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Madonnetta

La Madonnetta è una zona residenziale (zona “O” 44) del Comune di Roma, situata nel territorio del XIII Municipio. Si trova tra Acilia, Casal Palocco e Axa, sulla zona Z.XXXIV Casal Palocco.

La zona è caratterizzata da un’incessante crescita edilizia, e conseguentemente demografica, che va ben oltre le reali possibilità sostenibili dalle infrastrutture esistenti

La Madonnetta è un centro dinamico, grazie soprattutto al contributo del locale comitato di quartiere che, con forti mobilitazioni, attira periodicamente la popolazione dell’entroterra del Municipio attraverso la promozione e l’organizzazione di periodici eventi, impegnati a 360 gradi, consistenti in opere di svago e sensibilizzazione ai temi ambiente, sicurezza, centralità, valorizzazione delle risorse. Altri siti caratterizzanti sono la Chiesa di San Carlo da Sezze, il “Centro di formazione giovanile Madonna di Loreto, Casa della Pace” situato accanto alla parrocchia, e la piazza Umberto Cardani, dove è conservata una piccola statua della Madonna.

Parchi della Madonnetta

Il 5 maggio del 2002, in Via Padre Massaruti alla Madonnetta, è stato inaugurato il parco “Massimo di Somma”, per celebrare la memoria dell’amministratore scomparso nel 2000. E’ stata una conquista di notevole importanza per questo quartiere del XIII Municipio, ancora un pò emarginato e carente di strutture. La zona di verde in cui è stato realizzato, che versava in totale stato d’abbandono, su sollecitazione e con impegno personale dei cittadini (sostenuti dall’amministrazione guidata proprio da Massimo di Somma) è stata completamente bonificata e dotata di parco giochi per i bambini del quartiere, centro sportivo, pista podistica, pista di pattinaggio e persino di una piattaforma d’atterraggio per elicotteri. Il parco è subito divenuto un importante centro d’incontro e aggregazione, ospitando spesso manifestazioni sportive e culturali, fiere culinarie e concerti.

Il parco della Madonnetta, in occasione del Carnevale, ospita una rassegna culturale patrocinata dal municipio di appartenenza e dalla Regione Lazio, consistente in esibizioni teatrali, attività ludiche dei bambini delle scuole delle zone limitrofe, sfilate pedonali e ciclistiche in maschera, tutte incentrate sul tema del riciclaggio. Il parco ospita annualmente attività connesse alla Maratona di Ostia, e nell’ottobre 2005 è stato sede dei seggi per le Primarie.

Più o meno nella stessa zona, al confine con l’Axa, nell’ambito di un progetto che prevede la creazione a Roma e dintorni di 59 “Punti Verdi Qualità”, è stato istituito il parco “La Madonnetta”, che con i suoi 20 ettari di superficie, di cui 13 adibiti a verde pubblico vero e proprio, si colloca tra i più grandi della capitale.
Concessionario dell’area e gestore degli impianti è un imprenditore locale che ha alle spalle una lunga esperienza sul territorio, come proprietario/gestore di centri sportivi e maestro di tennis. Interventi di questo tipo, in parte pubblici ed in parte privati, recuperando zone in stato d’abbandono o già destinate a verde ma non attrezzate, stanno conferendo sempre maggior valore ad un’area di per se ricca di potenzialità tutte da sfruttare.

Cecchignola

Cecchignola è il nome della ventiduesima zona del comune di Roma nell’Agro Romano, indicata con Z.XXII.
Il toponimo indica anche la zona urbanistica 12e del XII Municipio.
Si trova nell’area sud della città, a ridosso ed internamente al Grande Raccordo Anulare.

Storia

Il nome più antico con cui veniva identificata questa tenuta era “Cicomola” che, insieme al termine “Piliocti” (odierna Tor Pagnotta), compare in una bolla di papa Onorio III° (1216-1227 d.C.) con riferimento al monastero di San Alessio. Il termine si attribuiva anche alla tenuta di S. Ciriaco (Mezzocamino), appartenuta ai Capizucchi e passato in seguito ai Torlonia, fino ai primi del ‘900.

Ancora oggi, inclusa nel consorzio Fonte Meravigliosa, c’è l’antica e altissima Torre della Cecchignola con l’annesso casale fortificato, innalzata dai Torlonia per sollevare l’acqua di una sorgente e distribuirla nella tenuta. Quella sorgente alimenta il laghetto artificiale dell’Eur.

La città Militare

Il primo nucleo abitativo dell’attuale città militare fu costruito per alloggiare gli operai impegnati nell’allestimento dell’ Esposizione Universale di Roma (attuale EUR).
Successivamente allo sbarco di Anzio, ci si insediarono gli eserciti alleati.
Negli anni successivi, si sono insediati svariati comandi, enti ed unità militari fino a formare una piccola città autonoma, servita da una ben distribuita rete viaria, chiusa al traffico civile.
Nonostante il nome, la città militare si trova nel territorio del quartiere Giuliano Dalmata.

La Città Militare è in grado di ospitare circa 700 soldati che trascorrono qui buona parte del servizio di leva.

Tenuta della Cecchignola 

La tenuta della Cecchignola, stretta fra i moderni tracciati delle Vie Ardeatina e Laurentina, si estende a sud dell’omonimo fosso, di fronte all’odierno quartiere di Fonte Meravigliosa.
Il comprensorio confina ad est con la tenuta di San Cesareo, ad ovest con il quartiere di Colle di Mezzo e la Città Militare, mentre a sud con Via di Tor Pagnotta.
A 500 metri a destra del primo chilometro di Via della Cecchignola, dopo l’incrocio con la moderna Via Ardeatina, si conservano i resti, parzialmente ricostruiti, di un’altissima torre e di un Casale circondati da un recinto merlato.
La torre, conservata per circa due terzi dell’altezza originaria, è costruita con la caratteristica tecnica del XIII secolo d.C.: presenta un paramento murario di tufelli regolari ed munita di finestre rettangolari con stipiti marmorei.
La parte superiore della vedetta, con merlatura, è stata completamente ricostruita, mentre la base è stata rinforzata da un alto sperone, probabilmente contemporaneo ai primi rifacimenti del complesso.
La torre e il Casale costituivano un importante fortilizio che dominava tutta la tenuta della Cecchignola.
Il complesso fortificato era difeso da alcune torrette di vedetta poste sulle alture circostanti, purtroppo oggi in gran parte abbattute; i resti attualmente visibili di una di queste, a circa 250 metri a nord ovest della torre, si riferiscono ad una costruzione completamente romana riutilizzata certamente durante il medioevo.
Le ricognizioni superficiali svolte nell’area del comprensorio, in occasione della creazione di nuovi quartieri residenziali, hanno permesso di individuare, lungo il fosso della Cecchignola, resti di stanziamenti abitativi, strutture di servizio e tracce di un’interessante sistema di drenaggio dell’acqua scavato nel banco di tufo; altri resti, forse relativi ad impianti di tipo rustico, probabilmente risalenti tra il tardo periodo arcaico e la media età repubblicana (V secolo a.C. – metà del III secolo a.C.), sono stati scoperti presso Via della Cecchignoletta, Casale di Cecchignola Vecchia e Casale Zola.
Nella metà degli anni ’80, durante alcuni sondaggi preventivi per l’allargamento di Via della Cecchignola, sono stati messi in luce, nella zona compresa tra Vicolo della Cecchignoletta e Via tenuta della Cecchignola, le tracce dall’antico percorso della Via Ardeatina. Questa strada, dopo aver incrociato Via di Vigna Murata, ricalcava, per circa un chilometro, l’attuale tracciato di Via della Cecchignola per poi deviare verso sud; la via, dopo aver attraversato l’area dei Casali Romagnoli, proseguiva lungo il Vicolo del Bel Poggio fino oltre il Grande Raccordo Anulare.
Nel tratto indagato lungo l’antico tracciato stradale sono stati evidenziati, anche in tempi recentissimi, nuclei di tombe a fossa con copertura di tegole alla cappuccina e tracce di mausolei funerari di epoca imperiale.
Resti di un interessante sepolcro romano realizzato in opera laterizia, probabilmente risalente al II secolo d.C., si trovavo a circa 150 metri a destra dell’incrocio tra Via di Tor Pagnotta e Vicolo del Bel Poggio; la struttura, riutilizzata nel corso del XIII e XIV secolo d.C. come torre d’avvistamento (Tor Chiesaccia), fiancheggia un sentiero che ricalca il tracciato dell’antica Via Ardeatina.
La vedetta, fabbricata con scaglie di selce, tufelli e frammenti di marmo, presenta due costruzione addossate: la principale, la torre vera e propria, di cui si conservano due piani e tracce di finestre quadrate, e un altro ambiente, alquanto più basso, unito alla struttura da un grande arco, probabilmente costruito durante la trasformazione del complesso in Casale-torre.
Lungo Via di Tor Pagnotta, a circa 150 metri a sud ovest del Casale delle Genzole, si trova un’altra torretta di guardia; la struttura, costruita sui resti di una cisterna romana in laterizio, è composta da tufelli frammisti a marmo e mattoni.
La stretta vicinanza di questo complesso con Tor Chiesaccia permetteva un controllo del primo tratto della viabilità per Ardea.
A circa 60 metri prima del Vicolo della Cecchignoletta i sondaggi preventivi hanno permesso di riconoscere, sull’antico tracciato dell’Ardeatina, le tracce di una biforcazione verso sud ovest; questo diverticolo, costituito da una profonda tagliata stradale, probabilmente già in uso tra il tardo periodo arcaico e la prima età repubblicana (fine V secolo a.C. – inizi del IV secolo a.C.), attraversava la città militare della Cecchignola e proseguiva verso la moderna Via Laurentina.
Nel 1934 nei pressi del bivio fra quest’ultima e Via dell’Acqua Acetosa Ostiense, durante la costruzione di una scuola elementare, sono riemersi i resti di questa strada basolata, probabilmente rimasta in uso fino ad epoca imperiale.
Un altro percorso viario, proveniente dalla tenuta delle Tre Fontane, tagliava il comprensorio da ovest; questa strada, riemersa agli inizi degli anni ’90 durante la costruzione dei serbatoi idrici ad est del quartiere Colle di Mezzo, si dirigeva, una volta superata la cisterna romana di torre d’Archetta all’interno della città militare, verso l’attuale percorso di Via Laurentina, nei pressi dell’area di Casale Massima.

Fonte Ostiense-Ferratella

Fonte Ostiense è il nome della ventiquattresima zona del comune di Roma nell’Agro Romano, indicata con Z.XXIV.
Si trova nell’area sud della città, a ridosso ed internamente al Grande Raccordo Anulare.
Fonte Ostiense non ha un tessuto urbano omogeneo, ospitando diverse compagini territoriali, quali zone residenziali e commerciali, campi agricoli, incolti, aree protette di interesse naturalistico e archeologico.

Ferratella
La Ferratella è l’area settentrionale della zona, comprende tutta la zona edificata tra Via C. Colombo e V.le Oceano Atlantico, costruita sul territorio di una tenuta di proprietà dei principi Borghese.
Le palazzine signorili progettate negli anni 70 presentano caratteristiche simili a quelle dell’Eur  Il quartiere è diventato nel corso di questi ultimi anni un importante centro commerciale e finanziario dove molte società hanno aperto uffici di rappresentanza.
Corrisponde al Piano di Zona 37.

Il nome è legato a due casali tra loro collegati, “Casa Ferratella” e “Casa Ferrata”, visibili sulla Mappa del 1500 di Eufrosino della Volpaia.
Il nome “Casaferratella” si trova per la prima volta in un documento di vendita del capitolo di S.Nicola in Carcere. Nel 1853 appartiene al Conte Cardelli e viene utilizzata come pascipascolo. È presente una sorgente di acqua minerale. Nel primo quinquennio fascista la tenuta, di 139 ettari, apparteneva al Signor Giuliani Paolo.
Casa Ferrata inizialmente era costituita solo da una torre militare medievale, chiamata “Castellaccio di Casa Ferrata”, posta a controllo del territorio confinante con l’antica via Ostiense. Se ne ha una prima notizia nel 905, quando Papa Sergio III la confermò al Monastero di San Sisto. Poi nel Seicento fu affittata ai Colonna. Alla costruzione, protetta da un fossato, nel XII secolo fu aggiunto un rinforzo con muratura a scarpa e venne edificato un caseggiato. Nel XIV secolo venne aggiunto un altro fabbricato e tutto il versante del pianoro occidentale antistante venne recintato. Venne definitivamente abbandonato alla fine del XVI secolo e oggi non ne rimane nulla.

La tenuta è compresa fra il fosso di Ponte Buttero e la marana di Vallerano.
La tenuta è stata proprietà dei principi Borghese fino alla metà dell’ottocento, parte della tenuta è identificata come tenuta dell’Acquacetosa dalla sorgente che vi si trovava. Tale sorgente era già nota agli antichi romani e veniva utilizzata per scopi terapeutici. L’acqua di questa sorgente era venduta, dentro piccoli fiaschi, trasportati su un carretto, dai tipici “Acquacetosari”. Solo nel 1937 veniva autorizzata l’installazione di un impianto per la raccolta dell’Acqua Acetosa di S. Paolo.

Tor Pagnotta

Tor Pagnotta è il nome di un’area urbana del XII Municipio di Roma, piano di zona C6. Fa parte della zona Z.XXII Cecchignola.
È situata a sud della capitale all’interno del Grande Raccordo Anulare, tra le vie Laurentina e Ardeatina.

Il nome è una deformazione moderna dei nomi medievali Piliocti e Piliocta che compaiono in documenti del XIII secolo d.C.; anche questa proprietà è appartenuta fino ai primi del ‘900 ai Torlonia, come la vicina Cecchignola.

In questi ultimi anni ha visto l’insediamento di importanti centri direzionali (Poste, Finanza e società di informatica) e centri commerciali.
Vi ha sede la Fondazione EBRI, istituto di ricerca internazionale per lo studio del cervello, fondata nel 2001 da Rita Levi-Montalcini.

Storia
In origine era una tenuta agricola di circa 414 ettari, con un casale provvisto di torre, di cui oggi non restano che pochi reperti.
Il 3 maggio 1259, su autorizzazione del gran maestro Thomas Bérard, il maestro d’Italia Pietro Fernandi permutò i possedimenti della rocca di San Felice Circeo, l’enfiteusi su Santa Maria della Sorresca ed altri terreni in Terracina, con la tenuta di Tor Pagnotta, di proprietà del “Magister Jordano Sancte Romane Ecclesie vicecancellario et notario”, divenendo così patrimonio fondiario dell’Ordine dei Cavalieri templari.
Il casale di Tor Pagnotta compare in una citazione da parte di frà Vivolo di Sancto Justino negli atti del processo contro i Templari dello Stato Pontificio.
Il 21 febbraio 2007 è stato smantellato un campo nomadi situato all’angolo fra via Laurentina e via di Tor Pagnotta.

Tenuta di Tor Pagnotta

I recenti lavori di urbanizzazione di una parte del settore meridionale della tenuta, situata tra il Grande Raccordo Anulare a nord, Via Castel di Leva a sud e la Via Laurentina e Via della Cecchignola rispettivamente a ovest e ad est, hanno permesso di eseguire un’accurata campagna d’indagine archeologica preventiva su una vasta superficie di circa 40 ettari d’estensione, protesa verso il lato nord, con una dorsale tufacea separata su ambo i lati da zone di compluvio naturale.

Della torre medioevale, situata su un’alta collina a circa 1200 metria sinistra del chilometro 8,500 della moderna Via Laurentina, notevolmente rovinata, si conservano i resti della base, di forma quadrata, realizzata in scaglie di selce e l’alzato costruito in frammenti di tufo, selci e scaglie marmoree. Sul lato sud si accedeva, tramite una scaletta esterna in mattoni, all’ingresso della vedetta.

La torre, posta a metà strada tra le Vie Laurentina e Ardeatina, era al centro di un luogo strategico, venendosi a trovare circondata da una serie di vedette di guardia dislocate nelle vicinanze.

Le ricerche nel comprensorio di Tor Pagnotta hanno evidenziato, al centro del pianoro, le tracce di un articolato sistema di canalizzazioni scavate nel banco di tufo con probabile destinazione per uso agricolo, forse per l’impianto di un frutteto di meli o per un vigneto.

Queste strutture, insieme a resti di fosse e pozzi idrici, sono databili probabilmente al periodo medio repubblicano (IV-III secolo a.C.); altri resti, riferibili a stanziamenti di tipo rustico, sono stati individuati a circa 1200 metri ad est della torre di Tor Pagnotta (presso il 10° Casale di Bonifica) e a circa 400 metri ad est dal 7° Casale di Bonifica.

Alla stessa epoca deve risalire un nucleo di sei tombe a “pseudo-camera”, situato su un pianoro di fronte al complesso medioevale di Tor Chiesaccia (XII-XIII secolo d.C.).

Le sepolture, scavate nel banco di tufo, si distribuivano in modo casuale nell’ambito dell’area indagata; la loro caratteristica riguardava la presenza di un’anticamera che precedeva la stanza di deposizione dell’inumato, disposto su una banchina realizzata in fondo alla cella o sui lati lunghi.

Le caratteristiche formali e tecniche di queste tombe, che richiamano tipi diffusi sul territorio durante il periodo dell’orientalizzante recente, non escludono un’origine più antica per la frequentazione di tali sepolcri.

E’ interessante notare che questi gruppi di tombe a camera, sparsi nel territorio, presentano una distanza, in linea d’aria, misurabile in media intorno ai due chilometri, come se le aree fossero ripartite in precise sfere d’influenza.

All’estremità occidentale della tenuta, lungo la moderna Via Laurentina, nei pressi di ponte della Chiesaccia, sono stati rinvenuti i resti di un tracciato stradale che, già individuato nell’area di Vallerano (strada 3), risaliva, dopo aver attraversato il fosso omonimo, lungo un compluvio naturale, verso il pianoro del comprensorio di Tor Pagnotta; probabilmente questa strada, dopo aver attraversato la tenuta, si dirigeva, con andamento grossomodo nord nord ovest, verso l’abitato protostorico della Laurentina Acqua Acetosa.

Recentemente, a sud di questa zona, durante i lavori di raddoppio dell’attuale Via Laurentina, all’incrocio con Via di Castel di Leva, è stato rinvenuto un altro tratto di strada, probabilmente risalente già ad epoca arcaica, che si raccordava, verso nord ovest, con il tracciato stradale sopra menzionato; sul lato opposto, questo diverticolo, doveva proseguire, con andamento grossomodo sud est, verso la moderna lottizzazione di Casal Fattoria nella tenuta di Valleranello.

Durante indagini tuttora in corso, sul limite sud ovest del comprensorio, sono state individuate alcune aree di cava prolungatesi fino ad epoca tardo imperiale.

 

Fonte Ostiense-Acqua Acetosa

Il nome di “Fonte Ostiense” è dovuto alla presenza di una fonte d’acqua minerale sulfurea, originante dal fosso dell’Acqua Acetosa (o Acquacetosa o Acqua Cetosa), altrimenti detta Acqua Acetosa Ostiense, per differenziarla da un’altra omonima nel quartiere Parioli.

Nota agli antichi romani, pare venisse utilizzata anche per scopi terapeutici. Tale acqua era venduta da ambulanti conosciuti come “Acquacetosari”. Nel 1937 venne installato un impianto per la raccolta e la commercializzazione, chiamato “Fonte S. Paolo”.
Probabilmente tale fonte veniva utilizzata già in epoca protostorica, poiché proprio sul pianoro prospiciente fosso e fonte dell’Acqua Acetosa si sviluppò un abitato, attualmente identificato con Tellenae. Nel 1976 il villaggio e la vicina necropoli sono stati protetti con l’istituzione della “zona archeologica” dell’Acqua Acetosa.

Riserva Naturale Laurentino-Acqua Acetosa
Nell’area meridionale della zona, nel 1990, vengono istituiti i 152 ettari della Riserva Naturale Laurentino-Acqua Acetosa, catalogata dal Comune di Roma come “area di valore intermedio”, aumentati a 273 ha nel 1997.

La riserva Naturale Laurentino-Acqua Acetosa è una piccola area nel settore sud-occidentale di Roma delimitata a nord dagli edifici del Laurentino 38, quartiere densamente popolato che si estende tra la via Pontina ed il comprensorio dell’Acqua Acetosa.

La morfologia dell’area si presenta articolata in una valle nella quale scorre il fosso dell’Acqua Acetosa sede della omonima sorgente di acqua minerale. Qui, in anni recenti, è venuta alla luce una vasta necropoli di età preromana, testimonianza di un’antica città conquistata dai Romani, ricca di corredi di grande prestigio, oggi esposti nella sale del Museo Nazionale Romano. Nella Riserva possiamo ancora passeggiare tra i filari di eucalipto, piantati alla fine dell’Ottocento quando si credeva che i loro aromi balsamici scongiurassero la malaria. dal punto di vista faunistico l’area più interessante è la cava di basalto presso i Casali di S.Sisto in cui sono stati rinvenuti popolamenti di tritone e rana verde.

Torrino

Torrino è il nome della ventisettesima zona di Roma nell’Agro Romano, indicata con Z.XXVII.
Il toponimo indica anche la zona urbanistica 12c del XII Municipio.
Si trova nell’area sud della città, a ridosso ed internamente al Grande Raccordo Anulare.

Storia

Proseguendo lungo la Via Ostiense, dopo l’incrocio con la Via di Decima si sarebbe incontrata dopo il seicento una “Torracia” costruita su una tomba romana.

La circostante tenuta del Torraccio, confinante con la tenuta di Tor di Valle e di Mostacciano, apparteneva agli inizi del nostro secolo a Costantino Galluppi. La proprietà, poi passata ai fratelli Calabresi, si estendeva verso l’Eur sino all’attuale Velodromo, ed era coltivata da contadini romagnoli e marchigiani.

Nei primi anni 60 i fratelli Calabresi vendettero la proprietà ad un consorzio di cooperative.

Nel 1976 furono avviati i lavori di urbanizzazione.
Durante gli scavi e nel corso delle lavorazioni agricole nel territorio del quartiere Torrino sono state ritrovate molte ossa di elefante e di cervo del “Paleolitico inferiore”.

A completamento della zona fra il Torrino e l’Eur è stato realizzato un insediamento urbano di vaste proporzioni; sono stati previsti circa 3.000.000 mc che porteranno un consistente aumento della popolazione, gravante su una parte di territorio densamente abitato.
La zona, detta soprattutto nel gergo degli agenti immobiliari EUR Torrino, è caratterizzata prevalentemente da abitazioni residenziali. In particolare la zona del Torrino Nord è composta da edifici di particolare pregio e condomini di lusso.
Vi si trovano vari supermercati, diversi impianti sportivi, una chiesa cattolica (Santa Maria Stella dell’Evangelizzazione), la cui nuova struttura è stata consacrata il 10 dicembre 2006 da Sua Santità Benedetto XVI, e una sede distaccata dell’Ufficio dell’Erario.
Inoltre troviamo un cinema multisala (Stardust Village) e, sempre nelle vicinanze, gli uffici della ORACLE, della Microsoft, dell’IBM e della Vodafone.
Il 23 giugno 2008, nell’area Castellaccio, all’angolo fra la via Cristoforo Colombo e viale dell’Oceano Pacifico, è stato inaugurato il più grande centro commerciale d’Europa, denominato “Euroma 2”, andando a superare il precedente record detenuto da un altro centro commerciale romano: “Porta di Roma”.

Tenuta del Torrino

Nel 1979 la realizzazione del nuovo quartiere abitato in località Torrino, lungo la Via Ostiense presso il Grande Raccordo Anulare, ha fornito l’occasione per un’indagine archeologica approfondita su una porzione di territorio che, per posizione e conformazione, presentava condizioni particolarmente favorevoli allo stanziamento umano.

La ricerca è stata condotta a tappeto su una superficie di circa cento ettari, costituita da due principali propaggini collinari di terreno argilloso calcareo poggianti su strati di ghiaia e sabbia con sottostante banco di tufo; su ognuna di queste propaggini si è ritrovata in modo quasi puntuale una successione di testimonianze di vita.

Il risultato più interessante delle ricerche è costituito dall’accertamento della presenza di vita stabile nel comprensorio, dalla seconda metà dell’VIII secolo a.C. fino a tutta l’epoca imperiale romana; inoltre le testimonianze archeologiche, anche se in parte frammentarie a causa della precarietà delle strutture (capanne o edifici con muri a secco e a graticcio) e per le vicissitudini dei luoghi (cave, movimenti di terra, arature, dilavamenti ecc.), sembrano raggruppate attraverso i secoli intorno a determinati punti in modo da poter essere interpretate come possibili entità terriere, che si sono mantenute tali per un arco di tempo considerevole.

L’area del Torrino fa parte di un gruppo di alture prospicienti la riva sinistra del Tevere, fra i fossi di Acqua Acetosa e Vallerano a nord e quello di Malafede a sud, a metà strada fra i due antichi abitati di Tellenae (Acqua Acetosa Laurentina) ad est e di Ficana (Acilia) a sud ovest.

Il nome del Torrino compare per la prima volta nel secolo scorso in alternativa al toponimo di Torraccia, con cui si indicavano i resti di una torre posta su una collina a sinistra dell’undicesimo chilometro della Via Ostiense.

Lo scavo archeologico dell’area ha permesso di mettere in luce i ruderi della torre medioevale, collegati ad una sottostante cisterna rettangolare, all’interno di una villa il cui impianto risale ad epoca augustea; il complesso, in posizione dominante, si estende su una superficie di quasi un ettaro e si dispone a terrazze degradanti verso il ciglio nord della collina.

L’importanza della zona è stata confermata dalle ricognizioni superficiali effettuate nel 1978-’79 che hanno identificato, sull’altura presso l’incrocio della Via Ostiense e il Grande Raccordo Anulare, resti di vita attribuibili alla fine dell’età del Bronzo (XII-IX secolo a.C.); gli scarsi frammenti ceramici recuperati in superficie sono però estremamente significativi, soprattutto alla luce del rinvenimento di un medesimo orizzonte culturale nell’area degli abitati di Tellenae (Acqua Acetosa Laurentina), di Ficana (Acilia) e di Casale della Perna (tenuta di Castel di Decima), presso l’abitato protostorico di Politorium.

L’area comunque risulta abitata già in epoca più antica in seguito al recupero, su un’altura presso la Via Ostiense, di una sepoltura, con un individuo inumato in posizione rannicchiata, che potrebbe far risalire la frequentazione della zona alla fine dell’Eneolitico o alla prima età del Bronzo (XVIII-XVI secolo a.C.).

A circa 500 metri a sud sud ovest della sepoltura eneolitica, sono stati individuati i resti di tre tombe a fossa di cui due, una maschile ed una femminile, risalenti al 730 a.C.; la terza, maschile, databile entro la prima metà del VII secolo a.C.

L’area delle sepolture è stata disturbata da interventi di epoca successiva, con l’apertura di fosse quadrangolari e tombe a cappuccina di età romana, che possono aver probabilmente distrutto altre tombe protostoriche

I resti sconvolti di altre sepolture a fossa del VII secolo a.C. sono stati trovati più ad est presso la cisterna di una villa di epoca tardo repubblicana-imperiale e nella zona già edificata nel comprensorio di Mostacciano.

Il rinvenimento più importante è stato fatto a circa 450 metri a sud est del rudere medioevale del Torrino con la scoperta di due tombe a camera databili all’ultimo quarto del VII secolo a.C.
Queste due sepolture, scavate nel banco di tufo su un pendio a forma di vasca, si presentano una attigua all’altra con corridoio di accesso e più camere interne di fattura piuttosto rozza; la maggiore delle due, con sei camere, presenta un uso prolungato a tutto il VI secolo a.C.

La presenza di queste tombe deve essere riferita a nuclei familiari residenti nell’area del Torrino, forse sulle vicine alture di Mostacciano e sulla collina di San Ciriaco lungo la Via Ostiense.

Molto probabilmente la comunità di appartenenza di questi gruppi era quella residente nell’abitato della Laurentina Acqua Acetosa, a cui territorialmente doveva appartenere l’attuale area del Torrino, che costituiva la zona di confine lungo il percorso del fiume Tevere.

La presenza di tali famiglie di carattere gentilizio doveva avere, oltre ad una precisa funzione di carattere economico, cioè di controllo delle strade di comunicazione e di gestione dei traffici, anche un importante funzione politica, tutelando in un certo senso i confini del territorio in epoche in cui dovevano essere frequenti i contrasti causati da episodi di sconfinamento a scopo di razzia.

Al VI-V secolo a.C. probabilmente, deve risalire la prima sistemazione di un tracciato viario che, salendo dalla Via Ostiense, ad est, tagliava obliquamente il pianoro del comprensorio per poi piegare verso nord, scendendo in una valle nel quartiere di Mostacciano.

Quest’asse stradale di lunga percorrenza doveva avere alcune diramazioni secondarie sul lato nord, come attestano i due tratti di tracciato rinvenuti sul pianoro.

A circa 200 metri ad est di questo insediamento sono state individuate tracce di capanne, forse databili al VII-VI secolo a.C., e muri a secco, purtroppo molto frammentari, di un edificio databile ad epoca tardo arcaica. Tale struttura, forse costituita da un cortile porticato con ambienti su due lati, sarebbe stata successivamente distrutta da fosse di epoca medio repubblicana relative ad un impianto di cui si conservano i resti, in parte ipogei, di una grande cisterna rettangolare a blocchi di tufo.

Un altro edificio arcaico, realizzato con muri a secco che descrivono un cortile centrale e ambienti sui lati corti nord e sud, è stato rinvenuto a circa 250 metri più ad est nell’area occupata successivamente da una villa rustica.

Nel corso della media e tarda età repubblicana, tutte le strutture di quest’area vengono spianate e solcate da canalizzazioni, forse ad uso agricolo, relative all’impianto di un edificio rustico, databile al III-II secolo a.C., di cui si conservano strutture a blocchi di tufo e resti di una grande cisterna rettangolare.

All’incrocio con una di queste diramazioni, ai limiti del settore occidentale del comprensorio, sono state messe in luce, su un pendio volto a sud est, un interessante raggruppamento di capanne con fosse ellittiche e un pozzo in comune per l’approvvigionamento idrico.

Il materiale ceramico rinvenuto attesterebbe una frequentazione dell’area dall’epoca tardo arcaica fino al IV-III secolo a.C.; una successiva occupazione del sito è testimoniata dai resti di una villa databile tra la tarda età repubblicana e quella imperiale.

Il tracciato stradale rimase invariato fino ad epoca imperiale, come dimostrano tre gruppi di tombe alla cappuccina, dislocati lungo il percorso, e la tomba a camera ipogea, con all’interno un sarcofago a superfici grezze, rinvenuta presso l’estremità orientale del comprensorio.

Nei pressi del Grande Raccordo Anulare, a meno di 650 metri a sud ovest di questa tomba ipogea, sono stati recentemente individuati i resti di un insediamento romano databile alla tarda età repubblicana.

Con la seconda metà del I secolo a.C. l’impianto della villa viene ampliato e radicalmente ristrutturato con la creazione di una corte porticata su tre lati e di ambienti residenziali a nord, con al centro il tablinium affiancato ai lati da ambienti disposti simmetricamente; a sud viene invece realizzata la parte rustica con ambienti di lavorazione e di immagazzinamento dei prodotti agricoli e le stalle.

Una nuova cisterna circolare viene a sostituire quella rettangolare più antica e forse in occasione di questi lavori viene costruita una fornace rettangolare all’angolo sud ovest del complesso.

Successive modifiche e rifacimenti testimoniano la sua durata fino a tarda epoca imperiale; la presenza di tombe a cappuccina nell’area del cortile e del portico nord confermerebbero tale ipotesi.

Dagli scavi condotti risulta evidente che nell’area del Torrino, durante la fase romana, il momento di maggior fioritura edilizia è quello rappresentato dal periodo augusteo, come testimoniano le prime fasi d’impianto relative a quattro ville rustiche.

La zona del Torrino, servita da importanti assi viari quali la Via Ostiense e la Via Laurentina, non lontana da un importantissimo centro di scambio come il porto di Ostia e da un sempre più esigente mercato come quello di Roma, soddisfaceva in pieno le condizioni prescritte da Catone e dagli altri agronomi per l’insediamento di quelle fattorie modello che sono alla base del modo di produzione schiavistico, autosufficienti e nello stesso tempo produttrici di surplus destinato al grande mercato.

Numerose sono pure le fonti che da Cicerone a Plinio il Giovane e Simmaco descrivono questa parte del suburbio di Roma parlando di ville e possedimenti lungo la Via Ostiensee riportando nomi di proprietari famosi o sconosciuti, a cui si possono aggiungere quelli tramandatici dalla documentazione epigrafica su cippi e da tubazioni plumbee.

Difficile è il compito di trovare una puntuale corrispondenza fra questi personaggi e i resti archeologici evidenziati, tenendo presente che la forte domanda di terra nelle aree prossime alla città ne favoriva il continuo passaggio di proprietà ed il frazionamento, bastando spesso anche una superficie minima, ma opportunamente sfruttata, per ottenere lauti guadagni.

 

Mostacciano

Mostacciano è una frazione di Roma Capitale, situata nel territorio del Municipio Roma XII.
Si estende sulle zone Z.XXVII Torrino (Mostacciano A), Z.XXV Vallerano (Mostacciano B) e Z.XXIV Fonte Ostiense (Mostacciano C).

Detta anche EUR Mostacciano, la zona è caratterizzata prevalentemente da abitazioni residenziali.

Mostacciano è divisa in tre zone che, in origine (1969), rispecchiavano le diverse densità edilizie:
Mostacciano A, delimitata da viale Pechino, via Padre Giovanni Antonio Filippini, viale Don Pasquino Borghi, via Domenico Jachino, via Cristoforo Colombo e dal Grande Raccordo Anulare;
Mostacciano B, delimitata da via Cristoforo Colombo, il Grande Raccordo Anulare, via Pontina e via Carmelo Maestrini;
Mostacciano C, delimitata da via Cristoforo Colombo, via di Decima, via Pontina e dal Grande Raccordo Anulare.

In quest’ultima si trova il complesso ospedaliero denominato IFO – Istituti Fisioterapici Ospitalieri, di cui fanno parte l’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena e l’Istituto Dermatologico San Gallicano.

Mostacciano non doveva essere il nome di una tenuta, ma piuttosto il termine con cui si indicava già verso la fine del XII sec una località compresa tra le tenute di Acqua Acetosa ad est, Casal Brunori a sud, di Spinaceto e del Torrino ad ovest.

L’origine del nome fa riferimento al mosto che si sarebbe ricavato dalle sue vigne. Su una delle collinette sorgeva una torre di avvistamento che, insieme alla torre dell’Arnaro (ancora oggi visibile al Km II della Via Ostiense) e alla Brunori, assicurava il controllo su tutto il territorio delimitato dalle antiche Vie Ostiense e Laurentina e dai fossi di Spinaceto e Vallerano.
Il nome deriva dal latino mustacanus, mosto, prodotto nella già proprietà dei Pallavicini e grazie all’intervento della principessa Elvina Pallavicini, è nato il quartiere di Mostacciano sulla ex tenuta agricola di famiglia.

Tenuta di Mostacciano 

Le strutture di una torre, databili al XIII secolo d.C., si trovano interrate su una collinetta a circa 300 metri a nord ovest del moderno Casale di Mostacciano, nei pressi dell’incrocio tra la Via Cristoforo Colombo e il Grande Raccordo Anulare.

I resti di un antico tracciato stradale, ricalcante grossomodo l’attuale Via di Decima, sono stati individuati, in diversi tratti, lungo il confine nord orientale del comprensorio di Mostacciano.

Questa strada, probabilmente già in uso a partire dalla media età repubblicana (IV-III secolo a.C.), si staccava dal chilometro 9,700 dell’antica Via Ostiense e, dopo aver costeggiato il quartiere di Decima, correva per un lungo tratto parallela al fosso di Vallerano, per poi deviare, superata la Via Cristoforo Colombo, verso sud, fino ad incrociare, su una collina posta a 500 metri a nord della Via Pontina e del Grande Raccordo Anulare, l’asse stradale dell’antica Via Laurentina (attuale Via Pontina).

Recentemente, nei pressi di questo incrocio, sono stati individuati i resti dell’antico tracciato di questa strada realizzati con una massicciata in scaglie di basalto all’interno di un taglio operato nel sottostante banco tufaceo; nelle immediate vicinanze, infine, sono state messe in luce alcune sepolture a fossa con copertura di tegole e una probabile tomba a camera.

Il percorso viario dell’antica Via Laurentina, prima di giungere in questa zona, aveva inizio staccandosi al chilometro 6,500 della Via Ostiense e, dopo aver tagliato in senso nord sud il comprensorio occidentale dell’Eur, si raccordava, lasciandosi sulla sinistra il Castellaccio di Casa Ferrata (IX-X secolo d.C.), con l’attuale tracciato della Via Pontina.

A meno di un chilometro a sud da quest’area, all’incrocio tra la Via Pontina e Via di Valleranello, durante la costruzione di un edificio della Telecom Italia è stato messo in luce un diverticolo stradale e i resti di una necropoli databile alla prima età imperiale, con tombe a fossa e copertura di tegole alla cappuccina; probabilmente questo percorso, con andamento verso nord est, si dirigeva verso le alture di Casal dell’Ara, nella tenuta dell’Acqua Acetosa.

Nel comprensorio di Mostacciano, lungo Via Domenico Jachino, sono visibili, in sezione, le murature in opera reticolata di tufo di una cisterna appartenente ad una vicina villa rustica, databile alla tarda età repubblicana (fine II-I secolo a.C.); nelle immediate vicinanze si conservano, all’interno di un giardino condominiale, i resti di una strada basolata.

Altre strutture, attualmente non più visibili, localizzate in Contrada Monti della Creta, si riferiscono probabilmente ad un insediamento rustico di epoca romana.

 

Mezzocamino

Mezzocammino è il nome della trentunesima zona del comune di Roma nell’Agro Romano, indicata con Z.XXXI.
Il toponimo indica anche la zona urbanistica 12f del XII Municipio.
Si trova nell’area sud-ovest del comune, a ridosso ed esternamente al Grande Raccordo Anulare.

Storia

La zona fu così chiamata per il fatto che si trovava a metà strada fra Roma e la foce del Tevere. Lì si trovava una stazione di sosta, per i barconi carichi di merci, che provenivano dal porto di Ostia, diretti verso Roma, al porto fluviale di Ripa Grande, o a quello di Ripetta. Le barche, mediante funi, erano trainate da muli che percorrevano le sponde del fiume. Il percorso richiedeva due giorni e la sosta, dopo il primo giorno di cammino, avveniva in questo luogo, che, per tale motivo, prese il nome di Mezzocammino.
La tradizione vuole che in questo luogo fu martirizzato San Ciriaco, primo Vescovo di Ostia. In questo luogo fu eretta una Chiesa, ancora intatta nel XII sec., e poi andata in rovina: alla fine dell’800 esisteva solo la torre campanaria.
Adiacente alla Chiesa vi era anche un cimitero intitolato al Santo, il cui corpo, insieme ad altri venti compagni martirizzati sotto l’Imperatore Massimiliano, in seguito furono trasportati a S. Martino Monti e le teste a S. Maria in Lata. L’antico cimitero fu invano cercato, ma solo durante i lavori sulla Via Ostiense, prima della I° guerra mondiale,nel 1913 furono rinvenute delle tracce, dove oggi è collocato il ponte sul Tevere del G.R.A. A questi rinvenimenti occasionali fece seguito, tra la fine del 1915 e i primi mesi del 1916, una campagna di scavi archeologici svolta durante la costruzione della linea ferroviaria Roma-Ostia; in quell’occasione gran parte delle testimonianze rinvenute furono completamente distrutte per la realizzazione della strada ferrata.
Oggi l’area abitativa si è ampliata occupando l’area dei Tre Pini e di Poggio dei Fiori, verso la  Pontina, e quasi  tutto il tratto che giunge fino alla riva sinistra del Tevere, raggiungendo la Via del Mare.

Tenuta di Mezzocammino 

La tenuta di Mezzocammino, subito fuori il Grande Raccordo Anulare, è compresa tra l’antica Via Ostiense, la Via Cristoforo Colombo, mentre a sud confina con il fosso di Spinaceto.

La zona è costituita da una vasto pianoro del complesso sedimentario vulcanico della Campagna Romana ed è protesa, verso la riva sinistra del Tevere, con una serie di propaggini collinari di terreno argilloso calcareo separate da profondi canali di compluvio naturale.

All’interno della tenuta di Mezzocammino, lungo questo percorso viario, le recenti indagini archeologiche hanno rilevato un’occupazione stabile del territorio a partire dalla tarda età arcaica (VI-V secolo a.C.) fino ad epoca tardo repubblicana (II-I secolo a.C.).

La presenza di macine in pietra lavica, pozzi idrici, resti di fosse e canalizzazioni confermano anche per questa zona l’uso di tali strutture per scopi abitativi.

Sul limite ovest e nord del comprensorio sono state individuate alcune aree di cava prolungatesi fino ad epoca romano imperiale.

Gli scavi portarono in luce, di fronte al Casale di Mezzocamino, alcune strutture murarie absidate relative a mausolei pagani risalenti alla seconda metà del IV secolo d.C., tracce di una vasta necropoli in uso fra il IV e primi decenni del VI secolo d.C. e i resti della basilica costruita da Papa Onorio I° sulle murature di una cisterna romana, a circa cento metri ad est del moderno Casale.

Tra i due nuclei di strutture fu individuato, per circa36 metridi lunghezza, un diverticolo stradale basolato con andamento est ovest; questo tracciato viario probabilmente si staccava a sinistra del VII° miglio dell’antica Via Ostiense.

Particolarmente interessante fu il rinvenimento, in un piccolo settore di scavo, in parte disturbato da successive costruzioni romane, di uno strato di materiali fittili (frammenti d’impasto, bucchero e ceramica attica a vernice nera) databili ad epoca arcaica (VI-V secolo a.C.); è presumibile che, come nella tenuta del Torrino, tale insediamento arcaico di VI secolo a.C. risalisse ad epoca ben più antica.

Probabilmente il cimitero di San Ciriaco si sviluppò a partire dalla metà del IV secolo d.C., anche se non si può escludere l’esistenza di sepolture più antiche, forse risalenti ad epoca precostantiniana.

Nel XIII secolo d.C. il toponimo di San Ciriaco risulta erroneamente legato ad una torretta d’avvistamento posta a 250 metri a sinistra del chilometro 13,300 della Via Ostiense, nella Tenuta del Risaro.

Per la sua particolare posizione, su un’alta collina, questa vedetta era in contatto visivo con altre due torri, ora purtroppo distrutte: la prima, detta Torricella, situata su un’altura di fronte al Casale di Spinaceto, a sinistra dell’omonimo fosso; la seconda, chiamata Trefusa, era costruita su resti di una cisterna romana a circa 500 metri a est di Casale Ruffo, in località Riserva Quartaccio.

Il recente progetto di urbanizzazione nel comprensorio di Mezzocammino è stato preceduto da un’accurata campagna di indagini archeologiche preventive, tuttora in corso, estese su una superficie di circa 150 ettari.

Un antico tracciato stradale, con pavimentazione realizzata a blocchi di basalto, forse già in uso a partire dalla media età repubblicana, si staccava a sinistra del tredicesimo chilometro dell’antica Via Ostiense e, dopo aver attraversato il pianoro della tenuta, grossomodo in senso est ovest, si dirigeva verso l’area di Casal Brunori per raccordarsi con l’antica Via Laurentina (odierna Via Pontina).

Quest’asse stradale di lunga percorrenza, probabilmente un raccordo tra le antiche Vie Ostiense e Appia, proseguiva, dopo aver attraversato le tenute di Vallerano e della Selcetta, verso la biforcazione, detta di “Pizzo Prete”, tra Via di Trigoria e la moderna Via Laurentina (in quest’area alcune recenti indagini, durante i lavori di raddoppio dell’attuale asse stradale, hanno messo in luce una serie di mausolei funerari, tombe a camera e nuclei di sepolture a fossa con copertura di tegole alla cappuccina); successivamente questa strada tagliava, dopo aver ricalcato per circa due chilometri la moderna Via Laurentina, la tenuta di Porta Medaglia in direzione dell’attuale Via Ardeatina: da qui il tracciato antico è, in parte, ricalcato da Via della Falcognana, fino al sito dell’antica Bovillae sull’Appia.

Casal Brunori

Casal Brunori è un’area urbana del XII Municipio di Roma.
La tenuta di Casal Brunori si estende sulla zona Z.XXVIII Tor de’ Cenci, nell’area sud del comune, esternamente al Grande Raccordo Anulare, fra la via Pontina ad est e la via Cristoforo Colombo ad ovest, subito dopo Mostacciano B.

Storia

All’interno di questo quartiere, si eleva sulla sinistra di via Caduti per la Resistenza (angolo via Eroi di Trilly), presso il palazzo dell’Enasarco, la Torre Brunori, costruita sui resti di una cisterna romana: l’antica vedetta prende il nome da Brunoro di Gambara, conte amico del Farnese che nella seconda metà del XVI secolo possedeva questi territori ma nella carta di Eufrosino è segnata come “Morone”. Era una delle torri di guardia lungo l’antica Via Laurentina e lungo l’asse Ostiense – Appia, estendendo il suo controllo anche alla via che univa la costa ai Colli Albani.
Le recenti indagini archeologiche, svolte nel comprensorio di Casal Brunori, sono state condotte su di una superficie di circa 10 ettari, costituita da una propaggine collinare del complesso sedimentario vulcanico della Campagna Romana; l’area archeologica in un settore compreso tra le attuali vie C. Maestrini e I. Versari, ha rilevato ininterrotta frequentazione da epoca arcaica ad imperiale. La zona era attraversata da un tracciato stradale di epoca romana con pavimentazione in blocchi di selce sparsi dalle arature, identificabile con un segmento dell’antica arteria di collegamento Ostiense – Appia, rintracciata dalla SAR anche verso ovest al di là della C. Colombo, nella tenuta di Mezzocammino, dove presenta una carreggiata di mt. 4 di larghezza delimitata da crepidini mentre è segnalata ad est della via Pontina da allineamenti di basoli sparsi dalle arature.
L’insediamento abitativo di Casal Brunori nasce nel VI – V sec. a.C. con edifici realizzati in materiale deperibili, organizzati in un piccolo villaggio: le strutture presentano, al di sopra di una fossa con funzioni di ripostiglio, un pavimento ligneo ed alzato in blocchi di tufo e mattoni crudi con copertura di tegole. Nel passaggio all’età repubblicana si sviluppa nella stessa area un complesso più vasto con impianto relativo ad attività agricole (basamento per torchio ed articolato sistema per lo sfruttamento delle acque): a questo insediamento corrisponde un sepolcreto composto da un nucleo di tombe a camera di età medio repubblicana caratterizzata dai tipici corredi di vasellame a vernice nera e pezzi di aes rude, rinvenuto in prossimità di una strada arcaica rimessa in luce con direzione est-ovest, all’interno di una tagliata che scende con sensibile pendenza versola via C. Colombo, identificabile verosimilmente come un troncone dell’antica viabilità di raccordo Ostiense – Appia.

In epoca imperiale l’importanza del centro si riduce e le testimonianze si limitano ad un’attività industriale di cava, tramite grotte e cunicoli, finalizzata al reperimento di materiale per la realizzazione delle numerose ville circostanti.

Ad una distanza di 1 Km. a sud, sullo stesso lato, il Lanciani (Appunti manoscritti su tavolette IGM della Campagna Romana, Biblioteca dell’Istituto di Archeologia e storia dell’Arte) riferì l’esistenza di un diverticolo che attraversava la tenuta di Casal Brunori con andamento Est-Ovest.

Tenuta di Casal Brunori

Lo scavo sistematico della zona ha evidenziato i resti di otto strutture riferibili al periodo arcaico (VI-V secolo a.C.), costituite da piccoli edifici con pianta leggermente rettangolare ad unico ambiente; la presenza di alcune tombe infantili conferma l’uso ad abitazione di tali strutture, organizzate come un piccolo villaggio anche per la presenza di due pozzi, forse di uso comune. E’ certo che l’area di queste strutture sia stata rioccupata successivamente, durante l’epoca medio repubblicana (IV-III secolo a.C.), da un vasto complesso di cui si conservano, oltre a varie fosse con materiale di scarico, anche un basamento per il torchio con attigua vaschetta e numerosi pozzi e cunicoli sotterranei collegati fra loro.

A meno di 400 metri a nord est di questo insediamento rustico è stato individuato, al confine con il comprensorio di Mostacciano, una tomba ipogea a colombario risalente alla prima età imperiale (inizi del I secolo d.C.); il sepolcro, non ancora scavato, presenta una scala di accesso ad un vano sotterraneo, con paramento interno in muratura di opera reticolata in tufo.

Un tracciato stradale di epoca romana, con pavimentazione realizzata a scaglie di basalto, attraversava l’area del comprensorio da nord ovest a sud est e collegava la Via Ostiense alla Via Laurentina (odierna Via Pontina).

Verso il limite nord della zona sono state individuate alcune aree di cava probabilmente in uso fino ad epoca imperiale, con lo sfruttamento tramite scavo in grotta e cunicoli.

Nel settore nord nord ovest del comprensorio, infine, in prossimità di una strada di epoca arcaica tagliata nel banco di tufo, sono state rinvenute cinque tombe a camera databili al IV-III secolo a.C.; probabilmente quest’asse stradale, oltre a collegare l’area delle strutture arcaiche, proseguiva a est verso la tenuta di Vallerano, dove il recente scavo di un analogo tracciato viario, presentante una biforcazione, ha rilevato la presenza puntuale di tombe a camera dello stesso tipo e periodo.

Riserva di Decima-Malafede

La Riserva Naturale di Decima Malafede è la più grande area protetta del sistema dei parchi gestito da RomaNatura. Le maggiori aree boschive dell’Agro Romano sono comprese in questa zona e costituiscono una delle maggiori foreste planiziali del bacino del Mediterraneo.

Uno studio del WWF vi ha censito oltre 800 specie vegetali. Quest’area, compresa tra il GRA, la via Pontina,la via Laurentinae il Comune di Pomezia, può anche vantare insediamenti umani che risalgono alla prima preistoria a circa 250.000 anni fa. La zona può dunque essere presa a modello dell’evoluzione complessiva dell’Agro Romano. In epoca imperiale fu costellata di ville poi trasformatesi, in periodo altomedievale, in grandi casali, in edifici fortificati e torri in grado di assicurare il controllo del territorio e delle strade. Il primo vincolo paesistico risale al 1985 ma è soltanto nel 1996 che si arriva alla perimetrazione dell’area e alla successiva istituzione (1997) della riserva naturale.