, ci si insediarono gli eserciti alleati.
Negli anni successivi, si sono insediati svariati comandi, enti ed unità militari fino a formare una piccola città autonoma, servita da una ben distribuita rete viaria, chiusa al traffico civile.
Nonostante il nome, la città militare si trova nel territorio del quartiere Giuliano Dalmata.

La Città Militare è in grado di ospitare circa 700 soldati che trascorrono qui buona parte del servizio di leva.

Tenuta della Cecchignola 

La tenuta della Cecchignola, stretta fra i moderni tracciati delle Vie Ardeatina e Laurentina, si estende a sud dell’omonimo fosso, di fronte all’odierno quartiere di Fonte Meravigliosa.
Il comprensorio confina ad est con la tenuta di San Cesareo, ad ovest con il quartiere di Colle di Mezzo e la Città Militare, mentre a sud con Via di Tor Pagnotta.
A 500 metri a destra del primo chilometro di Via della Cecchignola, dopo l’incrocio con la moderna Via Ardeatina, si conservano i resti, parzialmente ricostruiti, di un’altissima torre e di un Casale circondati da un recinto merlato.
La torre, conservata per circa due terzi dell’altezza originaria, è costruita con la caratteristica tecnica del XIII secolo d.C.: presenta un paramento murario di tufelli regolari ed munita di finestre rettangolari con stipiti marmorei.
La parte superiore della vedetta, con merlatura, è stata completamente ricostruita, mentre la base è stata rinforzata da un alto sperone, probabilmente contemporaneo ai primi rifacimenti del complesso.
La torre e il Casale costituivano un importante fortilizio che dominava tutta la tenuta della Cecchignola.
Il complesso fortificato era difeso da alcune torrette di vedetta poste sulle alture circostanti, purtroppo oggi in gran parte abbattute; i resti attualmente visibili di una di queste, a circa 250 metri a nord ovest della torre, si riferiscono ad una costruzione completamente romana riutilizzata certamente durante il medioevo.
Le ricognizioni superficiali svolte nell’area del comprensorio, in occasione della creazione di nuovi quartieri residenziali, hanno permesso di individuare, lungo il fosso della Cecchignola, resti di stanziamenti abitativi, strutture di servizio e tracce di un’interessante sistema di drenaggio dell’acqua scavato nel banco di tufo; altri resti, forse relativi ad impianti di tipo rustico, probabilmente risalenti tra il tardo periodo arcaico e la media età repubblicana (V secolo a.C. – metà del III secolo a.C.), sono stati scoperti presso Via della Cecchignoletta, Casale di Cecchignola Vecchia e Casale Zola.
Nella metà degli anni ’80, durante alcuni sondaggi preventivi per l’allargamento di Via della Cecchignola, sono stati messi in luce, nella zona compresa tra Vicolo della Cecchignoletta e Via tenuta della Cecchignola, le tracce dall’antico percorso della Via Ardeatina. Questa strada, dopo aver incrociato Via di Vigna Murata, ricalcava, per circa un chilometro, l’attuale tracciato di Via della Cecchignola per poi deviare verso sud; la via, dopo aver attraversato l’area dei Casali Romagnoli, proseguiva lungo il Vicolo del Bel Poggio fino oltre il Grande Raccordo Anulare.
Nel tratto indagato lungo l’antico tracciato stradale sono stati evidenziati, anche in tempi recentissimi, nuclei di tombe a fossa con copertura di tegole alla cappuccina e tracce di mausolei funerari di epoca imperiale.
Resti di un interessante sepolcro romano realizzato in opera laterizia, probabilmente risalente al II secolo d.C., si trovavo a circa 150 metri a destra dell’incrocio tra Via di Tor Pagnotta e Vicolo del Bel Poggio; la struttura, riutilizzata nel corso del XIII e XIV secolo d.C. come torre d’avvistamento (Tor Chiesaccia), fiancheggia un sentiero che ricalca il tracciato dell’antica Via Ardeatina.
La vedetta, fabbricata con scaglie di selce, tufelli e frammenti di marmo, presenta due costruzione addossate: la principale, la torre vera e propria, di cui si conservano due piani e tracce di finestre quadrate, e un altro ambiente, alquanto più basso, unito alla struttura da un grande arco, probabilmente costruito durante la trasformazione del complesso in Casale-torre.
Lungo Via di Tor Pagnotta, a circa 150 metri a sud ovest del Casale delle Genzole, si trova un’altra torretta di guardia; la struttura, costruita sui resti di una cisterna romana in laterizio, è composta da tufelli frammisti a marmo e mattoni.
La stretta vicinanza di questo complesso con Tor Chiesaccia permetteva un controllo del primo tratto della viabilità per Ardea.
A circa 60 metri prima del Vicolo della Cecchignoletta i sondaggi preventivi hanno permesso di riconoscere, sull’antico tracciato dell’Ardeatina, le tracce di una biforcazione verso sud ovest; questo diverticolo, costituito da una profonda tagliata stradale, probabilmente già in uso tra il tardo periodo arcaico e la prima età repubblicana (fine V secolo a.C. – inizi del IV secolo a.C.), attraversava la città militare della Cecchignola e proseguiva verso la moderna Via Laurentina.
Nel 1934 nei pressi del bivio fra quest’ultima e Via dell’Acqua Acetosa Ostiense, durante la costruzione di una scuola elementare, sono riemersi i resti di questa strada basolata, probabilmente rimasta in uso fino ad epoca imperiale.
Un altro percorso viario, proveniente dalla tenuta delle Tre Fontane, tagliava il comprensorio da ovest; questa strada, riemersa agli inizi degli anni ’90 durante la costruzione dei serbatoi idrici ad est del quartiere Colle di Mezzo, si dirigeva, una volta superata la cisterna romana di torre d’Archetta all’interno della città militare, verso l’attuale percorso di Via Laurentina, nei pressi dell’area di Casale Massima.

Vigna Murata-Prato Smeraldo-Fonte Meravigliosa

Vigna Murata

Tra Vigna Murata e la Cecchignola si estendono i due consorzi residenziali di Fonte Meravigliosa e Prato Smeraldo; costruiti in un area annessa alla vecchia tenuta della Cecchignola furono ultimati tra il ’79 e l’82.
Inseriti sull’asse di sviluppo EUR-mare, ma lontani dalle aree già urbanizzate dell’Eur, sorsero così Spinaceto, Laurentino Fonte Ostiense-Ferratella, Falcognana, Grotta Perfetta, Vigna Murata, tutti quartieri secondo la legge 167. Così, sulle tavole del PRG fu inserita una vasta area edificabile, una sorta di cerchio. che aveva come limiti via casale Solaro, via di Vigna Murata, via Ardeatina e il muro della città militare della Cecchignola. All’interno di questa area ne fu riservata una (circa 84 ettari) per la ubicazione del “Piano di Zona n. 40 per la realizzazione di Edilizia Economica e popolare – Vigna Murata”.

Era nato il quartiere.

Il Piano di Zona 40 “Vigna Murata” (approvato nel 1972/79) fu progettato dall’architetto Moneta che ne predispose le norme (altezze degli edifici, distacchi, ecc.) e stese il progetto planivolumetrico. Il piano dell’arch. Moneta, attuando le indicazioni del PRG, prevedeva l’insediamento di circa 16800 abitanti (200 ab. per ettaro) e la costruzione di edifici per un milione e mezzo di metri cubi, comprensivi di case, negozi ed uffici. Come prevedeva la legge – ed il PRG – oltre a quelli riservati alla viabilità ed ai parcheggi pubblici, vi erano individuati spazi per la realizzazione dei servizi pubblici (scuole, uffici pubblici, luoghi di culto, mercato, centro sportivo etc) ed ampi spazi a verde pubblico da sommare a quelli che sarebbero stati ricavati nelle aree destinate alla edificazione.
Degli 84 ettari, 31 erano riservati alla realizzazione degli edifici e 53 destinati a servizi e spazi pubblici.

Alla realizzazione del Piano concorsero tre soggetti: per la parte più rilevante si costituirono due grossi Consorzi di Cooperative – Fonte Meravigliosa e Solidarietà Sociale – mentre ad una Cooperativa (Statistica 2000) fu affidata la realizzazione di una porzione di territorio di estensione minore lungo via di Vigna Murata (via Visiani – via Devich) .
I due Consorzi affidarono la progettazione architettonica a due architetti: Moneta (Prato smeraldo) e Monardo (Fonte Meravigliosa), i quali connotarono il quartiere con due stili architettonici assai diversi.
Lo stile degli edifici della porzione progettata dall’arch. Monardo (Fonte Meravigliosa) risulta d’impianto decisamente “tradizionale”: molto accurata, definita anche nei dettagli la tipologia edilizia che, assai diversificata, organizza appartamenti dai tagli dimensionali assai vari. Tanta diversità di interni trova riscontro nella grande varietà degli edifici, ma la cura e la coordinazione dei dettagli d’arredo architettonico e urbano (dai materiali di finitura, al disegno dei parapetti dei balconi e delle inferriate fino ai colori prescelti per gli edifici) consentono di cogliere un’immagine fortemente unitaria e di alto livello architettonico.

Gli edifici progettati dall’arch. Moneta, che si trova ad operare costretto in un’area assai più limitata e irregolare (Prato Smeraldo), sono caratterizzati da una ricerca architettonica molto spinta: l’attenzione del progettista è posta, sostanzialmente, alla macroscopicità del “segno” impresso sul territorio con la disposizione degli edifici sul terreno.
La scelta di perseguire un’immagine molto compatta conduce – per quanto concerne l’aspetto esterno – ad una scelta tipologica, formale e cromatica assai rigida (pur in presenza di una ricca scelta nella dimensione e nella tipologia interna degli appartamenti) e lascia in secondo piano, quasi trascura, la definizione di dettagli d’arredo architettonico e urbano.
Interventi successivi messi in opera dal Consorzio costruttore (chiusura di piani piloty per realizzazione di negozi e box auto etc.), hanno portato ad un parziale, ma significativo, stravolgimento dell’idea originale dell’arch. Moneta, il cui tentativo di innovazione progettuale rimane molto considerato anche all’estero (spesso giungono studenti a visitare il complesso degli edifici) pur in presenza di alcuni nodi progettuali irrisolti.

Dal punto di vista delle dotazioni dei servizi, le previsioni del Piano di Zona non sono state completamente rispettate: costruite scuole e mercato, chiesa e, da ultimo, il centro sportivo, mancano all’appello i servizi che potevano costruire quei luoghi di aggregazione civile di cui il quartiere, grande come una piccola cittadina di provincia, è putroppo privo.

Laurentino 38

Laurentino è il nome della zona urbanistica 12d del XII Municipio del comune di Roma. Si estende completamente sulla zona Z.XXIV Fonte Ostiense.
Il Laurentino 38 occupa un’area più centrale, compreso tra il quartiere Ferratella e la Via Laurentina, l’insediamento è stato progettato da una equipe di architetti che si sono ispirati ad esperienze europee (tedesche, danesi ed inglesi) sulla costituzione di un modello di quartiere moderno.
Prende il nome dalla via Laurentina e dal numero del Piano di Zona, ma è chiamato anche Undici Ponti.

Storia

Il nome con cui venne inizialmente designato era “EUR Fonte Ostiense”, ma forse per la pesantezza del nome o forse per prediligere una certa assonanza con la “P38” oppure semplicemente per disinteresse questa denominazione è stata abbandonata. Oggi è stato proposto di chiamare il quartiere “Nuovo Laurentino” mentre il CIL invita se non altro a tralasciare il “38”, ma ormai è difficile cambiare e questo da un ulteriore indicazione per quanto concerne l’emarginazione di questa zona.

E’ sorto su un’area importantissima per i ritrovamenti archeologici rinvenuti negli anni ’70, durante i lavori di costruzione del quartiere.
Di proprietà dei Torlonia, la zona è stata espropriata nel 1975 per divenire oggetto di un intervento di edilizia popolare, conosciuto più comunemente come I Ponti, essendo costituito da un anello viario (via Ignazio Silone e via Marinetti) che si sviluppa attorno al Fosso del Ciuccio (via Carlo Emilio Gadda) caratterizzato dalla presenza di 11 ponti, a destinazione residenziale e commerciale.

Via I. Silone costeggia, nel suo sviluppo viario, undici isole abitative collegate da altrettanti ponti che avrebbero dovuto fungere da congiunzione fra i vari nuclei abitativi;
invece in pochissimi anni si sono trasformati, per il degrado e l’abbandono, in strutture in gran parte compromesse.

Il progetto del quartiere Laurentino 38 risale al 1972-73. In quell’area sorgevano una serie di borgate e borghetti “autocostruiti” che vennero interamente demoliti per dare modo ad i loro abitanti di avere delle vere e proprie case.
Diciamo subito che non esiste una distinzione topografica netta fra gli appartamenti delle cooperative e quelli dello IACP: a parte infatti la zona tra l’ 11° ed il 1° ponte a ridosso della via Laurentina interamente costruita dalle cooperative, nel resto del complesso alcuni palazzi sono dello IACP ed altri, seppure in minor numero, sono delle cooperative. Ecco perché è successo che al Laurentino 38 abitino ceti sociali medi, costituiti da imprenditori, dirigenti, liberi professionisti, graduati delle Forze Armate, a fianco di ceti sociali più deboli.
Eppure agli occhi dell’opinione pubblica sono proprio questi ultimi a caratterizzare il quartiere assieme a quella fama di ghetto malfamato – quasi un Bronx alla romana – dovuta ad una massiccia casistica di microcriminalità o di criminalità più o meno organizzata, di violenze e di traffico di droga; realtà queste senz’altro presenti ma forse anche esasperate dai giornali che, come si sa, evidenziano soprattutto aspetti di cronaca nera
L’insediamento nel quartiere avvenne verso la fine degli anni ’70 e, per risolvere la situazione dei baraccati alla periferia di Roma, il Comune, attraverso lo IACP, pensò di assegnare loro buona parte dei nuovi alloggi.
Furono pertanto sfollati dalle baracche e trapiantati bruscamente in una nuova realtà abitativa e sociale spesso, come per i baraccati della borgata di via Anzio sulla Tuscolana, quasi senza preavviso, mediante dei camion del comune che avevano il compito di raccogliere quelli ed i loro beni e “scaricarli” letteralmente nel nuovo quartiere.
Ovviamente questo fu un miglioramento netto della loro condizione, fatto in sè certamente positivo ed encomiabile, però è anche chiaro che a molta di questa gente mancava necessariamente la “cultura della casa” non avendone mai avuta una, e non era dunque in grado, da un giorno all’altro, di occuparsene e di mantenerla efficiente.
A questo si deve inoltre aggiungere che all’epoca dell’insediamento il quartiere era, per la maggior parte, privo dei servizi da quelli essenziali come strade asfaltate, acqua corrente, fognature ed elettricità a quelli sociali, vale a dire un centro servizi, una centrale di Polizia, un consultorio, un centro per anziani, strutture per handicappati, centri sportivi e soprattutto – forse la carenza più grave – le scuole.
Questa situazione si protrasse per alcuni anni e quando in parte alcuni di questi servizi vennero attivati ( si noti che tuttora alcuni servizi sociali, come il consultorio, sono solo nominalmente attivi essendo presenti, per gli abitanti del Laurentino, a Spinaceto! ) si era già arrivati ad un avanzato stato di degrado, ad una ” cultura dell’abbandono “: si può dire che il destino del quartiere forse si è giocato tutto in quei primi difficili anni.
A causa del degrado progressivo del quartiere, nel 2006 gli ultimi 3 ponti sono stati abbattuti come da progetto di “bonifica urbana”, mentre è già stata deliberata la distruzione del VII e VIII. È del 2010 la decisione di abbattere il V e il VI ponte.

Territorio

Si sviluppa sulle pendici del Vulcano Laziale, occupando prevalentemente tre fondovalli: da nord a sud il Fosso del Ciuccio, il Fosso dell’Acqua Acetosa e il Fosso del Vallerano. I primi due raggiungono il Vallerano dopo località “il Castellaccio” (dopo la via Colombo, nel Torrino), qualche centinaio di metri prima che questi affluisca nel Tevere.
Il primo fosso, fortemente urbanizzato, costituisce l’asse attorno al quale si sviluppa l’anello viario del Laurentino 38. È parzialmente attrezzato per il tempo libero.
Nel secondo fosso l’uso del territorio è vario, essendo presenti aree residenziali e altre destinate all’agricoltura. La sua particolarità deriva dalla presenza nella zona orientale della “zona archeologica dell’Acqua Acetosa Ostiense” e, al bordo sud-orientale, della sorgente di acqua minerale San Paolo.

Il terzo fosso ha i caratteri di una valle agricola, e ha mantenuto omogeneo l’aspetto assunto dopo la bonifica idraulica effettuata
negli anni trenta del XX secolo.

Fonte Ostiense-Ferratella

Fonte Ostiense è il nome della ventiquattresima zona del comune di Roma nell’Agro Romano, indicata con Z.XXIV.
Si trova nell’area sud della città, a ridosso ed internamente al Grande Raccordo Anulare.
Fonte Ostiense non ha un tessuto urbano omogeneo, ospitando diverse compagini territoriali, quali zone residenziali e commerciali, campi agricoli, incolti, aree protette di interesse naturalistico e archeologico.

Ferratella
La Ferratella è l’area settentrionale della zona, comprende tutta la zona edificata tra Via C. Colombo e V.le Oceano Atlantico, costruita sul territorio di una tenuta di proprietà dei principi Borghese.
Le palazzine signorili progettate negli anni 70 presentano caratteristiche simili a quelle dell’Eur  Il quartiere è diventato nel corso di questi ultimi anni un importante centro commerciale e finanziario dove molte società hanno aperto uffici di rappresentanza.
Corrisponde al Piano di Zona 37.

Il nome è legato a due casali tra loro collegati, “Casa Ferratella” e “Casa Ferrata”, visibili sulla Mappa del 1500 di Eufrosino della Volpaia.
Il nome “Casaferratella” si trova per la prima volta in un documento di vendita del capitolo di S.Nicola in Carcere. Nel 1853 appartiene al Conte Cardelli e viene utilizzata come pascipascolo. È presente una sorgente di acqua minerale. Nel primo quinquennio fascista la tenuta, di 139 ettari, apparteneva al Signor Giuliani Paolo.
Casa Ferrata inizialmente era costituita solo da una torre militare medievale, chiamata “Castellaccio di Casa Ferrata”, posta a controllo del territorio confinante con l’antica via Ostiense. Se ne ha una prima notizia nel 905, quando Papa Sergio III la confermò al Monastero di San Sisto. Poi nel Seicento fu affittata ai Colonna. Alla costruzione, protetta da un fossato, nel XII secolo fu aggiunto un rinforzo con muratura a scarpa e venne edificato un caseggiato. Nel XIV secolo venne aggiunto un altro fabbricato e tutto il versante del pianoro occidentale antistante venne recintato. Venne definitivamente abbandonato alla fine del XVI secolo e oggi non ne rimane nulla.

La tenuta è compresa fra il fosso di Ponte Buttero e la marana di Vallerano.
La tenuta è stata proprietà dei principi Borghese fino alla metà dell’ottocento, parte della tenuta è identificata come tenuta dell’Acquacetosa dalla sorgente che vi si trovava. Tale sorgente era già nota agli antichi romani e veniva utilizzata per scopi terapeutici. L’acqua di questa sorgente era venduta, dentro piccoli fiaschi, trasportati su un carretto, dai tipici “Acquacetosari”. Solo nel 1937 veniva autorizzata l’installazione di un impianto per la raccolta dell’Acqua Acetosa di S. Paolo.

Tor Pagnotta

Tor Pagnotta è il nome di un’area urbana del XII Municipio di Roma, piano di zona C6. Fa parte della zona Z.XXII Cecchignola.
È situata a sud della capitale all’interno del Grande Raccordo Anulare, tra le vie Laurentina e Ardeatina.

Il nome è una deformazione moderna dei nomi medievali Piliocti e Piliocta che compaiono in documenti del XIII secolo d.C.; anche questa proprietà è appartenuta fino ai primi del ‘900 ai Torlonia, come la vicina Cecchignola.

In questi ultimi anni ha visto l’insediamento di importanti centri direzionali (Poste, Finanza e società di informatica) e centri commerciali.
Vi ha sede la Fondazione EBRI, istituto di ricerca internazionale per lo studio del cervello, fondata nel 2001 da Rita Levi-Montalcini.

Storia
In origine era una tenuta agricola di circa 414 ettari, con un casale provvisto di torre, di cui oggi non restano che pochi reperti.
Il 3 maggio 1259, su autorizzazione del gran maestro Thomas Bérard, il maestro d’Italia Pietro Fernandi permutò i possedimenti della rocca di San Felice Circeo, l’enfiteusi su Santa Maria della Sorresca ed altri terreni in Terracina, con la tenuta di Tor Pagnotta, di proprietà del “Magister Jordano Sancte Romane Ecclesie vicecancellario et notario”, divenendo così patrimonio fondiario dell’Ordine dei Cavalieri templari.
Il casale di Tor Pagnotta compare in una citazione da parte di frà Vivolo di Sancto Justino negli atti del processo contro i Templari dello Stato Pontificio.
Il 21 febbraio 2007 è stato smantellato un campo nomadi situato all’angolo fra via Laurentina e via di Tor Pagnotta.

Tenuta di Tor Pagnotta

I recenti lavori di urbanizzazione di una parte del settore meridionale della tenuta, situata tra il Grande Raccordo Anulare a nord, Via Castel di Leva a sud e la Via Laurentina e Via della Cecchignola rispettivamente a ovest e ad est, hanno permesso di eseguire un’accurata campagna d’indagine archeologica preventiva su una vasta superficie di circa 40 ettari d’estensione, protesa verso il lato nord, con una dorsale tufacea separata su ambo i lati da zone di compluvio naturale.

Della torre medioevale, situata su un’alta collina a circa 1200 metria sinistra del chilometro 8,500 della moderna Via Laurentina, notevolmente rovinata, si conservano i resti della base, di forma quadrata, realizzata in scaglie di selce e l’alzato costruito in frammenti di tufo, selci e scaglie marmoree. Sul lato sud si accedeva, tramite una scaletta esterna in mattoni, all’ingresso della vedetta.

La torre, posta a metà strada tra le Vie Laurentina e Ardeatina, era al centro di un luogo strategico, venendosi a trovare circondata da una serie di vedette di guardia dislocate nelle vicinanze.

Le ricerche nel comprensorio di Tor Pagnotta hanno evidenziato, al centro del pianoro, le tracce di un articolato sistema di canalizzazioni scavate nel banco di tufo con probabile destinazione per uso agricolo, forse per l’impianto di un frutteto di meli o per un vigneto.

Queste strutture, insieme a resti di fosse e pozzi idrici, sono databili probabilmente al periodo medio repubblicano (IV-III secolo a.C.); altri resti, riferibili a stanziamenti di tipo rustico, sono stati individuati a circa 1200 metri ad est della torre di Tor Pagnotta (presso il 10° Casale di Bonifica) e a circa 400 metri ad est dal 7° Casale di Bonifica.

Alla stessa epoca deve risalire un nucleo di sei tombe a “pseudo-camera”, situato su un pianoro di fronte al complesso medioevale di Tor Chiesaccia (XII-XIII secolo d.C.).

Le sepolture, scavate nel banco di tufo, si distribuivano in modo casuale nell’ambito dell’area indagata; la loro caratteristica riguardava la presenza di un’anticamera che precedeva la stanza di deposizione dell’inumato, disposto su una banchina realizzata in fondo alla cella o sui lati lunghi.

Le caratteristiche formali e tecniche di queste tombe, che richiamano tipi diffusi sul territorio durante il periodo dell’orientalizzante recente, non escludono un’origine più antica per la frequentazione di tali sepolcri.

E’ interessante notare che questi gruppi di tombe a camera, sparsi nel territorio, presentano una distanza, in linea d’aria, misurabile in media intorno ai due chilometri, come se le aree fossero ripartite in precise sfere d’influenza.

All’estremità occidentale della tenuta, lungo la moderna Via Laurentina, nei pressi di ponte della Chiesaccia, sono stati rinvenuti i resti di un tracciato stradale che, già individuato nell’area di Vallerano (strada 3), risaliva, dopo aver attraversato il fosso omonimo, lungo un compluvio naturale, verso il pianoro del comprensorio di Tor Pagnotta; probabilmente questa strada, dopo aver attraversato la tenuta, si dirigeva, con andamento grossomodo nord nord ovest, verso l’abitato protostorico della Laurentina Acqua Acetosa.

Recentemente, a sud di questa zona, durante i lavori di raddoppio dell’attuale Via Laurentina, all’incrocio con Via di Castel di Leva, è stato rinvenuto un altro tratto di strada, probabilmente risalente già ad epoca arcaica, che si raccordava, verso nord ovest, con il tracciato stradale sopra menzionato; sul lato opposto, questo diverticolo, doveva proseguire, con andamento grossomodo sud est, verso la moderna lottizzazione di Casal Fattoria nella tenuta di Valleranello.

Durante indagini tuttora in corso, sul limite sud ovest del comprensorio, sono state individuate alcune aree di cava prolungatesi fino ad epoca tardo imperiale.