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Santa Palomba

Santa Palomba è la zona urbanistica 12n del XII Municipio del comune di Roma. Fa parte della zona Z.XXIII Castel di Leva.
Il toponimo indica più propriamente un vasto territorio diviso fra i comuni di Roma stessa, Albano Laziale, Ardea e Pomezia.

Storia

Al ventunesimo km della via Ardeatina, nel territorio di Pomezia, attorno alla preesistente stazione della ferrovia regionale FR8 e al trasmettitore radio della RAI, si è sviluppata un’area urbanistica prevalentemente industriale.
Verso la fine degli anni novanta, all’angolo fra via della Solfarata e via Cesare Fiorucci, racchiuso da viale delle Arti, sorge, con la costruzione dei primi quattro edifici, un nuovo quartiere residenziale, denominato “Roma 2 – Il Progresso”, a tutt’oggi ancora in pieno sviluppo. Altre abitazioni residenziali, sono ubicate tra la stazione di Pomezia-Santa Palomba e la via Ardeatina. Questo piccolo nucleo abitativo è chiamato “Borgo”.
Tra le industrie presenti nella zona, troviamo l’italiana Fiorucci e l’americana Johnson & Johnson.
Ultimamente alcune aziende hanno deciso di chiudere alcuni stabilimenti per trasferirsi all’estero.

Ritrovamenti archeologici
Santa Palomba presenta molti reperti archeologici, tra cui un’antica strada romana in basolato ancora ben conservato che, in epoca romana, collegava l’attuale Albano Laziale al mare, e l’antica torre di avvistamento usata nel medioevo.
Nel maggio 2006 è stato ritrovato un prezioso mosaico policromo costituito da tessere di pregiati marmi africani. Il mosaico, di dimensioni 3×2 metri, è diviso in tre riquadri:
nel primo è raffigurato un busto di donna con corona di foglie, probabile rappresentazione allegorica di una stagione; nel secondo, posto al centro, la testa di un uomo anziano con barba che, se visto da sopra, cambia in un giovane con i capelli lunghi; nel terzo si alternano a scacchiera volti maschili e alcune decorazioni “a greca”.
È certo che tale mosaico faccia parte di una domus del I-II secolo d.C. e che alla quale sia successivo.

Spregamore

Spregamore è una frazione (zona “O” 82) del comune di Roma, situata in zona Z.XXIII Castel di Leva, nel territorio del Municipio XII.
Sorge al diciassettesimo km di via Ardeatina, fra le frazioni di Falcognana a nord e di Santa Palomba a sud.

Castel di Leva

Castel di Leva è il nome della ventitreesima zona del comune di Roma nell’Agro Romano, indicata con Z.XXIII.
Si trova nell’area sud della città, a ridosso ed esternamente al Grande Raccordo Anulare.

Il territorio denominato Castel di Leva è vastissimo, si estende da Tor Pagnotta, a ridosso della città militare della Cecchignola, fino a S. Palomba comprendendo Bel Poggio, Divino Amore, Porta Medaglia, Ente Maremma e Falcognana.
Castel di Leva sorge al dodicesimo chilometro della Via Ardeatina.

L’area del Piano Particolareggiato zona “O” n.49 “Castel di Leva” ricade nel territorio del XII Municipio. Il nucleo sorge tra la Via Laurentina, il G.R.A. e la Via Appia.

Dati
La borgata ha una superficie complessiva, pari a 32,74 ettari, per una densità territoriale pari a 72,70 ab/ha

Storia
Appartenuta all’Abbazia di San Paolo, alla fine del XIII sec. era denominata “Castrum Leonis”. Dopo il ‘400 perde il suo significato e diventa “Casalis castel de Leo”. Il castello era composto di una rocca merlata che a sua volta racchiudeva una torre anch’essa fornita di merli, mentre intorno alla rocca si raggruppavano le unità abitative, a loro volta difese da un muro ben alto con varie torrette a guardia del complesso”.
Nel XVIII sec. fu costruita una chiesetta accanto alla roccaforte.

Secondo una antica leggenda un viandante raccomandandosi ad una immagine affrescata sulla rocca, detta del Divino Amore, evitò di essere sbranato da alcuni cani randagi e da allora si iniziò a venerare tale dipinto che fu staccato dalla rocca e posto all’interno del Santuario del Divino Amore.
 

Falcognana

Falcognana è una frazione (zona “O” 50A-B) del comune di Roma, situata in zona Z.XXIII Castel di Leva, nel territorio del Municipio XII.
Sorge al quindicesimo km di via Ardeatina.

L’area del Piano Particolareggiato zona “O” n.50 A-B “Falcognana A – B” ricade nel territorio del XII Municipio. Il nucleo risulta compreso tra la Via Laurentina, il G.R.A. e la Via Appia.

Dati
La borgata ha una superficie complessiva, pari a 18,08 ettari, per una densità territoriale pari a 85,90 ab/ha.

Storia

Il nome deriva da un antico casale “Falconis” che fu certamente una villa romana, visto i numerosi reperti trovati. La Falcognana insieme a Decima era certamente la tenuta più vasta della zona.

Nel 1400 circa il casale spettava al monastero di San Sisto, che ebbe da Bonifacio VIII la facoltà di venderlo. Sotto Martino V vi entrò la casa Colonna e, nel 1432, fu da Odoardo Colonna venduto a Giacomo di Alessio Cenci, poi passò in parte ai Torlonia e in parte ai Boncompagni Ludovisi.
Nel 1903 Domenico Lanza lo acquistò dal Principe Boncompagni. Da questo è derivato il nome della
località Falcognana, nucleo abitativo nato spontaneamente dagli anni 60, che oggi si trova al 14° km della Via Ardeatina, 2 Km dopo il Santuario del Divino Amore che nel corso degli anni è diventato uno dei principali luoghi di culto della religione cattolica in Italia.
Nella tenuta c’è ancora un casale chiamato di Donna Olimpia ed un casaletto intitolato alla bella Beatrice Cenci, giustiziata per l’omicidio del padre e ritenuta innocente da tutto il popolo.

 

Municipio XII

Il territorio compreso nel Municipio Roma XII del Comune di Roma presenta una superficie sostanzialmente divisa in due parti, una compresa all’interno del G.R.A intensamente urbanizzata, con pochi tratti a verde naturale, ed una esterna allo stesso dove la situazione è rovesciata con pochi tratti urbanizzati e paesaggio dominante naturale.
La morfologia del territorio è quella tipica dell’Agro, sostanzialmente la stessa da 3.000 anni a questa parte: un alternarsi di basse colline e strette valli fluviali solcate da un fitto reticolo di corsi d’acqua che scendono dai Colli Albani. Accurate ricerche geologiche e paleontologiche hanno permesso di ricostruire la genesi di questo paesaggio, a partire da circa 7-800.000 anni fa, quando in conseguenza dell’ultima inversione del campo magnetico terrestre è entrato in eruzione il Vulcano Laziale.

Il Vulcano eruttando grandi quantità di materiali piroclastici (tufi e pozzolane, oggi osservabili un po’ ovunque) ed effusivi (lave basaltiche, oggi visibili sulla via Laurentina all’altezza di Vallerano), ha coperto gran parte del territorio con una coltre spessa decine di metri, successivamente erosa dai corsi d’acqua.
I prodotti vulcanici si interrompono a ridosso dell’antica linea di costa, oggi corrispondente all’incirca con la valle del Fosso di Malafede, dove vengono sostituiti da materiali sedimentari quali sabbie e ghiaie, accumulati lungo le antiche dune e sui terrazzi costieri, oggi attraversati dalla via Colombo all’altezza di Vitinia.
Le colline composte dai suddetti materiali sedimentari sono state sfruttate da cave di sabbia e ghiaia che con la loro attività hanno portato allo scoperto delle pareti in cui è possibile leggere la storia degli ultimi 700.000 anni, anche attraverso la presenza di grandi quantità di fossili e di strumenti litici costruiti dagli antichi abitatori del luogo.
In questo ambiente dominato dalle eruzioni del Vulcano, su di un paesaggio che si stendeva alle foci di un grande fiume, circondato da lagune costiere, si muovevano almeno dal paleolitico medio, bande di cacciatori appartenenti al tipo umano detto di Neanderthal. Delle attività di questi antichi abitatori, qui attirati dall’abbondanza di fauna, ci rimangono quantità enormi di oggetti fabbricati scheggiando le selci, rinvenuti un po’ ovunque ma particolarmente nella valle del Risaro in località Quartaccio.
Molti degli accampamenti vennero frequentati intensamente per migliaia di anni, fino ad essere sostituiti dai villaggi del neolitico, popolati da tipi umani più evoluti che praticavano le prime forme di agricoltura ed allevamento. Nell’età del bronzo la maggior parte degli insediamenti, di cui il nostro territorio è ricco, subisce uno spostamento in luoghi difesi naturalmente, segno evidente che le migrazioni di altri popoli avevano aumentato la conflittualità.
Nell’età del ferro due centri assumono un ruolo egemonico nell’area, quello cosiddetto del Laurentino e quello più grande di Decima.

Sull’attribuzione dei nomi di questi centri ancora non è stata fatta luce, in quanto le fonti storiche (Tito Livio narra di come sotto Re Anco Marcio, Roma si espanse verso il mare assaltando e distruggendo tre centri Tellenae, Politorium e Ficana) non sono state suffragate come è avvenuto altrove, (Ficana oggi corrispondente ad Acilia, dove è stata ritrovata una epigrafe) da conferme archeologiche. Di certo questi centri erano abitati da popoli Latini (Prischi Latini), piuttosto prosperi che praticavano il commercio, l’agricoltura e l’allevamento, non trascurando alcune industrie. Lo scavo parziale delle necropoli di Castel di Decima e del Laurentino ha restituito centinaia di corredi eccezionali, mentre rimangono da scavare gli abitati.
Con il periodo romano il territorio viene intensamente abitato e coltivato, tranne una vasta estensione di foresta, oggi corrispondente alla Tenuta di Castel Porziano ed ai boschi di Decima; di questo lungo periodo emergono i resti ovunque: ville, strade, necropoli, fra le quali spicca quella rinvenuta nel 1993 a Vallerano. In questa località venne scoperta e scavata una tomba di una fanciulla del II sec. d.C. contenente un corredo ricchissimo, oggi esposto al museo nazionale romano di Palazzo Massimo.
Nel medioevo tutto il territorio subisce le sorti comuni al resto della Campagna Romana, e numerose torri e ben quattro castelli (Decima, Olibanum, Leonis, Romano) assicurano il controllo militare.
Due aree protette interessano oggi il Municipio Roma XII., istituite nel 1997 con legge regionale dopo anni di battaglie da parte di cittadini ed associazioni: la Riserva del Laurentino Acqua-Acetosa, che tutela l’area archeologica omonima e frammenti di Agro lungo la via Laurentina all’interno del GRA, e la Riserva Naturale di Decima-Malafede, estesa 6.300 ha compresi fra la Tenuta di Castel Porziano e la Laurentina.
In queste Riserve sono tutelati estesi boschi di querce, aree umide, pascoli e paesaggio agrario; in particolare Decima costituisce lo scrigno della biodiversità della costa tirrenica. Degli studi condotti dal WWF in questa area è stato accertata la presenza di oltre 120 specie di uccelli, 14 rettili, 21 mammiferi, 13 pesci, 8 anfibi, mentre il censimento floristico ancora in corso ha fin qui catalogato oltre 1000 specie vegetali, di cui molte rare od addirittura date per estinte da precedenti studi.
In tutte le località di maggior pregio vengono continuamente svolte visite guidate rivolte ad adulti e scuole ed attività varie di conservazione.