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Madonnetta

La Madonnetta è una zona residenziale (zona “O” 44) del Comune di Roma, situata nel territorio del XIII Municipio. Si trova tra Acilia, Casal Palocco e Axa, sulla zona Z.XXXIV Casal Palocco.

La zona è caratterizzata da un’incessante crescita edilizia, e conseguentemente demografica, che va ben oltre le reali possibilità sostenibili dalle infrastrutture esistenti

La Madonnetta è un centro dinamico, grazie soprattutto al contributo del locale comitato di quartiere che, con forti mobilitazioni, attira periodicamente la popolazione dell’entroterra del Municipio attraverso la promozione e l’organizzazione di periodici eventi, impegnati a 360 gradi, consistenti in opere di svago e sensibilizzazione ai temi ambiente, sicurezza, centralità, valorizzazione delle risorse. Altri siti caratterizzanti sono la Chiesa di San Carlo da Sezze, il “Centro di formazione giovanile Madonna di Loreto, Casa della Pace” situato accanto alla parrocchia, e la piazza Umberto Cardani, dove è conservata una piccola statua della Madonna.

Parchi della Madonnetta

Il 5 maggio del 2002, in Via Padre Massaruti alla Madonnetta, è stato inaugurato il parco “Massimo di Somma”, per celebrare la memoria dell’amministratore scomparso nel 2000. E’ stata una conquista di notevole importanza per questo quartiere del XIII Municipio, ancora un pò emarginato e carente di strutture. La zona di verde in cui è stato realizzato, che versava in totale stato d’abbandono, su sollecitazione e con impegno personale dei cittadini (sostenuti dall’amministrazione guidata proprio da Massimo di Somma) è stata completamente bonificata e dotata di parco giochi per i bambini del quartiere, centro sportivo, pista podistica, pista di pattinaggio e persino di una piattaforma d’atterraggio per elicotteri. Il parco è subito divenuto un importante centro d’incontro e aggregazione, ospitando spesso manifestazioni sportive e culturali, fiere culinarie e concerti.

Il parco della Madonnetta, in occasione del Carnevale, ospita una rassegna culturale patrocinata dal municipio di appartenenza e dalla Regione Lazio, consistente in esibizioni teatrali, attività ludiche dei bambini delle scuole delle zone limitrofe, sfilate pedonali e ciclistiche in maschera, tutte incentrate sul tema del riciclaggio. Il parco ospita annualmente attività connesse alla Maratona di Ostia, e nell’ottobre 2005 è stato sede dei seggi per le Primarie.

Più o meno nella stessa zona, al confine con l’Axa, nell’ambito di un progetto che prevede la creazione a Roma e dintorni di 59 “Punti Verdi Qualità”, è stato istituito il parco “La Madonnetta”, che con i suoi 20 ettari di superficie, di cui 13 adibiti a verde pubblico vero e proprio, si colloca tra i più grandi della capitale.
Concessionario dell’area e gestore degli impianti è un imprenditore locale che ha alle spalle una lunga esperienza sul territorio, come proprietario/gestore di centri sportivi e maestro di tennis. Interventi di questo tipo, in parte pubblici ed in parte privati, recuperando zone in stato d’abbandono o già destinate a verde ma non attrezzate, stanno conferendo sempre maggior valore ad un’area di per se ricca di potenzialità tutte da sfruttare.

AXA

L’Axa è un quartiere-consorzio di Roma, contenuto nel XIII Municipio e adiacente ad Acilia, Madonnetta, Casal Palocco e Infernetto.

Il nome

ACSA: dapprima Agricola Costruzioni
Società per Azioni e successivamente trasformata in Associazione Consortile Società per Azioni, in seguito denominata AXA, con sede sociale in via di Macchia Saponara.

Il quartiere è letteralmente diviso in due dalla via dei Pescatori (antica via di comunicazione, usata da Benito Mussolini, che collegava Acilia e il Borghetto dei Pescatori ad Ostia, dov’era la sua darsena personale), che separa l’AXA vecchia (da via Tespi a via dei Pescatori nata con la sua fondazione) dall’AXA nuova (da via dei Pescatori a via Cristoforo Colombo, nata nei primi anni ’80 e tutt’oggi in sviluppo). Sorge sul lato sud della via Ostiense, tra le frazioni di Acilia a ovest e Vitinia a est.

Il successo del programma insediativo di Casalpalocco ha concorso non poco ad orientare verso la zona la scelta di un’alternativa al centro di Roma, ormai congestionato.
E’ venuto così a svilupparsi il quartiere residenziale Axa che si snoda dalla Via di Acilia, che segna il confine con il quartiere Malafede, fino a Casalpalocco ed alla Madonnetta.

Nato tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70, si propone subito come un quartiere residenziale a carattere consortile con case destinate alla media ed alta borghesia romana. Più volte è stato paragonato e denominato come la “Beverly Hills”
italiana. Nel suo interno possiamo trovare centri commerciali, discoteche, polisportive e il famoso drive-In, il più grande d’Europa e caduto in disuso negli anni ’80, ora utilizzato per accogliere manifestazioni di vario genere, sede di un asilo e comprensivo di una pista per mini-kart e mini-moto.

Gli ingressi principali del quartiere sono oggi contraddistinti dalla presenza di due caratteristiche fontane.
Una è situata a Piazza Eschilo, al centro di un giardino dal quale si dipartono le principali strade di penetrazione.
La seconda, che segna l’altro limite territoriale del quartiere, si colloca al centro della piazza sulla quale si affaccia anche il Drive In ed è denominata Fonte degli Acilii.
Rappresenta la rinascita di un’antica fonte avente lo stesso nome, nel tempo più volte demolita e ricostruita. La struttura è stata completamente ristrutturata anche di recente, ad opera dell’architetto Petrucci. E’ situata su una vasta aiuola piena di fiori, posizionati in modo tale da formare a grandi lettere il nome del quartiere. Dall’interno dell’ampia vasca circolare delineata da cannelle d’acqua partono zampilli a canna d’organo, che al calar del sole assumono un particolare fascino grazie ad un gioco di luci policrome.
La fontana è divenuta il simbolo di un quartiere moderno, ricco di aree verdi, con un’edilizia ben distribuita sul territorio (esempio d’insediamento abitativo a dimensione umana, vivibile, nel contesto di un’area dall’elevato valore ambientale).

Gregoriopoli

Anche per essere il punto d’arrivo dei cristiani provenienti dall’oriente, Ostia divenne sede episcopale già nel III secolo. La cattedrale era la piccola basilica di santa Aurea, dove era stata sepolta santa Monica madre di sant’Agostino. Il titulus di Santa Aurea, la più antica delle diocesi suburbicarie, veniva attribuito al Decano dei vescovi: questi poteva consacrare vescovo il nuovo papa qualora non lo fosse, ed era tradizionalmente il suo principale assistente. Il titulus di Ostia fu unito a quello di Velletri da papa Eugenio III nel 1150. Papa Pio X nel 1914 tornò a separare le cattedre e a legare Ostia alla persona del Decano.

Nella generale crisi del Medioevo anche la città e il porto di Ostia andarono in rovina. Ostia rimaneva tuttavia la porta d’accesso a Roma dal Tevere, lungo il quale risalivano pellegrini mercanti e delegazioni giunte via mare, ma anche i pirati saraceni (alla vittoria di papa Leone IV nell’849 sui Saraceni si riferisce appunto l’affresco di Raffaello nelle stanze vaticane citato sotto, che riproduce il castello com’era nel ‘500).

Il piccolo borgo fu fondato nell’830 per volere di Gregorio IV, al fine di raccogliere l’esigua popolazione ostiense e metterla al riparo dalle scorrerie dei saraceni. Andata in rovina la città, insabbiato il porto, il borgo si chiamò, dal suo fondatore, Gregoriopoli e fu difeso da una cinta muraria e munito di fossato.
Le ristrutturazioni furono diverse. Continuò a crescere nei secoli, prendendo una fisionomia sempre più urbana, per divenire infine centro fortificato in funzione delle vicine saline e del tangente corso navigabile del fiume. Con l’edificazione, voluta dal pontefice Martino V (1417-1431), del torrione rotondo che sarebbe divenuto in seguito il mastio del castello di Giulio II, Ostia si avviò a riassumere quel ruolo di controllo militare della foce del Tevere che aveva ricoperto sin dall’inizio della sua storia.
Ed è proprio in questa politica di rafforzamento delle difese territoriali che s’inserì l’intervento di rinnovamento del borgo promosso e finanziato dal cardinale Guglielmo d’Estouteville, vescovo di Ostia dal 1461 al 1483. Come rivelano gli ancora visibili stemmi marmorei con il simbolo della sua casata, egli fece ripristinare l’intero circuito murario e migliorare le condizioni residenziali costruendo 3 file di case a schiera.
La più rilevante ristrutturazione fu quella operata alla fine del ‘400 dal vescovo Giuliano della Rovere, poi divenuto papa col nome di Giulio II, che fece costruire il castello, ricostruire la chiesa e rifare la cinta muraria. Architetto di questa ristrutturazione fu, a detta del Vasari, Baccio Pontelli.
Il complesso architettonico è caratterizzato da un sistema perimetrale di casematte (camere da sparo nelle quali è ancora ben visibile un piccolo bagno per i soldati) che collega il torrione principale ad altri due torrioni, da un rivellino e da un ampio fossato circostante. Tutti gli ingressi erano muniti di ponti levatoi e quello sul rivellino presenta ancora i solchi della saracinesca.
Nel perimetro del borgo erano presenti i ruderi di una primitiva basilica, che il cardinale fece radere al suolo commissionandone la ricostruzione all’architetto Baccio Pontelli. La struttura, dedicata alla martire ostiense S.Aurea, ha al suo interno frammenti d’iscrizioni in onore di S.Monica, madre di S.Agostino, morta nella zona. Accanto alla chiesa sorge l’episcopio, sede del vescovo, ampliato con interventi d’abbellimento voluti dal cardinale Riario durante il pontificato di Giulio II. All’interno del palazzo sono conservati sarcofagi ed elementi architettonici d’età romana ed importanti cicli pittorici tratti dalla colonna Traiana, attribuiti alla scuola di Baldassarre Peruzzi.
La struttura, pur angusta, mantenne la propria funzione difensiva fino al 1587, quando una piena straordinaria deviò il corso del Tevere, lasciando a secco anche il fossato attorno alla cinta. Il castello che era stato sede di dazio e dogana divenne praticamente inutile e cadde in rovina, utilizzato come stalla e deposito solo più dai pochi contadini e pastori della zona, ormai tutta impaludata, e – la torre – come prigione, i cui “ospiti” venivano utilizzati dall’800 per scavare il sito romano.

Rocca e borgo furono restaurati in varie riprese lungo il ‘900 e costituiscono oggi una sorprendente isola urbanistica, accanto ai più famosi scavi.

La spiaggia e il Borgo di Ostia fu scelta dal famoso gruppo degli U2 per girare, nell’aprile del 1989, parte del video di “All I Want is You”, con la regia di Meiert Avis. Nel video si vede molto chiaramente il Castello di Giulio II e la Chiesa di S. Aurea, oltre che alcune panoramiche del borgo stesso.

Ostia Antica

Ostia Antica è il nome della trentacinquesima zona del comune di Roma nell’Agro Romano, indicata con Z.XXXV.
Il toponimo indica anche la zona urbanistica 13e del XIII Municipio.
Si trova nell’area sud-ovest della città, a ridosso del fiume Tevere.

Storia

Storia antica
Nel territorio si impiantò l’antica città di Ostia, fondata nel corso del IV secolo a.C. come accampamento militare e sviluppata nel corso dell’età imperiale romana come centro commerciale portuale, strettamente legato all’approvvigionamento del grano nella capitale. Raggiunse i 75.000 abitanti, ma declinò con la crisi del III secolo. Ebbe una ripresa nel IV secolo come sede residenziale, mentre le attività commerciali e amministrative si erano spostate nella città di Porto, ma decadde in seguito.
Medioevo
L’acquedotto cessò di funzionare alla fine del V secolo e la città decadde ulteriormente. Nel 537, nel corso di un assedio dei Goti fu difesa dal generale bizantino Belisario e i pochi abitanti si asserragliarono nel teatro, trasformato in fortezza. Nel IX secolo fu saccheggiata dai Saraceni e definitivamente abbandonata per la nuova città di Gregoriopoli, voluta da papa Gregorio IV.

Luoghi di interesse

Gli scavi di Ostia Antica conservano i resti di gran parte della città, scavata nel corso del XIX e soprattutto XX secolo. Insieme ai monumenti pubblici si sono conservate numerose strutture private (case di abitazione, strutture produttive, sedi di associazioni), che restituiscono l’immagine della vita quotidiana nell’antichità.
Teatro
Il teatro è una delle principali e affascinanti strutture degli Scavi di Ostia Antica. Esso può ospitare 4000 persone. Ancora oggi è utilizzato per piccoli spettacoli e concerti.
Nell’antichità veniva utilizzato anche per spettacoli riguardanti giochi d’acqua.
La necropoli
La necropoli di Ostia è ubicata fuori dalle mura, come era tradizione a Roma, sulla via Ostiense. Sono state ritrovate tombe risalenti al II secolo a.C., anche se quelle attualmente visibili appartengono al periodo che va dall’epoca augustea fino al II secolo d.C. Una seconda necropoli, che venne realizzata nel periodo seguente al 50 d.C. lungo la parallela via Lauretania, sono presenti due tombe monumentali che vennero costruite sul mare, come anche quella di Cartilio Poplicola.
Il Tempio di Ercole
Sulla via degli Horrea Epagathiana sul versante sinistro della strada si trovano la Domus di Amore e Psiche e il Tempio di Ercole. Quest’ultimo, dedicato alla divinità di Ercole Invictus, era caratterizzato da un podio tufaceo e fu utilizzato per lungo tempo, come testimoniano i numerosi restauri. Presso questo piccolo tempio è stata ritrovata una stele che raffigurava dei pescatori con delle reti con cui recuperavano un’enorme statua di Ercole dal fondale marino. Gli studiosi hanno ipotizzato che questa statua provenga da una nave Romana naufragata, che tornava in patria dopo uno dei tanti saccheggi svolti dalle legioni Romane in Grecia. Dopo il ritrovamento della statua fu edificato il tempietto in onore di Ercole. Purtroppo fino ad oggi questa statua non è stata ancora trovata e non si sa nulla della sua fine. Se questa ipotesi fosse vera, la stele ora custodita nel Museo Archeologico di Ostia Antica, è il primo documento di archeologia subacquea.
La sinagoga
La sua scoperta nei primi anni Sessanta provocò grande sensazione poiché si trattava della più antica sinagoga della quale si fossero trovati i resti in Europa. Si trova alla fine del decumano, vicino al vecchio argine fluviale. Della struttura monumentale rimangono resti cospicui, incluse le alte colonne del tabernacolo, sul capitello di una delle quali spicca scolpito il simbolo della menorah.

Dragoncello

Dragoncello è una frazione di Roma Capitale, situata in zona Z.XXXII Acilia Nord, nel territorio del Municipio Roma XIII.

È delimitata a sud-est dalla zona di Dragona, a sud-ovest dal Villaggio San Francesco, a nord dal fiume Tevere e a sud da via dei Romagnoli.

Il nome ha, probabilmente, la stessa origine di quello di Dragona (vedi), ma alcune fonti citano la presenza in zona della pianta Artemisia dracunculus, comunemente nota con il nome di dragoncello.

In occasione della costruzione del nuovo quartiere Dragoncello una campagna di scavi salvaguardò ben otto aree archeologiche, gran parte di queste aree sono relative a ville rustiche di età repubblicana.
Le Villae Rusticae di Dragoncello sono databili a cavallo tra il II e il I secolo AC.
Tali ville non erano particolarmente sontuose ma sicuramente di proprietà di benestanti. La loro gestione probabilmente era affidata a liberti di origine greco orientale.

La grave crisi agricola della prima metà imperiale portò all’abbandono della zona.

Insediamento di Ficana
L’addensarsi di nuclei abitativi, in quello che costituisce il territorio dell’attuale XIII Municipio, è stato da sempre favorito dalle possibilità legate alla presenza di lagune costiere precocemente sfruttate per la produzione del sale. Le saline erano importantissime già nel quadro economico d’epoca preistorica e protostorica. Fondamentale era quindi il controllo delle vie che assicuravano il transito del prezioso minerale verso l’interno della regione (specie nel periodo dell’aspra lotta tra Roma e Veio per il controllo degli impianti produttivi). Notevoli sono i relitti archeologici a testimonianza dell’esistenza di abitati protostorici ed arcaici nella zona.

Proprio sulle rive del Tevere, all’altezza del quartiere Dragoncello ed in prossimità del Monte Cugno, era situato l’antico sito di Ficana. Risalente al X-IX sec. a.C., inizialmente tale insediamento era un semplice villaggio di capanne e ricoveri per bestiame, che cominciò ad assumere connotazione di città vera e propria solo a partire dalla metà dell’VIII sec., quando vennero edificate le prime case e fu costruita una cinta muraria. Il sito fu poi conquistato dai romani sotto Anco Marzio, ma gli scavi condotti in loco dagli archeologi hanno evidenziato che tale presa non implicò il declinio di Ficana. Al contrario, l’abitato ampliò notevolmente i suoi confini munendosi, tra il IV ed il III sec. a.C., di una nuova possente cinta muraria. Venne così ad assumere quel ruolo di controllo sulla foce del Tevere che fu successivamente ereditato da Ostia Antica. Sempre in zona Dragoncello è stata scoperta anche una necropoli con sepolture del tipo ad inumazione. Al loro interno sono stati rinvenuti corredi funebri risalenti circa al VII sec. a.C.

Dragona

Dragona è una frazione di Roma Capitale (zona “O” 42),
situata in zona Z.XXXII Acilia Nord, nel territorio del Municipio Roma XIII. È compresa tra viale dei Romagnoli, via Donati, via di Dragone ed il fiume Tevere.

Per completare l’opera di difesa del territorio iniziata con la costruzione di Gregoriopoli, il pontefice Gregorio IV (827-844 d.C.) decise di ripopolare la campagna ostiense a ridosso delle alture di Dragoncello, realizzando una delle numerose tenute agricole che fece costruire nella campagna romana. Con generosità non priva di calcolo, assegnò terre e casali a famiglie contadine con molti figli maschi in grado di usare una spada, affermando che soltanto chi possiede ed ama la sua terra è disposto a difenderla con le armi. Sul luogo il pontefice volle anche una splendida villa di campagna, che le cronache dell’epoca ci descrivono come ricca di portici e solari, la quale rappresenta il primo esempio di villa papale della storia. 

La zona fu chiamata “Colonia Draconis” da papa Gregorio IV (827-844) per la presenza di molti grossi rettili colubridi chiamati Draconi dagli abitanti della zona.
In zona era molto forte il culto della dea Giunone Regina, simboleggiata appunto dalla dracona. Gregorio IV, per debellare il culto pagano, introdusse nella zona la leggenda di San Giorgio, che sconfisse il drago a cui era stata offerta in sacrificio la figlia del re di Libia.
Il culto di San Giorgio prese piede nella zona, e tutt’oggi ne abbiamo testimonianza nella vicina chiesa di San Giorgio, lo stesso quartiere San Giorgio e il casale edificato nella zona.

Nel corso dei secoli la zona mutò il nome prima in Dragone (nome leggibile ancor oggi su molte cartine topografiche), per poi essere volgarizzato in quello attuale solo negli ultimi decenni del 1900, quando si sviluppò il quartiere.

Villa Rustica di Dragona
Scavi condotti nella zona di Dragona hanno recentemente portato alla luce quanto rimane di una villa rustica dalle notevoli dimensioni (all’incirca 25.000 metri quadrati), la cui costruzione può essere fatta risalire più o meno agli inizi del I sec. a.C. L’intera struttura si dislocava intorno ad un unico cortile centrale, dove era situato un pozzo in origine circondato da un portico di colonne laterizie. I vari ambienti principali avevano inizialmente i muri in opera incerta ed il pavimento in semplice cocciopesto. Nel periodo compreso tra il I secolo e l’età augustea la villa è stata però soggetta ad ampie ristrutturazioni. Sono stati così rinvenuti anche muri in opera reticolata ed in laterizio e resti dei cosiddetti pavimenta scutulata, a testimonianza delle successive fasi di sviluppo attraversate dall’edificio. E’ possibile distinguere due zone della villa differenti per destinazione. Vi è un’ala orientale, dai vani abbastanza ampi caratterizzati da pareti adorne d’affreschi, che era sicuramente adibita a parte residenziale. A nord del cortile è stata invece rinvenuta una zona con tre dolii della capienza di circa mille litri ciascuno, che viene a coincidere con la parte propriamente rustica della villa. Nel settore meridionale sono stati trovati poi due portici, rispettivamente a colonnine di tufo e a grandi pilastri laterizi, ancora da portare completamente alla luce. Il periodo di massima frequentazione della struttura risalirebbe al I sec. d.C.. Tra il III ed il IV sec. d.C. però tale frequentazione si ridusse molto e rimase limitata esclusivamente alla parte rustica. Si assistette poi ad un progressivo abbandono della villa.

Dopo il V sec. d.C. tutta la zona fu disordinatamente occupata da tombe alla cappuccina, che vennero inserite anche in quelli che costituivano i vari ambienti della villa. Per questo tipo di sepolture povere furono utilizzati coppi e tegoloni prelevati da varie aree della casa, che nel frattempo erano state soggette a crolli.

Acilia

Acilia è una borgata ufficiale del comune di Roma. Si trova nell’area sud-ovest del comune, esternamente al Grande Raccordo Anulare. Rientra interamente nel territorio amministrato dal municipio XIII di Roma.

Acilia è compresa nelle zone Z.XXXII Acilia Nord e Z.XXXIII Acilia Sud, nel territorio del Municipio Roma XIII.

Con un totale di 60.656 abitanti Acilia è la terza frazione più popolata d’Italia dopo Mestre (Venezia) ed Ostia (Roma).

Storia

Acilia prende il nome dall’antica famiglia romana degli Acilii, vissuta in zona, che utilizzò il territorio di Acilia come possedimento agricolo. Inoltre Acilia, in epoca romana, era utilizzata come scalo lungo la via Ostiense.

Acilia rinacque tra il secolo XIX e il XX a seguito di un’intensa opera di bonifica che portò alla creazione della cosiddetta Borgata Agreste.

Oggi essa è un centro dinamico che ospita un’edilizia sia popolare che residenziale, un polo industriale e due stazioni della Linea Roma-Lido: Acilia e Casal Bernocchi-Centro Giano. Acilia ospita una ricca biblioteca del sistema bibliotecario del Comune di Roma, dedicata allo scrittore e giornalista “Sandro Onofri”.

Il quartiere Acilia (dal nome della famiglia romana degli Acilii, vissuta da quelle parti secondo un’antica epigrafe) è nato nel 1924, quando Mussolini fece trasferire nell’allora zona rurale gli sfrattati dall’area dei Fori Imperiali e da Via del Teatro di Marcello. E’ diviso in una parte nord, sviluppatasi nel dopoguerra sui Monti di San Paolo, ed una parte sud, lambita dalla Via dei Romagnoli, che costituisce il centro dell’abitato.

Luoghi

Piazza Capelvenere, nella zona nord del quartiere, si caratterizzava per le sue costruzioni a due piani edificate negli anni ’40, definite “case di cartone”. Nell’ambito di una serie d’interventi per rendere più belle e vivibili le piazze della capitale, dopo la demolizione delle vecchie strutture su un’area complessiva di 15.000 metri quadrati è stata recentemente realizzata una piazza tutta nuova. Vi è stato ora situato un edificio porticato a forma di C che si sviluppa su due piani. La moderna costruzione ospita vari uffici comunali, tra i quali quello demografico e dei vigili urbani. A fianco della palazzina sorge una torre ottagonale di 12 metri, nuovo “biglietto da visita” di Acilia, che la rende visibile da lontano e che dalla sua sommità permette di contemplare tutto il quartiere.
Proprio al centro della nuova Piazza Capelvenere è stata costruita una fontana con la statua della divinità. La leggenda vuole che Venere sia nata dalle acque, così le acque della fontana di questo luogo, tanto caro agli antichi romani, possono essere assunte a simbolo della nuova vita di Acilia. Sopra la fontana è posta una targa dedicata alla memoria di Lido Duranti, ventiquattrenne del quartiere morto alle Fosse Ardeatine.

Fanno parte di Acilia le realtà urbane di Dragona, Dragoncello, Villaggio San Francesco, Monti di San Paolo, Case Basse, Centro Giano, Villaggio San Giorgio, Acilia Nuova e Casal Bernocchi.

Acilia Nord
Acilia Nord è il nome della trentaduesima zona del comune di Roma nell’Agro Romano, indicata con Z.XXXII.
Il toponimo indica anche la zona urbanistica 13b del XIII Municipio.
Luoghi di interesse:
• Museo Agostinelli, museo di cultura popolare nella zona di Dragona.

Acilia Sud
Acilia Sud è il nome della trentatreesima zona del comune di Roma nell’Agro Romano, indicata con Z.XXXIII.
Il toponimo indica anche la zona urbanistica 13c del XIII Municipio.

Centro Giano

Centro Giano è un’area urbana del comune di Roma, situata in zona Acilia Nord.
Sorge sul lato nord della via Ostiense, tra il fiume Tevere a nord-est, la località centrale di Acilia e Poggio d’Acilia a sud-ovest.

Nata nel 1968, è chiamata così perché vi è situato un casolare sopra un colle che si dice appartenuto a Giano, divinità romana. È ricordato anche dalla via del Casaletto di Giano e dalla via della Tenuta di Giano.

Casal Bernocchi

Casal Bernocchi è un’area urbana del comune di Roma, situata in zona Acilia Sud.
Sorge sul lato sud della via Ostiense, tra la località centrale di Acilia a ovest e Vitinia a est.

Storia

Il quartiere di Casal Bernocchi è sorto solo in epoca recente. Persino il nome attuale gli è stato assegnato posteriormente alla sua edificazione nel 1961. Deriva infatti dalla famiglia dei proprietari di un casale e di un appezzamento agricolo che la contessa Bernocchi cedette alla ex INA-CASA per farvi costruire case per lavoratori, chiamandole “Villaggio INA-Casa”. Questa zona un tempo era stata occupata da ville romane e, prima ancora, da capanne di abitatori preistorici. Reperti archeologici sinora rinvenuti collocano gli eventi storici della nostra zona con i primi insediamenti delle popolazioni pre-latine della cultura appenninica, con le popolazioni latine del territorio di Albano, con le testimonianze della monarchia di Roma alla cui potenza espansiva dovette sottomettersi, contribuendo anche alla fondazione di Ostia. In ottemperanza alla “legge Fanfani”, sui lotti agricoli di proprietà dei Conti BERNOCCHI, l’INA-CASA realizza nel 1961 il complesso edilizio – provvisoriamente denominato “Villaggio INA-Casa-Cittadinanza”. La causa può essere dovuta all’innata diffidenza verso qualsiasi struttura, come pure al fatto che il lavoro svolgendosi fuori per lo più fuori sede, non permette l’incontro e la conoscenza tra le persone. Pur non qualificandosi come “quartiere dormitorio”,  il ‘villaggio’ appare ancora come una entità estranea, con cui è difficile entrare in dialogo. Attraverso la festa patronale si è tentato più volte di inserire radici, di provocare scambi di idee, facilitare incontri che si prolunghino oltre il giorno di festa. Gli appartamenti furono assegnati, tramite concorso a punteggio, alle più disparate categorie di lavoratori e di impiegati dello Stato (Esercito, Pubblica Istruzione, Foreste, Monopòli, Gas, operai specializzati, Poligrafico dello Stato) come pure ai senza-tetto. A ridosso del Villaggio, nella zona alta, l’INA-CASA ha fatto erigere una “zona residenziale”, composta da un centinaio di villette. Gli spazi di aggregazione – Centro Anziani, Parrocchia, Centro Sociale, Attività sportive, Attività ginniche – non riescono ancora a coinvolgere tutta la cittadinanza.

Municipio XIII

Il XIII Municipio ha una popolazione di 195.021 abitanti ed è suddiviso in 10 zone urbanistiche.
E’ sicuramente sottostimato il dato ufficiale della popolazione se teniamo conto dell’incremento durante il periodo estivo e della popolazione straniera irregolarmente residente.

Il territorio compreso nei confini dell’attuale XIII Municipio ha subito, nel corso dei secoli, enormi mutamenti dal punto di vista ambientale, soprattutto in funzione delle variazioni nel corso del Tevere.

Negli ultimi 2.500 anni la linea di costa in corrispondenza della fascia deltizia del fiume ha subito un avanzamento di oltre 4 km, modificando profondamente l’aspetto geografico ed antropico della zona.

Il Tevere e la valle che esso percorre hanno un enorme valore storico per la presenza di numerosi siti archeologici d’epoca preistorica, romana e medievale, oltre ad un elevato rilievo naturalistico, per l’esistenza d’aree con equilibri geologici molto delicati.

Dai primi del ‘900 ad oggi il delta del fiume ha subito variazioni imputabili quasi esclusivamente all’azione dell’uomo tramite la costruzione di opere murarie, che hanno spesso messo a repentaglio un habitat naturale molto peculiare.

La fauna che popola il delta del Tevere è prettamente costituita da uccelli. Gabbiani comuni e reali, garzette, ghiandaie e aironi cenerini abitano i numerosi canneti. I rapaci diurni sono presenti con gheppi, poiane, sparvieri e nibbi bruni, mentre predatori notturni come allocchi e barbagianni trovano rifugio nei vecchi casali abbandonati.

Molti sono i piccoli mammiferi, come ricci, istrici, donnole e scoiattoli, oltre a vari rettili ed anfibi. Per quanto riguarda la flora locale, nella zona costiera troviamo la tipica macchia mediterranea, con sempreverdi come il leccio, l’alloro e il pungitopo.

Nelle fasce interdunali continuano a formarsi delle “piscine”, dov’è possibile trovare farnie, olmi, pioppi bianchi e frassini, antichi relitti dei vasti boschi impaludati che popolavano la zona prima della bonifica.
Dopo molti anni quest’ultimo tratto di fiume è nuovamente aperto alla navigazione turistica, che dovrà però rispettare sponde, fondali, flora e fauna locale.

In epoca romana, in prossimità della foce lagunare, in seguito all’evaporazione dell’acqua salmastra si venivano a formare numerose saline. Queste erano sfruttate al massimo, visto che nel periodo si faceva largo utilizzo di sale per la conservazione dei cibi.

In epoca medioevale il territorio è stato interessato da una fase erosiva che, soprattutto a causa delle continue piene del fiume, ha determinato un cambiamento della linea di costa sempre più accentuatosi nei secoli.

Solo nell’ottocento il delta del Tevere ha assunto le caratteristiche attuali, creando lungo la costa una fascia sabbiosa e all’interno una zona paludosa, più bassa rispetto al livello del mare, invasa da stagni piccoli e grandi, come quello di Ostia e quello di Maccarese.

Nell’area imperversava la malaria, tanto che, agli inizi del novecento, si dovette procedere ad un’opera di bonifica per prosciugare le paludi mediante la creazione di sistemi d’idrovore e numerosi canali. L’aspetto della zona cambiò così nuovamente.

Negli anni ’50 si ripresentò impellente il problema dell’erosione, dovuto soprattutto alla costruzione di sbarramenti e al prelievo di sabbia nel bacino del Tevere, nonchè alla progressiva scomparsa del tratto di macchia mediterranea dalla duna costiera.

Questo particolare tipo di vegetazione, propria del nostro territorio, è una formidabile difesa naturale contro l’erosione marina. Oggi delle dune (presenti in pochissimi tratti di costa italiana) rimangono tracce solo nella zona di Castel Porziano e Capocotta.
Vari interventi sono stati effettuati per contrastare il fenomeno erosivo, come la costruzione di scogliere artificiali davanti ai nostri litorali.

Bonifica delle zone paludose

Una buona parte delle aree agricole e di quelle urbanizzate del nostro territorio si trova al di sotto del livello del mare e fino ad un centinaio di anni fa era occupata da stagni ed acquitrini. Sui due lati del fiume Tevere erano situati due vasti laghi costieri. Da una parte vi era lo “stagno di Ostia”, che si estendeva dal quartiere Saline fino ad occupare buona parte dell’Infernetto ed aveva il Canale dei Pescatori come emissario, dall’altra invece lo “stagno di Maccarese”, dov’è attualmente collocata la tenuta agricola. In tali zone paludose da secoli imperversava la malaria, particolarmente virulenta, che limitava la popolazione locale a sporadici allevatori di vacche e bufale e carbonai.

Verso la fine del 1800 venne varata dal Governo Italiano una legge di bonifica del territorio, per debellare la malattia dalle zone litoranee della capitale. Un tentativo era già stato effettuato qualche anno prima dallo Stato Pontificio, ma senza alcun esito positivo. A risolvere il problema il 25 novembre del 1884 giunsero dalla Romagna alcune centinaia di braccianti ravennati, specializzati nel settore idraulico. Il loro lavoro fu immane; sperduti nella desolazione dell’agro molti morirono di stenti o contagiati dal morbo. Ma sebbene armati di sole pale riuscirono miracolosamente a prosciugare le paludi, realizzando canali per 94 Km e numerosi impianti di sollevamento delle acque detti “idrovore”, per la prima volta attivate il 16 dicembre 1889. Come veri pionieri i romagnoli riuscirono a popolare un territorio quasi disabitato, portando usi, costumi e tradizioni della loro terra. Ed il primo luglio del 1893 ci fu il primo raccolto frutto dei terreni bonificati.