Municipio XIII

Il XIII Municipio ha una popolazione di 195.021 abitanti ed è suddiviso in 10 zone urbanistiche.
E’ sicuramente sottostimato il dato ufficiale della popolazione se teniamo conto dell’incremento durante il periodo estivo e della popolazione straniera irregolarmente residente.

Il territorio compreso nei confini dell’attuale XIII Municipio ha subito, nel corso dei secoli, enormi mutamenti dal punto di vista ambientale, soprattutto in funzione delle variazioni nel corso del Tevere.

Negli ultimi 2.500 anni la linea di costa in corrispondenza della fascia deltizia del fiume ha subito un avanzamento di oltre 4 km, modificando profondamente l’aspetto geografico ed antropico della zona.

Il Tevere e la valle che esso percorre hanno un enorme valore storico per la presenza di numerosi siti archeologici d’epoca preistorica, romana e medievale, oltre ad un elevato rilievo naturalistico, per l’esistenza d’aree con equilibri geologici molto delicati.

Dai primi del ‘900 ad oggi il delta del fiume ha subito variazioni imputabili quasi esclusivamente all’azione dell’uomo tramite la costruzione di opere murarie, che hanno spesso messo a repentaglio un habitat naturale molto peculiare.

La fauna che popola il delta del Tevere è prettamente costituita da uccelli. Gabbiani comuni e reali, garzette, ghiandaie e aironi cenerini abitano i numerosi canneti. I rapaci diurni sono presenti con gheppi, poiane, sparvieri e nibbi bruni, mentre predatori notturni come allocchi e barbagianni trovano rifugio nei vecchi casali abbandonati.

Molti sono i piccoli mammiferi, come ricci, istrici, donnole e scoiattoli, oltre a vari rettili ed anfibi. Per quanto riguarda la flora locale, nella zona costiera troviamo la tipica macchia mediterranea, con sempreverdi come il leccio, l’alloro e il pungitopo.

Nelle fasce interdunali continuano a formarsi delle “piscine”, dov’è possibile trovare farnie, olmi, pioppi bianchi e frassini, antichi relitti dei vasti boschi impaludati che popolavano la zona prima della bonifica.
Dopo molti anni quest’ultimo tratto di fiume è nuovamente aperto alla navigazione turistica, che dovrà però rispettare sponde, fondali, flora e fauna locale.

In epoca romana, in prossimità della foce lagunare, in seguito all’evaporazione dell’acqua salmastra si venivano a formare numerose saline. Queste erano sfruttate al massimo, visto che nel periodo si faceva largo utilizzo di sale per la conservazione dei cibi.

In epoca medioevale il territorio è stato interessato da una fase erosiva che, soprattutto a causa delle continue piene del fiume, ha determinato un cambiamento della linea di costa sempre più accentuatosi nei secoli.

Solo nell’ottocento il delta del Tevere ha assunto le caratteristiche attuali, creando lungo la costa una fascia sabbiosa e all’interno una zona paludosa, più bassa rispetto al livello del mare, invasa da stagni piccoli e grandi, come quello di Ostia e quello di Maccarese.

Nell’area imperversava la malaria, tanto che, agli inizi del novecento, si dovette procedere ad un’opera di bonifica per prosciugare le paludi mediante la creazione di sistemi d’idrovore e numerosi canali. L’aspetto della zona cambiò così nuovamente.

Negli anni ’50 si ripresentò impellente il problema dell’erosione, dovuto soprattutto alla costruzione di sbarramenti e al prelievo di sabbia nel bacino del Tevere, nonchè alla progressiva scomparsa del tratto di macchia mediterranea dalla duna costiera.

Questo particolare tipo di vegetazione, propria del nostro territorio, è una formidabile difesa naturale contro l’erosione marina. Oggi delle dune (presenti in pochissimi tratti di costa italiana) rimangono tracce solo nella zona di Castel Porziano e Capocotta.
Vari interventi sono stati effettuati per contrastare il fenomeno erosivo, come la costruzione di scogliere artificiali davanti ai nostri litorali.

Bonifica delle zone paludose

Una buona parte delle aree agricole e di quelle urbanizzate del nostro territorio si trova al di sotto del livello del mare e fino ad un centinaio di anni fa era occupata da stagni ed acquitrini. Sui due lati del fiume Tevere erano situati due vasti laghi costieri. Da una parte vi era lo “stagno di Ostia”, che si estendeva dal quartiere Saline fino ad occupare buona parte dell’Infernetto ed aveva il Canale dei Pescatori come emissario, dall’altra invece lo “stagno di Maccarese”, dov’è attualmente collocata la tenuta agricola. In tali zone paludose da secoli imperversava la malaria, particolarmente virulenta, che limitava la popolazione locale a sporadici allevatori di vacche e bufale e carbonai.

Verso la fine del 1800 venne varata dal Governo Italiano una legge di bonifica del territorio, per debellare la malattia dalle zone litoranee della capitale. Un tentativo era già stato effettuato qualche anno prima dallo Stato Pontificio, ma senza alcun esito positivo. A risolvere il problema il 25 novembre del 1884 giunsero dalla Romagna alcune centinaia di braccianti ravennati, specializzati nel settore idraulico. Il loro lavoro fu immane; sperduti nella desolazione dell’agro molti morirono di stenti o contagiati dal morbo. Ma sebbene armati di sole pale riuscirono miracolosamente a prosciugare le paludi, realizzando canali per 94 Km e numerosi impianti di sollevamento delle acque detti “idrovore”, per la prima volta attivate il 16 dicembre 1889. Come veri pionieri i romagnoli riuscirono a popolare un territorio quasi disabitato, portando usi, costumi e tradizioni della loro terra. Ed il primo luglio del 1893 ci fu il primo raccolto frutto dei terreni bonificati.