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Torre Gaia

Torre Gaia è il nome della diciassettesima zona del comune di Roma nell’Agro Romano, indicata con Z.XVII.

Confini

Si trova nell’area est del comune, a ridosso ed esternamente al Grande Raccordo Anulare.

Storia

La zona di Torre Gaia, posta al 14° km., sulla destra, della Via Casilina, tra l’antico castello dei Cenci e la Borghesiana, probabilmente appartenne anticamente alla famiglia dei Festi, come si evince dal rinvenimento di una epigrafe, relativa ad un sarcofago, dove compare il nome di una Fulvia Festa e dal toponimo di epoca tarda  “Massam Festii in territorio praenestino” . Fu poi abbandonata a seguito dell’impaludamento e del sorgere della malaria, fenomeni comuni a gran parte della Campagna Romana  conseguenti allo spopolamento e all’abbandono della campagna nei secoli post-antichi.

L’area non rientrò nelle opere di bonifica  previste dalle leggi del 1878, del 1883 e del 1905 che includevano i territori compresi in un raggio di 10 km dal centro di Roma. Solo nel 1909 ebbero inizio i lavori di risanamento nella tenuta di Torrenova, della quale facevano parte Torre Gaia e le tenute di Pantano e Corvo che appartenevano al principe Borghese, ma ancora nel 1929 il territorio risultava impraticabile.

In quello stesso anno i terreni furono in parte acquistati dalla società S.A.I.A. che si propose di farvi sorgere una moderna borgata con il nome di Torre Gaia, finalizzata allo sfruttamento agricolo; contemporaneamente sorsero i primi fabbricati.

Oggi il comprensorio di Torre Gaia costituisce una bella zona residenziale, ancora interessata dall’espansione edilizia.La moderna Via di Torre Gaia  ricalca il percorso dell’antica via Labicana tra l’VIII e il IX miglio.

Seguendo via di Grotte Celoni si raggiungono i resti di due cisterne di epoca romana.

In questa località sorgeva una torretta, ora non più visibile e nota da un documento del 1400, chiamata Il Torraccio. I ruderi di questo torre, risalente al XII secolo e visibile da Tor Bella Monaca, sono stati incorporati nell’attuale casale di Grotte Celoni.

Nella zona si rinvenne un gruppo di cinque sarcofagi, databili tutti tra il II e il III sec. d. C.: un sarcofago con la rappresentazione dei Misteri di Eleusi, uno con la raffigurazione del mito di Endimione e Selene, un altro dalla particolare forma ellissoidale, con il mito di Dioniso e Arianna, alcuni frammenti con una rappresentazione relativa alle origini di Roma ed infine un coperchio con la figura di un giovinetto giacente, probabilmente il ritratto del defunto. Inoltre, nella stessa zona, si hanno notizie di rinvenimenti di sepolcri e epigrafi.

Svoltando a destra su Via delle Due torri, che attraversa il moderno comprensorio di Fontana Candida, si giunge al cosiddetto Torraccio, il rudere di una cisterna di epoca romana relativa ad una villa che qui esisteva. Il rinvenimento di un bollo laterizio del 134 d.C. e di ceramica tardo medioevale permette di inquadrare cronologicamente il sito.

Torrenova

Torrenova è il nome della sedicesima zona del comune di Roma nell’Agro Romano, indicata con Z.XVI.

Confini

Si trova nell’area est del comune, a ridosso ed esternamente al Grande Raccordo Anulare.

Tenuta di Torrenova

Proprietà successivamente dei Colonna dei Rodi di Gennazzano e dei Della Valle, la tenuta di Torrenova fu acquistata nel 1562 da Cristoforo Cenci il cui figlio Francesco vi incorporò tre altri fondi vicini: le pediche di San Matteo, delle Forme e del Torraccio.
La prima era già posseduta dalla Chiesa di S. Matteo in Merulana, la seconda doveva il suo nome alle “forme” (arcacci) dell’acquedotto alessandrino e fu venduta a Francesco Cenci dai creditori dei fratelli Bellomo che se l’erano divisa; la terza aveva preso il nome del rudere romano e medievale situato in via Rocco Pozzi e impropriamente detto “il Torraccio”.
Diventate parte della tenuta di Torrenova , le pediche seguirono la stessa sorte. la tenuta di Torrenova fu messa all’asta nel 1599 dopo l’assassinio di Francesco Cenci e l’esecuzione di Beatrice Cenci e dei suoi fratelli e fu acquistata da Giovanni Francesco Aldobrandini, la cui nipote Olimpia la lasciò per eredità nel 1681 al suo primo marito, Giambattista Borghese.
Da allora la tenuta di Torrenova rimase in mano ai Borghese fino alla fine della prima guerra mondiale. Fu divisa, infatti la pedica delle Forme fu acquistata nel 1923 con il resto dell’unità di Tor Bella Monaca da Romolo Vaselli che vendette nel 1954 e 1955 il terreno, immediatamente lottizzato, dell’attuale Arcacci.
L’unità Torraccio, fu comprata nel 1922 da Giuseppe Conforti che nel 1936 la divise tra i suoi figli. Uno di loro, Manlio, ricevette la parte ad ovest della piazza del Torraccio e cominciò a vendere già dal tempo dell’ultima guerra.
La vera lottizzazione, però, non ebbe luogo prima del 1951-1952 e da essa sono nate le vie adiacenti alla via del Torraccio, nonché Via Selene, Dionisio, ecc.
Per questa nuova borgata fu scelto dal proprietario, per motivi personali, il nome di “Andrè” sostituito in seguito da quello storico di Torre Angela. Verso gli anni dal 1950-1952 un nipote di Giuseppe Conforti, Pietro, figlio di Agostino, vendette a lotti la zona di Montesanto a nord della ferrovia (Via Toraldo, d’Ambra, Prinzivalli, Rosini).

Il Castello di Torrenova

Il castello di Torrenova di origine medioevale, sorse nel sito di una villa di età romana appartenuta alla famiglia Pupinia. L’attuale denominazione suggerisce l’esistenza di una torre più antica, forse del XIII secolo, probabilmente denominata Torre Verde e da ricollegarsi al Torianum o Turrianum attestato nell’VIII secolo ed appartenente alla massa Calciana del Patrimonio Labicano. Fu anche detta Turris Iohannis Bovis, Rocca Cenci, Giostra; assunse il nome attuale probabilmente in occasione dei restauri ed ampliamenti ordinati da Clemente VIII (1592-1605) della famiglia Aldobrandini ed effettuati da G. Fontana tra il 1600 e il 1605.
Il fondo appartenne agli inizi del XV secolo alla famiglia Palosci; nel corso del ‘400 alcune parti della tenuta furono assegnate a diversi proprietari finché nel 1562 fu riunita nel possesso dei Cenci. A seguito di vicende giudiziarie che coinvolsero quella famiglia il fondo fu acquistato nel 1600 dagli Aldobrandini; nel XVI secolo appartenne ai Borghese che la tennero fino ai primi del ‘900.
Il complesso è costituito da un palazzo con merlature di tipo ghibellino, che comprende la torre, e da una chiesa di epoca cinquecentesca. Attualmente non è visitabile, poiché adibito ad abitazioni private.
L’edificio è composto da due bracci che si incontrano ad angolo retto; lo spazio così delimitato è chiuso sugli altri due lati da una recinzione che nel tratto sud-est comprende l’ingresso e la torre. Il braccio orientato nord-est, ornato da finestre con eleganti incorniciature, doveva costituire il lato nobile, come anche suggerisce la decorazione del portico a cinque arcate che ne ritma il prospetto sulla corte.
A circa 200 metri in direzione nord-ovest dal palazzo si vedono i resati di un ninfeo detto “Bagno della Bella Cenci”. Si tratta di un piccolo ambiente a pianta rettangolare, coperto con volta a botte, il cui ingresso, costituito da un arco, si apre ad est in corrispondenza di un rivo creato artificialmente. Il vano, che sorge sull’isoletta circondata dal canale, è decorato da graffiti e pitture, già estremamente deteriorate alla fine del secolo scorso.
All’interno della tenuta di Torrenova fu scoperto nel 1834 un grande mosaico, di epoca tardo imperiale, con raffigurazione di gladiatori in lotta con bestie feroci, che ancora oggi decora il pavimento di un salone del Museo Borghese, ospitato nell’omonima villa.
Tutta la zona ha restituito testimonianze di epoca romana . oltre a numerosissimi frammenti di decorazioni architettoniche, relativi soprattutto a monumenti funerari, si rinvennero un bellissimo sarcofago con la raffigurazione del mito di Atteone, conservato al Museo del Louvre, una lastra con Artemide Kourotrophos, oggi a Villa Borghese, e una statua di Helios, anch’essa al Louvre.
Infine a nord del Castello di Torrenova fu rinvenuto un mausoleo a pianta circolare, appartenente a P. Valerio Prisco, funzionario imperiale dei primi anni del II secolo.

Tor Vergata

Tor Vergata è una frazione del comune di Roma, situata in zona Z.XVI Torrenova, nel territorio del Municipio VIII.

Sorge sul lato sud della via Casilina, esternamente al Grande Raccordo Anulare.

Sede dell’Università degli studi di Roma “Tor Vergata”, nel 2000 vi si è svolta la quindicesima Giornata Mondiale della Gioventù.

Storia

L’antica tenuta ed il casale di Tor Vergata erano situati tra le vie Tuscolana e Labicana a sud del 13° km della via Casilina. Secondo lo storico Antonio Nibby il nome deriva dall’aspetto “vergato” della torre, risultante dall’impiego, a fasce alterne, di mattoni rossi e tufi cenerognoli con i quali la struttura era costruita. Dell’antica torre, risalente al XIII secolo ed eretta sul luogo di una più antica, del XII secolo, appartenuta a Magister Stephanus, della famiglia degli Stefaneschi, detta appunto Turris Magistri Stefani, non rimane alcuna traccia. Il casale sorse per volere del senatore Riccardo Annibaldi presso l’omonima torre. La torre quindi mutò il nome, tra gli anni 1301-1361, da “Turris Magisti Stephani” in “Turris Vergata”. Le prime informazioni documentate riguardo il nucleo abitativo di Tor Vergata risalgono al 1361 dove il notaio Paulus Serromani, in un rogito, perfezionava la vendita del casale da parte di Tebalduccio della nobile famiglia degli Annibaldi da Montecompatri, di un quarto dell’immobile, in favore di Andrea Oddone de Palombara.

La torre e il casale cominciarono a decadere nel XVII secolo quando, anche nel resto della campagna romana, si riaffacciò il problema dell’impaludamento.

I resti dell’antico Casalis Turris Virgate si trovano ora sotto Villa Gentile, casale settecentesco ristrutturato all’interno del comprensorio universitario.

Nei pressi di Tor Vergata si sono rinvenuti strumenti in selce e resti di fauna risalenti al Paleolitico Superiore ( 38.000-36.000 a.C.) e frammenti di ceramica databili all’età neolitica  (V-III millennio a.C.).La frequentazione in età romana è testimoniata da una villa rustica, della metà del II sec. a.C., utilizzata fino al II-III sec. d.C.

Poco oltre nella località chiamata I Caminetti si conservano i ruderi di una imponente cisterna di epoca romana e quelli del cosiddetto Torrione, un sepolcro in laterizio. La cisterna fu utilizzata in epoca medioevale come abitazione e dunque derivò l’attuale denominazione, attestata a partire dal XVIII secolo, dalla presenza di un comignolo.

Ospita l’Università degli studi di Roma “Tor Vergata”.

Giardinetti

Giardinetti è una frazione del comune di Roma, situata in zona Z.XVI Torrenova, nel territorio del Municipio VIII.

Giardinetti-Tor Vergata è il nome della zona urbanistica 8c dell’VIII Municipio del comune di Roma. Si estende sulla zona Z.XVI Torrenova.

Sorge sul lato sud della via Casilina, a ridosso del Grande Giardinetti si estende subito fuori il GRA (uscita 18), sul lato sud della via Casilina (SS6).
È racchiusa fra le zone di Torre Angela a nord, Tor Vergata, La Romanina a sud e Torre Maura a ovest.
La sua prossimità agli edifici della Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali (MM.FF.NN.) dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” rende questo quartiere luogo di domicilio di molti studenti universitari fuorisede.

Storia

I primi elementi storici sicuri dei quali disponiamo risalgono al III secolo a.C. quando la zona era inclusa nell’ager Pupinius, da cui prese il nomela tribù Pupinia. Inquesto periodo  la storia di Giardinetti è strettamente , anche se indirettamente collegata a quella delle guerre puniche; infatti sia Attilio Regolo che Fabio Massimo ebbero possedimenti nell’ager pupinius e in questa zona pose il campo  Annibale quando, proveniente da Gabi, si preparava alla sua solitaria ricognizione sotto le mura di Roma.

Inoltre Fabio Massimo poté riscattare dai Cartaginesi alcuni prigionieri romani solo vendendo le sue proprietà nell’ager pupinius, poiché il senato gli rifiutò i fondi richiesti in quanto i soldati che non si erano battuti fino alla morte non meritavano il riscatto e non ne valevano il prezzo.

Sono tre i  personaggi di tutto rispetto  che tengono a battesimo Giardinetti. I personaggi  sono  due generali romani che impersonificavano ciascuno una delle qualità fondamentali di ogni buon generale: il coraggio in Attilio Regolo e la prudenza in  Fabio Massimo, e Annibale, che alle due prime qualità univa anche un’astuzia tutta fenicia.

Al II sec. a. C. risale   il primo manufatto ancora esistente in zona: un  ponte  in opera quadrata di tufo lungo un tratto abbandonato della vecchia via Casilina antichissima via Labicana. Il ponte conserva ancora parte dell’argine che fa da spalla alla via. Da questa zona proviene un bel sarcofago, conservato a Villa Borghese, presso Porta Flaminia, la cui epigrafe, inscritta in una tabella sostenuta da due personaggi alati, ci fa conoscere il nome del proprietario: M.Aurelio Prosenas, un funzionario imperiale dell’inizio del III sec. d.C.

Il complesso di maggior rilievo storico e architettonico  della zona è il Castello di Torrenova le cui origini risalgono al III sec. d.C. Al posto del castello  sorgeva allora una villa romana vasta e lussuosa metà palazzo e fattoria, appartenente con una tenuta circostante a Fabio Cilone, console e prefetto di Roma, amico intimo di Settimio Severo e istitutore dei suoi figli che dette il nome a Grotte Celoni (Cryptae Cilonis) il cui territorio era incluso nella tenuta. Fabio Cilone era colto, ricco e ottimo generale africano; in politica non si faceva condizionare da politica e morale, se sceglieva un amico  o un collaboratore lo sceglieva efficiente.

Il nome attuale venne assunto probabilmente in occasione degli ampliamenti ordinati da Clemente VIII (1592-1605) ed effettuati fra il 1600 e il 1605. I possedimenti passarono, nel corso dei secoli, dalla famiglia Palosci, agli Aldobrandini, fino ad arrivare al XVI secolo alla famiglia  Borghese che li tenne fino ai primi del ‘900.

Il complesso architettonico è composta da un palazzo con merlature, una torre e una chiesa risalente al 1500. Purtroppo attualmente non è possibile visitare il castello perché privato. All’interno dell’area della tenuta nel 1834 è stato scoperto un importante mosaico di epoca tardo imperiale con raffigurazione di gladiatori in lotta con bestie feroci, che ancora oggi decora il pavimento di un salone  del Museo Borghese, ospitato nell’omonima villa.

Dall’epoca di Fabio Cilone in poi, fino quasi ai nostri giorni, la storia di Giardinetti è caratterizzata dall’appartenenza mai interrotta alla tenuta che faceva capo alla villa, poi torre, poi castello di Torrenova e pertanto la storia di Torrenova è anche la storia di Giardinetti.

Tor Bella Monaca

Tor Bella Monaca è una frazione del comune di Roma, situata in zona Z.XIII Torre Angela, nel territorio del Municipio VIII.

Sorge sul lato nord della via Casilina, all’esterno del Grande Raccordo Anulare, su una zona ondulata, solcata dal “fosso (marrana) di Tor Bella Monaca”.

Storia

Dopo la caduta dell’Impero romano, progressivamente la Chiesa romana subentra in possesso dei patrimoni imperiali, ma bisognerà giungere al medioevo per vedere rifiorire  le abitazioni e le coltivazioni del territorio, favorite dalle fondazioni di papa Zaccaria (711-752), che incentivò la nascita delle domuscultae o villaggi sparsi. Nel 946 c’è il primo atto di concessione di un territorio da parte della Chiesa ad una famiglia, incaricata di costruirvi un castello e di difenderlo dagli invasori.

Nel 1115 iniziarono a sorgere nell’agro romano le caratteristiche torri, segni della giurisdizione dei baroni e degli enti ecclesiastici: la zona di cui ci interessiamo apparteneva all’epoca alla famiglia Monaci, che nel XIII secolo fece erigere la torre tuttora esistente.

Il 7 maggio 1319 Maria, vedova di Pietro Monaci  vendette il territorio a Landolfo Colonna. Era costume nella campagna romana che una volta venduto un bene immobiliare esso prendesse il nome del vecchio proprietario; pertanto la zona, dal giorno in cui venne venduta alla famiglia Colonna, fu denominata “Turris Pauli Monaci”. La tendenza  nella traduzione  dal latino al volgare, di femminilizzare i nomi delle cose fece si che essa venisse corretta in “Palo Monaco”, ”Pala Monaca” fino a che assunse l’attuale nome  sul quale la fantasia popolare ha costruito una leggenda legata al personaggio di Santa Rita da Cascia.

In seguito i Colonna donarono alla Basilica di S. Maria Maggiore la torre “Pala Monaca” e 100 ettari di terreno attorno; la Chiesa conserverà questo patrimonio fino all’800. Nel seicento appaiono i nomi di “Torre Bella monica” e “Torre Belle monache” ma nei secoli seguenti s’impone quello di “Tor Bella Monaca”. Poi i possedimenti, intorno al XVI secolo, furono acquistati dal cardinale Borghese, già proprietario del latifondo di Torre Nova al quale si annettono i nuovi territori. Nel 1797 per far fronte alla crisi finanziaria dovuta all’invasione francese nello Stato Pontificio, Papa Pio VI  chiese agli enti ecclesiastici di vendere la sesta parte dei beni per venire incontro alle necessità economiche, così i canonici di S. Maria Maggiore decisero di mettere in vendita insieme alle altre tenute la tenuta di Tor Bella Monaca. La comprò Giovanni Giacomo Acquaroni  che la restituì dopo poco tempo per debiti contratti con i canonici a cui non aveva potuto far fronte.

Il 23 marzo 1869 i Borghese permutarono la loro tenuta Casa Calda con il territorio di Tor Bella Monaca, ma una crisi economica nell’ultimo decennio del secolo costrinse i Borghese a vendere le proprietà e nel 1919 furono completamente smembrate.

Nel 1923 Romolo Vaselli acquistò la tenuta di Tor Bella Monaca e fino alla seconda guerra mondiale la zona acquistò una certa stabilità anzi si ingrandì con l’acquisto di Torre Angela.

Egli fece incorporare la vecchia torre in una moderna villa sui muri della quale perpetuò la leggenda di S. Rita con una scritta ed un affresco. A lui pure è dovuta la costituzione dietro la villa di una “zona archeologica” artificiale ove sono raccolte statue e vari pezzi di antichità.

Nel 1937 la Società Ernesto Breda comprò una tenuta nell’agro adiacente a  Tor Bella Monaca e dall’anno successivo iniziò la costruzione dei primi reparti dello stabilimento Breda. La società cedette all’istituto autonomo fascista per le case popolari il terreno sul quale verrà edificato il Villaggio Breda e già nel 1941 furono stipulati i contratti di affitto con i primi inquilini.

Finita la guerra iniziarono le nuove vendite  e le lottizzazioni che dettero origine alla borgata.

Nel 1946 Romolo Vaselli vendette a Marino Giobbe e Pietro Moro 44 ettari di terreno che lottizzato negli anni successivi darà vita all’attuale borgata di Tor Bella Monaca. Il terreno venne frazionato in piccoli lotti che subito trovarono acquirenti. L’edificazione venne attuata da persone che avevano avuto rapporti con il territorio. Infatti gli abitanti della zona presenti sin dalle prime fasi dello sviluppo sono i contadini dell’azienda liquidati da Vaselli con terreni e case coloniche.

Tra i primi abitanti vi sono quelli del  vicino Villaggio Breda che  acquistarono  dei lotti per ampliamento del nucleo familiare. I primi edifici costruiti erano delle casette appena sufficienti alle esigenze della famiglia, la zona era priva non solo di servizi commerciali, sanitari, scolastici ecc, ma anche di quelli come l’acqua, l’illuminazione elettrica, le fognature, strade asfaltate.

Negli anni 50 la zona cominciò a popolarsi e i protagonisti della nuova edificazione furono gli immigrati dei castelli romani e del frusinate in quanto per essila via Casilina costituiva il collegamento ideale tra città e luogo di origine.

Molti di questi immigrati riproducevano nella nuova zona  modi di vita, tradizioni del paese di origine; altri immigrati provenivano da altre zone della città colpiti da sfratti, sgomberi, oppure privi di una sistemazione accettabile ricorsero all’autocostruzione abusiva per l’impossibilità di trovare un alloggio a basso costo.

Negli anni ’60 la zona si popolò di altri immigrati  originari delle Marche, dell’Abruzzo e delle altre regioni del centro sud. Ma il vero e proprio boom  edilizio si verificò negli anni sessanta, infatti vi è una ripresa dell’attività edilizia da parte dei vecchi abitanti con le prime sopraelevazioni ed ingrandimenti degli edifici per ampliare le abitazioni e assicurare l’alloggio alla discendenza. I costruttori non erano più autocostruttori ma si avvalsero di manodopera esterna  ed anche di ditte costruttrici. Le costruzioni vennero realizzate con una tipologia diversa: non più la casetta bassa ma le prime palazzine sorte con i criteri dell’edilizia ufficiale.

Comparvero le nuove figure sociali degli inquilini a cui vennero affittati gli appartamenti realizzati in funzione dell’ingrandimento del nucleo familiare, infatti l’ingresso in quegli anni di molti immigrati nei posti pubblici fu garanzia di stabilità economica che consentì nuovi investimenti nell’edilizia .

Negli  anni 70 si assistette ad una terza fase del fenomeno: quello dell’attività edilizia avviata da promotori esterni che  edificarono costruzioni con la tutta la caratteristica  di abitazioni di medio lusso.

Tor Bella Monaca Nuova: il piano di zona

Il quartiere di Tor Bella Monaca, nel quale era prevista la costruzione  della nuova chiesa, ha una storia antica. Alcuni scavi eseguiti nel corso della realizzazione di opere di urbanizzazione hanno messo in luce resti di ville romane del IV secolo a.C., con tracce di frequentazione fino al III secolo d.C., parti di una fattoria e trecento metri di lastricato, residuo di un probabile collegamento tra Roma e Gabii. E’ inoltre ancora visibile la torre duecentesca nella quale, secondo la leggenda, nel 1450 avrebbe pernottato con alcune compagne una bella religiosa, che sarebbe poi divenuta S. Rita da Cascia e che in quell’occasione era in viaggio verso Roma per il giubileo.

A partire dagli anni Sessanta, come già evidenziato nel precedente paragrafo quella zona dell’agro romano, rimasta per secoli più o meno inalterata e ormai alle porte della città, ha subito la spinta tumultuosa di un’espansione urbana incontrollata, che ha allargato a macchia d’olio gli insediamenti, per lo più aggravati dal vistoso fenomeno dell’abusivismo edilizio.

Al degrado ambientale le autorità comunali hanno tentato di far fronte attraverso  un piano di urbanizzazione legato alla legge che nel 1980 hastanziato mille miliardi per la costruzione di alloggi nelle aree  con elevata tensione abitativa. Di questo stanziamento, Roma ha ottenuto 175 miliardi, destinati in gran parte al finanziamento del piano di Zona di Tor Bella Monaca, che prevedeva la realizzazione  di alloggi per un insediamento previsto di circa 30.000 abitanti, edifici scolastici adeguati, servizi commerciali essenziali.

Tuttavia come spesso accade quando l’intervento pubblico giunge in ritardo ed è costretto a sovrapporsi a realtà già radicate , la fisionomia del quartiere appare caratterizzata da squilibri profondi, contrasti, problemi umani e sociali. Le nuove costruzioni che si allineano lungo i tracciati previsti con la regolarità propria dell’edilizia programmata, si contrappongono alla grigia marea delle costruzioni abusive.  

La formazione dell’insediamento e il ruolo della pianificazione urbanistica.

Per meglio comprendere le caratteristiche insediative del comprensorio di Tor Bella Monaca – Torre Angela è utile ripercorrere le tappe storiche della sua costituzione. Il primo insediamento comincia a sorgere intorno agli anni ’20-’30 aridosso della Via Casilina, asse radiale lungo il quale era da poco stata realizzata la linea ferroviaria che collegava la città con la vicina Fiuggi. Elementi di attrazione del primitivo insediamento furono il complesso industriale della Breda (molto attivo in quegli anni a causa della produzione bellica) e la stazione del Dazio posta in prossimità del Castello di Torrenova che rappresentava, dal punto di vista dei commercianti, la porta della città in quanto luogo di controllo di tutte le merci che vi accedevano.

A ridosso di quei luoghi iniziarono a stabilirsi numerose persone provenienti dalla provincia, parte dalle regioni meridionali e parte, per effetto degli sventramenti che avvenivano in quegli anni, dalla città storica. Il primo nucleo si costituì con malsani baraccamenti ai quali si sostituirono lentamente le case con orti a seguito dei frazionamenti delle grandi proprietà fondiarie. Nel 1934 un primo nucleo già consistente fu legalizzato, dall’allora governatorato nel quadro di un più generale provvedimento di riconoscimento della edilizia spontanea sorta nelle campagne e nell’Agro Romano con il nome di “Nuclei Edilizi”.

Solo con il piano regolatore del 1962 quest’area ebbe definita  una organica previsione pianificatoria. Il contiguo e vecchio nucleo edilizio di Torre Nova e quello più recente di Torre Angela divengono zone di “Ristrutturazione Urbanistica” e la parte di territorio tra essi compresa, Tor Bella Monaca, viene definita come zona di “Espansione”.

Nelle previsioni urbanistiche fu mantenuta la presenza del vicino nucleo industriale della Breda, vi fu localizzata una parte dei servizi generali per la città e fu salvaguardata dall’edificazione l’area dei casali agricoli anche al fine di tutelare il bacino idrogeologico sottostante dell’acquedotto Vergine e la zona archeologica caratterizzata dalla presenza dell’acquedotto di epoca romana. Il piano del ’62 si sarebbe attuato, secondo le prescrizioni, attraverso dei piani particolareggiati.

Tra il 1972  e il 1977 vennero redatti e adottati i Piani Particolareggiati di Torre Angela e di Torre Nova; il Piano dell’area industriale di Villaggio Breda e il Piano di Zona di Tor Bella Monaca. Attraverso l’attuazione di questi piani si sarebbe dovuto realizzare la ristrutturazione urbanistica delle varie zone e il loro collegamento. Le vicende urbanistiche degli anni ’80, la mancata sintonia tra gli organi istituzionali (Regione e Comune) preposti alla pianificazione, hanno prodotto il risultato di non far mai approvare i piani delle tre borgate, con la conseguenza di attuare l’iniziativa privata mentre tutta la parte di iniziativa pubblica rimaneva non realizzata. Questi piani hanno ora perduto efficacia giuridica essendo oramai decaduti e pertanto non più attuabili.

Diversa sorte ha invece avuto il Piano di Zona di Tor Bella Monaca che è stato interamente attuato, anche grazie alle semplificazioni procedurali previste dalla legge 167/62, e probabilmente anche a causa della pressante domanda di edilizia pubblica che negli anni ’80 costrinse l’amministrazione comunale a interventi straordinari. Lo sviluppo è stato attuato con piani di edilizia economica e popolare negli anni ottanta: in
particolare le “torri” a quindici piani, individuate con le lettere M
o R seguite da un numero.

Le aree precedentemente destinate a tutela ambientale hanno invece subito una violenta aggressione edilizia spontanea, fuori da ogni regola, vengono legalizzate dall’amministrazione comunale nel 1978 con una apposita variante urbanistica che comprendeva complessivamente 86 nuove borgate, (le zone “O” de P.R.G.)

A parere dei sociologi qualsiasi sistema urbano è distinguibile in tre sottosistemi.

Il primo è il sistema di localizzazione delle attività. Questo rappresenta lo spazio come una molteplicità di siti  per l’insediamento di soggetti ed agenti (edifici, macchine, mezzi di comunicazione ecc.);

Il secondo è un sistema di comunicazioni fisiche. Comunicazioni che danno luogo a flussi che si sovrappongono, legati alle attività umane e che richiedono infrastrutture proporzionate al numero degli interscambi;

Il terzo è un sistema di comunicazioni sociali. Cioè tutte quelle interazioni dei soggetti che operano in uno scenario urbano e che sono attribuibili alla sfera delle attività quotidiane.

Il sistema urbano di Tor Bella Monaca per quanto riguarda il primo punto risulta essere all’avanguardia per molteplicità dei siti e per le belle speranze riposte nella realizzazione di un quartiere modello. Non volendo riprendere l’annosa polemica ben descritta  da  Cervellati sulla “inutilità” dell’architettura nel mondo moderno, si sottolinea però l’incompiutezza di tale faraonico progetto che per quanto riguarda il secondo e terzo punto si è rivelata una debacle precoce.

Le comunicazioni fisiche che sono le infrastrutture di un sistema urbano, lasciano molto a desiderare. Pochissimi sono infatti i mezzi messi a disposizione per avvicinare tale quartiere al centro di Roma; per quanto riguarda invece le comunicazioni sociali l’assenza di un vero centro, di una piazza, di un punto d’incontro riconosciuto dalla popolazione rappresenta l’anello mancante di un processo che, nelle intenzioni dei progettisti, doveva ( ..e poteva..) rappresentare un grande esperimento di architettura sociourbanistica.

In teoria i vari comparti sono stati costruiti per essere autosufficienti, ma nella realtà lo sviluppo incompleto della zona (mancano cinema, teatri, fast food, discoteche ecc.) ha fatto sì che la popolazione (specie quella giovanile) avesse comunque come riferimento ludico, storico ed identificativo sempre il Centro di Roma. A onor del vero in questi ultimi anni, grazie  anche alle attività promosse dal Programma URBAN” finanziato in parte dalla Unione Europea, nel quartiere è nata una ludoteca, sono state riqualificate aree verdi e attrezzate alcune piazze (vedi ad esempio: Piazza Castano, la ristrutturazione del Teatro Municipale e dell’arena adiacente, infine la realizzazione di una sala cinema presso il Liceo Amaldi.
Un nuovo sistema di viabilità collega Tor Bella Monaca alla frazione di Tor Vergata, sede della seconda università della capitale, costituendo, di fatto, un ulteriore elemento di sviluppo dell’area.

Resti antichi e opere moderne

Durante le opere di urbanizzazione furono rinvenuti resti
di epoca romana (una villa di cui vennero scavati alcuni ambienti termali, che ebbe varie fasi di vita tra il IV secolo a.C. e il III secolo DC.; resti di un porticato aperto su un piazzale pavimentato con basoli, pertinenti ad una fattoria romana e, infine, un tratto dell’antica via Gabina, presso piazza Castano.

Recentemente vi è stata costruita la chiesa di Santa Maria Madre del Redentore, dell’architetto Pierluigi Spadolini.
Il 9 dicembre 2005 vi è stato inaugurato il “Teatro Tor Bella Monaca”, con la direzione artistica di Michele Placido.

Progetto di demolizione 2012

Nel 2012 partirà la demolizione del quartiere Tor Bella Monaca. Il progetto di abbattimento di Tor Bella Monaca, alla periferia sud-est di Roma, adiacente la ss6 Casilina, prende forma. Anche se non tutti i suoi abitanti sembrano convinti, i tempi di realizzazione del progetto, presentato il 04 novembre 2010, dell’architetto Leon Krier prevedevano due anni per risolvere l’iter burocratico. Per la fine 2012 si procederà quindi all’abbattimento delle 14 torri. Che stile avrà il nuovo quartiere?

Secondo il masterplan si elimineranno progressivamente le 14 torri, per restituire agli abitanti borghi, verde, piazze all’italiana e percorsi pedonali. Durante la presentazione si sono però sollevate le proteste, con il sindaco Gianni Alemanno contestato e Renata Polverini, presidente della Regione Lazio che – come lei stessa ha precisato – ha voluto mettere la faccia in questa operazione.

L’apertura dei cantieri delle nuove case potrebbe avviarsi per l’inizio del 2013, dando un nuovo volto alla zona delle torri in quattro anni per un’operazione che costerà 1.045.000.000,00 di euro. Quanto al reale rischio di speculazione edilizia è stato lo stesso presidente del municipio VIII le torri, Massimiliano Lorenzotti, a rassicurare i cittadini sottolineando che il progetto verrà realizzato in housing sociale.

Secondo Gianni Alemanno “Nessuno resterà senza casa perché prima di buttar giù vogliamo ricostruire”. Gli abitanti di Tor Bella Monaca potranno esprimere la loro opinione e chiarirsi i dubbi in un ufficio appositamente allestito dal comune di Roma Capitale

 

Torre Angela

Torre Angela è il nome della tredicesima zona del comune di Roma nell’Agro Romano, indicata con Z.XIII. Il toponimo indica anche la zona urbanistica 8f dell’VIII Municipio.

Confini

Si trova nell’area est del comune, a ridosso ed esternamente al Grande Raccordo Anulare.

Storia

Torre Angela è situata tra le vie consolari, Prenestina a nord e Labicana a sud (attuale Casilina). La zona era collegata a queste consolari già nel periodo tra le prime relazioni tra la giovane Roma e le città latine sue vicine.

Nei primi secoli dopo Cristo essa era attraversata da una via secondaria e ciò spiega l’abbondanza di antiche ville e tombe di cui si trovava traccia su quasi tutte le sue alture.

Nell’anno 226  fu costruito il grande acquedotto alessandrino più volte rovinato e restaurato  i cui “arcacci” costituiscono i resti storici più visibili della zona. Alla fine dell’impero romano il patrimonio labicano, nel quale era situata la zona, passa alla Chiesa romana.

Nel secolo VIII Papa Gregorio II affitta la zona  alla diaconia di S. Eustachio. Altre chiese e monasteri subentrano nei secoli successivi, ma presto il possesso effettivo della terra passa nelle mani di grandi famiglie baronali. Negli ultimi secoli del medioevo appaiono le tenute che sussisteranno fino alla prima guerra mondiale.

La Tenuta di Tor Angela, la Tenuta di Casetta Mistici, la Tenuta di Torrenova e la Tenuta di Salone  interessano il territorio della Borgata.

La Tenuta di Tor Angela

Trae probabilmente  il suo nome  da un Angelo del Bufalo che potrebbe essere stato proprietario  della torre nel secolo XIV.

Dai del Bufalo la tenuta passa in seguito agli Albertoni, ai Lante, ai Ruspoli, (che  fanno costruire l’attuale casale di Tor Angela vecchia), ai Cesi, ai Sala, al collegio romano dei padri Gesuiti, a Angelo Franceschetti, ai Ludovisi-Boncompagni e finalmente ai Lanza.

Questi vendettero nel 1923 a Davide Brunetti 28 ettari, ad ovest della strada di Torrenova, e la rimanente parte fu acquistata nel 1935 da Romolo Vaselli  che l’ha conservata immune da lottizzazione fino al 1954.

Tenuta di Casetta Mistici

Dopo essere appartenuta al monastero di S. Sebastiano questa tenuta è passata nel XVI secolo ai Borghese e da loro al Capitolo di S. Giovanni in Laterano che l’ha conservata fino alle leggi del 1873.

La tenuta fu comprata dal principe Giovanni Andrea Colonna il cui figlio Fabrizio la vendette nel 1906 a Carlo Gionini. Dopo la  prima guerra essa fu acquistata da una Società di bonifica.

Da essa comprarono nel 1926 i fratelli Sbardella e nel 1935 Federici Elia.

Quest’ultimo non ha proceduto a lottizzazioni mentre i fratelli Sbardella hanno provveduto successivamente: nel 1942 la parte ad est della via di Torrenova ai Rodighiero dai quali provengono i lotti delle attuali vie Arianna, Icaro, Dedalo, Centauri, Crono, Briareo, Iperione, Teseo, Atteone; nel 1961 la parte ovest corrispondente alle vie Sterope, Coribanti, Atlante, Prometeo, Euridice, Casetta Mistici, Tifeo, Artemide, Proserpina, Naiadi, Amadriadi, Driadi.

Fontana Candida

Fontana Candida è un quartiere del comune di Roma, situato nel territorio del Municipio VIII.

Sorge sul lato sud della via Casilina, all’esterno del Grande Raccordo Anulare.

Storia

La zona prende il nome dall’omonima via (Via di Fontana Candida) famosa per essere la sede di alcune aziende vinicole. Costruita alla fine degli anni settanta, nasce come quartiere residenziale con accesso esclusivo per i residenti. Nel corso degli anni il comprensorio decide però di far cessare questa caratteristica di esclusività per permettere al comune di munire il quartiere di trasporto pubblico.

Fontana Candida negli ultimi anni ha vissuto uno sviluppo e rivalutazione della zona grazie alla costruzione di una fermata della nuova linea C della metropolitana di Roma, dell’adiacente Policlinico di Tor Vergata, del secondo polo universitario di Roma (Università Tor Vergata) e della futura costruzione della Città dello Sport.

Lago Regillo

Lago Regillo è una frazione del comune di Roma, situata in zona Z.XIV Borghesiana, nel territorio del Municipio VIII.

Sorge sul lato est di via di Rocca Cencia, a sud della via Prenestina e della località Osa.

Storia

Il lago Regillo era un lago di origine vulcanica,oggi prosciugato, sito nell’agro tuscolano, nella piana fra Monte Porzio Catone e Finocchio (via Prataporci), a pochi chilometri da Roma.

Fu prosciugato nel XVII secolo e oggi la piana che lo ha sostituito ha preso il nome di “Prataporci”, di “Pantano Secco”.  L’etimologia della parola “Regillo” sembra collegarsi alla presenza di un adiacente tempio di Giunone Regina.
Il lago è rimasto famoso per la battaglia del Lago Regillo, che la leggenda vuole fosse avvenuta verso il 496 a.C., tra Romani e la Lega latina, che sosteneva il deposto ultimo loro re, Tarquinio il Superbo.

Finocchio

Finocchio, o anche Borgata Finocchio, è una frazione (zona “O” 27) del comune di Roma, situata in zona Z.XIV Borghesiana, nel territorio del Municipio VIII.

Si estende lungo il diciottesimo km della via Casilina, all’incrocio con via di Rocca Cencia, via di Fontana Candida e via di Prataporci. Le ultime due attraversano il territorio di vitivinicoltura del vino Frascati DOC.

Storia

I primi insediamenti territoriali risalgono all’età pre-romana, più precisamente presso l’antica Gabii, (oggi Osteria della Osa); l’area sarebbe stata sulla linea di transumanza tra questa, i Piani di Annibale e il Monte Cavo (Rocca di Papa): quest’ultimo antichissimo luogo di culto e punto di confine con la potente (nel periodo preromanico) Albalonga.

Le misteriose origini del nome possono essere fatte risalire alla stessa età romana, nel territorio sarebbe stata collocata una struttura chiamata foeniculum, nome latino dell’omonimo ortaggio.
Non è escluso che l’attuale conoscenza delle proprietà officinali (per gli uomini e per gli animali) di questa pianta erbacea mediterranea della famiglia delle Apiaceae (Ombrellifere), fosse in qualche maniera nota ai villici locali; e quindi la determinazione a costruire manufatti atti alla celebrazione degli Dei negli stessi luoghi dove questa pianta cresceva spontanea.
Non bisogna dimenticare, infatti, che ancora oggi gli agricoltori sono soliti accatastare le pietre di origine vulcanica (basalto) trovate nelle zone di coltura; addirittura queste stesse pietre delimitano i confini tra le proprietà (macère e non màcere)e servono da sostegno e drenaggio tra terreni posti a differenti quote.

La zona di Foeniculum era sede di Stazioni di Posta e Avvistamento costruite in vari periodi storici, atte al controllo della strada consolare Casilina, da Casilinum l’odierna Capua. L’importanza di questa strada statale (Strada Statale 6 Via Casilina), è sempre stata nota : nell’ultima guerra mondiale fu percorsa dalle truppe americane, dopo la battaglia di Cassino, per arrivare a Roma. Da sempre zona di vitivinicoltura, ebbe un primo popolamento con la distribuzione della terre ai reduci della Prima Guerra Mondiale e la creazione di un piccolo centro commerciale, perché lontano da centri già dotati di servizi come per esempio Grotte Celoni sede dello stabilimento Breda.

La politica di immigrazione tra le due guerre contribuì ad estendere quel piccolo centro: occorre precisare che per diventare cittadino di Roma (centro urbano maggiore di 250.000 abitanti) era proibito per legge (abolita poi nel 1960) a meno di possedere un domicilio e/o un lavoro; quindi gli immigrati (italiani), che solitamente non avevano ne una casa ne tantomeno un lavoro, permanevano ai limiti dei confini comunali.

Il nucleo centrale, composto dalla chiesa e l’attigua antica torre della Posta (ora distrutta), nacque intorno ad attività commerciali di ristorazione e distribuzione (famiglie Cherubini, Colagrossi, Liverotti, Cupellini ed altre) ed anche a seguito della lottizzazione del Prof. Serafini, nel 1955, di un lotto di vigna molto ampio prospiciente la chiesa di Santa Maria della Fiducia.

Di notevole importanza era la cosiddetta Osteria del Finocchio, tra i luoghi più importanti di sosta e ristoro che, a partire dal Rinascimento, popolarono l’Agro Romano. Questo edificio risalente al secolo XVII, l’unico di valenza storica nel quartiere, posto all’incrocio tra la via Casilina, la via Prataporci e la stessa via Osteria del Finocchio, fu sciaguratamente demolito (con la dinamite) nei primi anni ’60 per far posto a nuove costruzioni private.

Altre costruzioni erano già presenti all’epoca ma la vera esplosione demografica avvenne con la vendita della proprietà Fabrizi (1969) (azienda agricola) e la conseguente lottizzazione abusiva per svariati ettari, fino alla Prenestina.
L’area era attraversata dalla linea Roma-Fiuggi detta “Linea Laziali”, costruita durante lo sforzo bellico della I guerra mondiale e nel tempo ridotta alla attuale Roma-Pantano (in parte futura Metro C).

Della vecchia proprietà (azienda agricola) Fabrizi, ancora oggi (2009), esistono la casa padronale, del mezzadro e la stalla: l’area è ora rinominata Collina della Pace. Per svariati lustri svettò anche il palazzo di sei piani fatto costruire abusivamente (per destinarlo ad albergo) da Enrico Nicoletti, noto per essere il cassiere della storica banda della Magliana.
Il palazzo, mai terminato, e confiscato nel 2001 insieme a tutta l’area circostante di 13mila mq, tra via Capaci e via Bompietro, è stato fatto demolire dal comune di Roma il 19 maggio 2004, grazie all’opera di sensibilizzazione svolta tra il 1994 ed il 2002 dall’associazione culturale Contaminazione, composta da alcuni giovani del quartiere, i quali hanno voluto che l’area fosse destinata alla collettività per il verde pubblico e le attività sociali, in ottemperanza alla legge d’iniziativa popolare 109/96 (Disposizioni in materia di gestione e destinazione di beni sequestrati o confiscati) proposta dall’associazione Libera.
Grazie a questa iniziativa la Collina della Pace è oggi l’unica area verde di Finocchio, sfuggita alle lottizzazioni cui la destinava perfino il nuovo Piano Regolatore di Roma, adottato il 20 marzo 2003 dal Consiglio comunale, nella cui fase finale di approvazione (Controdeduzioni) sono state accolte dapprima in Giunta nel dicembre 2005 (presieduta dal sindaco Veltroni) e poi in Consiglio comunale nel marzo 2006, numerose osservazioni di privati che chiedevano cambi di destinazione d’uso da verde e servizi pubblici ad edilizia residenziale privata.

Il 17 dicembre 2007 il sindaco di Roma Veltroni, ha inaugurato il nuovo parco della “Collina della Pace”.Il parco è stato intitolato a Peppino Impastato, vittima della mafia.
La Collina della Pace è stata anche scenografia di un incontro dei cittadini con il comico Beppe Grillo che ha illustrato le difficoltà delle borgate romane.

Il Parco

Il nuovo parco di Collina della Pace si trova nel cuore del quartiere Finocchio. La zona, lungo la via Casilina all’altezza del km 18.00, è stata individuata come una “centralità locale” dove è stato realizzato l’intervento di recupero ambientale e di riqualificazione urbana che ha interessato un insieme di spazi aperti e di edifici in abbandono.

Luogo tra i più significativi del quartiere dal punto di vista delle potenzialità urbanistiche, la Collina della Pace è anche un sito carico di forti valori simbolici e identitari per il territorio in questione: teatro negli Settanta di una manifestazione per la pace (da cui la collina trae il nome), nel 2001 l’intera area è stata confiscata alla malavita organizzata (Banda della Magliana) e, in base alla Legge 109 del 1996 sulla sottrazione dei beni alla mafia, è stata restituita ai cittadini e assegnata al Comune di Roma per usi sociali. Oggi il parco è intitolato alla memoria di Peppino Impastato, uno dei “testimoni” più rappresentativi della lotta contro la mafia.

L’intervento ha ricostruito il paesaggio urbano attraverso il recupero della collina: un’area di 13.000 mq precedentemente divisa in due da una strada di scorrimento e gravemente compromessa dallo sbancamento e dalla presenza di un edificio abusivo in cemento armato (un “ecomostro” demolito nel 2004 dal Comune di Roma nel corso dei lavori di riqualificazione). Il collegamento delle aree verdi ha permesso di realizzare, attraverso una soluzione di terrazzamenti, un cuore di servizi pubblici nel quartiere: la centralità della Borgata Finocchio.

Il rimodellamento e il ricongiungimento della collina e il recupero di alcuni casali rurali in abbandono, infine daranno vita ad un vero e proprio parco urbano, ispirato alla memoria dell’agro, dove saranno introdotte nuove funzioni pubbliche rappresentative delle attività culturali e sociali, quali una biblioteca di quartiere e un centro culturale polivalente: tutti quei servizi che, attraverso il processo di partecipazione e la verifica in pubbliche assemblee, sono stati identificati dai cittadini come necessità o bisogni. La realizzazione di percorsi pedonali e ciclabili, infine, migliora la mobilità attraverso la razionalizzazione dell’attuale assetto del traffico e della mobilità pedonale interna al quartiere.

Percorsi

La moderna borgata Finocchio si è sviluppata nel sito un tempo occupato dall’Osteria di Finocchio, sorta in un importante punto d’incrocio di diverse vie di comunicazione tra la Latina, la Tuscolana e la Prenestina.

A sinistra della borgata, il toponimo di Rocca Cencia conserva il ricordo di una torre del XII secolo, sorta sul luogo di una villa romana.

Poco più a nord, lungo l’attuale via di Rocca Cencia, che conduceva dalla Via Labicana alla Prenestina, presso l’Osteria dell’Osa, si trovava il Torraccio di S. Antonio, definitivamente distrutto alla fine dell’ultima guerra. La costruzione che sorgeva nella località chiamata nell’VIII secolo fundus Grifis (Pantano Borghese), fu detta Turris Mesa o Media nel XIII secolo e acquistò l’attuale nome alla fine del XIV secolo, quando tornò in possesso dell’Ospedale di S.Antonio, che già la ebbe nel XIII.

Prendendo a sinistra della Borgata Finocchio via di Cavona si può giungere all’altezza delle Catacombe di Zotico, che si trovano in corrispondenza del X miglio della via Labicana, come sappiamo da un passo del Martyrologium Hieronymianum (calendario compilato nel V sec. d.C. per la celebrazione dei martiri, erroneamente attribuito a S. Girolamo).

Il complesso difficilmente visitabile, isolato nella campagna, è scavato nel banco tufaceo di una piccola collina. Insieme a Zotico vi furono deposti i suoi compagni Ireneo, Giacinto e Amanzio, le spoglie dei quali furono traslate a S. Prassede da Pasquale I (817-824). Le iscrizioni qui rinvenute datano il complesso al IV e V secolo, poi restaurato nel V e ancora nel IX secolo da Leone III (796-816). Da una bolla di Pasquale II (1099-1118) che nomina una ecclesia S.Zotici et Amantii sappiamo che nel XII secolo s’impiantò un oratorio.

Sul lato opposto della Casilina, svoltando a sinistra per Via Siculiana, si oltrepassa un vecchio ingresso inquadrato da due pilastri sormontati da leoni. Da qui si raggiunge, percorrendo Via Villabate, la località Grotte di Pompeo dove sono conservati i ruderi di una cisterna sotterranea che serviva un’ampia villa. Sullo stesso luogo si impiantò una costruzione databile al XII secolo, forse una torre.

Il nome della località, corrotto in epoca medioevale in Mompeo e poi Monte di Pompeo, sembra derivare da un Quinto Pompeo Falcone, che ebbe dei possedimenti in zona.

Borghesiana

Borghesiana è il nome della quattordicesima zona del comune di Roma nell’Agro Romano, indicata con Z.XIV.

Il toponimo indica anche la zona urbanistica 8g dell’VIII Municipio.

Si trova nell’area est del comune, a ridosso del confine con i comuni di Monte Compatri, Colonna, Monte Porzio Catone e Frascati.

Storia

La prima denominazione di questa borgata, fu ai tempi della Prima Repubblica, “Tor Forame”, (I sec. a.C.), nome legato al prosciugamento del lago Regillo (Foramen). Agli inizi del ‘900 fu chiamata Borghesiana in segno di gratitudine verso la famiglia Borghese, che donò le terre necessarie per la costruzione della stazione ferroviaria della linea Roma-Fiuggi (ex Ferrovie Vicinali).

Spesso, comitive scolastiche provenienti dai poveri quartieri popolari lungo la via Casilina, raggiungevano la Borghesiana per fare il “Sabato fascista”, ovvero esercizi ginnici voluti dal regime.

La storia di questa borgata risale agli anni 1950, nel periodo della bonifica, quando si crearono delle case rurali, che davano ospitalità e lavoro a decine di braccianti che scendevano dai monti Prenestini, per coltivare terreni adatti ad esserlo.

Questo piccolo centro colonico che si era formato, fu successivamente espropriato dal governo e donato al comune di Monte Porzio Catone che lo ripartì in lotti (da 5000 e 8000 m2) tra gli ex combattenti della prima guerra mondiale. Coloro che beneficiarono di questa donazione dapprima ne furono entusiasti, poi per le difficoltà dovute sia alla distanza che alla poca fertilità del terreno, lo vendettero per pochi soldi, mentre altri lo trasformarono in vigneto.

La trasformazione del terreno creò dei primi nuclei agricoli e, in determinati periodi dell’anno, la necessità di manodopera portò i braccianti dei dintorni a spostarsi per venire a lavorare nelle aziende agricole in pianura. Fu allora che alcune famiglie decisero di stabilirsi nella zona, insediandosi nella borgata di Borghesiana. Questo lavoro nella zona, portò intere famiglie di braccianti ad acquistare dei piccoli lotti di terreno dove costruire una piccola casa.

La borgata cresce in modo smisurato, senza alcun piano urbanistico di zona, rendendo successivamente difficile la realizzazione delle principali infrastrutture e servizi indispensabili, quali la rete idrica e fognature, strade asfaltate e illuminate, servizi sociali indispensabili alla vita comunitaria.

Negli anni sessanta il quadro dell’abusivismo registra un sensibile aumento e oltre a favorire gli operai nella costruzione della propria abitazione, favorisce anche una azione speculativa. Nascono tante piccole società che acquistano intere aziende agricole realizzando su di loro alcune opere d’urbanizzazione favorendo così il rialzo del costo del terreno. Ancora oggi permangono numerosi segnali di questo sviluppo rapido e ricco di contraddizioni

Del territorio della Borghesiana fa parte la zona “O” 25 Borghesiana Biancavilla e la zona “O” 27 Finocchio.