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Castel Porziano

Castel Porziano è il nome della ventinovesima zona del comune di Roma nell’Agro Romano, indicata con Z.XXIX.

Si trova nell’area sud del comune, separata dal complesso cittadino. Rientra nei territori amministrati dai municipi XII e XIII di Roma.

Tenuta Presidenziale

La Tenuta Presidenziale di Castelporziano, dista circa 25 Km dal centro di Roma e si estende su una superficie di 59 Km2 (5892 ettari)  comprendendo alcune storiche tenute di caccia quali “Trafusa, Trafusina, Riserve Nuove e Capocotta”, comprendendo circa 3,1 Km di spiaggia ancora incontaminata.

Castelporziano è in parte delimitata dalla via Cristoforo Colombo, che collega la capitale ad Ostia, dalla strada statale Pontina, che raggiunge la città di Latina ed in parte dalla strada statale litoranea che da Ostia conduce ad Anzio.

Territorio

Non è solo una Tenuta ma un mondo a sé stante: un posto bellissimo, naturale, di grande quiete a soli 16 chilometri da Roma, verso il mare, che si estende per 6.000 ettari: il suo perimetro è di quasi 50 chilometri. La sorveglianza è strettissima – anche se non si vede – per preservare questa che ormai è un’oasi verde, di così rara bellezza; dal 1979 nel territorio della Tenuta è stato imposto il silenzio venatorio; per questo non si caccia più.

La Tenuta è abitata solo nel Borgo dove risiedono stabilmente 44 famiglie tra Polizia, Carabinieri e Guardie Forestali e addetti alla manutenzione del territorio; il “Borgo”, quindi, è l’unico insediamento abitativo della Tenuta.

Storia

L’aspetto della Tenuta, come lo vediamo oggi, ricalca sostanzialmente l’assetto dato dalla Famiglia Grazioli che investì le sue ricchezze nella costruzione di strade e nella ricostruzione dell’intero castello facendo diventare il tutto un luogo signorile, un luogo ameno, dove poter ospitare il Pontefice, le personalità di Roma , d’Italia e dell’estero.

La storia della Tenuta, però, è molto più antica; il suo territorio risulta abitato dall’uomo fin dalla preistoria come dimostrano i ritrovamenti rinvenuti nel corso degli scavi per la costruzione della Via Cristoforo Colombo.

Numerosi reperti di ville di alto prestigio dell’età imperiale romana, poi, testimoniano che il luogo – corrispondente all’antico Fundus Procilianus (Agro Laurentino) – era stato scelto dall’antica aristocrazia romana per la vicinanza al mare giacché il territorio abbraccia la fascia litoranea che va da Ostia ad Anzio.

Le antiche ville romane erano collegate a Roma attraverso un capace sistema viario costituito dalla Via Ostiense, dalla Via Severiana e dalla Via Laurentina.

Nella stessa tenuta di Castelporziano ci sono ancora i resti di un acquedotto e della villa, con relative terme private fornite di calidarium, tepidarium, frigidarium e palestra, dell’imperatore Commodo (180 d. C.) che aveva scelto questa residenza in occasione della pestilenza a Roma ma che ne rimase rapito per la bellezza del paesaggio che, ora come allora, mostra un universo verde in modo così assoluto e totale da sentirsi sottratti alle leggi del tempo; se non ci fossero quei lunghi viali asfaltati si potrebbe credere di essere arrivati qua in un lontanissimo ieri perché tutto è identico a quell’età remota.

Nel piccolo museo delle Terme allestito all’interno della tenuta sono conservati parte dei reperti archeologici portati alla luce durante gli scavi: vi sono dei pezzi molto importanti e altri molto antichi di età preromana, come i frammenti di una volta dipinta e ricomposta in modo da poter testimoniare la moda del tempo.

Altro ritrovamento importante rinvenuto nella Tenuta è la statua di un discobolo;. oggi nel museo è presente soltanto una copia perché l’originale si trova al Museo delle Terme di Roma; la statua è a grandezza naturale, priva della testa, di una parte della gamba e di un braccio ma, è spettacolare.

Dopo la caduta dell’Impero romano e dopo le invasioni barbariche questa zona entrò a far parte dei beni della Chiesa, fu affidata, di volta in volta, ad alcuni feudatari di nomina del Vaticano e fu adibita sempre a tenuta di caccia perché la grande caratteristica era una flora meravigliosa tipica della macchia mediterranea e la grande quantità di animali.

Era un luogo molto amato dai nobili nel ‘700 e nell’’800 per le grandi battute di caccia.

Nel 1568 una famiglia di origine fiorentina i “del Nero” acquistano la Tenuta sostanzialmente per ricavarne del reddito. I “del Nero” ebbero grosse conflittualità con il popolo per l’inosservanza dei diritti acquisiti dalla popolazione con gli editti papali.

I contrasti si fecero ancora più accentuati e la popolazione diminuì sia a causa della malaria sia decidendo di andare altrove per le poche risorse a disposizione: il reddito derivava soltanto dall’allevamento degli animali allo stato brado, dall’utilizzo dei prodotti del bosco come il legname grosso e il legname da ardere.

La proprietà dei “del Nero” va avanti per circa tre secoli finché l’ultima rappresentante, Ottavia Guadagni, una vedova senza figli, aliena la proprietà (1824) ad una facoltosa famiglia romana i Grazioli che per l’acquisizione di meriti importanti da parte del vaticano – meriti economici – aveva bisogno di darsi un lustro, uno stemma; come già detto quest’ultima Famiglia promuove opere di varia natura per la rinascita del territorio.

Gli eventi precipitano e nel 1870 con la presa di Porta Pia i proprietari si trovano in difficoltà e vendono allo Stato italiano – tramite il Ministro delle Finanze pro tempore Quintino Sella – la Tenuta di Castelporziano; ciò per consentire al Re d’Italia Vittorio Emanuele II di coltivare la sua grande passione: la caccia che lo portava spesso ad allontanarsi da Roma per la lontana Tenuta in Toscana di S. Rossore; il territorio, quindi, entra, a far parte dei beni demaniali della Corona come riserva di caccia.

Dal 1948 è divenuta appannaggio del Presidente della Repubblica, che la utilizza sia come luogo di residenza e rappresentanza, sia come zona d’attività zootecniche, agricole e silviculturali nel rispetto dell’ambiente naturale. Totalmente recintata, è sottratta al pubblico e può essere visitata solo per speciale concessione.

Fauna e Flora

Nella zona a nord della Tenuta – lungo la valle di Malafede in un recinto di quasi 650 ettari– sono allevati i cavalli e i bovini maremmani che qui vivono quasi allo stato brado; tozzo ma forte, il primo è un mezzosangue vincitore di diversi premi dedicati alla razza; il toro, maestoso e possente con lunghe corna a forma di mezzaluna e le vacche maremmane con le tipiche corna a lira.

L’area, con i suoi circa 6.000 ettari d’ampiezza, si estende dalla spiaggia dunosa ora in gran parte aperta ai bagnanti (pur essendo uno dei pochi tratti di costa laziale in cui è quasi integra, anche se è un ambiente fragile che facilmente può essere distrutto da un eccessivo calpestio) fino ad una profondità di 9 Km. nell’entroterra.

Il 70% circa del territorio della tenuta è costituito da boschi con prevalenza di querce come la farnia, il leccio, il cerro e la sughera che comincia a fornire il sughero all’età di 25 anni con prelievi ogni sette anni – in media una sughera vive 200 anni; numerose sono anche altre piante di alto fusto: il pino domestico – più conosciuto come pino marittimo – il frassino, l’olmo, l’acero, l’ippocastano, il bagolaro, il melo e il pero selvatico, l’eucalipto introdotto per bonificare le zone paludose, nonchè tratti a  praterie, zone depresse allagate (le cosiddette “piscine”) e macchia mediterranea.

Nella zona di Capocotta la vegetazione cambia: si vedono tuje, noccioli, aranci, filliree e di notevole interesse sono le pinete, di cui la più vecchia risale al secolo scorso e una pianta di fillirea di circa 1200 anni abbraccia un rudere antico come volesse proteggerlo dallo scorrere dei secoli.

Il sottobosco è composto dalle piante tipiche della macchia mediterranea; il mirto, il lentisco, il corbezzolo, il cisto, l’erica, la ginestra, l’alloro, l’oleastro, la fillirea, il rosmarino, il rovo, il ginepro, il prugnolo, il biancospino, l’asfodelo, lo stramonio.

All’ombra di boschi si trovano un gran numero di animali che hanno resa famosa la tenuta, quali il cinghiale, il daino, il capriolo e il cervo reintrodotto nella tenuta negli anni ’50 dopo che era scomparso a seguito di avvenimenti bellici.

Ci sono anche i piccoli mammiferi quali la volpe, l’istrice, il tasso, la martora, le lepri, i conigli selvatici e tra i volatili stanziali: i fagiani, le ghiandaie e il barbagianni, i corvi, il nibbio bruno, l’airone rosso e il cinerino, le garzette, il gufo reale, alzavole e germani reali.

Le dune

Le dune, che fila dopo fila si spingono fino al mare sono ricoperte da piante erbacee come il cardo selvatico e cespugli di erbe striscianti che vivono sulla sabbia e resistono all’azione del vento salmastro.

E’ uno spettacolo che cambia con il fluire delle stagioni e che muta luce ed emozione durante la giornata; protagonista è la macchia mediterranea che si presenta su tre livelli: altofusti, arbusti e piante erbacee alternandosi con dune degradanti verso il mare.

Qui all’imbrunire è possibile udire il rumore sordo del cinghiale in corsa, gli scatti metallici degli aculei dell’istrice ed il verso dei rapaci notturni come il barbagianni.

Resti Antichi

All’interno della tenuta sono presenti numerosi resti di ville romane del tardo periodo repubblicano, per lo più utilizzate per l’attività rurale. Tra questi spiccano i ruderi della villa di Plinio il Giovane, in prossimità di quanto rimane dell’antica Via Severiana.

Villa di Plinio
All’interno della pineta di Castel Fusano, ad appena 200 metri dal confine con la tenuta di Castel Porziano e lungo quanto rimane dell’antica Via Severiana, sono stati rinvenuti i resti di una villa romana risalente all’ultimo periodo repubblicano. Gli scavi che hanno portato alla luce quella che da tutti è conosciuta come “villa di Plinio” furono condotti nel 1935, per localizzare, appunto, la bellissima residenza sul mare di proprietà di Plinio il Giovane, avvalendosi delle indicazioni per raggiungerla fornite dallo stesso in una lettera all’amico Gallo. In verità i suddetti resti non apparterrebbero alla villa di Plinio, che è invece situata a circa 1 Km. di distanza, all’interno della tenuta presidenziale (nei pressi della cosiddetta Villa Magna, in località Grotte di Piastre). I ruderi rinvenuti nell’area del Parco di Castel Fusano sarebbero attribuibili alla villa estiva dell’oratore Ortensio, vissuto tra il 114 ed il 50 a.C.
Il muro di cinta di tale villa (che è possibile visitare su appuntamento) è visibile in una vasta radura a fianco ai resti di una basilica paleocristiana, alla quale si accede allontanandosi dalla Via Severiana lungo il sentiero all’altezza del paletto numero 16. Purtroppo della struttura originaria, oggetto di scavi clandestini e spoliazioni fin dal 1700, è rimasto ben poco. Osservando i vari tipi di muratura utilizzati è stato però possibile dedurre che la struttura è stata edificata in varie fasi. Un primo impianto, costituito da blocchetti di tufo, risale all’età Giulio-Claudia. E’ poi presente un ampliamento in mattoni databile al II sec. d.C. Di particolare interesse sono una zona adibita a terme con mosaico rappresentante Nettuno circondato da fauna marina mentre guida un ippocampo, ed un altro mosaico a tessere bianche su sfondo nero, situato subito dopo l’arco d’ingresso alla villa.

Via Severiana
Ultima delle grandi strade imperiali romane, fu fatta costruire dall’imperatore Settimio Severo in un periodo molto florido per Roma, tra il 198 ed il 209 d.C., al fine di collegare Ostia e la città di Porto (la Fiumicino dell’epoca) con Anzio e Terracina. Il suo percorso costiero probabilmente seguiva il tracciato di una pista sterrata già esistente. Concepita per scopi commerciali ed in particolare per il trasporto della calce dei monti Lepini, la Severiana entrava ad Ostia da sud, passando di fronte alla sinagoga risalente al I sec. d.C. (ancora visibile lungo la strada che da Ostia Antica porta al Ponte della Scafa). Proseguiva poi, attraverso l’Isola Sacra ed il “pons Matidiae” (le cui tracce sono venute alla luce negli anni ’70, nel corso degli scavi effettuati dall’Istituto di Archeologia Cristiana dell’Università di Roma), sino a Porto (Portus Ostiensis Augusti).
Un percorso molto suggestivo, tuttora riconoscibile grazie a cospicue tracce di lastricato di basoli in pietra lavica, che, anche se solo a tratti, è visibile per oltre 5 Km. attraverso una delle principali ricchezze naturalistiche della zona (l’area di Castel Fusano, Castel Porziano e Capocotta). Proprio grazie a questa strada il traffico verso sud aumentò notevolmente e la Severiana divenne col tempo una delle vie più utilizzate di tutto l’impero. Anche per questo numerosi furono i personaggi illustri che vollero costruire le loro dimore in prossimità di essa. Imperatori, come Commodo e persino Augusto e grandi letterati, come Plinio il Giovane e l’oratore Ortensio. Resti di tali splendide ville sono ancora visibili all’interno della pineta di Castel Fusano e della tenuta di Castel Porziano.

Castel Fusano

Castel Fusano è il nome della trentesima zona del comune di Roma nell’Agro Romano, indicata con Z.XXX.
Il toponimo indica anche la zona urbanistica 13h del XIII Municipio.
Si trova nell’area sud del comune, separata dal complesso cittadino.
Insieme alla zona di Casal Palocco è la sola, delle attuali 53 del comune di Roma, i cui confini non sono delimitati da alcuno fra il GRA, il Tevere, il Mar Tirreno o un altro comune. Tutte le altre zone confinano con almeno uno di essi.

La Pineta
Situato presso il lido ove secondo la leggenda i fati condussero Enea, il parco urbano Pineta di Castel Fusano (istituito dalla Regione Lazio dal giugno 1980) si estende per oltre 1.000 ettari e costituisce la più vasta area di verde pubblico del Comune di Roma. Tale territorio ebbe nei secoli proprietari illustri, quali gli Orsini, i Corona ed i Fabi, per passare ai Sacchetti nel 1620 ed infine ai Chigi. Nel 1932 fu aquisito dal Governatorato di Roma ed aperto al pubblico l’anno successivo. Presenta zone con vegetazione più o meno fitta, a seconda che domini la macchia sempreverde autoctona (in prevalenza lecci) o il pino domestico (pinus pinea). Quest’ultimo, introdotto dall’uomo alla fine del 1600, ha dato origine ad un paesaggio monumentale che sebbene fondamentalmente artificiale ha un enorme valore storico. Un vasto lembo di macchia litoranea si estende poi parallelamente alle dune, con prevalenza di leccio, corbezzolo, lentisco, fillirea, erica arborea, mirto, alaterno, ginepro fenicio, rosmarino ed osiride.
In un simile ambiente è presente una fauna molto varia, specie per quanto riguarda gli uccelli, anche in virtù della vetusta età dei pini. Picchi, upupa, capinere, occhiotti, volatili tipici della macchia mediterranea, cinghiali, donnole, volpi, faine, ricci, istrici e tassi e non è raro incontrare esemplari di testuggine. Numerosissime sono anche le specie di insetti, a volte assai rare, che trovano rifugio nel legno putrescente di alberi morti o caduti. Nel luglio del 2000, un disastroso incendio ha interessato proprio i300 ettari della pineta monumentale secolare, costituita da pini radi di grandi dimensioni e da un folto sottobosco di piante della macchia sempreverde mediterranea. I danni sono stati ingentissimi, più di 280 sono stati gli ettari andati distrutti, e pur provvedendo ad interventi di recupero ci vorranno secoli prima di riuscire a ricostituire il paesaggio originario (in considerazione anche del fatto che il problema incendi si ripropone inevitabilmente tutte le estati).

Porto di Ostia

Dal porto di Ostia a Porto

La strategica posizione geografica induce i vari Imperatori romani che si avvicenderanno nei secoli (ma anche facoltosi cittadini privati), a dotare di tutti i servizi questa cittadella, che proprio grazie a questi interventi diverrà una città di dimensioni ragguardevoli per quei tempi: arriverà a contare fino a cinquantamila abitanti, che formeranno, visto il massiccio andirivieni con i porti del Mar Mediterraneo, una comunità estremamente multirazziale.

Porto di Claudio

Già Giulio Cesare aveva intuito la necessità di creare un nuovo porto vicino Roma ma le difficoltà tecniche e l’urgenza di altri problemi l’avevano fatto rinunciare. A causa dell’aumento del traffico commerciale che rendeva insufficiente la capacità della foce del Tevere, l’imperatore Claudio, fece costruire a partire dal 42 un nuovo porto a circa 3 kma nord di Ostia, collegato al Tevere da un canale, terminato nel 46, il canale di Fiumicino, con la formazione dell’Isola Sacra. Il Porto sarà terminato da Nerone, nel 64-66, ma era già attivo nel 62.

Il nuovo porto, di forma grosso modo circolare, fu creato partendo da un bacino artificiale di ca. 90 ettari di superficie, costruito utilizzando una laguna che si era formata, con il cordone sabbioso che costituiva una protezione naturale. L’entrata del bacino fu sbarrata da un’immensa diga di 758 m di lunghezza e 3 m di larghezza, lasciando per l’entrata al porto un passaggio di 206 m, tra la diga ed un molo lungo 600 m e largo 12 m, il cosiddetto monte Giulio, situato a nord-est sulla terra ferma.

Furono creati attracchi ed horrea sui due bracci del porto, che in complesso coprivano più di cento ettari, per facilitare gli scambi e lo stoccaggio delle merci.

All’estremità della grande diga fu eretto un faro, simile a quello del porto di Alessandria, utilizzando come fondazione la nave utilizzata dall’imperatore Caligola per portare dall’Egitto l’ obelisco che attualmente si trova in Vaticano. La nave fu riempita di pietre, quindi fatta affondare per far così affiorare un isolotto artificiale. Secondo i ricercatori i lavori richiesero l’intervento di 30 000 operai e di 1000 paia di buoi durante 20 anni.

Porto esagonale di Traiano

Ma questo nuovo porto era troppo esposto alle insidie delle tempeste: Tacito riporta che già nel 62, prima quindi che i lavori fossero portati a compimento, una tempesta affondò 200 navi. Inoltre il suo mantenimento era estremamente costoso. Quindi l’imperatore Traiano fece costruire da Apollodoro di Damasco un nuovo porto, il Porto di Traiano, più funzionale e più arretrato rispetto a quello di Claudio. I lavori durarono dal 100 al 112, con la creazione di un bacino di forma esagonale con lati di 358 m e profondo 5 m, con una superficie di 32 ettari e 2000 metri di banchina. Fu costruito un ulteriore canale, ed il collegamento ad Ostia fu assicurato da una strada a due corsie.

I depositi

Al Portus Traiani, furono costruiti magazzini e depositi per permettere la miglior conservazione delle derrate alimentari. Al massimo della sua espansione Ostia comprendeva immensi depositi che ricoprivano una superficie di 10 ettari. Erano più ampi di quelli della stessa Roma.

Tutti i prodotti dell’antico mondo mediterraneo venivano stoccati: candele, torce, libri in pergamena, rotoli di papiro; generi alimentari: pepe e spezie, quintali di grano, anfore di vino, giare d’olio; vestiti, materiali da costruzione.

Età imperiale

Durante il periodo della sua massima prosperità, durante il II ed il III secolo Ostia aveva una popolazione urbana di 75.000 abitanti. Nella città furono costruiti molti edifici tra cui la basilica e la Curia.

Tra il 117 e 161, gli imperatori Adriano e Antonino Pio fecero ricostruire e risistemare il centro, con abitazioni a più piani ma con ampi cortili interni e nuovi edifici pubblici, tra cui il nuovo Campidoglio, le terme di Nettuno e la caserma dei vigili.

Nel 180, l’imperatore Commodo fece costruire il nuovo teatro di Ostia.

Tra il 203 e il 217, gli imperatori Settimio Severo e Caracalla fecero ingrandire e rinnovare il teatro di Ostia e la piazza delle Corporazioni che comprendeva al centro il Tempio di Cerere e la circondarono completamente di un colonnato, dietro al quale si trovavano gli uffici delle più importanti società di commercio di tutto l’Impero. I nomi delle società furono scritti sui mosaici che ornavano i marciapiedi ed in questa piazza si incontravano i mercanti, gli artigiani, i marittimi e i banchieri.

Per far funzionare al meglio l’insieme, vegliavano i magistrati e i funzionari dell’impero.

Questi erano incaricati di sorvegliare il carico e lo scarico delle derrate alimentari, di controllarne la qualità e la quantità, di effettuare i pagamenti e prelevare le tasse, di fare assicurare il rispetto dei contratti, in particolare quelli tra lo Stato e i privati, di gestire i rapporti con gli armatori, di sorvegliare le corporazioni dei lavoratori delle navi trasbordo, dei dock, dei cantieri navali, delle ditte incaricate della manutenzione delle banchine e dei depositi.

Esisteva anche una corporazione di tuffatori incaricati di recuperare le mercanzie cadute in acqua.

Aureliano fece abbellire il foro, Massenzio, come Prefetto di Ostia, concesse il privilegio di una Zecca locale.

Bisogna poi ricordare anche le Domus, le Insule, le botteghe (splendido esempio, il Termopolium), Il Tempio di Ercole, il Mitreo delle Sette Sfere, la Domus della Porta Annonaria, il Decumano Massimo, le case a quattro piani, Templi, Statue, Mosaici e tutto ciò che potesse rappresentare il lusso e la modernità di quei tempi.

Decadenza

A partire da Costantino I, all’inizio del IV secolo, con la crisi dei commerci e dell’economia che era in definitiva dovuta alle incursioni barbariche lo stato dovette ridurre i suoi sforzi nella gestione della città. È l’inizio di una lenta decadenza. Verso la fine del IV secolo sant’Agostino di passaggio ad Ostia attesta il degrado della città. Sua madre, Santa Monica, muore nella locanda dove è in attesa di imbarcarsi per l’Africa del Nord. Nel 414, il poeta Rutilio Namaziano conferma anche lui la fine della città per mancanza di manutenzione.

La città cominciò ad essere distrutta a partire dal IX secolo, ma conobbe una nuova storia già a partire dal Medio Evo. Le rovine, scavate sistematicamente dal 1854, sono ben conservate e sono seconde solo a quelle di Pompei.

Il Tevere, ha portato nei secoli detriti e terra che hanno fatto arretrare la costa creando una costa alluvionale piatta e paludosa, soggetta a malaria. Le rovine d’Ostia Antica sono circondate da campi e situate attualmente a 4 km dal mare.

Nuovo Porto Turistico
Oggi, finalmente questa situazione è mutata e il Porto di Roma è una realtà da godere. Inaugurato intorno alla metà del 2001, il nuovo porto turistico sorge in prossimità della foce del Tevere, nella zona nord di Ostia.
Ricostruito nelle immediate vicinanze del sito antico, il Porto di Roma si rifà molto alla struttura originaria mantenendo un’aria suggestivamente imperiale. In grado di ospitare oltre 800 natanti con dimensioni variabili tra gli 8 ed i 60 metri, la struttura è perfettamente attrezzata per le esigenze della navigazione da diporto. I pontili fissi e le banchine sono provvisti di tutte le normali dotazioni nautiche, sono presenti un cantiere navale e numerosi negozi specializzati per le attività da diporto.
La profondità del bacino portuale è variabile, dai 5 metri dell’ingresso fino ad un minimo di 3,5 nella zona riservata alle imbarcazioni più piccole. L’accesso alle strutture è consentito anche in caso di condizioni meteo sfavorevoli ed i due moli proteggono le imbarcazioni durante le mareggiate violente. Un sistema d’immissione forzata di acque prelevate in mare aperto evita la stagnazione di quelle del bacino.
Edifici bassi e porticati ospitano i locali commerciali: supermercato, farmacia, banca, lavanderia e rivenditori delle migliori marche. Numerosi sono i bar ed i ristoranti e nella piazza principale è presente anche uno yachting club. Il vasto parcheggio vanta oltre 2000 posti auto, per gli spostamenti all’interno del porto sono disponibili mezzi ecologici e le aree carrabili sono nettamente separate dalle pedonali.
Con il Porto di Roma, dopo 2000 anni, l’Urbe si riaffaccia sul mare come la sua grandezza impone.

Luoghi di Ostia

Pontile
Inaugurato il 27 ottobre del 1940 proprio di fronte alla Piazza dei Ravennati, il Pontile della Vittoria, allora Pontile del Littorio, ha da sempre avuto un’esistenza travagliata. Simbolo per antonomasia del litorale ostiense, nel dicembre del 1943, ad appena tre anni dalla sua inaugurazione, fu raso al suolo dalle truppe tedesche che avevano occupato la zona, nel tentativo d’impedire lo sbarco degli anglo-americani per la liberazione della capitale. Rimasero in piedi appena due tronconi in mare e l’emiciclo del pontile, che fu totalmente ristrutturato solo nei primi anni ’50. Negli anni ’60 un gruppo di ragazzi di Ostia scoprì sotto la parte a terra della struttura, interrata nel bagnasciuga, una Santa Barbara tedesca perfettamente conservata. Per permettere la bonifica del deposito l’intera area del pontile rimase chiusa al pubblico per vari mesi. Seguirono poi, negli anni, svariati altri periodi di chiusura per lo più dovuti ai continui danneggiamenti causati al pontile dalle mareggiate.
Una volta constatata l’incapacità a risolvere una tale situazione, il Comune di Roma optò per una soluzione drastica e nel 1980 decise di demolire completamente la struttura. Fortissima fu però l’opposizione verso questo intervento da parte di privati, associazioni sindacali, organi di stampa e vari esponenti del mondo politico. Accantonata quindi l’idea di demolire, si procedette ad una totale rimessa a nuovo della struttura, inaugurata con tutti gli onori due anni dopo, alla presenza del sindaco di Roma e delle varie autorità locali. Il pontile si protende ora verso il mare con i suoi 150 metri di lunghezza, allargandosi nella parte terminale a formare una piazzola, dove fa bella mostra di se una caratteristica rosa dei venti.

L’arenile di Ostia
Il territorio del XIII Municipio si caratterizza per essere comprensivo del litorale di Roma. Sono circa 14 km d’arenile, di cui il 15% a spiagge libere o libere attrezzate, mentre il rimanente 85% organizzato in stabilimenti in concessione per la balneazione. Tra le spiagge libere attrezzate le più belle ed importanti sono quella di Castel Porziano (concessa dal Presidente della Repubblica ai bagnanti romani nel 1965), con i suoi 7 cancelli d’ingresso lungo la Via Litoranea e Capocotta (rientrante nel territorio della Riserva Statale del Litorale Romano), con i suoi 5 ingressi. Le loro dune ricoperte di macchia mediterranea da migliaia di anni offrono un panorama unico, ma estremamente fragile e da tutelare. Nei 10 km d’arenile tra il confine della Riserva Presidenziale ed il Nuovo Porto Turistico sorgono più di 50 stabilimenti balneari. Molti sono quelli storici, come il Battistini, primo stabilimento-ristorante di Ostia fondato nel 1911, appena 3 anni dopo che la Via Ostiense era stata prolungata fino al mare. Poi il Tibidabo (nato nel ’28, esempio d’architettura moderna con ascendente razionalista), il Plinius e la Vecchia Pineta, del ’31, il Capanno, ex-Duilio (realizzato nel ’39 da Moretti, stesso architetto che si è occupato di Casalpalocco) ed il Kursaal, fine anni ’40, dal caratteristico trampolino aggiunto nei ’50, dell’architetto Nervi. Esempio neoclassico con punte di liberty era lo stabilimento Roma, realizzato nel ’24 dall’architetto Milani. Per la sua cupola dalle dimensioni monumentali era definito il più grande del mondo. Venne distrutto dai tedeschi nel ’43 poichè facile punto di riferimento per gli aerei alleati.
Tutti questi stabilimenti, che di giorno fanno da location alle numerose manifestazioni sportive che vedono Ostia come protagonista, al calar del sole si trasformano in night e discoteche, divenendo meta preferita dei romani nelle calde notti capitoline.

Ex-colonia marina Vittorio Emanuele III
La prima colonia marina di Ostia nacque nel 1916, su progetto dell’architetto Marcello Piacentini. Era una costruzione in cemento armato che vantava refettori, cucine, sale svago e due grandi camerate per un totale di 80 posti letto, atti ad ospitare i ragazzi per i quali era previsto anche il pernottamento. Nel 1925, nell’ambito di un piano sanitario voluto dal Governatorato di Roma, venne proposto l’ampliamento della struttura per contrastare la lotta alla tubercolosi. Il progetto venne affidato all’architetto Vincenzo Fasolo, che dette il via ai lavori il 20 gennaio del 1927. L’inaugurazione della struttura avvenne il 24 gennaio del 1932, alla presenza della regina Elena. Vista la coincidenza con il venticinquesimo anno di regno di Vittorio Emanuele III, il cosiddetto “Ospizio Marino e Colonia di Profilassi” fu intitolato al sovrano d’Italia. Il tutto era dislocato su un’area di circa 16.000 metri quadrati e diviso in due sezioni distinte. Per facilitare lo spostamento dei ragazzi fino al mare fu costruito un sottopasso, ancora esistente, che li conduceva direttamente in spiaggia. Il complesso fu occupato e semidistrutto dai tedeschi nel 1943 e rimase inattivo fino alla ristrutturazione avvenuta nei primi anni ’50. Da allora fino al 1983 fu adibito a collegio per ospitare i figli delle famiglie bisognose romane.
Attualmente l’edificio continua a svolgere un servizio di pubblica utilità, ospitando mensa dei poveri, centro anziani e alloggio temporaneo per persone meno abbienti. E’ inoltre sede della biblioteca “Elsa Morante”, una delle migliori della capitale, e del Teatro del Lido.

Basilica S.Maria Regina Pacis
Nel 1916 l’ingegner Paolo Orlando si mise in contatto con l’allora Vescovo di Ostia, Cardinal Vannutelli, proponendogli di far costruire un tempio votivo alla Regina della Pace, affinchè non si protraessero più a lungo i giorni della prima guerra mondiale in atto. Il progetto per la realizzazione dell’opera fu affidato all’architetto Giulio Magni. Il Governatorato di Roma donò ai Padri Agostiniani, che già officiavano la Chiesa di S.Aurea, 2500 mq di terreno sulla duna più alta del litorale, ove il Magni avrebbe edificato la futura “Basilica S.Maria Regina Pacis”. La prima pietra angolare dell’edificio fu posta il 21 giugno del 1919 dal Cardinal Vannutelli, con un suggestivo rito religioso. La consacrazione e l’inaugurazione al pubblico ebbero luogo 9 anni dopo, il 20 dicembre del 1928.
La chiesa ha una lunghezza di 56 metri ed una larghezza di 21. Vanta una cupola ottagona dal diametro di 12 metri, la cui altezza tocca i 42. La navata centrale, coperta da una volta a tutto sesto suddivisa in sezioni, è scolpita dalle lunette delle grandi finestrature laterali. Sono presenti anche cappelle laterali il cui ritmo è scandito da una successione di colonne, in finto travertino martellato con plinto ottagonale e capitello corinzio, dell’altezza di 8 metri sotto il cornicione. L’esterno, dalle linee insieme classiche e moderne, è in travertino romano con speciali mattoni rossi. La facciata è maestosa, anche se ha un portone d’ingresso centrale un pò angusto, sormontato dallo stemma di Papa Pio XI. Sulla navata centrale e sulla facciata vi sono grandi finestre che riprendono, nello stile, quelle delle terme di Diocleziano.

Cineland
Una delle più grandi multisala cinematografiche d’Europa, la struttura è stata inaugurata il 15 settembre del 1999, grazie al recupero dei fabbricati dell’ex Meccanica Romana (chiusa 26 anni prima), nell’ambito di un progetto di riscatto urbanistico nella zona di Ostia. La grande costruzione era stata realizzata durante la bonifica agraria per volere di Mussolini, tra il 1927 ed il 29. Doveva costituire il nucleo originario di una grande area industriale servita dalla ferrovia Roma-Ostia, ma rimase isolata. Inizialmente impiegata nella produzione di macchine agricole, fu poi adibita a fonderia, per tornare a produrre macchinari ed aggiustare i vagoni della Roma-Ostia dall’immediato dopoguerra fino agli anni ’70. Nella realizzazione della moderna multisala sono state mantenute tutte le facciate del fabbricato originario, sottoposte ad intervento di risanamento con metodi ad impatto leggero. Le strutture in ferro che costituivano la prima matrice formale, non più in linea con le normative vigenti, sono state invece integralmente riprodotte, così come gli intonaci, picconati e rifatti. Lesene e capitelli sono stati ripresi.
Il Cineland vanta adesso 15.000 mq coperti e 60.000 mq. di verde. Si compone di due sezioni principali: 14 sale cinematografiche multiplex ed un’area divertimento con 16 piste da bowling, sala giochi e centro realtà virtuale, oltre a ristoranti, birrerie, gelaterie, negozi vari e pubblici esercizi, edificio per riunioni e parcheggio con 3.000 posti auto. Nell’area interna antistante il Mc Donald’s è stato inoltre allestito uno speciale parco giochi per i più piccoli.

Palazzo del Governatorato
Il Palazzo del Governatorato di Ostia fu realizzato tra il 1924 ed il 1928 su progetto dell’architetto Vincenzo Fasolo (1885-1969), lo stesso che si è occupato anche della Caserma dei Vigili del Fuoco (1926), della Colonia Marina Vittorio Emanuele III (1927) e del Ponte Duca d’Aosta (1938). La prima pietra dell’edificio, ubicato in Piazza della Stazione Vecchia, fu posta il 10 agosto del 1924 (lo stesso giorno in cui veniva inaugurata la ferrovia Roma-Lido) con la benedizione del Vescovo di Ostia, Cardinal Vincenzo Vannutelli e con apposta la firma del Capo del Governo, Benito Mussolini. Il palazzo è stato edificato nel rispetto dei criteri monumentali classici, adoperando materiali importanti quali il travertino di Tivoli ed il tufo dorato della campagna romana. Tra gli elementi di maggior pregio dell’intero complesso si nota la torre, decorata con altorilievi realizzati in impasto di polvere di travertino. Tutto l’edificio, con particolare attenzione alle facciate esterne, è stato decorato da Umberto Calzolari, su bozzetti da lui elaborati ed approvati da Fasolo.
Per qualche anno un’ala del palazzo ha ospitato il primo centralino telefonico di Ostia e le scuole elementari. In seguito, dalla fine del secondo conflitto mondiale sino ai primi anni ’80, è stato l’unico pronto soccorso ostiense. Sede attuale del Municipio Roma XIII, è soggetto a lavori di restauro che lo restituiranno agli antichi splendori, riconsegnando ai cittadini un pezzo importante di storia del territorio ed aprendola al pubblico utilizzo culturale, mediante l’organizzazione di varie mostre e manifestazioni all’interno di alcuni dei suoi locali.

Monumento a Pasolini
La notte del 2 novembre del 1975, Pier Paolo Pasolini fu ucciso in un campo del degradato Idroscalo di Ostia, a pochi passi dallo squallido gruppo di casupole abusive. Suo assassino fu un ragazzo di 17 anni, Giuseppe Pelosi detto “Pino la rana”, per nulla differente dai giovani di borgata descritti dal contestato scrittore nei suoi libri. Il ragazzo lo massacrò a colpi di bastone per poi investirlo con la macchina di proprietà dello stesso Pasolini.
In quel luogo irreale, proprio sulla scena del delitto, lo scultore Mario Rosati ha scolpito un monumento dedicato alla sua memoria. E’ un’opera moderna in cemento grezzo, che per vent’anni è rimasta abbandonata a se stessa, isolata tra fango, acquitrini, immondizia e sterpaglie, senza una targa a ricordare ove furono soppresse la persona e la poesia di Pasolini. Due anni fa l’area dedicata al monumento è stata però completamente bonificata e sistemata. La scultura è ora inserita nel perimetro dell’oasi ecologica dov’è situato il Centro Habitat Mediterraneo della LIPU. Posta in un’area recintata, non è più circondata da rifiuti, ma dalla natura rifiorita. Un tempo quasi sconosciuta, sono in continuo aumento le persone che si recano a visitarla, anche grazie all’istituzione nelle immediate vicinanze del nuovo porto turistico di Roma (che attrae moltissimi turisti). Alla memoria di Pasolini è dedicata, sempre ad Ostia, anche un’altra scultura. Realizzata dal maestro Cascella l’opera è situata nella centralissima Piazza Anco Marzio.

Oasi della LIPU
Nella zona dell’Idroscalo di Ostia, proprio alle spalle del nuovo Porto di Roma, in una laguna di 11 ettari ricostruita presso la foce del Tevere, è situato il Centro Habitat Mediterraneo della LIPU. Sebbene posizionata nei pressi di una zona fortemente urbanizzata, tale oasi ecologica è in breve tempo divenuta una delle ultime mete in cui gli uccelli possono trovare un riparo sicuro e stabile, dove riposarsi e procurarsi il cibo isolati da elementi di disturbo, nel corso dei loro viaggi migratori. L’opera di ricostruzione ambientale è stata effettuata dagli operatori della LIPU in modo tale da far rivivere, nei tempi dettati dalla natura, le condizioni territoriali antecedenti la costituzione degli insediamenti umani. In posizione strategica, tra il fiume ed il mare, gli uccelli che si orientano seguendo il Tevere possono trovare stagni, canneti e duna costiera. Più di una volta si sono registrati nella zona eventi di elevato interesse ornitologico. Negli ultimi anni sono state censite sul luogo ben 180 differenti specie di uccelli, spesso anche molto rare, come il Tarabusino, che sovente vi nidifica e la Moretta tabaccata, che vi è stanziata. Proprio quest’ultima specie, presente in Italia con solo una cinquantina di coppie, è considerata vulnerabile a livello europeo ed è classificata al massimo grado d’importanza per la conservazione.
Numerose sono le iniziative del centro per la salvaguardia e la liberazione di vari uccelli. In primavera ed estate vengono poi accolti i piccoli caduti dal nido ed in inverno i rapaci feriti dai bracconieri. Gli animali vengono curati ed aiutati a riprendersi e lasciati andare una volta guariti.

Casal Palocco

Casal Palocco è il nome della trentaquattresima zona del comune di Roma nell’Agro Romano, indicata con Z.XXXIV.
Il toponimo indica anche la zona urbanistica 13d del XIII Municipio.
Si trova nell’area sud-ovest del comune, separata dal complesso cittadino.

La zona residenziale di Casal Palocco si estende tra via Cristoforo Colombo e via dei Pescatori e confina con le altre zone residenziali di Madonnetta, Axa e Infernetto.

Storia

L’idea di Casal Palocco urbanizzata nasce tra gli anni ’30 e ’40, un tentativo di creare un’area nobile nella zona sud di Roma. Nelle intenzioni del Regime Fascista vi era l’idea dell’EUR come centro della Capitale, idea da implementare definitivamente dopo l’Esposizione Universale del 1942. Quindi, un quartiere residenziale, alla cui progettazione partecipò Adalberto Libera, uno degli architetti protagonisti del Razionalismo italiano.
Le prime ville, costruite in effetti nel dopoguerra, furono una ardita realizzazione di sistemi antisismici, abitazioni grandiose, lussuose, mai eccessive.

L’idea di creare un quartiere come Casalpalocco, concepito come unità urbanistica definita avente caratteri d’autonomia notevoli rispetto al contesto cittadino tradizionale, si sviluppò intorno agli anni ’50. Il progetto era assolutamente innovativo; non esistevano altri precedenti italiani, specie nella capitale. Fu infatti un ente privato,la Società Generale Immobiliare S.p.a., ad assumersi il compito di realizzarlo, avvalendosi esclusivamente delle proprie forze. Oltretutto il piano d’attuazione di tale unità urbanistica era proiettato su un arco di tempo che andava oltre i dieci anni, prevedendo anche zone destinate a verde o ad attività sportive, presenti oggi in così gran numero sul territorio del quartiere da conferirgli il nome di “Quartiere verde”. Oggi la cura nella manutenzione delle servitù verdi legate alle abitazioni, il pro-capite di densità abitativa, rendono il “borghetto” studiato da università di vari continenti.
La toponomastica del quartiere si riferisce tutta a personaggi storici greci.

Struttura
Il quartiere, tipicamente residenziale, è caratterizzato dalla totale ed armonica integrazione tra la sua architettura e l’ambiente naturale circostante. L’intera zona è articolata intorno ad una grande strada-parco, anello che si disloca lungo tutto il perimetro del territorio.
Il suo cuore è rappresentato dal vasto complesso de “Le Terrazze”, che prende il nome dalla particolare architettura dei suoi palazzi, i quali oltre alle unità abitative ospitano numerosi esercizi commerciali. Questi si affacciano su una grande isola pedonale ricca di panchine, dove fanno bella mostra di se due fontane dai caratteristici getti d’acqua.
Vi sono altri tre centri commerciali, di cui il “Centro Vecchio”, adiacente alla Cristoforo Colombo, è una delle prime strutture realizzate nel quartiere.  Un altro (più piccolo) centro commerciale è il cosiddetto “Centro Bianco”.
Casalpalocco, con i suoi attivissimi centri sportivi e le varie strutture disseminate sul territorio, è considerato il quartiere simbolo dello sport.
Un grande complesso sportivo è la Polisportiva, dotata di campi da tennis, da calcio, da basket, da pallavolo,di una pista di Pattinaggio,di una piscina e di una palestra (con 2 sale) dove si svolgono, tra l’altro, corsi di Judo e Ju jitsu.

I quartieri facenti parte del Tredicesimo Municipio e che circondano la verde Casal Palocco sono l’Axa, l’Infernetto, Madonnetta e Palocco 84 (Nuova Palocco), il complesso residenziale situato a sud di Casal Palocco, che prende il nome dall’anno della sua costruzione.
Palocco un tempo era considerato un quartiere dormitorio, oggi invece nel cosiddetto “Pianeta Verde” abitano molti giovani che lavorano anche nelle zone del Tredicesimo Municipio. Casal Palocco fu abitata sin dagli anni ’60 da attori e uomini di spettacolo, nel tempo vi si insediarono comandanti d’aereo (esserci era un po’ uno status symbol), ma anche assistenti di volo: erano anni in cui volare non era certamente per tutti!. Successivamente, un po’ snobbato dai Romani, divenne un po’ British e un po’ California, molto cosmopolita. Oggi commercianti, professionisti, e qualche calciatore, la fanno da padrone.

Palocco, insieme all’Olgiata e ai Parioli, è considerato un quartiere-bene di Roma.

Drive In
Il grande schermo di 540 mq ubicato in Piazza Fonte degli Acilii (adiacente alla Cristoforo Colombo, in posizione intermedia tra i quartieri Axa e Casalpalocco) per anni ha costituito una delle attrazioni più peculiari del Municipio XIII. Inaugurato nel lontano 29 agosto del 1957, ha vissuto il suo periodo d’oro negli anni ’60, quando schiere di romani e turisti di ritorno dal litorale si fermavano affascinate ad assistere alle proiezioni. Il Metro Drive In, il più grande tra i cinema all’aperto per auto sorti in Europa, rappresentava veramente il fiore all’occhiello della zona. Nato dall’entusiasmo d’imprenditori locali contagiati dalla moda statunitense, è clamorosamente caduto in disuso nella seconda metà degli anni ’80. L’area ospitante la struttura è stata lasciata abbandonata a se stessa, ritrovo per derelitti e senza tetto, per ben undici anni. Numerose sono state in quel periodo le proposte di recupero della zona. Si parlava di adibirla a campo da golf, o di costruirvi un nuovo centro commerciale, ma tutto sfociava sempre in un nulla di fatto. Poi finalmente il 17 luglio del 1997, ad oltre 40 anni dalla prima apertura, un gruppo di ragazzi facenti parte dell’associazione culturale Reservoir Dogs (promotori del cinema come mezzo di socializzazione e diffusione della cultura) è riuscito nell’impresa di ridar vita al Metro Drive In. Due aree destinate alle proiezioni (spiaggia artificiale con sdraio ed ombrelloni per 800 posti e Drive 2000 per 485 auto) circondate da strutture ospitanti vari eventi settimanali, in una sorta di città dello spettacolo stile anni ’50-’60.

Attualmente la gestione della struttura, ormai divenuta un grande centro di ritrovo (con ristoranti, bar-discoteca, parco giochi per bambini, terrazza panoramica, pista di pattinaggio, per mini moto e per go-kart), è passata a noti imprenditori locali, che vi ospitano spesso iniziative culturali e mostre mercato, nonchè concorsi di bellezza per animali.

Gregoriopoli

Anche per essere il punto d’arrivo dei cristiani provenienti dall’oriente, Ostia divenne sede episcopale già nel III secolo. La cattedrale era la piccola basilica di santa Aurea, dove era stata sepolta santa Monica madre di sant’Agostino. Il titulus di Santa Aurea, la più antica delle diocesi suburbicarie, veniva attribuito al Decano dei vescovi: questi poteva consacrare vescovo il nuovo papa qualora non lo fosse, ed era tradizionalmente il suo principale assistente. Il titulus di Ostia fu unito a quello di Velletri da papa Eugenio III nel 1150. Papa Pio X nel 1914 tornò a separare le cattedre e a legare Ostia alla persona del Decano.

Nella generale crisi del Medioevo anche la città e il porto di Ostia andarono in rovina. Ostia rimaneva tuttavia la porta d’accesso a Roma dal Tevere, lungo il quale risalivano pellegrini mercanti e delegazioni giunte via mare, ma anche i pirati saraceni (alla vittoria di papa Leone IV nell’849 sui Saraceni si riferisce appunto l’affresco di Raffaello nelle stanze vaticane citato sotto, che riproduce il castello com’era nel ‘500).

Il piccolo borgo fu fondato nell’830 per volere di Gregorio IV, al fine di raccogliere l’esigua popolazione ostiense e metterla al riparo dalle scorrerie dei saraceni. Andata in rovina la città, insabbiato il porto, il borgo si chiamò, dal suo fondatore, Gregoriopoli e fu difeso da una cinta muraria e munito di fossato.
Le ristrutturazioni furono diverse. Continuò a crescere nei secoli, prendendo una fisionomia sempre più urbana, per divenire infine centro fortificato in funzione delle vicine saline e del tangente corso navigabile del fiume. Con l’edificazione, voluta dal pontefice Martino V (1417-1431), del torrione rotondo che sarebbe divenuto in seguito il mastio del castello di Giulio II, Ostia si avviò a riassumere quel ruolo di controllo militare della foce del Tevere che aveva ricoperto sin dall’inizio della sua storia.
Ed è proprio in questa politica di rafforzamento delle difese territoriali che s’inserì l’intervento di rinnovamento del borgo promosso e finanziato dal cardinale Guglielmo d’Estouteville, vescovo di Ostia dal 1461 al 1483. Come rivelano gli ancora visibili stemmi marmorei con il simbolo della sua casata, egli fece ripristinare l’intero circuito murario e migliorare le condizioni residenziali costruendo 3 file di case a schiera.
La più rilevante ristrutturazione fu quella operata alla fine del ‘400 dal vescovo Giuliano della Rovere, poi divenuto papa col nome di Giulio II, che fece costruire il castello, ricostruire la chiesa e rifare la cinta muraria. Architetto di questa ristrutturazione fu, a detta del Vasari, Baccio Pontelli.
Il complesso architettonico è caratterizzato da un sistema perimetrale di casematte (camere da sparo nelle quali è ancora ben visibile un piccolo bagno per i soldati) che collega il torrione principale ad altri due torrioni, da un rivellino e da un ampio fossato circostante. Tutti gli ingressi erano muniti di ponti levatoi e quello sul rivellino presenta ancora i solchi della saracinesca.
Nel perimetro del borgo erano presenti i ruderi di una primitiva basilica, che il cardinale fece radere al suolo commissionandone la ricostruzione all’architetto Baccio Pontelli. La struttura, dedicata alla martire ostiense S.Aurea, ha al suo interno frammenti d’iscrizioni in onore di S.Monica, madre di S.Agostino, morta nella zona. Accanto alla chiesa sorge l’episcopio, sede del vescovo, ampliato con interventi d’abbellimento voluti dal cardinale Riario durante il pontificato di Giulio II. All’interno del palazzo sono conservati sarcofagi ed elementi architettonici d’età romana ed importanti cicli pittorici tratti dalla colonna Traiana, attribuiti alla scuola di Baldassarre Peruzzi.
La struttura, pur angusta, mantenne la propria funzione difensiva fino al 1587, quando una piena straordinaria deviò il corso del Tevere, lasciando a secco anche il fossato attorno alla cinta. Il castello che era stato sede di dazio e dogana divenne praticamente inutile e cadde in rovina, utilizzato come stalla e deposito solo più dai pochi contadini e pastori della zona, ormai tutta impaludata, e – la torre – come prigione, i cui “ospiti” venivano utilizzati dall’800 per scavare il sito romano.

Rocca e borgo furono restaurati in varie riprese lungo il ‘900 e costituiscono oggi una sorprendente isola urbanistica, accanto ai più famosi scavi.

La spiaggia e il Borgo di Ostia fu scelta dal famoso gruppo degli U2 per girare, nell’aprile del 1989, parte del video di “All I Want is You”, con la regia di Meiert Avis. Nel video si vede molto chiaramente il Castello di Giulio II e la Chiesa di S. Aurea, oltre che alcune panoramiche del borgo stesso.

Ostia Antica

Ostia Antica è il nome della trentacinquesima zona del comune di Roma nell’Agro Romano, indicata con Z.XXXV.
Il toponimo indica anche la zona urbanistica 13e del XIII Municipio.
Si trova nell’area sud-ovest della città, a ridosso del fiume Tevere.

Storia

Storia antica
Nel territorio si impiantò l’antica città di Ostia, fondata nel corso del IV secolo a.C. come accampamento militare e sviluppata nel corso dell’età imperiale romana come centro commerciale portuale, strettamente legato all’approvvigionamento del grano nella capitale. Raggiunse i 75.000 abitanti, ma declinò con la crisi del III secolo. Ebbe una ripresa nel IV secolo come sede residenziale, mentre le attività commerciali e amministrative si erano spostate nella città di Porto, ma decadde in seguito.
Medioevo
L’acquedotto cessò di funzionare alla fine del V secolo e la città decadde ulteriormente. Nel 537, nel corso di un assedio dei Goti fu difesa dal generale bizantino Belisario e i pochi abitanti si asserragliarono nel teatro, trasformato in fortezza. Nel IX secolo fu saccheggiata dai Saraceni e definitivamente abbandonata per la nuova città di Gregoriopoli, voluta da papa Gregorio IV.

Luoghi di interesse

Gli scavi di Ostia Antica conservano i resti di gran parte della città, scavata nel corso del XIX e soprattutto XX secolo. Insieme ai monumenti pubblici si sono conservate numerose strutture private (case di abitazione, strutture produttive, sedi di associazioni), che restituiscono l’immagine della vita quotidiana nell’antichità.
Teatro
Il teatro è una delle principali e affascinanti strutture degli Scavi di Ostia Antica. Esso può ospitare 4000 persone. Ancora oggi è utilizzato per piccoli spettacoli e concerti.
Nell’antichità veniva utilizzato anche per spettacoli riguardanti giochi d’acqua.
La necropoli
La necropoli di Ostia è ubicata fuori dalle mura, come era tradizione a Roma, sulla via Ostiense. Sono state ritrovate tombe risalenti al II secolo a.C., anche se quelle attualmente visibili appartengono al periodo che va dall’epoca augustea fino al II secolo d.C. Una seconda necropoli, che venne realizzata nel periodo seguente al 50 d.C. lungo la parallela via Lauretania, sono presenti due tombe monumentali che vennero costruite sul mare, come anche quella di Cartilio Poplicola.
Il Tempio di Ercole
Sulla via degli Horrea Epagathiana sul versante sinistro della strada si trovano la Domus di Amore e Psiche e il Tempio di Ercole. Quest’ultimo, dedicato alla divinità di Ercole Invictus, era caratterizzato da un podio tufaceo e fu utilizzato per lungo tempo, come testimoniano i numerosi restauri. Presso questo piccolo tempio è stata ritrovata una stele che raffigurava dei pescatori con delle reti con cui recuperavano un’enorme statua di Ercole dal fondale marino. Gli studiosi hanno ipotizzato che questa statua provenga da una nave Romana naufragata, che tornava in patria dopo uno dei tanti saccheggi svolti dalle legioni Romane in Grecia. Dopo il ritrovamento della statua fu edificato il tempietto in onore di Ercole. Purtroppo fino ad oggi questa statua non è stata ancora trovata e non si sa nulla della sua fine. Se questa ipotesi fosse vera, la stele ora custodita nel Museo Archeologico di Ostia Antica, è il primo documento di archeologia subacquea.
La sinagoga
La sua scoperta nei primi anni Sessanta provocò grande sensazione poiché si trattava della più antica sinagoga della quale si fossero trovati i resti in Europa. Si trova alla fine del decumano, vicino al vecchio argine fluviale. Della struttura monumentale rimangono resti cospicui, incluse le alte colonne del tabernacolo, sul capitello di una delle quali spicca scolpito il simbolo della menorah.

Dragoncello

Dragoncello è una frazione di Roma Capitale, situata in zona Z.XXXII Acilia Nord, nel territorio del Municipio Roma XIII.

È delimitata a sud-est dalla zona di Dragona, a sud-ovest dal Villaggio San Francesco, a nord dal fiume Tevere e a sud da via dei Romagnoli.

Il nome ha, probabilmente, la stessa origine di quello di Dragona (vedi), ma alcune fonti citano la presenza in zona della pianta Artemisia dracunculus, comunemente nota con il nome di dragoncello.

In occasione della costruzione del nuovo quartiere Dragoncello una campagna di scavi salvaguardò ben otto aree archeologiche, gran parte di queste aree sono relative a ville rustiche di età repubblicana.
Le Villae Rusticae di Dragoncello sono databili a cavallo tra il II e il I secolo AC.
Tali ville non erano particolarmente sontuose ma sicuramente di proprietà di benestanti. La loro gestione probabilmente era affidata a liberti di origine greco orientale.

La grave crisi agricola della prima metà imperiale portò all’abbandono della zona.

Insediamento di Ficana
L’addensarsi di nuclei abitativi, in quello che costituisce il territorio dell’attuale XIII Municipio, è stato da sempre favorito dalle possibilità legate alla presenza di lagune costiere precocemente sfruttate per la produzione del sale. Le saline erano importantissime già nel quadro economico d’epoca preistorica e protostorica. Fondamentale era quindi il controllo delle vie che assicuravano il transito del prezioso minerale verso l’interno della regione (specie nel periodo dell’aspra lotta tra Roma e Veio per il controllo degli impianti produttivi). Notevoli sono i relitti archeologici a testimonianza dell’esistenza di abitati protostorici ed arcaici nella zona.

Proprio sulle rive del Tevere, all’altezza del quartiere Dragoncello ed in prossimità del Monte Cugno, era situato l’antico sito di Ficana. Risalente al X-IX sec. a.C., inizialmente tale insediamento era un semplice villaggio di capanne e ricoveri per bestiame, che cominciò ad assumere connotazione di città vera e propria solo a partire dalla metà dell’VIII sec., quando vennero edificate le prime case e fu costruita una cinta muraria. Il sito fu poi conquistato dai romani sotto Anco Marzio, ma gli scavi condotti in loco dagli archeologi hanno evidenziato che tale presa non implicò il declinio di Ficana. Al contrario, l’abitato ampliò notevolmente i suoi confini munendosi, tra il IV ed il III sec. a.C., di una nuova possente cinta muraria. Venne così ad assumere quel ruolo di controllo sulla foce del Tevere che fu successivamente ereditato da Ostia Antica. Sempre in zona Dragoncello è stata scoperta anche una necropoli con sepolture del tipo ad inumazione. Al loro interno sono stati rinvenuti corredi funebri risalenti circa al VII sec. a.C.

Dragona

Dragona è una frazione di Roma Capitale (zona “O” 42),
situata in zona Z.XXXII Acilia Nord, nel territorio del Municipio Roma XIII. È compresa tra viale dei Romagnoli, via Donati, via di Dragone ed il fiume Tevere.

Per completare l’opera di difesa del territorio iniziata con la costruzione di Gregoriopoli, il pontefice Gregorio IV (827-844 d.C.) decise di ripopolare la campagna ostiense a ridosso delle alture di Dragoncello, realizzando una delle numerose tenute agricole che fece costruire nella campagna romana. Con generosità non priva di calcolo, assegnò terre e casali a famiglie contadine con molti figli maschi in grado di usare una spada, affermando che soltanto chi possiede ed ama la sua terra è disposto a difenderla con le armi. Sul luogo il pontefice volle anche una splendida villa di campagna, che le cronache dell’epoca ci descrivono come ricca di portici e solari, la quale rappresenta il primo esempio di villa papale della storia. 

La zona fu chiamata “Colonia Draconis” da papa Gregorio IV (827-844) per la presenza di molti grossi rettili colubridi chiamati Draconi dagli abitanti della zona.
In zona era molto forte il culto della dea Giunone Regina, simboleggiata appunto dalla dracona. Gregorio IV, per debellare il culto pagano, introdusse nella zona la leggenda di San Giorgio, che sconfisse il drago a cui era stata offerta in sacrificio la figlia del re di Libia.
Il culto di San Giorgio prese piede nella zona, e tutt’oggi ne abbiamo testimonianza nella vicina chiesa di San Giorgio, lo stesso quartiere San Giorgio e il casale edificato nella zona.

Nel corso dei secoli la zona mutò il nome prima in Dragone (nome leggibile ancor oggi su molte cartine topografiche), per poi essere volgarizzato in quello attuale solo negli ultimi decenni del 1900, quando si sviluppò il quartiere.

Villa Rustica di Dragona
Scavi condotti nella zona di Dragona hanno recentemente portato alla luce quanto rimane di una villa rustica dalle notevoli dimensioni (all’incirca 25.000 metri quadrati), la cui costruzione può essere fatta risalire più o meno agli inizi del I sec. a.C. L’intera struttura si dislocava intorno ad un unico cortile centrale, dove era situato un pozzo in origine circondato da un portico di colonne laterizie. I vari ambienti principali avevano inizialmente i muri in opera incerta ed il pavimento in semplice cocciopesto. Nel periodo compreso tra il I secolo e l’età augustea la villa è stata però soggetta ad ampie ristrutturazioni. Sono stati così rinvenuti anche muri in opera reticolata ed in laterizio e resti dei cosiddetti pavimenta scutulata, a testimonianza delle successive fasi di sviluppo attraversate dall’edificio. E’ possibile distinguere due zone della villa differenti per destinazione. Vi è un’ala orientale, dai vani abbastanza ampi caratterizzati da pareti adorne d’affreschi, che era sicuramente adibita a parte residenziale. A nord del cortile è stata invece rinvenuta una zona con tre dolii della capienza di circa mille litri ciascuno, che viene a coincidere con la parte propriamente rustica della villa. Nel settore meridionale sono stati trovati poi due portici, rispettivamente a colonnine di tufo e a grandi pilastri laterizi, ancora da portare completamente alla luce. Il periodo di massima frequentazione della struttura risalirebbe al I sec. d.C.. Tra il III ed il IV sec. d.C. però tale frequentazione si ridusse molto e rimase limitata esclusivamente alla parte rustica. Si assistette poi ad un progressivo abbandono della villa.

Dopo il V sec. d.C. tutta la zona fu disordinatamente occupata da tombe alla cappuccina, che vennero inserite anche in quelli che costituivano i vari ambienti della villa. Per questo tipo di sepolture povere furono utilizzati coppi e tegoloni prelevati da varie aree della casa, che nel frattempo erano state soggette a crolli.

EUR

Europa, meglio noto come EUR, è il nome del trentaduesimo quartiere di Roma, indicato con Q.XXXII.
Si trova nell’area sud della città, a ridosso del fiume Tevere.
La posizione dell’EUR ne fa un essenziale nodo fra il centro e i quartieri del lido, nonché verso la nuova Fiera di Roma, la zona aeroportuale di Fiumicino e la zona industriale a sud della Capitale.

Storia

La tenuta delle Tre Fontane era vastissima si estendeva dalla Porta San Paolo fino all’attuale complesso dell’Eur. Nel 1936, dopo la vittoria in Abissinia, fu presentata ufficialmente la richiesta di effettuare a Roma, in occasione del Ventennio Fascista del 1942, l’Esposizione Universale. Fu individuata, anche grazie all’accanito sostenitore Senatore Virgilio Testa allora Segretario Generale del Governatorato, la tenuta delle Tre Fontane. Fu costituito l’Ente Autonomo per l’Esposizione Universale ed Internazionale. 

Originariamente noto come E42 (Esposizione 1942), il suo nome fu variato in E.U.R. dall’acronimo di Esposizione Universale di Roma quindi, con delibera n. 2509 del 5 maggio 1965 della Giunta Municipale, assume l’attuale nome Europa, pur rimanendo conosciuto con l’acronimo.
L’EUR è un quartiere moderno celebre per la sua architettura razionalista, concepito e costruito in occasione dell’Esposizione Universale che si sarebbe dovuta tenere nella Capitale nel 1942, per celebrare il ventesimo anniversario della Marcia su Roma. La manifestazione venne poi annullata a causa della Seconda guerra mondiale, ed il quartiere, allora in fase di costruzione, venne completato in tempi successivi.

Architettura
Il Quartiere occupa un’area di 420 ettari ed ha un perimetro pentagonale. Il nuovo quartiere EUR ha presentato nel corso della sua espansione dei singolari pregi non riscontrati
poi in nessun altro quartiere di Roma. Una particolare rapidità di
comunicazione interne ed esterne, un’assoluta modernità di impianti pubblici, un’alta dignità degli edifici monumentali forse ancora poco sfruttata, una massima razionalità ed armonia di sviluppo urbanistico ed edilizio.

Il progetto venne presentato nel 1938, sotto la direzione di Marcello Piacentini. Il modello è ispirato, secondo l’ideologia fascista, all’urbanistica classica romana, apportandovi elementi del Razionalismo Italiano.
Edifici di particolare rilievo sono:
• Il Palazzo della Civiltà Italiana di Giovanni Guerrini, Ernesto Lapadula e Mario Romano
• Il Palazzo dei Congressi di Adalberto Libera
• L’Archivio Centrale dello Stato
• la stele dedicata a Guglielmo Marconi
• La Chiesa dei Santi Pietro e Paolo (la costruzione domina il quartiere dall’alto, e doveva essere, secondo i piani originali, il mausoleo di Mussolini)
• Il PalaLottomatica (precedentemente PalaEur), progettato da Pier Luigi Nervi e Marcello Piacentini
• Il Fungo (serbatoio idrico che deve il nome alla sua caratteristica forma, attualmente ospita un ristorante panoramico)
• Obelisco Novecento (di Arnaldo Pomodoro, inaugurato nel 2004, è il più moderno obelisco di Roma)
È presente inoltre un’area museale che comprende tra gli altri il Museo della Civiltà Romana, il Museo Nazionale dell’Alto Medioevo ed il Museo Nazionale Preistorico Etnografico Luigi Pigorini, oltre ad un nuovo planetario, con annesso Museo dell’Astronomia, aperto nel 2004.
La costruzione del quartiere venne ultimata solamente alla fine degli anni cinquanta in occasione della XVII Olimpiade, tenutasi a Roma nel 1960, completando alcune infrastrutture, come il Palazzo dello Sport progettato da Nervi e Piacentini e il Velodromo, nonché dando l’attuale struttura al laghetto ed alla zona verde ad esso limitrofa.

Oggi il quartiere è un vero e proprio “Centro Direzionale
Amministrativo”, nonostante siano destinate ad aree libere e verde pubblico il 47% della superficie totale del comprensorio.

LunEur
Un’altra importante infrastruttura del quartiere è senza dubbio il Luneur, il luna park permanente di Roma. È il Luna Park più antico d’Italia; fu costruito inizialmente come attrazione temporanea all’interno dell’Expo agricolo del 1953. Visto il successo che riscosse, venne chiesto agli organizzatori di mantenerlo aperto ogni anno per un certo periodo. Dal 1960, anno delle Olimpiadi, rimase aperto tutto l’anno e cinque anni dopo assunse, tramite referendum, il nome attuale. Attualmente conta centotrenta attrazioni a conduzione familiare ed osserva un giorno di chiusura settimanale.
Dopo vari interventi di rinnovamento ha riaperto nel marzo del 2007 con settanta attrazioni, varie mostre e musei, percorsi a tema e spettacoli. Nell’aprile 2008 l’improvvisa chiusura, dovuta alla ridefinizione societaria e alla messa in sicurezza.

L’ente EUR

L’ Ente Autonomo Esposizione Universale di Roma gestisce l’organizzazione del quartiere in parziale autonomia dal Comune di Roma. Istituito con legge del 26 dicembre 1936, è stato in seguito trasformato in società per azioni.
Gran parte del patrimonio mobiliare ed immobiliare del quartiere è di proprietà di EUR S.p.A. (già Ente EUR), partecipata dal Ministero dell’Economia per il 90% e dal Comune di Roma per il 10%.
L’EUR e la Tenuta di Ferratella
Il territorio su cui attualmente sorge il moderno quartiere dell’E.U.R. ha rappresentato, fin dai primi secoli della storia dell’Urbe e successivamente durante tutta l’epoca romana e medioevale, una posizione di notevole importanza, venendo quasi a costituire, a sud di Roma, un punto di congiunzione tra l’immediato suburbio e la campagna vera e propria.

Durante gli sbancamenti, operati negli anni dal 1937 al 1939, per la realizzazione dell’intero quartiere, non fu mai data una descrizione accurata dei rinvenimenti e non tutti i resti messi in luce furono adeguatamente salvaguardati, anzi la maggior parte delle strutture fu distrutta, per permettere il proseguimento dei lavori d’urbanizzazione dell’area.

La funzionalità del quartiere era ulteriormente accresciuta, oltre alla relativa vicinanza all’importantissimo centro di scambio come il porto di Ostia, anche dalla presenza di un vicino borgo, noto con il nome di vicus Alexandri, considerato uno dei principali scali commerciali lungo il percorso suburbano del Tevere.

Il complesso portuale, situato tra la collina su cui sorge il Forte Ostiense e quella più a sud detta di Ponte Fratto, pur avendo origini probabilmente risalenti ad epoca medio repubblicana, non viene mai menzionato dalle fonti prima della metà del IV secolo d.C., quando ce ne dà una breve notizia Ammiano Marcellino (Rerum gestarum libri, XVII, 4, 14).

Nell’area in cui si è voluto porre il vicus Alexandri provengono numerosi ritrovamenti: due documenti del 1321 ricordano il carico di marmi dal Portus Grapiliani, denominazione che assunse la località durante l’epoca medievale; nel ‘700, nelle diverse vigne della zona, furono rinvenute iscrizioni, sia funerarie sia votive, resti di colombari e ruderi di un imponente mausoleo. Alcuni rinvenimenti compiuti nell’800 misero in luce ambienti termali, un bacino lustrale, un sepolcro in blocchi di peperino, cippi per la delimitazione di tombe, iscrizioni funerarie e resti forse pertinenti alle strutture portuali.

Tra il 1891 e il 1897, sulla riva sinistra del fiume, emersero a circa 4 chilometri dalla porta di S. Paolo, muri di fondazione in scaglioni di tufo con paramento in cortina laterizia, pavimenti in mosaico a tessere bianche e nere e soglie di travertino; successivamente, sulla riva sinistra del fiume, nei prati fra la Basilica di S. Paolo e il bivio detto “del Ponticello”, fu rinvenuto, a circa 700 metri a sud della Basilica, un muraglione di circa 22 metri di lunghezza realizzato in scaglioni di tufo legati con malta (forse poteva trattarsi di una sponda murata). Altre porzioni di banchine sono riemerse in anni recenti poco a valle dell’ansa sottostante la Basilica di S. Paolo, lungo la riva destra del fiume.

Con ogni probabilità le strutture di questo vicus dovevano rappresentare uno scalo intermedio nella navigazione di risalita del Tevere da Ostia a Roma, intorno alle quali si era sviluppato, a partire dalla metà del IV secolo a.C., un centro abitato: sul lato sinistro della Via Ostiense si dovevano trovare le abitazioni, mentre sul lato destro doveva essere la zona commerciale con uffici e magazzini.

L’area occupata dal moderno complesso urbanistico dell’E.U.R., collocata in una posizione sopraelevata e caratterizzata da una serie di pianori dagli estesi orizzonti, si prestava favorevolmente, durante il periodo romano, all’insediamento di piccole fattorie e ville residenziali garantite anche da una locale rete stradale particolarmente ricca e ben articolata.

Questa maglia viaria poteva contare, oltre alla Via Ostiense e alle due vie che portavano nell’agro Laurentino, entrambe con andamento nord sud, anche di un lungo asse viario che, staccandosi verosimilmente al sesto chilometro dell’antica Via Ostiense, tagliava diagonalmente il comprensorio, da nord ovest a sud est, e si univa, una volta incrociato il percorso della moderna Via Laurentina, nei pressi di Ponte Buttero, con l’antica Via Ardeatina mediante un diverticolo ricalcante l’attuale Via di Vigna Murata.

Oltre a quest’asse stradale, in questa zona dovevano probabilmente convergere altre due vie: una, il cui tracciato è solo ipotetico, ricalcava la moderna Via Laurentina, l’altra, probabilmente un diverticolo di cui era già noto da tempo un breve tratto, proveniva dall’Abbazia delle Tre Fontane e tagliava diagonalmente questo complesso con andamento nord est sud ovest.

Il percorso della tangenziale, che tagliava in due il comprensorio dell’E.U.R., portato in luce in vari segmenti durante gli sbancamenti per la realizzazione del nuovo quartiere e della Via Cristoforo Colombo, si dirigeva nel primo tratto, con un andamento grosso modo regolare nord nord ovest, a destra di un’altura ora occupata dal Piazzale delle Nazioni Unite, per poi deviare decisamente, all’altezza di Piazzale Guglielmo Marconi, verso sud est; in particolare in quest’area fu messo in luce un tratto di strada basolata, compreso fra l’attuale Piazzale Konrad Adenauer e Via Ciro il Grande, in cui la via, evitando tutta una serie d’alture, correva lungo un avvallamento delimitato a sud da una collina ed a nord da banchi tufacei, probabilmente già sfruttati in epoca antica come cava di materiali da costruzione.

Nel 1938, nell’area occupata attualmente dal Piazzale delle Nazioni Unite, durante la realizzazione delle fondazioni per la costruzione del palazzo dell’I.N.A., furono rinvenuti alcuni resti delle strutture murarie di un tempio arcaico, databili al V secolo a.C., e frammenti appartenuti alla decorazione fittile dell’edificio cultuale (un’antefissa policroma con raffigurazione di una cavallo e decorazione con motivi a riquadri nella parte inferiore, un frammento di lastra raffigurante la parte superiore di una gamba maschile, un frammento policromo di un elemento per la copertura del tetto e un frammento di piede relativo ad un ex voto).

Il tracciato stradale, prima di raggiungere la Via Cristoforo Colombo, nelle vicinanze della quale fu rinvenuto un brevissimo tratto di strada basolata, aveva una diramazione ad est lungo l’asse dell’attuale Piazzale dell’Agricoltura; nell’angolo formato dalla biforcazione furono rinvenuti i resti di una tomba. Questa diramazione stradale doveva probabilmente raggiungere una piccola altura, all’altezza di Piazzale dell’Industria, dove emersero un gruppo di tombe, e raccordarsi, nei pressi del Santuario della Madonna delle Tre Fontane, con il tracciato ricalcante la moderna Via Laurentina.

Recentemente in quest’area, durante alcuni lavori di sterro, sono stati recuperati, all’interno di una fossa scavata nel banco di tufo, alcuni ex voto fittili databili tra il IV e gli inizi del III secolo a.C. (una mezza testa femminile e un piede sinistro); il tipo di materiale rinvenuto può essere messo in relazione con un luogo sacro probabilmente legato al culto delle acque od una vicina fonte, identificabile verosimilmente all’interno del complesso dell’Abbazia delle Tre Fontane.

La presenza di questi votivi fittili e il precedente rinvenimento in zona, durante gli sbancamenti del 1938, di elementi architettonici d’età arcaica (due antefisse a testa femminile, due frammenti di lastre fittili con decorazione geometrica e figurata, un frammento di antefissa policroma con palmette e un frammento policromo di un piede calzato, forse relativo ad un ex voto), probabilmente riferibili alla decorazione di un altro edificio cultuale, può far ipotizzare l’esistenza, sull’altura ora occupata dal moderno complesso delle Madonna delle Tre Fontane, di un secondo santuario con una sua prima fase databile tra la fine del VI ed gli inizi del V secolo a.C. ed una successiva frequentazione dell’area almeno fino alla metà del III secolo a.C.

Ulteriori resti dell’asse viario affiorarono, ancora per diversi tratti e a varie distanze, nella zona compresa tra gli edifici che ospitano il Museo Nazionale Preistorico ed Etnografico “Luigi Pigorini” e quello della Marina Mercantile; in questo settore di scavo furono messi in luce, ai lati del tracciato viario, resti di un sarcofago liscio in terracotta collocato alla stessa quota del piano stradale, un muro in blocchi di tufo giallo che rivestiva un nucleo cementizio in scaglie di pietra, un gruppo di tombe a camera, colombari, numerose tombe a fossa con copertura a cappuccina, tracce di muratura a blocchi di tufo e avanzi di murature forse attribuibili ad altri sepolcri.

A Nord di quest’area, in particolare su di un’ampia collina attualmente compresa tra Viale della Civiltà Romana e Viale della Letteratura, furono messi in luce, durante alcuni lavori che portarono successivamente al completo livellamento dell’altura, i resti di un vasto complesso rustico identificabile in una villa romana databile alla tarda età repubblicana (fine II secolo a.C. inizi I secolo d.C.).

Del complesso furono messi in luce numerosi ambienti, quasi tutti con orientamento est ovest, con paramenti di muratura in opera reticolata di tufo; vennero anche rinvenuti, all’interno di alcune stanze, pavimenti in mosaico con decorazioni floreali, in opus spicatum e in cocciopesto.

All’interno dell’insediamento furono evidenziati anche i resti di un sistema di raccolta per le acque, costituito da alcune cisterne e cunicoli scavati nel banco di tufo con rivestimento d’intonaco idraulico; presso l’estremità meridionale della villa fu identificato un pozzo di forma circolare.

Si potrebbe ipotizzare che l’area facesse parte di un tenuta appartenente alla gens Antonia, Cornelia o Cassia: sappiamo, infatti, che tra i fondi che componevano nel VII secolo d.C. la massa quae Aqua Salvias nuncupatur, vale a dire la Tenuta delle Tre Fontane, erano compresi quelli denominati Antoniana, Cassianum e Cornelianum.

L’asse stradale, di cui non furono evidenziati ulteriori resti, proseguiva verso sud est andando a raggiungere la moderna Via di Vigna Murata.

Su un’altura delimitante a nord questa strada, a circa 500 metri a sinistra dall’incrocio con la moderna Via Laurentina, furono rinvenuti i resti di una cisterna romana realizzata in calcestruzzo di selce nota con il nome di “ruderi delle Grotte d’Arcaccio”. Sulle strutture d’epoca romana, di cui attualmente non rimangono che alcuni tratti della parete sud, fu fondata, tra il X secolo e l’XI secolo d.C., una torretta d’avvistamento realizzata in blocchetti regolari di tufo; la torre occupava un’ottima posizione in quanto, oltre a vigilare sulla Via Laurentina, poteva controllare una strada d’origine romana, l’odierna Via di Vigna Murata, che univa la Via Ostiense all’Appia.

Nel 1971, a circa 250 metri prima dell’incrocio di Via del Serafico con Via del Tintoretto, durante alcuni lavori per la realizzazione di un edificio, furono rinvenuti i resti di un sepolcro ipogeo; la tomba, costruita con un paramento in opera mista di laterizi e tufelli, accoglieva, all’interno di due celle, sepolture ad inumazione ed incinerazione.

Anche l’attuale tracciato di Via Laurentina, da Ponte Buttero fino all’altezza della città militare della Cecchignola, doveva ricalcare i resti di un’antica strada.

Nel 1942 all’incrocio di Via Laurentina con Via del Fenilone, durante la realizzazione della centrale elettrica, fu scoperto un cunicolo scavato nel banco di tufo, le cui pareti erano rivestite con un sottile strato d’intonaco idraulico in cocciopesto; a meno di 300 metri ad est da quest’area, lungo Via dei Radiotelegrafisti, nel 1959 furono rinvenuti tre tombe con sarcofagi di marmo bianco.

A breve distanza da quest’area, nella zona di Ponte Buttero, vennero in luce nel 1926 altri due sarcofagi in marmo, databili al III secolo d.C. (uno presentava la raffigurazione di una scena di orante, l’altro con strigilatura, aveva nella parte centrale circolare la raffigurazione delle tre grazie ed agli angoli eroi sorreggenti delle fiaccole); altri elementi architettonici, forse decorazione di antichi sepolcri, andati completamente distrutti durante la costruzione degli edifici, sono conservati all’interno di un giardino condominiale in Via dei Corazzieri, di fronte a Via dei Guastatori.

I resti di un lungo tratto di strada basolata furono rinvenuti nel 1953, al chilometro 6,500 della Via Laurentina, nei pressi dell’incrocio con Via Oscar Sinigaglia, durante i lavori d’ampliamento del villaggio Giuliano-Dalmata. Dell’asse basolato fu messo in luce un tratto che conservava ancora sul lato est i margini a blocchi di basalto disposti verticalmente.

Recentemente, tra marzo e giugno del 1995, a meno di 150 metri a sud da quest’area, durante gli sbancamenti operati per il raddoppio dell’attuale tracciato di Via Laurentina, sono stati messi in luce i resti di un probabile complesso abitativo d’epoca romana, tracce di un pozzo-cisterna scavato nel banco di tufo e i resti di una necropoli d’età imperiale.

Nel 1969, a circa 600 metri ad ovest da questi ritrovamenti, furono rinvenuti, durante la realizzazione del Piano di Zona 37 Ferratella, i resti riferibili ad una villa rustica databile tra la fine del II secolo a.C. e gli inizi del I secolo d.C.; del complesso, già in parte sezionato dallo sfruttamento dell’area ad uso di cava per la pozzolana, vennero messe in luce alcune murature di terrazzamento, realizzate in opera reticolata di tufo ed in calcestruzzo di selce e i resti di una cisterna in calcestruzzo con copertura a volta.

Lo scavo dell’impianto rustico della villa mise in evidenza un sistema costituito da canalette e fosse scavate nel banco di tufo, utilizzate probabilmente per la raccolta e conservazione delle acque meteoriche; fu inoltre individuato un complesso idrico sotterraneo costituito da pozzi e cunicoli scavati nel tufo e rivestiti d’intonaco idraulico in cocciopesto.

Dopo un periodo di abbandono, probabilmente avvenuto sul finire del II secolo d.C., il complesso rustico venne riutilizzato come area di necropoli; all’interno di alcuni ambienti furono messe in luce una serie di tombe a fossa con copertura di tegole disposte alla cappuccina o all’interno di anfore di tipo africano (III secolo d.C.).

Come si può vedere, questi sporadici rinvenimenti concorrono alla ricomposizione dell’antico tessuto topografico di una vasta area che, proprio per la mancanza di ruderi affioranti sul terreno, non era stata finora inquadrata nel suo giusto contesto.

La probabile esistenza di luoghi di culto, a partire dal periodo arcaico, e la presenza di resti della fine della repubblica e di varie testimonianze relative ad epoca imperiale, testimoniano una continuità di vita e un crescendo di insediamenti in tutta la zona.