Parco degli Acquedotti

Di grande importanza culturale è il Parco degli Acquedotti, detto anche parco di via Lemonia.

È percorso da uno dei tratti più suggestivi dell’Acquedotto Claudio, dell’Acquedotto Felice e dell’Aqua Marcia.

Tra i tre, quello più imponente è senza dubbio l’Acquedotto Claudio, restaurato nel 776 dal papa Adriano I dopo la guerra gotica ed andato in seguito in rovina.

Verso la fine del Medioevo, parte della sostanza dell’acquedotto fu demolita per ricavarne materiale edilizio: è stata questa la causa delle lacune che oggi ne caratterizzano il percorso.

Nel parco si trovano, oltre agli acquedotti ed alla chiesa parrocchiale, dei reperti archeologici di diversi tipi. Tra questi, si ricorda la tomba dei cento scalini, usata per decenni a mo’ di discarica di rifiuti.

Alla scoperta del parco degli acquedotti lungo la via Latina antica
Il percorso si snoda attraverso i monumenti che sorgevano lungo il tracciato della via Latina Antica, all’ interno di un’ area di particolare interesse archeologico-naturalistico come il Parco degli Acquedotti, che fa parte integrante del Parco Regionale Suburbano dell’Appia Antica, istituito con legge regionale del 10 Novembre 1988, n.66.
La Via Latina Antica, e’ stata considerata uno dei piu’ importanti assi di collegamento con il Mezzogiorno d’Italia, in quanto congiungeva Roma con Capua (129 miglia), dove confluiva nella via Appia. Nel percorso, attraverso le valli del Sacco e del Liri, seguiva itinerari antichissimi di comunicazione tra il Lazio e la Campania, attraversando l’ intero territorio latino (Latium vetus e Latium novum), annesso a Roma dopo la sconfitta degli Equi e dei Volsci.
La Via, nata come arteria di penetrazione politico-militare, e’ stata datata tra il 328 a.C. e il 312 a.C., antecedentemente alla via Appia.
In eta’ repubblicana, la via partiva da Porta Capena, insieme all’ Appia, dalla quale si biforcava presso l’ attuale Piazza Numa Pompilio, mentre in eta’ imperiale usciva da Porta Latina, ed in direzione sud-est, attraversava la campagna romana con un percorso rettilineo fino ai Colli Albani. La strada risulta frequentata fino all’ inizio del XIV sec., quando il tratto fino ai Colli Albani venne sostituito dalla via Labicana. La via, lastricata con massi poligonali, era larga nella sede carrabile circa 4 metri; spazio sufficiente all’incrociarsi dei carri, con stazioni di posta sul percorso (mutationes), per l’alloggio dei viaggiatori ed il cambio dei cavalli, mentre a distanze maggiori, si trovavano altre stazioni di posta piu’ fornite, come veri alberghi (mansiones).
Attualmente, si conserva della via Latina antica il primo tratto, utilizzata come via normale di transito, a partire dalla porta omonima nel quartiere Appio-Latino, mentre il resto a causa dell’espansione edilizia incontrollata, si ritrova solo in parte dopo il raccordo anulare, dove corrisponde all’incirca al tracciato della via Anagnina.

L’ itinerario ha inizio a Tor Fiscale (localita’ nel Medioevo detta “Arco di Travertino”), da via del Quadraro, superato il ponte della ferrovia per Napoli (tracciata nel 1888-’89), attraverso una stradina sterrata sulla destra; qui la via Latina, incrocia la serie delle grandi arcuazioni monumentali degli Acquedotti che la accompagnano ininterrottamente fino alla Roma Vecchia, in uno scenario classico della campagna romana. La Torre, quadrata con finestre rettangolari, alta circa 30 metri, poggiante su due archi appartenenti all’ Acquedotto Claudio e al Marcio, nel punto in cui si intersecano, fu edificata con blocchetti di peperino nel XIII sec., dal senatore Brancaleone, in una posizione che permetteva il controllo diretto sulla via Latina che passava poco a nord-est.
Fu chiamata Torre di S. Giovanni o Torre Branca, mentre il nome attuale deriva dall’ essere appartenuta nel XVII sec. a Monsignor Filippo Foppi, tesoriere pontificio.
In questo punto, gli acquedotti Claudio e Marcio intersecandosi nuovamente racchiudevano uno spazio a trapezio in direzione Nord Ovest-Sud Est con un lato maggiore costituito dall’acquedotto Claudio.
La particolare configurazione di quest’ area, che prese il nome di Campo Barbarico, fu utilizzata come campo trincerato nel 559 d.C., durante il famoso assedio di Roma da parte di Vitige re dei Goti, che per controllare le vie di accesso alla citta’ tenuta da Belisario, chiuse con pietre e fango la luce degli archi. Dove attualmente l’ acquedotto Felice scavalca la via del Quadraro, si trova il punto d’ intersezione degli acquedotti a sud-est e qui cade il IV Miglio della Via Latina. Il luogo, e’ legato al leggendario incontro di Coriolano con la moglie Volumnia e la madre Veturia.
A ricordo dell’ evento, per la scampata minaccia volscia, era stato eretto nel 487 a.C. il Tempio della Fortuna Muliebre, che non e’ stato ancora identificato.
Tornando su via del Quadraro, si raggiunge a destra via Lemonia con l’ importante complesso di Villa Delle Vignacce,una tra le maggiori ville del suburbio romano.
La zona archeologica, ai margini dei fabbricati attuali, e’ stata in passato abbandonata agli scarichi edilizi delle nuove costruzioni, mentre attualmente l’ area e’ stata sistemata a giardino. La struttura sul lato nord-est, presentava un terrazzo lungo oltre 120 metri, che correva quasi parallelamente a via Lemonia, ornato al centro con una fontana absidata e concluso verso ovest da vaste cisterne d’ acqua coperte a volta (qualche muro resta visibile). La spianata al di sopra doveva essere un grande giardino, ma il nucleo principale e’ costituito piu’ a sud, da una grande aula rettangolare absidata (forse un ninfeo), affiancata da due ambienti per lato (i maggiori coperti a crociera, i minori piu’ esterni a botte).
A est, si nota un altro gruppo di ambienti, tra i quali e’ riconoscibile la parte termale, con una grande sala circolare coperta a cupola (ne resta circa un quarto) quale nucleo centrale. Nelle fratture della cupola, si notano i resti delle anfore vuote, utilizzate per alleggerire la struttura (tecnica comune in eta’ costantiniana, si ricorda: il Circo di Massenzio sull’ Appia, ed il Mausoleo di Tor Pignattara sulla via Casilina). Circa 130 m. a sud-ovest, si trova ben conservata una grande Cisterna, di forma trapezoidale allungata, parallela all’ acquedotto Felice, che in questo punto ricalca il tracciato dell’ acquedotto Marcio che la riforniva in eta’ romana. La struttura a due piani, presenta tre stanze con volta a crociera in quello inferiore, quattro camere nel piano superiore e, all’esterno, una doppia serie di nicchie semicircolari. La costruzione, sembra rinviare a tre fasi edilizie per l’ uso dell’ opera reticolata, mista e listata, databili tra il II ed il IV sec. d.C.
La villa, collegata al IV miglio della via Latina, mediante una strada parallela al tracciato dell’acquedotto Marcio, e’ stata costruita in eta’ di Adriano, tra il 125 ed il 130 d.C., come documentano i bolli laterizi. Le murature in opera reticolata di tufo, con ammorsature e ricorsi in laterizio e tufelli, mostrano restauri e rifacimenti, specialmente del IV sec. d.C.
La costruzione della villa, e’ stata attribuita a Q. Servilio Pudente, padre del console del 166 d.C., proprietario di grandi fabbriche laterizie, in base al ritrovamento, durante gli scavi del 1780, di fistule plumbee con il suo nome.
Si suppone, che la villa fosse di proprieta’ imperiale alla fine del II sec. d.C., ma e’ certo che in eta’ costantiniana era inclusa nel predio imperiale che si estendeva dalla Prenestina alla Tuscolana ed il cui centro era “Villa ad duas Lauros”, della Labicana.
La villa ospitava numerose opere d’arte, scoperte nei vari scavi (fine ‘700), tra le quali: un’ Afrodite, il Ganimede Chiaromonti, attribuito a Leochares, la Tyche di Antiochia, copia di Eutichides, il colossale ritratto di Giulia Domna (conservati ai Musei Vaticani). Alle spalle della cisterna di Villa delle Vignacce, corre l’acquedotto Felice, costruito da Papa Sisto V (Felice Peretti), da cui prese il nome tra il 1585 ed il 1587 e che, per alcuni tratti alterni, dal Casale di Roma Vecchia fino alla via Tuscolana (verso la citta’), s’ impianto’ sulle stesse fondazioni dell’ acquedotto Marcio, le cui strutture servirono da cava di materiale nel Medioevo e nel Rinascimento.
L’acquedotto papale prendeva le acque a Pantano Borghese e le conduceva in sotterranea fino a raggiungere il Marcio a Roma Vecchia, per un percorso di 28,7 Km.
Dal Quadraro a Roma Vecchia, l’acquedotto si presenta a muro continuo, con piccole aperture per le necessita’ del traffico trasversale, in calcestruzzo ricco di malta, archi radi e piloni massicci, riutilizzando frantumi di laterizi, pietrame e tufo.
La sua costruzione fu fondamentale per Roma, nel Medioevo e nel Rinascimento, in quanto era necessario sopperire alle disastrose condizioni igieniche, essendo rimasto in funzione solo l’acquedotto Vergine.
L’acquedotto Marcio, costruito dal pretore Q. Marcius Rex nel 144 a.C., captava le acque di un piccolo lago dell’alta valle dell’Aniene, tra Arsoli e Agosta, e giungeva a Roma dopo un percorso di 91,400 chilometri.
Le arcate originali erano formate da blocchi di tufo, peperino, a leggero bugnato.
Al canale della Marcia vennero sovrapposti in tarda eta’ repubblicana, il canale dell’acqua Tepula, costruita nel 125 a.C. dai censori Cn. Servilio Ceplone e L. Cassio Longino, che raccoglieva l’acqua di elevata temperatura alle sorgenti tra Marino e Grottaferrata, e in seguito anche il canale dell’acqua Iulia, costruito da M. Agrippa nel 33 a.C., che raccoglieva le acque dalla fonte presso il ponte degli Squarciarelli di Grottaferrata; entrambi i canali erano in reticolato di tufo.
Superata la chiesa di S.Policarpo, il campo bocciofilo per anziani, ci si immette nel parco giuochi, attrezzato dal Comune di Roma per i bambini, e passando da via Appio Claudio attraverso