San Cleto

Negli anni Cinquanta, la parrocchia di San Cleto, dedicata al terzo papa della chiesa cristiana Anacleto I, dà il nome alla omonima borgata, nata su lottizzazione abusiva (il lottizzatore di queste aree, fu l’avvocato Pace), tra il fosso di San Basilio e la via Nomentana. Senza un piano regolatore, senza strade, senza fogne né scuole, la borgata fu costruita specialmente da emigranti edili umbri e marchsigiani, immigrati
a Roma di recente che, pur non avendo la prescritta licenza edilizia, costruirono le loro case approfittando del tacito assenso dell’amministrazione capitolina.

San Cleto ospita i ruderi della torre del Coazzo e un casale del sec. XIII costruito su resti di un’antica villa romana.

Ruderi di Coazzo
I ruderi di Coazzo sono un sito archeologico con resti di edifici in rovina, presso il chilometro 10,200 della via Nomentana in una zona adibita a parco pubblico lungo la via Bernandini.

Descrizione
I resti di murature visibili sono da ascrivere ad un casale-torre del XIII secolo sorto su una preesistente villa romana. La struttura medioevale è stata realizzata con materiali riutilizzati provenienti da tombe, laterizi e blocchi di travertino, provenienti dalla zona limitrofa alla via Nomentana.
I “ruderi” comprendono un edificio conservato per circa 3 m circa d’altezza con 2 ambienti a volta e due tronconi della torre in opus mixtum.
Storia
La torre permetteva di controllare la via Nomentana all’altezza dell’odierno quartiere di San Basilio e fino a dove oggi sorge il Grande Raccordo Anulare. Nel 1428 era in possesso ai Frangipane, che vendettero metà del casale alla Basilica di San Pietro; quest’ultima, nel XVI secolo vendette la proprietà a Cola Iacobacci. Il toponimo di “Coazzo” potrebbe derivare da una storpiatura del nome della famiglia Iacobacci (scritto talvolta Jacobacci o Jacovazzi).