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Riserva di Decima-Malafede

La Riserva Naturale di Decima Malafede è la più grande area protetta del sistema dei parchi gestito da RomaNatura. Le maggiori aree boschive dell’Agro Romano sono comprese in questa zona e costituiscono una delle maggiori foreste planiziali del bacino del Mediterraneo.

Uno studio del WWF vi ha censito oltre 800 specie vegetali. Quest’area, compresa tra il GRA, la via Pontina,la via Laurentinae il Comune di Pomezia, può anche vantare insediamenti umani che risalgono alla prima preistoria a circa 250.000 anni fa. La zona può dunque essere presa a modello dell’evoluzione complessiva dell’Agro Romano. In epoca imperiale fu costellata di ville poi trasformatesi, in periodo altomedievale, in grandi casali, in edifici fortificati e torri in grado di assicurare il controllo del territorio e delle strade. Il primo vincolo paesistico risale al 1985 ma è soltanto nel 1996 che si arriva alla perimetrazione dell’area e alla successiva istituzione (1997) della riserva naturale.

Castel di Decima

Castel di Decima è il nome della ventiseiesima zona del comune di Roma nell’Agro Romano, indicata con Z.XXVI.
La zona è compresa nel Parco di Decima-Malafede.
Si trova nell’area sud della città, esternamente al Grande Raccordo Anulare e confinante con il comune di Pomezia.

Storia

Il nome Decima deriva da “decimo”, cioè 10 miglia da Roma. Nella località ci fu già dai tempi dell’antica Roma un centro abitato.
La zona presenta tracce di frequentazione a partire dal Paleolitico e gli scavi hanno riportato alla luce un importante centro abitato dell’età del bronzo, probabilmente identificabile con la città di Politorium, distrutto nel VII secolo a.C..
In epoca romana il territorio era oggetto di sfruttamento agricolo, con la presenza di diverse ville. Fu abbandonato dopo il IV secolo d.C.

Nel Medioevo vi sorsero le torri di Decima e di San Ferdinando, in seguito centro di casali agricoli.

Nel Medio Evo l’enorme tenuta era già di proprietà del Monastero di S. Paolo per arrivare, alla fine del XVII sec., alla famiglia Torregiani (proprietaria anche del casale La Perna).
Nel 1760 il Cardinale Torregiani costruì un palazzo e la chiesa di S. Antonio Abate.
Tutta la tenuta passò poi ai Vaselli, a cui è appartenuta fino all’esproprio fatto dallo Stato.
Il castello è ancora visibile e sorge su di una altura alla sinistra della via Pontina all’altezza del Km. IX. Agli inizi degli anni sessanta venne costruito un primo nucleo abitativo tra la via Ostiense e la via C. Colombo dall’INCIS.

Castel Romano

Castel Romano è la zona urbanistica 12m del Municipio Roma IX di Roma Capitale. Si estende sulla zona Z. XXIX Castel Porziano.

Storia

Castel Romano è un antico feudo appartenuto alla famiglia Romani di Trastevere da cui ha preso il nome.

Fu proprietà tra gli altri anche dei Colonna; successivamente fu acquistato dal famoso Cardinale Alberoni che nel 1731 avviò la costruzione di un grandioso palazzo, di una chiesa e la bonifica del territorio intorno.
Nel 1896 Propaganda Fide restaurò i danni del terremoto che aveva colpito nello stesso anno Roma e prese in gestione il castello di cui ancora oggi ne è la proprietaria.

Durante la seconda guerra mondiale i locali del castello vennero utilizzati come infermeria dai tedeschi.
Nel 1952 fu varata la legge che istituiva la Zona industriale Pontina; nel 1960 cominciò l’installazione dei vari complessi industriali tuttora presenti: il Centro Sperimentale Metallurgico di fama europea, la URMET Sud, Dino Città, poi rilevata dalla Cosmos Cinematografica, il Consorzio Alimentare “La Capitale”, la Firestone ed altri.

Il territorio attualmente impiega circa 2.000 unità con la previsione di raggiungere quota 9.000 entro il 2010. Ciò a fronte di una importante crescita che ha attratto risorse per la realizzazione di opere pubbliche ed infrastrutturali pari a più di 10 milioni di euro.
Il volume di investimenti, solo all’interno del Tecnopolo di Castel Romano, supera i 40 milioni di euro l’anno e l’azione di trasferimento tecnologico ha coinvolto complessivamente più di 200 imprese. Una capacità edificatoria residua di oltre 200.000 metri cubi, a fronte degli 80.000 esistenti, lasciano intendere le prospettive di sviluppo.

Tor de’ Cenci

Tor de’ Cenci è il nome della ventottesima zona del comune di Roma nell’Agro Romano, indicata con Z.XXVIII.
Si trova nell’area sud della città, a ridosso ed esternamente al Grande Raccordo Anulare.

Territorio

Nel quartiere si possono ammirare: Tenuta del Palazzo (intorno a Castel di Decima), Tenuta del Risaro (da Vitinia a Castel Porziano), Tenuta dello Spinaceto (oggi Villaggio Azzurro – Tre Pini), Tenuta Brunorio (oggi erroneamente chiamata Spinaceto), Tenuta dell’Oliveto (tra Brunori e Mostacciano), Tenuta del Sughereto (oggi Centro Aeronautico Vallerano e Valleranello), Tenuta della Perna con la Torre (allora era molto importante perché popolata), Tenuta dei Monti della Caccia.

Storia

La zona chiamata “Tor de’ Cenci” è più vasta di quanto comprende oggi il quartiere. Dai documenti a noi conosciuti non è chiaro da quanti anni è stato attribuito questo nome. D’altronde non è trascorso molto tempo, se si pensa che possa aver preso origine dalla nobile famiglia dei Cenci, anche se non è da considerarsi un fatto storicamente sicuro.

La terra dei dintorni era abitata già nell’antichità, come testimoniano gli scavi realizzati negli anni nei quali fu costruita la strada consolare “Pontina”. Si precisa che i primi abitanti costruivano le abitazioni solo sopra le colline, perché accanto alle strade in pianura c’era la palude, causa di tanta malaria. Nei primi anni dell’Impero Romano, a Tor de’ Cenci non esisteva una strada. Una via di comunicazione passava da Anzio per Pratica di Mare e per Castel di Decima, chiamato “Castro Decimo”, direttamente ad Ostia Antica, quasi interamente lungo la costa del Mediterraneo. Il mare nei secoli seguenti si è ritirato di qualche chilometro, come anche le paludi.

Successivamente tra la via Laurentina e la via Ostiense, partendo dall’altezza di Tor di Valle, fu costruita una strada per la grande Campagna Romana che si congiungeva alla vecchia strada di Pratica di Mare-Ostia, proprio al Castro Decimo, che passava anche per Tor de’ Cenci.

Il nome antico di questa tenuta sembra essere stato Fossola e soltanto nel XIV sec. appare la denominazione Tor dè Cenci, che sembrerebbe appartenere alla omonima famiglia.

Comunque già dalla fine del XIV sec. fino ai primi anni del nostro secolo, appartenne al Collegio Germanico.

Nel 1739 in zona Tor de’ Cenci, vi abitavano soltanto nove famiglie, tutte di pecorai: sei di Leonessa, una di Sonnino, una di Cascia, una di Castelluccio di Norcia. Prima di arrivare al Castel di Decima, dopo il ponticello di Malpasso tra la tenuta della Perna e quella di Brunorio, in zona Tor de’ Cenci si trovava la Capanna “Delli Bifolchi”. Questa è la prima abitazione di Tor de’ Cenci.

Nel 1864 Tor de’ Cenci si chiamava ancora “Casetta dei Bifolchi” ma dopo quell’anno non venne più nominata. Purtroppo non si è saputo più nulla e le documentazioni sono mancanti.
Anche lo sviluppo di Tor dè Cenci iniziò nel dopoguerra, con la lottizzazione abusive fatte da immigrati marchigiani, ciociari, ed abruzzesi, che diedero vita ad una piccola borgata che ha tutto l’aspetto di un piccolo paese.

La Torre dei Cenci è ancora visibile incorporata in un casale.

Spinaceto

Spinaceto è la zona urbanistica 12g del XII Municipio del comune di Roma. Fa parte della zona Z.XXVIII Tor de’ Cenci. Anche nota come Eur Spinaceto, sua denominazione progettuale iniziale, si trova a sud del Grande Raccordo Anulare, da cui dista 1 km, ed è delimitata a nord e ad ovest da via di Mezzocammino, a est dalla via Pontina.

Storia

Come i vicini quartieri di Mostacciano e del Torrino anche Spinaceto ha tratto il nome dall’antica tenuta su cui è stato edificato.

Lo “Spinaceto” della Cappella dei SS. Pietro e Paolo, appare storicamente già dal 1536 per indicare una tenuta confinante con quella di Decima; il Piano Regolatore Generale decreta la nascita ufficiale dell’Eur-Spinaceto nel 1965, nome che nel tempo viene attribuito a diversi casali vicini tra loro e dovette quindi corrispondere ad una vasta zona agricola appartenente ad un solo proprietario. All’inizio del nostro secolo troviamo che Spinaceto e la sua Pedica, per complessivi 250 ettari appartenevano in varia misura alle famiglie dei Guerrieri, Morganti ed in seguito anche ai Frascara e i Pediconi.

La tenuta è divisa in cinque fondi uno dei quali, di appena 1,32 ettari, si chiamava Spinaceto Roma – Ostia, perchè destinata ad ospitare tale ferrovia.

Nel 1910 iniziò l’obbligo di bonifica a cui seguì lo sviluppo dell’edilizia economica e popolare. Spinaceto nasce come quartiere urbanisticamente studiato a tavolino da progettisti degli anni Sessanta. Erano gli anni dell’utopia urbanistica di una città interamente costruita o, comunque, indirizzata dall’uomo nelle sue linee guida di espansione sul territorio. Spinaceto viene studiato anche in alcuni corsi di architettura per la novita’ del suo progetto: un asse viario principale che attraversa nei due sensi il quartiere, con al centro negozi e uffici all’interno di centri commerciali, ai lati solo case

Il progetto di Spinaceto si inseriva nel più ampio P.R.G. adottato nel 1962 attraverso la definizione di un Piano di Zona, del ’94, che tra diverse aree romane definiva anche le linee sulle quali sarebbe sorto il nuovo quartiere “Spinaceto” . Il clima nel quale il quartiere si è sviluppato nei suoi primi anni è stato caratterizzato da spinte utopistiche che ancora oggi lasciano tracce positive sul tessuto realizzato, a partire dai percorsi vari al verde che attraversa le cubature costruite, ma ha lasciato anche molti nodi irrisolti, in particolare alle infra-strutture culturali: mancano (pur presenti nel piano di zona) cinema e teatri in rapporto alla popolazione insediata. Manca un auditorium e un apparato museale di quartiere (molte tracce e materiale archeologico sono andate perse nella ragione edificatoria e molte se ne vanno ancora perdendo.

Pur previsto dal piano regolatore nel periodo della costruzione del quartiere, non è mai stato realizzato il capolinea della Metro B, che si ferma invece all’EUR.

Di fatto Spinaceto fu l’unico quartiere popolare che venne realizzato nel 1965 dagli architetti Moroni, Di Cagno, Barbera, Battinelli, Di Virgilio, Francione. Nato all’inizio degli anni ’70 come “quartiere dormitorio”, è poi rinato come zona commerciale (…e scolastica, viste le scuole elementari, medie e superiori qui presenti). Dista 1 km dal Grande Raccordo Anulare e meno di 5 dall’Eur. Lavori vi si stanno svolgendo oggi per il progetto “Cento piazze” del comune di Roma, altri vi si svolgeranno in futuro per la metropolitana (sdoppiamento della linea B da Magliana per Tor de’Cenci: linea B2).  La toponomastica di zona rende omaggio ai soldati caduti durante le varie guerre ed eccidi del XX secolo.

Territorio

L’area apparteneva al Comune di Roma e si estendeva per 180 ettari, coincidenti parte con la vecchia tenuta di Spinaceto (sull’altra parte della quale sorge oggi il Villaggio Azzurro) e parte con una porzione della grande tenuta di Decima.

Nel quartiere ci sono due parchi naturali.

A Spinaceto sulla sinistra del V.le dei Caduti per la Resistenza, presso un complesso (detto Palazzo Enasarco) tra i centri commerciali del Garda I e II, si trova una antica torretta di avvistamento, nota come Torre Brunori, da Brunori di Gambara, amico dei Farnese, in una carta del 1547 la torre è indicata come il Morone e risale certamente al XIV sec.
Inoltre, il quartiere presenta i resti di una villa rustica romana avente un’area di oltre 1200 metri quadri e datata tra il I secolo a.C. e il IV secolo d.C., nell’area posta tra via Alberto Cozzi e il cavalcavia di Spinaceto.

Dalla parte opposta della via Pontina si trova la Riserva Naturale di Decima-Malafede, una delle più importanti riserve naturali romane, per gli altissimi valori archeologici, naturalistici e paleontologici. Ricchissima di fauna, grande oltre 6000 ettari, è una delle oasidel WWF. Al suo interno troviamo la Torre di Perna, costruzione medievale originariamente destinata alla salvaguardia della omonima Valle di Perna, oggi Casa Del Parco.

 

 

 

 

 

 

Monte Migliore

Monte Migliore è una frazione (zona “O” 52) del comune di Roma, situata in zona Z.XXVI Castel di Decima, nel territorio del Municipio XII.
Sorge al diciottesimo km di via Laurentina.

E’ ignota l’origine del nome, è un’area molto vasta, collinare che raccoglie varie zone abitative ed agricole: Selvotta, Solfatara, Santa Serena, Villaggetto e la stessa Monte Migliore.

E’ stata proprietà di vari nobili e istituti religiosi fino a confluire ai Conti Vaselli che sono ancora proprietari della riserva.
A partire dagli anni 50 iniziarono anche qui come a Trigoria, le lottizzazioni abusive che dettero vita alle varie borgate.

Trigoria

Trigoria è una frazione di Roma, situata in zona Z.XXVI Castel di Decima, nel territorio del Municipio Roma XII.
Si trova nell’area sud del comune, esternamente al Raccordo Anulare, al dodicesimo chilometro della via Laurentina.

A dare l’attuale morfologia al paesaggio ha contribuito un periodo caratterizzato da intense piogge che, con la loro azione erosiva, hanno arrotondato le fratture, suddividendo così il terreno in valli e pianure e rendendo il territorio ricco di acqua. Il nome Trigoria deriva appunto dal latino “tres gores”cioè tre fiumi o forse, da un antico luogo sacro della zona dal nome greco “tricore”, (edifici a tre corpi).

Storia

La ricchezza di corsi d’acqua e macchie boschive offrì all’uomo primitivo un ambiente favorevole alla sopravvivenza. Numerose grotte presenti in zona si assicurano la presenza dell’uomo già 10.000 anni fa. Nell’età del bronzo abbiamo una presenza umana seminomade, mentre nell’età del ferro si può cominciare a parlare di comunità stabili.

I primi abitanti furono i Rutuli che vivevano in villaggi composti da capanne a pianta circolare, con una struttura di pali di legno, tetto di paglia e pareti di rami. Trigoria è stata soprattutto una terra di passaggio, forse a causa della vicinanza della costa, che con le sue lagune e foci era molto adatta all’approdo di barche. Il leggendario Enea, infatti, sbarcò a Lavinium, l’attuale Pratica di Mare. Durante l’impero romano, la zona acquista importanza perché verso il 300 avanti Cristo venne costruito l’attuale tracciato della via di Trigoria come via suburbana che collegava alla litoranea via Severiana. Nel territorio c’erano numerosi luoghi di culto e ville patrizie: oggi, infatti, si trovano i resti di queste e di templi, cisterne e pietre miliari.

Con la decadenza dell’impero romano e le invasioni barbariche la zona si spopola. Ai tempi dell’imperatore Costantino numerose terre vengono donate alla Chiesa che per ripopolare le campagne verso la i metà dell’VIII secolo istituì le “domus cultae” villaggi agricoli autosufficienti. Nel basso medioevo, il territorio fu dato in affitto dalla Chiesa a diverse famiglie che provvidero alla costituzione delle grandi tenute agricole i cui nomi sono ancora in uso oggi: Porcigliano (cioè Castel Porziano), Castel Romano, la Perna, Vallerano, Selice (cioè Selcetta).

Nel ‘700 vi fu un avvio di riforme orientate ad abolire regimi vincolistici e ad imporre ai proprietari l’obbligo di coltivare le terre. Nel 1729 il Cardinale Giulio Alberoni acquistò la tenuta di Castel Romano, costruì il castello, fece numerose opere di bonifica dalla malaria, costruì vari casali e avviò una solida azienda agricola dando lavoro a molte persone. ).
Fu di proprietà del Laterano fino alla confisca dello Stato Italiano.

Fu poi venduta alla famiglia Rotti, proprietaria fino ai primi del 900 ed in seguito passata ai Vaselli.

Nel 1905, per bloccare questo latifondismo, ci fu un regolamento che prevedeva l’esproprio in caso di mancato uso.

Ci agganciamo alla Trigoria di oggi. Infatti, la zona, appartenente alla principessa Pallavicini, passò ai Vaselli e quindi ai De Amicis che la destinarono ad uso agricolo costruendo numerosi casali. Intorno agli anni ’50. con la redistribuzione delle grandi tenute, grazie alla riforma agraria, ci fu un massiccio insediamento di contadini che abusivamente cominciarono ad edificare. La vita quotidiana si svolgeva in modo molto semplice per le poche famiglie di contadini presenti in zona. Via di Trigoria era solo una carrareccia. La Chiesa Parrocchiale era Castel Romano. Le attività lavorative erano l’agricoltura e la pastorizia. Le case coloniche erano raccolte in gruppi o isolate e mancavano di acqua, servizi igienici e spesso anche di elettricità.

C’era un solo medico a Castel di Decima e alla Mandriola. La scuola elementare pluriclasse si trovava a Trigoria Alta e il maestro vi arrivava in bicicletta anche d’inverno. Non esistevano negozi; per il pane veniva uno dei fratelli Sbarbati da Monte Migliore, anche lui in bicicletta, per vendere e prendere le ordinazioni per il giorno seguente.
La prima corsa di autobus fu istituita nel 1964. La vera storia della borgata inizia negli anni ’60 con l’arrivo di famiglie che comprano la terra e vi si costruivano la casa. Arrivò la corrente elettrica, la strada fu asfaltata ci furono i primi negozi, la pompa di benzina, l’ufficio delle Poste.

La maggior parte dell’immigrazione avvenne negli anni ’70 e coincide con il massimo sviluppo dell’edilizia, le famiglie, con coraggio, affrontavano e risolvevano il problema casa. Solo alla fine degli anni ’80 si osserva un arresto dello sviluppo dovuto alle varie leggi .

Ci sono comunque i progetti del Comune, le varie Aree 164, che porterebbero la nostra borgata a 12.000 abitanti. i progetti sono ancora tanti: la scuola media, un  poliambulatorio, aree sportive.

L’ultimo servizio realizzato in borgata è la nuova Chiesa Parrocchiale.

Fin dal 1980, con una raccolta di firme, la gente del quartiere si è messa insieme a lavorare per realizzare questa importante necessità.

È nota per ospitare il centro sportivo Fulvio Bernardini, luogo di allenamento della squadra di calcio dell’AS Roma.
Inoltre, ospita la sede definitiva dell’Università Campus Bio-Medico di Roma che attualmente comprende due facoltà (Medicina ed Ingegneria).
Nella zona si sono già realizzate tre nuove aree abitative previste dal piano regolatore, L. 167 nuclei di edilizia economica e popolare.

Altri servizi da realizzare, una scuola media, un asilo, un poliambulatorio, il Centro Anziani, la piazza e nuove strade di collegamento.

E’stata di recente realizzata la costruzione di un cimitero che servirà i Municipi X, XI, XII, XIII e XV (esclusa zona di Ponte Galeria) .

La zona è in forte espansione urbanistica.

Vallerano

Vallerano è il nome della venticinquesima zona del comune di Roma nell’Agro Romano, indicata con Z.XXV.
Si trova nell’area sud della città, a ridosso ed esternamente al Grande Raccordo Anulare.

Confinante con Trigoria era la tenuta di Vallerano che prende il nome da un fiumiciattolo che attraversa il suo territorio proveniente da Albano, (denominato Fosso di Vallerano).

Storia

Anticamente questo vasto latifondo apparteneva alla famiglia romana del Valerii da cui il nome “valerianum”.
La tenuta originariamente comprendeva i terreni di Vallerano, Tor Pagnotta, Santa Maria, Torricelle di Vallerano a Torricella, poi suddivisa in altrettanti proprietari.

Sempre confinante con Trigoria era la tenuta di Perna. Il nome Perna, era un nome femminile abitualmente usato nel medioevo; solo nel XVI sec. si ha notizia di questo casale.

Proprietari fra gli altri furono i Colonna e i Torreggiani.

Tenuta di Vallerano

La recente urbanizzazione del sito è stata preceduta da un’approfondita ricerca archeologica, che ha evidenziato la presenza di una organizzazione del territorio a partire dal periodo arcaico fino ad epoca imperiale. Tracce di una occupazione del territorio in età preistorica, riferibili ad uno stanziamento abitativo di epoca Neolitica (fine del IV millennio a.C.), sono state scavate su un pianoro a circa 300 metri a sud est del Casale di Valleranello.

Le indagini sistematiche hanno messo in luce i resti, su almeno dieci aree distanti in media 150 metri una dall’altra, di un articolato sistema di canalizzazioni per uso agricolo, databili probabilmente al periodo medio repubblicano (dal IV-III secolo a.C. fino al II-I secolo a.C.). Tali strutture, individuate sotto lo strato superficiale di humus, interessano l’area di un pianoro solcato in antico da un canale naturale confluente a nord verso il fosso di Vallerano.

Oltre a questo complesso sistema di drenaggi agricoli, il comprensorio è caratterizzato da un esteso e articolato reticolo viario, forse risalente già al periodo arcaico.

Due di questi percorsi (strada 1 e 2), individuati ciascuno per una lunghezza complessiva di 500 metri, sono collegati e dividono il pianoro in tre settori; è ipotizzabile che la strada 2, dopo la biforcazione in un secondo tracciato (strada 1), proseguiva verso nord ovest in direzione della tenuta di Casal Brunori.

All’incrocio di questi due assi stradali sono state rinvenute, scavate sulla parete di un fossato di erosione delle acque, quattro tombe a camera che hanno restituito corredi databili al IV-III secolo a.C.; una quinta tomba a camera, coeva alle precedenti, è stata trovata lungo la strada 2 a circa 350 metri a sud est di questo incrocio.

Alcune recenti indagini, tuttora in corso, lungo quest’ultimo tracciato stradale, hanno permesso di mettere in luce i resti di un’altra biforcazione con un nuovo percorso viario proveniente da est; all’incrocio dei due assi stradali è puntuale, anche in questo nuovo settore di scavo, la presenza di una tomba a camera. A nord ovest di quest’area sono stati rinvenuti, infine, alcuni pozzi, fosse e resti di una cisterna scavata nel banco di tufo.

E’ probabile che la strada 1, una volta attraversato il fosso di compluvio naturale del pianoro, avesse una diramazione a nord ovest verso un tracciato stradale d’accesso, individuato sul lato ovest di un insediamento databile tra la tarda età repubblicana e quella imperiale (fine II secolo a.C. – inizio I secolo d.C.).

Lo scavo di questo complesso ha messo in luce una vasta area rettangolare in cui sono state individuate vasche di lavorazione rivestite in cocciopesto, canalette di scolo, fosse, cisterne, pozzi e cunicoli sotterranei collegati fra loro; quest’area, infine, era racchiusa su tre lati da un canale a cielo aperto scavato nel banco di tufo, collegato ad una pozzo con cunicolo di scarico. Sul quarto lato sud è stata messa in luce una struttura di forma rettangolare allungata, forse identificabile come sterquilinium (letamaio), che presenta una rampa di entrata a scivolo lastricata con blocchi di basalto; accanto a queste strutture, oltre a tracce di alcune sepolture, si ha un ambiente semipogeo con resti di dolia.

A circa 500 metriad ovest di questo insediamento, è stata parzialmente indagata l’area di una villa di epoca imperiale con impianto di forma rettangolare allungata; del complesso si conservano le strutture di una cisterna su due piani, resti di un probabile dolietum e poco distante, all’interno di una piccola cava di tufo ad uso locale, un’area sepolcrale con tombe a cappuccina.

Un terzo tracciato (strada 3), grosso modo parallelo a Via di Vallerano, è stato rinvenuto, con andamento non rettilineo, ma leggermente sinuoso, nella parte sud del pianoro; molto probabilmente le prosecuzioni di questa strada, a sud est e a nord est, si raccordano con analoghi tracciati individuati rispettivamente nelle tenute della Perna e di Tor Pagnotta.

Questa strada di lunga percorrenza, probabilmente collegata con la strada 2, rimase in uso fino ad epoca imperiale avanzata come dimostrano i resti di una rampa di accesso ad una villa databile alla tarda età repubblicana (II-I secolo a.C.).

Lo scavo lungo il pendio ovest dell’altura, su cui sorge l’insediamento, ha messo in luce alcune strutture a blocchi di tufo e un vasto sepolcreto con oltre cento tombe databili nell’arco del II-III secolo d.C.; probabilmente al servizio di quest’area doveva essere destinata una fornace rinvenuta lungo la scarpata nord ovest della strada 3.

Accanto alle semplici sepolture a fossa, con la copertura di tegole alla cappuccina o all’interno di anfore, ne sono state trovate alcune di un tipo più elaborato e di maggiori dimensioni, che presupponevano una sistemazione esterna con monumento a vista, forse un piccolo basamento sostenente un’ara con iscrizione, di cui purtroppo non è rimasto alcun elemento. Fra queste la Tomba n.° 2 comprendeva una sepoltura femminile di una giovane donna all’interno di un sarcofago in marmo con ricco corredo databile all’epoca degli imperatori Antonini.

A circa 250 metri nord ovest di quest’area, lungo un tracciato stradale con pavimentazione realizzata a scaglie di basalto, è stata messa in luce una piccola necropoli posta lungo questo percorso viario proveniente dalla biforcazione con le strade 1 e 2.

Sul limite settentrionale del comprensorio, infine, lungo Via di Valleranello, sorgono i resti di una torretta medioevale di vedetta.

La struttura, di forma quadrata, è costruita in blocchetti di tufo misti a scaglie di selce e mattoni; la torre, più volte restaurata e notevolmente trasformata all’interno, conserva un finestra rettangolare ed una feritoia su ogni lato. La sua particolare posizione intermedia assicurava le segnalazioni tra l’antica e la moderna Via Laurentina.