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Marconi

Marconi (in antico Piana di Pietra Papa) è il nome della zona urbanistica 15a del XV Municipio di Roma Capitale. Si estende sul quartiere Q.XI Portuense, sulla piana delimitata dalla ferrovia Roma-Pisa e il tratto di fiume Tevere tra Ponte di ferro e Ponte Marconi.

L’abitato moderno, sviluppatosi a partire dal Dopoguerra, si sviluppa lungo l’asse stradale di viale Guglielmo Marconi e lungo l’asse secondario di via Quirino Majorana (c.d. Nuovo Trastevere).

I siti di interesse archeologico presenti a Marconi sono: Necropoli, magazzini romani e struttura arcaica alla Mira Lanza; Necropoli di via Blaserna; Necropoli e murature romane di viale Marconi; Villa romana di Pietra Papa; Drenaggi di via Biolchini; Tombe 1 e 2 di via Ravizza; Strutture arcaiche alla Casa di riposo ebraica; Terme, tratto di Via Campana, Cisterna romana e Necropoli Portuense a Pozzo Pantaleo; Tempio della dea Fortuna I miglio; Darsene di Pietra Papa.

I siti di interesse storico sono: Casa Vittoria; Asilo nido Fantasia; Case operaie di via dei Papareschi; Società Colle e concimi; Scuola Pascoli; Mira Lanza (edifici vari); Autoparco della Croce Rossa; Teatro India; Molini Biondi.

Vi sono due ponti (Ponte di ferro o dell’Industria e Ponte Marconi); di un terzo ponte (Ponte della Scienza) si è iniziata la costruzione.

Storia

Sviluppatosi a cavallo fra gli anni ‘50 e ‘60 con la costruzione di edifici a carattere intensivo, che raggiungono anche gli otto piani, il quartiere ha assunto rapidamente il ruolo di ‘centro commerciale’ del Municipio, soprattutto intorno alle due principali vie che l’attraversano, viale Marconi e via Oderisi da Gubbio.

I due importanti ponti che lo collegano con i quartieri limitrofi ed il mare, ponte Marconi e dell’Industria, ne hanno accentuato il carattere di zona ad altissima intensità di traffico, in cui si concentrano gli spostamenti quotidiani di molti cittadini romani.

In origine l’area situata a ridosso del Tevere, chiamata Piana di Pietra Papa, probabilmente dal nome di una famiglia nobile di Trastevere, era soprattutto paludosa e solo in parte coltivata, sottoposta al continuo pericolo delle inondazioni del fiume. Alla fine dell’800 si venne sviluppando lungo le due rive del Tevere l’area industriale e chiamata Porto Fluviale, che poteva sfruttare come mezzi di comunicazione, oltre il fiume, anche la ferrovia Roma-Civitavecchia ed il vicino ponte dell’Industria, conosciuto come il Ponte di ferro, fatti costruire dal papa Pio IX nel 1859.

Fra le attività industriali che si svilupparono nell’area agli inizi del ‘900, spiccavano soprattutto lo stabilimento della Mira Lanza, dove si producevano candele e saponi, ed il Molino Biondi.

I due complessi industriali, situati l’uno a via Blaserna e l’altro a via Pacinotti, costituiscono oggi per le loro qualità architettoniche e costruttive, una testimonianza importante di archeologia industriale a Roma.

Se il Piano regolatore del 1909 prevedeva nella zona la costruzione di villette a due piani, e ne confermava il carattere industriale, nel piano del 1931 fu prevista invece per l’area di Pietra Papa la costruzione di edifici intensivi.

La realizzazione del ponte Marconi agli inizi degli anni ‘50, voluta per facilitare l’espansione edilizia verso l’EUR ed il mare, contribuì in maniera decisiva allo sviluppo del quartiere, così che intorno al 1965 l’edificazione di Marconi può dirsi completata.

Alta densità di abitanti, assenza di verde pubblico, alta concentrazione di traffico, inquinamento ambientale ed acustico, sono i problemi che affliggono attualmente il quartiere, la cui soluzione non appare certo facile.

Nell’ambito del progetto ‘Centopiazze’ l’amministrazione comunale ha riqualificato piazza della Radio, con un grande giardino attrezzato, così da trasformare la piazza in un piacevole punto d’incontro per il quartiere.

Una risposta ai problemi di Marconi è stata data dalla sistemazione dell’area di lungotevere dei Papareschi, aperto nel 2005 intitolandolo all’attore Vittorio Gassmann.

Inoltre è stata completato il collegamento di via Blaserna con la realizzazione di un ampio numero di parcheggi gratuiti per i cittadini.

Il lungotevere Vittorio Gassman, già lungotevere dei Papareschi, è il tratto di lungotevere che collega via Antonio Pacinotti a via Pietro Blaserna, a Roma, nel quartiere Portuense. Il lungotevere è dedicato all’attore e regista genovese Vittorio Gassman, trasferitosi da giovane a Roma e ivi morto nel 2000; è stato istituito con delibera della giunta comunale del 29 dicembre 2006. In precedenza il lungotevere prendeva nome dalla nobile famiglia dei Papareschi (o de Papa o Paparoni).

Parrocchietta

Il Cimitero della Parrocchietta è un luogo di sepoltura dell’Ottocento, sito in viale Isacco Newton, già tratto di via Portuense, al Trullo.

Per quanto noto, la proprietà è pubblica e funzionale; è visitabile, è visibile da strada. È stata studiata dalla Sovrintendenza comunale ai Beni Culturali (scheda inventariale presso l’Ente).

Storia

Nel 1762 il Capitolo di Santa Maria in Trastevere conosce una grave crisi finanziaria, dovuta all’abolizione delle congrue urbane e alle spese di una vorace corte di parroci, viceparroci e preti confessori. Il principe rettore, cardinal Pamphili, corre ai ripari, nominando amministratore uno straniero stimato e rigoroso, don Giuseppe Aluffi da Pavia. Il nuovo amministratore orienta il risanamento in due direzioni: riduce gli organici della corte (ad 1 curato, 2 vicari e 4 confessori), e, soprattutto, riordina produttivamente le vigne tra Portuense e Aurelia, unica ricchezza del Capitolo.

Fin dalle prime ricognizioni, don Aluffi è accolto dalla fiera ostilità dei vignajoli portuensi, i quali lamentano un insostenibile abbandono. Don Aluffi chiede loro di scrivere una petizione, e il suo stupore è grande quando legge che i vignajoli non chiedono denari, ma una chiesa: “Se chiedessimo beni temporali e licenze meritaressimo rimproveri e negative”; invece chiedono “cibo spirituale e aiuti per la salvezza delle anime”, cioè un curato che dica messa, somministri i sacramenti e faccia un po’ di scuola

Autorizzato dal principe Pamphili, don Aluffi provvede. Compera a Bravetta, nel 1770, una “vigna con casa e cappella”,3 migliafuori Roma. Ma Bravetta è lontana, e la soluzione non piace agli irrequieti vignajoli, “riconoscendo tal sito non adatto”.

Nel 1772 don Aluffi compera il terreno sullo sperone roccioso “in località Fogalasino”,3 migliae 1/3 fuori Roma. Stavolta l’acquisto è felice, e l’ostilità dei vignajoli si tramuta in favore. In breve don Aluffi vi edifica, attingendo a capitali personali, un “casaletto” di campagna, che destina a chiesa. La piccola chiesa, scrivono i vignajoli, “per privata, non ha l’uguale nella campagna, ben corredata di sacri arredi e di tutto il bisognevole”. Era appena natala “Parrocchietta”.

Nel 1777, in pieno scontro tra i “secessionisti” portuensi e i capitoli di S. Maria e S. Cecilia,la Sacra Rotasi pronuncia, in favore dei primi. Il tribunale ecclesiastico era stato chiamato in causa da un quarto contendente, il cardinal Rezzonico vescovo di Porto e S. Rufina, che vantava un’antica giurisdizione sulle vigne portuensi. Da tempo tollerava che S. Maria vi riscuotesse le congrue, facendosi in cambio carico dei mantenimenti civili, ma il vescovo aveva impugnato l’accordo.

La delegazione rotale, nominata dal cardinal Colonna, vicario di Pio VI per Roma, soggiorna lungamente sul posto, per verificare a chi spetti la cura delle anime vignajole. In meno di due anni i giudici pronunciano sentenza e danno ragione al Vescovo di Porto, suggerendo allo stesso tempo comporre la disputa “liquidando” in denaro il vescovo e costituendo il territorio portuense in parrocchia autonoma. “Troppo necessaria è ivi l’erezione di una nuova parrocchia”, scrivono.

Pio VI e il Sacro Collegio approvano la sentenza dagli evidenti riflessi politici, “come unico mezzo per sedare le controversie e come vero rimedio per accorrere alli bisogni spirituali della campagna”. Colonna scrive allora ai Vignajoli: “Il SS.mo Signor nostro Pio VI, è venuto a sapere che i fedeli abitanti nelle vigne, nei casolari e nelle campagne fuori Porta Portese, a causa delle difficoltà di accedere alle loro chiese parrocchiali di S. Maria e S. Cecilia, sono quasi del tutto privati del cibo spirituale…”.

Sembra fatta. E alla Parrocchietta si canta vittoria. Ma in quel momento sopraggiunge l’incidente: il paladino don Aluffi si ammala gravemente, e lascia la Parrocchietta a un vice-curato, di cui Santa Maria ottiene facilmente ragione, richiamandolo all’obbedienza. In breve, proprio quando il Papa è pronto a concedere l’autonomia, la chiesetta al Portuense si svuota. Occorrerà attendere ancora due anni

Corviale

Corviale è il nome della zona urbanistica 15f del XV Municipio di Roma Capitale. Si estende sul suburbio S.VIII Gianicolense.

Con il nome “Corviale” o più correttamente “Nuovo Corviale” (il “Serpentone” per i romani) si identifica un gigantesco edificio costruito lungo la via Portuense. Doveva essere il primo quartiere satellite o città satellite in grado di offrire ai suoi abitanti tutti i servizi necessari. La logica dell’intervento, rivelatasi ben presto visionaria, si ispira alle soluzioni residenziali del primo razionalismo e presenta chiari riferimenti, sviliti da un’attuazione non corretta nel momento della realizzazione dell’opera, alle teorie sulle “Unités d’Habitation” di Le Corbusier, di cui un esempio solo in parte attuato si trova a Marsiglia

L’edificio

Di proprietà dell’Istituto Autonomo Case Popolari, è stato progettato nel 1972 da un team di architetti: Federico Gorio, Piero Maria Lugli, Giulio Sterbini, e Michele Valori, coordinati da Mario Fiorentino. Rappresenta probabilmente il più lampante errore di programmazione architettonica nella storia dell’urbanistica italiana. Non è mai stato completato totalmente. Le prime abitazioni furono consegnate nell’ottobre 1982, ma già qualche mese dopo avvennero le prime occupazioni abusive delle abitazioni da parte di settecento famiglie. Costituito da due stecche, una verticale ed una più piccola e bassa orizzontale, conta un totale di 1200 appartamenti.

Anni di occupazione e totale abbandono hanno ridotto l’edificio in condizioni di degrado e fatiscenza anche se recentemente è diventato oggetto di un tentativo di riqualificazione che interessa anche il territorio circostante. La parte centrale o “spina servizi” che si trova tra le due stecche è stata completata ed accoglie alcuni uffici del municipio XV, e un centro per il disagio mentale della ASL Roma D. All’interno del palazzo sono presenti l’incubatore d’impresa del comune di Roma, un ambulatorio ASL, un centro anziani, un supermercato. Poco distante dal terminale della seconda stecca, sul luogo dove sorgeva un’area verde, è stato recentemente costruito un centro commerciale[2].

Caratteristiche

È formato da due palazzi lunghi un chilometro per nove piani di altezza (stecche), uno in fronte all’altro, con all’interno ballatoi lunghissimi, cortili e spazi comuni, e da un altro edificio lineare più piccolo che orizzontalmente si unisce al primo edificio tramite un ponte.

All’interno dei cortili vi sono per tutta la lunghezza un’altra fila di abitazioni (“case basse”) di due o tre piani che si affacciano sui cortili e sulla campagna retrostante. È interamente costituito di setti in cemento armato. Ospita ben 1200 appartamenti di diverse dimensioni, più una innumerevole serie di abitazioni sorte abusivamente negli spazi comuni e in quella che doveva essere una galleria dei negozi al 4º piano.

Nel progetto iniziale il palazzo era diviso in sei lotti: ognuno doveva essere dotato di sala condominiale per le attività comuni. Inoltre erano previsti una sala per le riunioni, un anfiteatro all’aperto, scuole, laboratori artigianali e un piano, il quarto, dedicato agli esercizi commerciali. Alcune sale condominiali andranno all’università di architettura.

Corviale nella cultura popolare

Nel 1983 il gigantesco edificio fu fatto conoscere a tutta Italia dal film Sfrattato cerca casa equo canone, con protagonista Pippo Franco, un’opera molto modesta della commedia all’italiana, dove vengono derisi i principi urbanistici e ideologici che avevano portato alla sua costruzione. Al Corviale è stata anche dedicata la canzone Serpentone dal misconosciuto gruppo romano di rock demenziale Santarita Sakkascia e la canzone “Eclissi Di Periferia” di Max Gazzè.

Secondo una leggenda metropolitana, l’architetto responsabile del progetto si sarebbe suicidato una volta vista l’opera compiuta; il fatto, privo di alcuna verità, testimonia tuttavia il mancato apprezzamento dei romani per il risultato ottenuto, per quanto basato su soluzioni in se stesse non dannose, ma inficiate dalle fasi di realizzazione. La verità però vede Fiorentino morire di arresto cardio-circolatorio a seguito di una riunione di condanna da parte dei colleghi romani e da parte dell’amministrazione che aveva commissionato il progetto. Non è escluso che la terribile riunione abbia potuto causare l’infarto, ma certo non morì suicida.

Nuovo Corviale è un complesso edilizio romano, un intervento integrato costruito negli anni settanta dall’Istituto Autonomo Case Popolari, che si colloca a sud-ovest della città, nel territorio della XV circoscrizione, a destra della via Portuense e in direzione di Fiumicino (a circa2 Kmdal raccordo anulare).

Il comprensorio si sviluppa per la lunghezza di circa un chilometro è alto nove piani, più due cantine e seminterrato, 1202 appartamenti, in cinque corpi, un edificio più basso in parallelo ed una terza costruzione posta trasversalmente, proiettato verso il quartiere esistente di Casetta Mattei, come ‘una mano allungata per un’integrazione tra vecchio e nuovo tessuto urbano’. Una strada pedonale lo attraversa, fiancheggiata da qualche negozio.

Al di là dell’anello stradale principale c’è un centro scolastico con una materna, un’elementare ed una media. Il complesso comprende un anfiteatro all’aperto (terzo lotto), una sala per le riunioni (quarto lotto) e cinque sale condominiali; il quarto piano, per tutta la sua lunghezza, è destinato a botteghe artigiane e servizi, doveva essere, infatti, quel piano riservato a impianti collettivi e invece è rimasto per anni inutilizzato, a parte qualche sporadica iniziativa immediatamente rientrata.

Il progetto

L’originale edificazione, oggetto di innumerevoli, spesso inopportune, attenzioni da parte della stampa romana, si richiama, come radice culturale, alle teorie dell’architetto francese degli anni venti, Le Corbusier.

Lo IACP della Provincia di Roma ha affidato il disegno all’équipe di 23 progettisti diretta dall’architetto Mario Fiorentino.

La parte più rivoluzionaria di Corviale sono i servizi e gli impianti collettivi, progettati per un’estensione tre volte più ampia degli standard minimi fissati per legge: teatri all’aperto, uffici, sala per riunioni, sale condominiali, biblioteca, scuola d’arte, palestra coperta, asili nido, scuole materne, elementari e medie, consultorio pediatrico, farmacia, mercato coperto, ristorante con sala banchetti e self-service, un gruppo di esercizi commerciali, cinque grandi spazi verdi, alcune decine di locali destinati a botteghe artigiane, studi professionali, ambulatori.

Il tutto sovradimensionato perché doveva servire anche il quartiere circostante ed altri 20 palazzi che avrebbero dovuto sorgere nel piano zona per un totale di altri 1500 abitanti.

La storia

La prima pietra viene posta il 12 maggio del 1975, mentre le prime case vengono consegnate nell’ottobre del 1982.

Fin dall’epoca della sua edificazione il complesso di Nuovo Corviale, viene preso di mira da più cittadini con impellente necessità di un’abitazione.

L’iniziale occupazione risale al 1983, quando 700 famiglie prendono d’assalto il palazzo ed entrano con la forza negli appartamenti e si conclude con l’attendamento nel piazzale sottostante di 150 nuclei per circa un anno e mezzo.

La seconda è quella conclusasi oramai dal Natale del ’95: i circa 200 peruviani che si erano insediati nei manufatti abbandonati della spina centrale sono stati fatti evacuare con uno ‘sgombero morbido’ organizzato dall’assessore alle Politiche Sociali con l’Istituto di Studi Latino Americani.

La terza occupazione è quella relativa al quarto piano, occupato da ‘autocostruttori’ che, per insediarsi, hanno approfittato del disservizio delle istituzioni. Si tratta di una sessantina di famiglie, perlopiù giovani coppie, spesso figli dei regolari assegnatari, che hanno occupato un negozio, uno slargo, una sala condominiale del piano lasciato libero.

Numerosi altri, infine, sono i tentativi di occupazione che quasi mensilmente vengono segnalati alle istituzioni, di un locale restituito allo Iacp di ambienti per uso sociale.

Il Municipio Roma XV ha stabilito a Corviale sede del Consiglio Municipale e degli uffici tecnici.

Trullo-Montecucco

Trullo è il nome della zona urbanistica 15d del XV Municipio di Roma Capitale. Si estende sul suburbio S.VII Portuense.

Storia

La presenza di un sepolcro romano del I secolo alto 5 metri posto lungo l’argine del Tevere la cui forma ricorda quella dei trulli pugliesi, da l’attuale nome alla borgata.

Il sepolcro, inizialmente chiamato Turlone, Torraccio ed, infine, “Trullus de Maximis”, risulta essere stato proprietà di un certo Massimo “Donne Rogata” nel XIII secolo.

La Borgata fu costruita a partire dal 1939, col nome di “Costanzo Ciano”, quale “residenza temporanea” dei cittadini del Rione Monti, sfollati per la demolizione e costruzione di Via dei Fori Imperiali, per poi, dopo la guerra, assumere il nome di “Duca d’Aosta”.

Il nome

Il nome attuale fu assegnato nel 1946.

Attorno agli anni Sessanta, in alcuni ambienti del Quartiere si sviluppò un dibattito sul Trullo, dal quale scaturì la proposta di chiedere il cambiamento del nome della Borgata. Una rappresentanza di abitanti del Trullo recatasi alla Toponomastica del Comune di Roma, propose due nuove denominazioni: ‘Valle Portuense’, oppure ‘Borgata San Raffaele’, dal nome dell’angelo patrono della Parrocchia.

L’esito fu negativo. Effettivamente non c’erano validi motivi per questo cambiamento. Sembrerà curioso, ma alla richiesta delle ragioni che spingevano molti a chiedere questa modifica, la risposta più frequente era: ‘Trullo fa rima con citrullo’.

Esaminiamo allora questo nome.
Bisogna innanzitutto consultare il dizionario della lingua italiana per vedere cosa dice di questo sostantivo, per la verità abbastanza singolare. Cominciamo dunque con lo Zingarelli, il quale dà, del nome ‘trullo’, questo significato: ‘sorta di abitazione di forma rotonda a tetto conico, nella penisola Salentina’. Bene. E’ un bell’esempio di architettura; chi non conosce o non ha visto almeno una volta una cartolina illustrata di Alberobello, con le sue piccole e graziose costruzioni di pietra che si distinguono appunto per la caratteristica del tetto a forma conica? Perfino la chiesa di questa bella cittadina ha il tetto formato da numerosi coni che danno l’impressione di tanti gelati capovolti. Oltretutto i trulli di Alberobello sono monumento nazionale e formano il vanto degli abitanti di questa città pugliese. Nella stessa Borgata vivono alcune stimate e laboriose famiglie di Alberobello, le quali sentono molto vivo l’attaccamento a quel lembo di terra del meridione d’Italia.

Ma procediamo nella consultazione dello Zingarelli. Come aggettivo ‘trullo’ ha significato di grullo, che lo stesso Zingarelli traduce a sua volta con: stordito, stupido, melenso, minchione, ingenuo e credulone. Andiamo a vedere qualche altro testo, per esempio il Novissimo Melzi, il dizionario enciclopedico linguistico italiano. Come per il citato Zingarelli, il Melzi dà all’aggettivo ‘trullo’ un significato quasi analogo: citrullo, in senso di sciocco e stolido. La stessa cosa fa il dizionario Garzanti, il quale, dopo aver precisato che l’origine etimologica del termine trullo deriva dal greco ‘troulloe’ (trullòs), conferma i significati sopra annotati di sciocco, stupido, ecc. Anche un altro diffusissimo dizionario, il Palazzi, ci ripete le stesse cose poco simpatiche appena esposte. Si consiglia poi di non dare mai del ‘trullo’ ai toscani, poiché nel loro dialetto è un termine ancora più offensivo.

L’origine di questo vocabolo risale probabilmente al periodo Megalitico come le ‘Nuraghe’ della Sardegna, ma aveva anche diversi altri significati. Veniva usato in passato per indicare il tuorlo dell’uovo, ed era chiamata trullo, un’antica macchina guerresca, una specie di catapulta usata in battaglia per lanciare sassi e saette. In vecchi trattati di architettura, infine, venivano indicati con il termine tru}lo alcuni elementi architettonici tra cui gli archi, i fornici ed alcune costruzioni a pianta circolare. Nel Medio Evo, a Roma, erano noti con il nome di trullo, molti edifici e monumenti. Nel ‘Liber Pontificalis” per risalire ad una delle più antiche citazioni che si conoscano dell’epoca di Papa Sergio (687-701), viene usato questo vocabolo allorché si parla di una copertura di piombo effettuata sul trullo della Basilica dei Santi Cosma e Damiano al Foro Romano. Per trullo si intendeva, evidentemente, la cupola della chiesa.

Molti altri edifici curvilinei o rotondi furono pure indicati con questo nome. Val la pena di citare almeno i più importanti, o quantomeno quelli di maggior grandezza, che vanno individuati principalmente tra i circhi, i teatri e le torri. Nei secoli XI e XII, nel Circo Massimo esisteva una costruzione detta ‘trullo’ di cui però non abbiamo nessuna descrizione. Un ‘Trullus Joanpes de Stacio’ era localizzato vicino la chiesa di Santa Caterina dei Funari. Il celebre teatro di Pompeo, monumentale edificio ad emiciclo che si trovava nei pressi dell’attuale Campo de’ Fiori, nel Medio Evo era anch’esso comunemente chiamato Trullo. Ancora con il nome di trullo, era indicata un’altra torre visibile da piazza del Popolo e che sorgeva lungo la via Flaminia; questa torre, a pianta circolare, dava il nome alla campagna circostante, che fu nota come ‘Vigna del Trullo’.
Un’altra costruzione ad emiciclo, che sorgeva nelle adiacenze della Torre delle Milizie, fu detta ‘Trullo degli Arcioni’. L’attuale piazza di Pietra, era chiamata piazza del Trullo. Qui si trovavano due edifici che portavano il nome di Trullo; il primo era di forma poligonale e riceveva luce dall’alto attraverso un’apertura praticata nella volta a calotta, ed il secondo era una chiesina dedicata a ‘Sancto Stephano de Trullo’, la quale fu officiata per parecchi secoli. Attualmente purtroppo tutte queste costruzioni sono scomparse.

Per terminare ricordiamo che tale nome in antico non era usato soltanto a Roma, ma era conosciuto e utilizzato anche in paesi molto lontani.

Nei documenti della Chiesa, si legge che nell’anno 680, nel Sacro Palazzo Imperiale di Costantinopoli si tenne un Concilio Ecumenico che fu detto ‘Trullano’, dal luogo di riunione che era una grande sala a cupola; un successivo Concilio, sempre tenuto a Costantinopoli nel secolo seguente, fu pure detto ‘Concilio in Trullo’ per la stessa ragione. Come si vede, questo nome ha avuto anche un significato sacro e un passato illustre.

Montecucco

La collina ad Occidente dei Monti del Trullo e’ quella cosiddetta dei Diamanti o di Montecucco.

E’ una terrazza panoramica sull’ansa del Tevere che va dall’Eur a Ponte Galeria.

Molto importante dunque dal punto di vista ambientale e paesaggistico, la collina e’ inoltre l’area principale di verde a servizio dei quartieri limitrofi.

La Torre Righetti ne domina la cima.

Procedendo sull’autostrada Roma – Fiumicino in direzione Roma o seduti sul trenino da Ostia o su quello dall’aeroporto, si nota una singolare costruzione cilindrica sulla sommita della collina poco prima della Magliana. E’ un insolito edificio formato dall’intersezione di due cilindri. Un corpo rotondo piu ampio a terrazzo, racchiude un agile fabbricato cilindrico in laterizio, di diametro minore.

Sulla porta d’ingresso, di quello che doveva essere un belvedere o una casina di caccia, una scritta datata 1825 ricorda il committente dell’opera, tale “Cavalier Righetti”.

Parco de’ Medici

Parco de’ Medici è un’area urbana del XV Municipio di Roma. Si estende sulla zona Z.XL Magliana Vecchia.

È un quartiere prettamente amministrativo, con uffici, centri direzionali e sedi legali di importanti aziende italiane.
Negli ultimi anni ha conosciuto un forte sviluppo di strutture ricreative (cinema multisala) e residenziale (appartamenti ed hotel), dovuti principalmente alla contemporanea costruzione della nuova Fiera di Roma sulla direttrice del quartiere.

È ben servita, inoltre, da uno svincolo del tratto urbano dell’Autostrada Roma-Fiumicino.

Pian Due Torri

Pian due Torri è il nome della zona urbanistica 15c del XV Municipio di Roma Capitale. Si estende sul quartiere Q.XI Portuense.

Storia

A Pian due Torri, la zona in cui sorge il fortilizio, erano nell’antichità due monumenti sepolcrali accanto alle sponde del Tevere – sui quali, secondo il Nibby, sorsero due torri gemelle appartenenti al cardinale Orsini — che fornirono il nome ai terreni circostanti coltivati a vigne.

La zona era infestata da zanzare e poco salutare a causa delle frequenti alluvioni del Tevere.

Il ricordo delle due costruzioni gemelle è affidato a questa Torre superstite che si erge accanto alla pista ciclabile dalla quale si può osservare il suggestivo spettacolo offerto dalle rive del Tevere e dall’ambiente palustre, caratterizzato ancor oggi dalla massiccia presenza di fitti canneti.

La Torre-Casale di Teodora o del Giudizio, a cui si accede lungo la piccolissima via Teodora, sorge sopra i resti di una tomba monumentale del I secolo d. C. di cui conserva un’ampia camera sepolcrale.

Difficile risulta l’esatta motivazione del nome di Teodora dato al viottolo, dal momento che ben tre Teodore sono ricollegabili con la vicina chiesa di Santa Passera (corruzione del XIV sec. del nome del Santo Ciro o Abbacero, qui venerato insieme a Giovanni). Due monaci orientali, che avevano traslato da Alessandria le reliquie dei due santi, sarebbero stati ospitati, al tempo di Innocenzo I (401-417), da una Teodora nella sua casa di Trastevere, dopo breve tempo trasformata in chiesa. Le reliquie sarebbero state trasferite definitivamente da Teodora in un piccolo edificio sacro fatto costruire vicino alla via Portuense.

Una seconda versione riferisce che le reliquie dei due santi, per essere sottratte ai musulmani che avevano conquistato Alessandria d’Egitto, vennero portate nel VII secolo a Roma, dove i due martiri sarebbero apparsi in sogno a Teodora, senatrice romana, che le avrebbe poste nella chiesa al Portuense, arricchita con la donazione di molti terreni adiacenti.

In un documento del 9 dicembre 1060 compare il nome di una terza Teodora che restituisce alla badessa del monastero dei Santi Ciriaco e Nicolò una vigna fuori Porta Portese, “vocabulum sancti Abbacyri “.

In epoca medievale venne realizzata una sopraelevazione sul sepolcro e di conseguenza la trasformazione del monumento in Torre d’avvistamento e difesa sul Tevere a un piano, non molto alta, presenta massicci contrafforti che ricordano l’originaria funzione di fortilizio. E dotata anche di una scala esterna.

Fin dall’epoca di Leone IV (847-855) era stata realizzata una lunga linea di punti di avvistamento, che da Porta Portese proseguiva fino alla foce del Tevere, costituita da quindici torri. Un sistema di fortificazioni adottato dopo l’incursione dei Saraceni nelle basiliche di San Pietro e di San Paolo fuori le mura. Inoltre, il Pontefice fece erigere una torre in pietra, collegata alla gemella (scomparsa) dall’altra parte del fiume da una catena di ferro tesa che, all’occorrenza, poteva sbarrare il percorso sul Tevere a qualunque imbarcazione, soprattutto a quelle saracene.

La Torre di Teodora, adibita a questo scopo, successivamente, in tempi più sicuri, sostituì la catena con una fune per rimuovere e guidare le merci dalle chiatte sulla terraferma. Un carattere commerciale che portò ad una rapida trasformazione della vasta area che si estendeva lungo la riva destra del Tevere. Questo tratto fluviale dal quale, provenendo dal mare, si poteva facilmente entrare a Roma continuò ad essere tenuto sotto controllo ancora per molto tempo, come conferma l’atto d’acquisto da parte di un certo Lentulo Lentuli, del 12 dicembre 1545, di un prato confinante con “il casale dei Doi Torri”.

Intorno agli anni ’20 la zona di Pian Due Torri, l’area venne acquistata da Bonelli, un ingegnere piemontese, il quale fece installare presso il Tevere una pompa per estrarre l’acqua dal fiume portandola, attraverso un canale scavato lungo via Pian Due Torri, all’interno di vasconi.
L’acqua veniva utilizzata durante il giorno dai mezzadri di Bonelli (ai quali l’ingegnere aveva affidato la coltivazione del terreno, ricavandone in compenso la metà del raccolto), mentre di notte serviva ad irrigare i prati. Si coltivavano carciofi ed ortaggi, sorsero frutteti e vigneti.
La tenuta di Bonelli, alla sua morte, fu ereditata dal conte Tournon, che ne aveva sposato una delle figlie.
Il conte iniziò a lottizzare e costruì le prime case, distruggendo gran parte degli alberi circostanti.

Il 9 dicembre 2007 è stato inaugurato il nuovo parco urbano “Pian due Torri”, su un’area verde bonificata successivamente allo sgombero di un insediamento abusivo avvenuto il 12 ottobre dello stesso anno.

Torre del Giudizio.

La Torre del Giudizio è una torre medievale, situata in via Teodora, tra via della Magliana e il fiume Tevere.

Essa poggia su un preesistente manufatto romano – un sepolcro circolare, probabilmente del I sec. d.C. – nelle vicinanze dell’insediamento portuale fluviale di Vicus Alexandri.

L’elevazione della torre, su pianta quadrata, risale verosimilmente al Milleduecento. Oltre alla tradizionale funzione di vedetta, la torre ha avuto a lungo anche quella di dogana.

La torre – insieme ad una seconda torre, situata sulla riva opposta – regolava la circolazione mercantile lungo il fiume. Una pesante catena, tesa tra le due vedette, apriva o ostruiva il passaggio come un moderno passaggio a livello, imponendo il dazio a quanti dal mare volessero raggiungere Roma o viceversa. Da ciò deriverebbe il toponimo di Doi torre (Due torri), sebbene le interpretazioni non siano unanimi.

La torre si trova su terreno demaniale e, per quanto noto, è occupata abusivamente da un privato. È stata oggetto di studi delle Belle arti (1997) e dalla Soprintendenza archeologica (2004) ed è in attesa del vincolo di interesse storico-artistico come “caratteristica dell’organizzazione difensiva dell’Agro Romano verso il mare”.

Borghetto Santa Passera

Il Borghetto di Santa Passera è un insediamento spontaneo, sorto agli inizi del Novecento nella golena tra via della Magliana e il Tevere, a ridosso della chiesina di Santa Passera, da cui prende il nome.

Durante il fascismo il Governatorato di Roma si occupò diffusamente delle condizioni miserevoli delle famiglie che vi dimoravano, con una serie di ispezioni e relazioni di visita.

Tale attività di studio fu portata avanti anche dal Comune di Roma, fino ad anni recenti.

L’area si estende in lunghezza per circa 1 km, e i limiti possono essere determinati per approssimazione fra le Idrovore di piazza Meucci e la Torre del Giudizio. La proprietà è in massima parte demaniale, trattandosi di riva e argine fluviale. L’edilizia presenta caratteri assai eterogenei. Ad un nucleo di preesistenti casali rurali si sono aggiunte case in pietrame di tufo e laterizio ad un unico piano e composte di un unico ambiente, per lo più prive di fondazioni e spesso addossate le une alle altre, o con fazzoletti di terreno intorno. Più recente è la costruzione di capannoni artigianali, ricavati negli spazi di risulta tra casa e casa.

In anni recenti il borghetto si è progressivamente spopolato e versa oggi in condizioni di abbandono.

La chiesa

Sorgeva lungo l’antica via Campana lungo la riva del Tevere ed oggi può essere vista prendendola via Magliana Nuovae poi il vicolo che prende la sua denominazione dalla chiesa in questione.

Costruita intorno al IX secolo, riutilizzando un antico mausoleo romano del II secolo d.C.

Il primitivo nucleo della chiesa fu edificata durante le persecuzioni di Diocleziano per ospitare le spoglie dei martiri cristiani Ciro e Giovanni che subirono il martirio a Canapo.

Anticamente la chiesa si chiamava S. Abbacurus, ma nel corso del tempo il nome si modificò in Appacero, Pacera e infine Passera.

La chiesa conobbe varie fasi edilizie e l’edificio attuale risale, in gran parte, al IX secolo.

Nella facciata esterna sono visibile ancora dei resti dell’antico mausoleo romano, mentre al  suo interno la chiesa è strutturata su un unica navata.

La programmata realizzazione del parco di S. Passera lungo il Tevere, con la relativa pista ciclabile, dovrebbe dotare il quartiere di una vasta zona attrezzata a servizi e a verde pubblico

Magliana

Magliana è il nome della zona urbanistica 15e del XV Municipio di Roma Capitale. Si estende sulla zona Z.XL Magliana Vecchia. Prende il nome dal corso d’acqua che ivi scorre, la Magliana.

L’attuale Magliana, che fu tra le zone più importanti della periferia di Roma antica, è il risultato di una incontrollata speculazione edilizia condotta nella capitale dal dopoguerra.

Il quartiere, che fu costruito a metà degli anni ’60, sorge su un ansa del Tevere al di sotto del livello degli argini del fiume; è di fatto esposto al rischio di inondazioni qualora il Tevere dovesse straripare.
La nascita di costruzioni abusive e di fabbricati industriali in una parte di territorio resasi sempre più popolosa, ha contribuito ad offuscare la memoria storica di una zona di notevole interesse storico-archeologico.

Particolare importanza rivestono le Catacombe di Generosa, un antico cimitero situato su un’altura della Magliana, in cui furono sepolti i corpi dei fratelli Simplicio e Faustino, uccisi durante la persecuzione di Diocleziano nel 303 d.C.
I due martiri sono i patroni di una cittadina tedesca, Fulda, che recentemente si è gemellata con la Magliana, a cui è stata dedicata una strada intitolata ‘Maglianastrasse’.

E’ anche interessante la chiesa medievale di S. Passera, lungo la riva del Tevere, costruita intorno al IX secolo, riutilizzando un antico mausoleo romano del II secolo d.C.

Secondo fonti storiche sull’origine del nome di Magliana, nell’XI secolo si parlava di un fundus manlianus posseduto dall’antica famiglia romana dei Manilii o Manlia, da cui molto probabilmente derivò il termine per una successiva corruzione in Magliana.

Risale al XV secolo la destinazione del luogo a territorio di caccia, quando il cardinale Girolamo Riario nel 1480 fece edificare una costruzione in onore del duca di Sassonia per riposarvi dopo le fatiche della caccia.
Innocenzo VIII, trovando il luogo gradito per l’amenità del terreno e la bellezza del paesaggio circostante, ristrutturò gli edifici esistenti e costruì una villa, conosciuta come Castello della Magliana.
I papi che si succedettero ampliarono il castello e lo abbellirono con un giardino e una cappella decorata con affreschi della scuola di Raffaello dedicata a S. Giovanni Battista, da cui il nome odierno del vicino ospedale dei Cavalieri di Malta.
Intorno alla metà del ‘700 la villa papale, in rovina, venne abbandonata.
Dal 1957 è di proprietà del Sovrano Militare Ordine di Malta, che ne ha curato il restauro.

Tra gli anni ’60 e ’70 venne costruita la maggior parte dei ‘casermoni’ della Magliana.
Tutta la zona, situata sette metri sotto l’argine del Tevere, doveva essere reinterrata sino a raggiungere il livello dell’argine stesso.
Il Comune diede il permesso di costruire, alla sola condizione di sottoscrivere un atto d’obbligo che impegnava i costruttori a reinterrare i due primi piani dei palazzi in epoca successiva, accordo che non fu mai rispettato.
Furono così realizzati due piani in più rispetto a quelli previsti. Non si costruirono invece strade, fogne, scuole, campi sportivi e soprattutto niente verde.

Dal dopoguerra ad oggi la periferia di Roma ha cambiato fisionomia: via della Magliana Nuova è una sorta di diramazione di via della Magliana, creata per smaltire il grosso traffico della strada principale.
La costruzione della stazione ferroviaria di Villa Bonelli ha reso più agevoli i collegamenti col centro della città.

Tuttavia nonostante il traffico, la viabilità in tilt, il cemento armato dei palazzi costruiti uno addosso all’altro, c’è un ricco patrimonio artistico ed ambientale da rivalutare.
La programmata realizzazione del parco di S. Passera lungo il Tevere, con la relativa pista ciclabile, dovrebbe dotare il quartiere di una vasta zona attrezzata a servizi e a verde pubblico.

Dagli ultimi anni novanta la zona ha acquisito nuovo valore grazie, soprattutto, ad un evidente calo del suo tasso di criminalità e ad una riqualificazione urbana che ne fa un quartiere vivibile.

Nell’ambito del progetto Centopiazze, è stata sistemata a giardino l’area tra via Sillano e via Castiglion Fibocchi.

Inoltre è stata creata la Piazza De André al centro del quartiere, sede del Premio Fabrizio De André dedicato alla musica italiana d’autore.

Magliana Vecchia

Magliana Vecchia è il nome della quarantesima zona di Roma nell’Agro Romano, indicata con Z.XL.

Il comitato Catacombe di Generosa, la più antica associazione culturale presente nel XV municipio che svolge da oltre trant’anni un’attività volta alla conservazione e divulgazione del patrimonio storico-culturale del territorio, organizza delle visite gratuite, effettuate dal presidente Nicola De Guglielmo, alla villa della Magliana e all’intero complesso, che ora comprende anche l’ospedale San Giovanni Battista, con il patrocinio del XV municipio e per gentile concessione del Sovrano militare dell’Ordine di Malta. “Si può riscoprire oggi la villa della Magliana, fuori dai consueti itinerari turistici, coi resti arborei di un’antichità rarefatta ed appena riconoscibili, dove il Rinascimento è arrivato sulla dirittura finale del viale del tramonto, attraverso una serie di visite guidate della durata di un’ora e mezza, una volta al mese di sabato pomeriggio, per riscoprire una delle gemme della periferia romana, per lo più sconosciuta a molti”, spiega il presidente del comitato. Circondata da una bellissima campagna, la villa è stata un antico casale, una tenuta di caccia, una residenza estiva per i papi, un castello al quale si accedeva attraverso una porta merlata, circondato da un profondo fossato per proteggersi dalle continue invasioni dei mori. In una bolla di Benedetto VIII del 1018, compare per la prima volta la notizia della proprietà di un casale agricolo “unum et integrum”, a9 chilometrida Roma. Intorno al 1471 il cardinale Girolamo Riario decise di destinare la tenuta a zona di caccia. Il suo successore, Innocenzo VIII, fece costruire il “palazzetto” della Magliana, affidando i lavori all’architetto Graziadeo Prata da Brescia. L’elezione nel 1503 di Giulio II della Rovere segnò una svolta, perchè il nuovo papa nominò, tra i cardinali di fiducia, Francesco Alidosi, vescovo di Pavia, che divenne il vero esecutore dell’ampliamento della villa, chiamando a sé Raffaello con la sua scuola. Venne così ristrutturata la vecchia cappella, dedicata a S. Giovanni Battista, da cui il nome odierno del vicino ospedale: originariamente ricca di decorazioni pittoriche, presentava nell’abside un affresco che, attualmente al museo del Louvre di Parigi, fu realizzato dagli allievi di Raffaello, secondo i disegni del loro maestro. Il pontificato di Leone X fu un altro periodo splendido per la villa: in quegli anni la sua corte ospitò i migliori artisti e le menti più eminenti dell’epoca, Raffaello, Bramante, Michelangelo, Pico della Mirandola; fece allestire la ‘sala delle Muse’, ricca di affreschi rappresentanti Apollo e le Muse, che attualmente si trovano presso il Museo di Palazzo Braschi. Con la fine del Rinascimento, anche la villa perse la sua importanza e sopravvisse a se stessa fino alla fine del ‘500; nell’800 fu data in beneficio alle monache di Santa Cecilia, che la affittarono a privati; è stata salvata ed è tornata, in parte, al suo antico aspetto grazie ai Cavalieri di Malta. Il 19 giugno del 1959 fu stipulato un atto ufficiale tra il consiglio di reggenza dell’associazione dei Cavalieri ed il presidente del C.d.A. della società finanziaria “La Magliana” che era divenuta proprietaria del monumento: la cessione era condizionata all’acquisto da parte dei Cavalieri di tutta la tenuta circostante e “all’impegno di provvedere a tutte le opere di conservazione, manutenzione e restauro” imposte dalle leggi in materia di tutela storica e artistica dei monumenti, impegno che l’Ordine ha adempiuto anche con la fondazione e la gestione dell’ospedale.

Municipio XV

Il Municipio Roma XV occupa una superficie di 70,87 Kmq.
Per estensione, è un Municipio di media grandezza e comprende le seguenti zone e quartieri: Portuense – Magliana Vecchia – Ponte Galeria – La Pisana – Gianicolense – Marconi – Pian Due Torri – Trullo e Corviale.

Al suo interno convivono quartieri più strutturati e serviti meglio come Marconi, Portuense e Villa Bonelli, quartieri dove le condizioni di vita sono più difficili, come Corviale e Magliana, ed ex-borgate spontanee quali Piana del Sole, Monte delle Capre e altre.

Il territorio del Municipio ospita importanti strutture di servizio: il Centro Direzionale dell’Alitalia e quello della Telecom di Parco de’ Medici nonché gli uffici della Regione Lazio; strutture turistico-ricettive e per il tempo libero come il Warner Village e dell’Uci Cinema.

A ridosso del limitrofo Comune di Fiumicino è stato realizzato il nuovo polo fieristico romano.

La dotazione di verde comprende le riserve naturali della Tenuta dei Massimi e della Valle dei Casali e parte della Riserva del litorale romano.

Il nome Arvalia-Portuense

Il Consiglio Circoscrizionale, avvalendosi dell’art. 3 del Nuovo Regolamento sul Decentramento Amministrativo, nella seduta del 15/5/96 ha deliberato sulla scelta del nome da aggiungere all’indicazione numerica dell’allora Circoscrizione (ora Municipio).

A tale scelta si è pervenuti con il concorso di idee ‘Dai un nome alla Circoscrizione’. Sono state invitate le associazioni culturali e sportive, i centri anziani, i comitati di quartiere, le parrocchie, le scuole, gli utenti della Biblioteca Centro Culturale e tutta la cittadinanza a proporre il nome più adatto a rappresentare questo Municipio, tenuto conto anche dei suoi aspetti storico geografici.

L’iniziativa ha visto un’ampia partecipazione dei cittadini. Tra le numerose proposte pervenute, un’apposita commissione ha scelto il nome ‘Arvalia – Portuense’.

Tale denominazione è stata giudicata la più pertinente in quanto è il risultato della fusione del nome Portuense, inteso non solo come importante accezione territoriale, con il nome di Arvalia, a ricordo dell’antichissimo collegio sacerdotale dei Fratres Arvales. I Fretres Arvales erano sacerdoti addetti al culto degli antichi dei Arvali, divinità che proteggevano l’agricoltura. Pertanto rappresentano la memoria storica più antica e prestigiosa del territorio del Municipio XV.