Garbatella

La Garbatella è la zona urbanistica 11c dell’XI Municipio del comune di Roma. Fa parte del quartiere Q.X Ostiense.

La parte più antica dell’urbanizzazione, per essere stata progettata e realizzata in modo strutturato, con uno stile architettonico individuabile e in un periodo relativamente conchiuso (tra gli anni venti e trenta), è spesso considerata un “quartiere”, al di là delle definizioni amministrative.

Origine

Sin dal Medioevo il territorio su cui sorge il nucleo originario del quartiere della Garbatella era interessato dalla presenza di diversi proprietari laici ed ecclesiastici, tra questi ultimi probabilmente il più importante era il monastero di Sant’Alessio all’Aventino che sin dal XII secolo possedeva beni nelle contrade della Bagnaia, che secondo Antonio Nibby prenderebbe nome dai bagni fatti costruire da papa Simmaco verso l’anno 500 tra l’abside della basilica di San Paolo e la rupe omonima, Formello e valle Cupula, tutte comprese nell’area racchiusa dall’alveo del fiume Almone o Acquataccio, dalla via Ostiense e da via delle Sette Chiese. A queste si aggiunsero nel tempo altri proprietari come Nicola Maria Nicolai. Agli inizi del secolo XX quando iniziarono gli espropri per la costruzione del quartiere le maggiori proprietà risultavano essere quelle della famiglia Torlonia proprietaria della tenuta di Monte Bagnaia e quella degli eredi di Mariano Armellini, oltre alle vigne delle famiglie Rosselli, Belardi e Bellini.

Il quartiere fu fondato negli anni venti sui colli che dominano la Basilica Papale di San Paolo fuori le mura. L’origine del nome è tuttora oggetto di discussione: secondo un’ipotesi molto diffusa, il quartiere prenderebbe il nome dall’appellativo dato alla proprietaria di un’osteria che sarebbe sorta sullo sperone roccioso che sovrasta proprio la Basilica Papale di San Paolo (sul lato sinistro dell’odierna via Ostiense, provenendo da Porta San Paolo), presumibilmente all’altezza del Sepolcreto Ostiense e pertanto a ridosso di via delle Sette Chiese, via che collega la Basilica Paolina alla Basilica di San Sebastiano fuori le mura, che dal XVI secolo era meta di pellegrinaggi per la visita alle sette chiese di Roma. Tale ostessa – una donna di nome Carlotta (o Maria, secondo altri studi) – sarebbe stata tanto benvoluta dai viaggiatori che chiedevano ostello presso la sua locanda, da meritare il nome di “Garbata Ostella”, successivamente sincopato in “Garbatella”. Le ragioni del favore concessole, risalirebbero alla sua caritatevole attitudine verso i bisognosi, anche se un’interpretazione più maliziosa accosta una simile “garbatezza” a favori sessuali che, si ritiene, fosse usa concedere ai viaggiatori. Una seconda ipotesi sul nome “Garbatella” vuole invece che esso derivi dall’amenità del luogo; mentre un’ultima interpretazione, con qualche fondamento scientifico, fa riferimento al tipo di coltivazione della vite detto “a barbata” o “a garbata” nella quale le viti vengono appoggiate ad alberi di acero od olmo) in uso nei terreni detti “Tenuta dei 12 cancelli” (comprendenti l’attuale via delle Sette Chiese), posseduti nel XIX secolo da monsignor Alessandro Nicolai, ministro dell’agricoltura di papa Gregorio XVI.

La Garbatella è tradizionalmente suddivisa in lotti, occupati da costruzioni che circondano cortili e giardini che, soprattutto in passato, erano punti di ritrovo per la popolazione: lavatoi e stenditoi, botteghe e cantine, sedie e muretti. L’assetto architettonico della zona è un compromesso tra l’estetica e la pratica: le abitazioni sono collocate, almeno nel nucleo storico, in villini o palazzine di tre piani al massimo, con grande cura per i dettagli e per la diversificazione degli stili.

Storia

Dopo la prima guerra mondiale Roma visse una fase di grande sviluppo edilizio, paragonabile per alcuni versi a quella del secondo dopoguerra. Il settore sud della capitale, nelle intenzioni degli urbanisti umbertini, doveva essere connesso al lido di Ostia tramite un canale navigabile parallelo al Tevere, che non fu però mai scavato. Tale canale avrebbe dovuto fornire Roma di un porto commerciale molto vicino al centro della città (distante meno di duecento metri dalle mura aureliane), nei pressi dell’odierna via del Porto Fluviale, situata al confine tra Garbatella e Testaccio; nella zona a ridosso del canale avrebbero dovuto sorgere una serie di lotti abitativi destinati ad ospitare i futuri lavoratori portuali.

Fu con questa idea che il re Vittorio Emanuele III posò la prima pietra a piazza Benedetto Brin, il 18 febbraio del 1920: nell’iscrizione che commemora quel giorno, murata nell’edificio centrale della piazza, si legge «Per la mano augusta di S.M. il Re Vittorio Emanuele III l’Ente autonomo per lo sviluppo marittimo e industriale e l’Istituto delle case popolari di Roma con la collaborazione delle cooperative di lavoro ad offrire quieta e sana stanza agli artefici del rinascimento economico della capitale. Questo aprico quartiere fondano oggi. XVIII Febbraio MCMXX.»

L’Ente, di concerto con l’I.C.P. realizzò nel 1920 sulla collina della Garbatella il quartiere “Concordia”.

La borgata nacque inizialmente per ospitare le famiglie degli operai impegnati nelle industrie della via Ostiense. Dal punto di vista politico la Garbatella era, ed è tuttora, una zona storicamente “rossa” ed operaia: la Resistenza partigiana trovò qui un appoggio incondizionato, al pari dei quartieri Ostiense e Portuense, e del rione Testaccio.

La vocazione inizialmente marinara del futuro rione XXIII può essere desunta anche dalla toponomastica della parte più antica, ispirata essenzialmente a personaggi legati al mondo navale.

Il progetto fu intrapreso in un’area allora semi disabitata e coperta da vigne e pascoli per pecore. Significativa eccezione costituiva la Basilica Papale di San Paolo fuori le mura, dalla quale si dipartiva via delle Sette Chiese, una strada di raccordo ortogonale alle vie consolari Ardeatina ed Appia, della quale si servivano i pellegrini diretti alla Basilica di San Sebastiano fuori le mura, e che tuttora viene percorsa per il pellegrinaggio al Santuario del Divino Amore

Nella zona sorge inoltre la chiesetta dedicata ai santi Isidoro ed Eufrosia, già nota al popolo come Chiesoletta e dove, secondo una leggenda, sarebbe avvenuto un incontro tra San Filippo Neri, ideatore del pellegrinaggio delle Sette Chiese, e San Carlo Borromeo.

Fino al 1930 circa il nome del quartiere fu a lungo dibattuto: le possibili alternative prese in considerazione furono, oltre al nome attuale, Concordia, come richiamo ed auspicio di pace sociale, o Remuria: quest’ultimo nome basato sulla leggenda secondo la quale Remo avrebbe fondato su questo colle la sua città e non, come afferma la più nota tradizione tratta dall’Ab urbe condita libri CXLII di Tito Livio, sull’Aventino.

Architettura e urbanistica

L’architettura del quartiere fu inizialmente improntata al modello inglese delle città giardino (Garden Cities) ben collegate e vicine alla città, abitate da operai e comprendenti significativi spazi verdi coltivabili, tali da fornire ai lavoratori residenti una preziosa, e ulteriore, fonte di sussistenza: l’orto (un ulteriore tentativo fu iniziato più tardi, nell’edificazione del quartiere denominato appunto Città Giardino Aniene, nella zona nord di Roma).

Nei lotti più antichi ancora rimasti nei pressi di piazza Benedetto Brin (alcuni dei lotti tra i più vetusti sono stati demoliti negli anni settanta, durante il “sacco di Roma” messo in atto dagli speculatori edilizi) si nota come il rapporto tra le metrature dedicate al verde “privato” e quelle edificate fosse tra i più alti nell’Italia dell’epoca; tale peculiare struttura urbanistica doveva conferire alla nascente Garbatella l’aspetto di una contrada agreste, simile a quelle esistenti nei borghi del circondario, cosicché l’immigrazione delle maestranze provenienti da ogni parte dell’agro laziale a Roma sarebbe stata meno traumatica, permettendo loro di ricostruire nella città quella rete di solidarietà sociale che in provincia continuava ad essere un elemento precipuo, e che si andava perdendo in città, a seguito della sua lenta trasformazione in metropoli.

Lo stile architettonico dei primi lotti fu denominato Barocchetto dai suoi creatori Gustavo Giovannoni e Innocenzo Sabbatini, coadiuvati successivamente da Costantino Costantini, Massimo Piacentini, Mario De Renzi, e Nori; simili al barocco sono le modanature di sapore medievale, le figure di animali riscontrabili nei fregi, l’utilizzo estensivo di decorazioni d’ispirazione floreale e botanica, restando però queste nell’ambito dell’edilizia popolare e, dunque, povera: al posto di marmi pregiati, stucchi e calce bianca.

Con l’avvento del fascismo la pianificazione urbanistica del quartiere subì un drastico cambiamento: il rapporto verde-edificato calò sensibilmente, l’idea del porto fluviale venne definitivamente abbandonata e cominciarono ad essere costruite abitazioni più simili ai moderni condomini che alle precedenti villette. Restò comunque ferma l’intenzione di costruire, oltre agli spazi abitativi privati, se non giardini e orti comuni, comunque spazi pubblici, come stenditoi o asili nido. Si cominciò allora a costruire palazzi più grandi e alti per ospitare un sempre crescente numero di immigrati, come ad esempio il Lotto VIII in via Luigi Fincati. Il culmine di questo mutamento si nota nell’impianto progettuale dei tre lotti chiamati Alberghi (Rosso, Bianco e Giallo) nei pressi di piazza Eugenio Biffi, strutture nate pochi anni dopo le villette dell’inizio dell’edificazione dell’area (dal 1927), ma significativamente differenti dal punto di vista funzionale ed estetico.

Si deve tener presente che, sebbene l’urbanistica d’epoca fascista abbia mutato in maniera radicale l’impostazione nata dall’idea delle città giardino, essa conservò per la Garbatella un carattere sperimentale di borgata a misura d’uomo, che si contrapponeva in maniera drammatica alla vicina baraccopoli di “Shangai” (l’odierna Tor Marancia).

Monumenti

Nel giardino pubblico (ex vigna Serafini) si trova l’ingresso delle catacombe di Commodilla, con una piccola basilica ipogea databile alla fine del IV secolo, un cimitero dipinto con scene bibliche (tra cui una curiosa immagine del Cristo orientale) e le effigi dei martiri San Felice e Sant’Adautto. Tra i monumenti più recenti, celebre è la “Fontana di Carlotta” con la relativa scalinata e il ponticello medioevale di piazza Eugenio Biffi. Ma è l’intero quartiere, con i suoi archi, le sue fontane, le sue palazzine ed i suoi balconi, ad essere considerato un grande ed unico monumento a sé stante.