Archivi categoria: Municipio XII

Fonte Laurentina

Fonte Laurentina è una frazione di Roma Capitale, situata in zona Z.XXV Vallerano, nel territorio del Municipio Roma XII.

Sorge sul lato est di via Laurentina, subito fuori il Grande Raccordo Anulare.

Prende il nome da una fonte di acque minerali, chiusa nel 2004 perché inquinata da colibatteri e streptococchi fecali dovuti probabilmente ad infiltrazioni da pozzi neri. La sorgente è stata cementificata ed è divenuta il parcheggio di un centro commerciale, proprio di fronte all’insediamento abitativo.

Fonte Ostiense-Acqua Acetosa

Il nome di “Fonte Ostiense” è dovuto alla presenza di una fonte d’acqua minerale sulfurea, originante dal fosso dell’Acqua Acetosa (o Acquacetosa o Acqua Cetosa), altrimenti detta Acqua Acetosa Ostiense, per differenziarla da un’altra omonima nel quartiere Parioli.

Nota agli antichi romani, pare venisse utilizzata anche per scopi terapeutici. Tale acqua era venduta da ambulanti conosciuti come “Acquacetosari”. Nel 1937 venne installato un impianto per la raccolta e la commercializzazione, chiamato “Fonte S. Paolo”.
Probabilmente tale fonte veniva utilizzata già in epoca protostorica, poiché proprio sul pianoro prospiciente fosso e fonte dell’Acqua Acetosa si sviluppò un abitato, attualmente identificato con Tellenae. Nel 1976 il villaggio e la vicina necropoli sono stati protetti con l’istituzione della “zona archeologica” dell’Acqua Acetosa.

Riserva Naturale Laurentino-Acqua Acetosa
Nell’area meridionale della zona, nel 1990, vengono istituiti i 152 ettari della Riserva Naturale Laurentino-Acqua Acetosa, catalogata dal Comune di Roma come “area di valore intermedio”, aumentati a 273 ha nel 1997.

La riserva Naturale Laurentino-Acqua Acetosa è una piccola area nel settore sud-occidentale di Roma delimitata a nord dagli edifici del Laurentino 38, quartiere densamente popolato che si estende tra la via Pontina ed il comprensorio dell’Acqua Acetosa.

La morfologia dell’area si presenta articolata in una valle nella quale scorre il fosso dell’Acqua Acetosa sede della omonima sorgente di acqua minerale. Qui, in anni recenti, è venuta alla luce una vasta necropoli di età preromana, testimonianza di un’antica città conquistata dai Romani, ricca di corredi di grande prestigio, oggi esposti nella sale del Museo Nazionale Romano. Nella Riserva possiamo ancora passeggiare tra i filari di eucalipto, piantati alla fine dell’Ottocento quando si credeva che i loro aromi balsamici scongiurassero la malaria. dal punto di vista faunistico l’area più interessante è la cava di basalto presso i Casali di S.Sisto in cui sono stati rinvenuti popolamenti di tritone e rana verde.

Papillo

Posizionato al centro del parco naturale Laurentina-Acqua Acetosa Ostiense prevedeva: la costruzione di alloggi, nido, materne, elementari, centro polivalente, centro sportivo, tre casali a disposizione della comunità, due centri commerciali, uno stabile uso uffici, una strada a doppia corsia che lo collegava con via di decima e via laurentina,in pratica un paradiso immerso nel verde a due passi dall’EUR.
Poi:
è sparito il primo centro commerciale trasformato in abitazioni.
Si sono aggiunti altri 4 palazzi per un totale di 80.000 metri cubi che  sono cascati sulle spalle da una compensazione per la costruzione di un albergo per i pellegrini del giubileo del 2000.
I casali non sono stati ristrutturati e sono stati concessi ad uno dei costruttori.
Via dell’Acqua Acetosa Ostiense non sarà più allargata ma solo messa in sicurezza.
I fondi per allargare i ponti che congiungono Acqua Acetosa Ostiense con via di Decima sono stati dirottati verso un altro quadrante del XII dove sono previste delle compensazioni di Parnasi.
È sparito il centro polivalente ed al suo posto arriverà un campo da golf che mangerà una parte delle riserva naturale, lo chiamano “punto verde qualità”.
È sparito il secondo centro commerciale, i costruttori si rifiutano di farlo forse in attesa del cambio di destinazione anche di queste cubature.
È sparito il verde pubblico attrezzato, trasformato in una discarica a cielo aperto e mai manutenuto.
Si sono perse le tracce dell’asilo nido.
La commissione di vigilanza che doveva far onorare gli impegni presi dai costruttori, in 10 anni non si è mai riunita, non ha mai effettuato un controllo, non si sa che fine abbia fatto.
I costruttori si permettono di fare il bello e cattivo tempo, non provvedono alla manutenzione del verde, ne a quella delle strade, aprono buche, recintano spazi, tagliano alberi e li sostituiscono con piloni dell’alta tensione, montano cartelloni.
Le prostitute hanno il loro angoletto per l’adescamento e per l’esercizio della professione.
Gli zingari si sono ritagliati i loro spazi, niente di eclatante tre quattro tende e qualche baracca all’ombra di un avvallamento.
Il Papillo è diventato il deserto dei tartari dove l’unico punto di aggregazione è un parco giochi abusivo ricavato al centro di uno spartitraffico.
10 anni di amministrazioni comunali e municipali che si sono succedute, invece di adoperarsi per far lavorare la commissione di vigilanza, si sono posti come intermediari tra i residenti ed i costruttori con risultati deludenti per noi cittadini, uno sfalcio d’erba l’anno, la rimozione degli scarti di cantiere e tante tante promesse.

Villaggio Azzurro-Tre Pini-Poggio dei Fiori

Tre Pini o Villaggio Azzurro, o più propriamente “Tre Pini – Poggio dei Fiori“, è un’area residenziale alla periferia sud di Roma, situata in zona Z.XXVIII Tor de’ Cenci, poco oltre il Grande Raccordo Anulare, tra le vie Cristoforo Colombo e Pontina confina con Spinaceto, Casal Brunori, Vitinia e Mezzocammino.

Storia
Sorse negli anni sessanta del XX secolo in un’area precedentemente compresa in diversi latifondi appartenenti a varie famiglie, situazione tipica della Campagna Romana fino alla grande riforma fondiaria del dopoguerra.

La zona fu lottizzata per edificarvi un centro residenziale destinato a piloti dell’Alitalia, situazione da cui derivò il nome con cui il quartiere è popolarmente conosciuto diffusamente a Roma, ossia Villaggio Azzurro, in riferimento al colore del cielo.

Il nome ufficiale è però Tre Pini – Poggio dei Fiori, doppio in quanto corrisponde a due distinte parti in cui il quartiere si può suddividere: Poggio dei Fiori è il primo nucleo, sorto nei primi anni sessanta, il “Villaggio Azzurro” vero e proprio, costituito dalle villette quadrifamiliari destinate primariamente ai piloti.

Il nome Poggio dei Fiori non è però mai entrato nell’uso comune, e a tutt’oggi si può considerare artificioso e non usato quotidianamente da nessuno.

Tre Pini invece è la zona sorta successivamente, molto più grande, in un’area limitrofa a quella delle prime villette, e oggi costituisce il vero cuore pulsante dell’intero quartiere. Il nome “Tre Pini”, in riferimento ora solo alla suddetta area, ora per estensione all’intero quartiere, è invece molto usato specialmente da parte dei residenti.

Il nome comune riferito all’intero quartiere, a livello dell’intera città di Roma resta comunque, come detto, “Villaggio Azzurro”. Il nome “Tre Pini” è stato adottato dal comprensorio sorto appunto a partire dagli anni sessanta su concessione del Comune di Roma e quindi negli atti ufficiali, fino alla presa in carico delle strade, fogne e illuminazione da parte del Comune di Roma negli anni ottanta circa.

Il quartiere è composto da tre aree rialzate poste su altrettante collinette, in mezzo alle quali si trova un’area più bassa, una sorta di piccola depressione o “canyon” (situazione orografica assai comune nell’Agro Romano), attraverso la quale passa la storica via di Mezzocammino.

Su una delle tre collinette, quella situata in adiacenza al quartiere Tor de’ Cenci, e attraversata dalla via di Tor de’ Cenci, si trova la parte più antica del quartiere, quella denominata ufficialmente Poggio dei Fiori. È costituita da una serie di eleganti villette quadrifamiliari immerse nel verde, intonacate alternativamente di rosso e di bianco, che nella loro regolarità danno un aspetto omogeneo all’area. Furono costruite tutte entro la fine degli anni sessanta.

A nord di questa collinetta se ne erge un’altra, in direzione del quartiere Spinaceto e limitrofa ad esso, che ospita invece la parte più recente del quartiere, sorta a partire dal 1995. È costituita anch’essa da villette, ma bifamiliari, e di concezione architettonica più moderna, tutte in mattoni rossi a vista; l’effetto di insieme è un po’ monotono, ma riscattato dall’ampia presenza di verde. L’asse di questa zona è la via Eduardo de Filippo.

Infine, la terza collinetta, molto distanziata, si trova in prossimità della via Cristoforo Colombo, e ospita un’area edificata a partire dagli anni settanta; è occupata da un grande numero di villette e piccole palazzine, architettonicamente molto varie, al cui centro, come una sorta di acropoli, si trova, nel punto più alto dell’intero quartiere, una piazza dove si erge la “Torre” e intorno alcuni esercizi commerciali.

Uno dei simboli del quartiere, o se si vuole, delle sue “stranezze”, ben nota a tutti i residenti, è la sopracitata “Torre”, un edificio di incerta origine, sembrerebbe non antica, situato sulla cima di una delle tre collinette che formano le parti alte del quartiere; tale edificio a forma di torre (trasformato in abitazione privata), pur non molto alto, si erge comunque come solido punto di riferimento spaziale. Attorno ad essa si ergono, grandi ville unifamiliari, di cui alcune molto belle, che vantano, oltre a piscine e grandi giardini, anche una vista suggestiva su tutto il quartiere.

Il centro del quartiere e i principali edifici

In mezzo a queste tre aree rialzate si trova l’area più bassa del quartiere, attraversata dalla via di Mezzocammino e caratterizzata architettonicamente da grandi palazzi residenziali molto belli. In questa zona si trova il centro pubblico, con tutti i principali servizi ed esercizi commerciali, che fanno perno sulla Piazza-giardino; questa è costituita da aree verdi alternate ad aree attrezzate per lo svago, e da un parcheggio per automobili.

Un po’ decentrata, si trova la chiesa del quartiere, la parrocchia “Santa Maria della Consolazione”, costruita nei primi anni ottanta. Quest’ultima è notevole e spesso apprezzata dalla critica soprattutto per le sue forme sobrie e ariose, costituite da un’unica sala quadrata coperta da un soffitto a piramide, con sullo sfondo, dietro l’altare, una vetrata che dà su un piccolo giardino interno, cosa che dona grande luminosità all’interno della chiesa, inoltre la chiesa vanta un modesto parco con dei giochi per bambini ed un parcheggio.

Tor di Valle

Tor di Valle è il nome della trentanovesima zona del comune di Roma nell’Agro Romano, indicata con Z.XXXIX.
Il toponimo indica anche la zona urbanistica 12x del XII Municipio.
Si trova nell’area sud della città, a ridosso del fiume Tevere.

La zona è caratterizzata dalla sua locazione, in un’ansa ristretta del fiume Tevere e dalla presenza dell’Ippodromo Tor di Valle.
Sulla Via Ostiense si trova ancor oggi, restaurato (vi sorge una chiesa evangelista e un bar) un casale-torre noto come Turris della Vallora più tardi Palazzetto di Torre della Vallore, indicando come Vallore quegli ampi prati posti nell’ansa del Tevere (attuale Ippodromo).
Il casale, che presenta tracce di fortificazione, è prospiciente ad un ponte romano del II secolo a.C. perfettamente conservato. Il ponte è visibile soltanto dall’adiacente pista ciclabile, in quanto è nascosto dalle strutture della via del Mare, che scorre proprio sopra di esso.
La circostante tenuta di Tor di Valle era immensa ed i proprietari erano più di uno, ma ognuno prevalentemente la utilizzava a pascolo.

Fino ai primi anni del XIX sec. apparteneva in gran parte al Collegio Germanico.

Sull’area sono sorti il complesso dell’ippodromo e la prima centrale di Cogenerazione e Teleriscaldamento.

Torrino

Torrino è il nome della ventisettesima zona di Roma nell’Agro Romano, indicata con Z.XXVII.
Il toponimo indica anche la zona urbanistica 12c del XII Municipio.
Si trova nell’area sud della città, a ridosso ed internamente al Grande Raccordo Anulare.

Storia

Proseguendo lungo la Via Ostiense, dopo l’incrocio con la Via di Decima si sarebbe incontrata dopo il seicento una “Torracia” costruita su una tomba romana.

La circostante tenuta del Torraccio, confinante con la tenuta di Tor di Valle e di Mostacciano, apparteneva agli inizi del nostro secolo a Costantino Galluppi. La proprietà, poi passata ai fratelli Calabresi, si estendeva verso l’Eur sino all’attuale Velodromo, ed era coltivata da contadini romagnoli e marchigiani.

Nei primi anni 60 i fratelli Calabresi vendettero la proprietà ad un consorzio di cooperative.

Nel 1976 furono avviati i lavori di urbanizzazione.
Durante gli scavi e nel corso delle lavorazioni agricole nel territorio del quartiere Torrino sono state ritrovate molte ossa di elefante e di cervo del “Paleolitico inferiore”.

A completamento della zona fra il Torrino e l’Eur è stato realizzato un insediamento urbano di vaste proporzioni; sono stati previsti circa 3.000.000 mc che porteranno un consistente aumento della popolazione, gravante su una parte di territorio densamente abitato.
La zona, detta soprattutto nel gergo degli agenti immobiliari EUR Torrino, è caratterizzata prevalentemente da abitazioni residenziali. In particolare la zona del Torrino Nord è composta da edifici di particolare pregio e condomini di lusso.
Vi si trovano vari supermercati, diversi impianti sportivi, una chiesa cattolica (Santa Maria Stella dell’Evangelizzazione), la cui nuova struttura è stata consacrata il 10 dicembre 2006 da Sua Santità Benedetto XVI, e una sede distaccata dell’Ufficio dell’Erario.
Inoltre troviamo un cinema multisala (Stardust Village) e, sempre nelle vicinanze, gli uffici della ORACLE, della Microsoft, dell’IBM e della Vodafone.
Il 23 giugno 2008, nell’area Castellaccio, all’angolo fra la via Cristoforo Colombo e viale dell’Oceano Pacifico, è stato inaugurato il più grande centro commerciale d’Europa, denominato “Euroma 2”, andando a superare il precedente record detenuto da un altro centro commerciale romano: “Porta di Roma”.

Tenuta del Torrino

Nel 1979 la realizzazione del nuovo quartiere abitato in località Torrino, lungo la Via Ostiense presso il Grande Raccordo Anulare, ha fornito l’occasione per un’indagine archeologica approfondita su una porzione di territorio che, per posizione e conformazione, presentava condizioni particolarmente favorevoli allo stanziamento umano.

La ricerca è stata condotta a tappeto su una superficie di circa cento ettari, costituita da due principali propaggini collinari di terreno argilloso calcareo poggianti su strati di ghiaia e sabbia con sottostante banco di tufo; su ognuna di queste propaggini si è ritrovata in modo quasi puntuale una successione di testimonianze di vita.

Il risultato più interessante delle ricerche è costituito dall’accertamento della presenza di vita stabile nel comprensorio, dalla seconda metà dell’VIII secolo a.C. fino a tutta l’epoca imperiale romana; inoltre le testimonianze archeologiche, anche se in parte frammentarie a causa della precarietà delle strutture (capanne o edifici con muri a secco e a graticcio) e per le vicissitudini dei luoghi (cave, movimenti di terra, arature, dilavamenti ecc.), sembrano raggruppate attraverso i secoli intorno a determinati punti in modo da poter essere interpretate come possibili entità terriere, che si sono mantenute tali per un arco di tempo considerevole.

L’area del Torrino fa parte di un gruppo di alture prospicienti la riva sinistra del Tevere, fra i fossi di Acqua Acetosa e Vallerano a nord e quello di Malafede a sud, a metà strada fra i due antichi abitati di Tellenae (Acqua Acetosa Laurentina) ad est e di Ficana (Acilia) a sud ovest.

Il nome del Torrino compare per la prima volta nel secolo scorso in alternativa al toponimo di Torraccia, con cui si indicavano i resti di una torre posta su una collina a sinistra dell’undicesimo chilometro della Via Ostiense.

Lo scavo archeologico dell’area ha permesso di mettere in luce i ruderi della torre medioevale, collegati ad una sottostante cisterna rettangolare, all’interno di una villa il cui impianto risale ad epoca augustea; il complesso, in posizione dominante, si estende su una superficie di quasi un ettaro e si dispone a terrazze degradanti verso il ciglio nord della collina.

L’importanza della zona è stata confermata dalle ricognizioni superficiali effettuate nel 1978-’79 che hanno identificato, sull’altura presso l’incrocio della Via Ostiense e il Grande Raccordo Anulare, resti di vita attribuibili alla fine dell’età del Bronzo (XII-IX secolo a.C.); gli scarsi frammenti ceramici recuperati in superficie sono però estremamente significativi, soprattutto alla luce del rinvenimento di un medesimo orizzonte culturale nell’area degli abitati di Tellenae (Acqua Acetosa Laurentina), di Ficana (Acilia) e di Casale della Perna (tenuta di Castel di Decima), presso l’abitato protostorico di Politorium.

L’area comunque risulta abitata già in epoca più antica in seguito al recupero, su un’altura presso la Via Ostiense, di una sepoltura, con un individuo inumato in posizione rannicchiata, che potrebbe far risalire la frequentazione della zona alla fine dell’Eneolitico o alla prima età del Bronzo (XVIII-XVI secolo a.C.).

A circa 500 metri a sud sud ovest della sepoltura eneolitica, sono stati individuati i resti di tre tombe a fossa di cui due, una maschile ed una femminile, risalenti al 730 a.C.; la terza, maschile, databile entro la prima metà del VII secolo a.C.

L’area delle sepolture è stata disturbata da interventi di epoca successiva, con l’apertura di fosse quadrangolari e tombe a cappuccina di età romana, che possono aver probabilmente distrutto altre tombe protostoriche

I resti sconvolti di altre sepolture a fossa del VII secolo a.C. sono stati trovati più ad est presso la cisterna di una villa di epoca tardo repubblicana-imperiale e nella zona già edificata nel comprensorio di Mostacciano.

Il rinvenimento più importante è stato fatto a circa 450 metri a sud est del rudere medioevale del Torrino con la scoperta di due tombe a camera databili all’ultimo quarto del VII secolo a.C.
Queste due sepolture, scavate nel banco di tufo su un pendio a forma di vasca, si presentano una attigua all’altra con corridoio di accesso e più camere interne di fattura piuttosto rozza; la maggiore delle due, con sei camere, presenta un uso prolungato a tutto il VI secolo a.C.

La presenza di queste tombe deve essere riferita a nuclei familiari residenti nell’area del Torrino, forse sulle vicine alture di Mostacciano e sulla collina di San Ciriaco lungo la Via Ostiense.

Molto probabilmente la comunità di appartenenza di questi gruppi era quella residente nell’abitato della Laurentina Acqua Acetosa, a cui territorialmente doveva appartenere l’attuale area del Torrino, che costituiva la zona di confine lungo il percorso del fiume Tevere.

La presenza di tali famiglie di carattere gentilizio doveva avere, oltre ad una precisa funzione di carattere economico, cioè di controllo delle strade di comunicazione e di gestione dei traffici, anche un importante funzione politica, tutelando in un certo senso i confini del territorio in epoche in cui dovevano essere frequenti i contrasti causati da episodi di sconfinamento a scopo di razzia.

Al VI-V secolo a.C. probabilmente, deve risalire la prima sistemazione di un tracciato viario che, salendo dalla Via Ostiense, ad est, tagliava obliquamente il pianoro del comprensorio per poi piegare verso nord, scendendo in una valle nel quartiere di Mostacciano.

Quest’asse stradale di lunga percorrenza doveva avere alcune diramazioni secondarie sul lato nord, come attestano i due tratti di tracciato rinvenuti sul pianoro.

A circa 200 metri ad est di questo insediamento sono state individuate tracce di capanne, forse databili al VII-VI secolo a.C., e muri a secco, purtroppo molto frammentari, di un edificio databile ad epoca tardo arcaica. Tale struttura, forse costituita da un cortile porticato con ambienti su due lati, sarebbe stata successivamente distrutta da fosse di epoca medio repubblicana relative ad un impianto di cui si conservano i resti, in parte ipogei, di una grande cisterna rettangolare a blocchi di tufo.

Un altro edificio arcaico, realizzato con muri a secco che descrivono un cortile centrale e ambienti sui lati corti nord e sud, è stato rinvenuto a circa 250 metri più ad est nell’area occupata successivamente da una villa rustica.

Nel corso della media e tarda età repubblicana, tutte le strutture di quest’area vengono spianate e solcate da canalizzazioni, forse ad uso agricolo, relative all’impianto di un edificio rustico, databile al III-II secolo a.C., di cui si conservano strutture a blocchi di tufo e resti di una grande cisterna rettangolare.

All’incrocio con una di queste diramazioni, ai limiti del settore occidentale del comprensorio, sono state messe in luce, su un pendio volto a sud est, un interessante raggruppamento di capanne con fosse ellittiche e un pozzo in comune per l’approvvigionamento idrico.

Il materiale ceramico rinvenuto attesterebbe una frequentazione dell’area dall’epoca tardo arcaica fino al IV-III secolo a.C.; una successiva occupazione del sito è testimoniata dai resti di una villa databile tra la tarda età repubblicana e quella imperiale.

Il tracciato stradale rimase invariato fino ad epoca imperiale, come dimostrano tre gruppi di tombe alla cappuccina, dislocati lungo il percorso, e la tomba a camera ipogea, con all’interno un sarcofago a superfici grezze, rinvenuta presso l’estremità orientale del comprensorio.

Nei pressi del Grande Raccordo Anulare, a meno di 650 metri a sud ovest di questa tomba ipogea, sono stati recentemente individuati i resti di un insediamento romano databile alla tarda età repubblicana.

Con la seconda metà del I secolo a.C. l’impianto della villa viene ampliato e radicalmente ristrutturato con la creazione di una corte porticata su tre lati e di ambienti residenziali a nord, con al centro il tablinium affiancato ai lati da ambienti disposti simmetricamente; a sud viene invece realizzata la parte rustica con ambienti di lavorazione e di immagazzinamento dei prodotti agricoli e le stalle.

Una nuova cisterna circolare viene a sostituire quella rettangolare più antica e forse in occasione di questi lavori viene costruita una fornace rettangolare all’angolo sud ovest del complesso.

Successive modifiche e rifacimenti testimoniano la sua durata fino a tarda epoca imperiale; la presenza di tombe a cappuccina nell’area del cortile e del portico nord confermerebbero tale ipotesi.

Dagli scavi condotti risulta evidente che nell’area del Torrino, durante la fase romana, il momento di maggior fioritura edilizia è quello rappresentato dal periodo augusteo, come testimoniano le prime fasi d’impianto relative a quattro ville rustiche.

La zona del Torrino, servita da importanti assi viari quali la Via Ostiense e la Via Laurentina, non lontana da un importantissimo centro di scambio come il porto di Ostia e da un sempre più esigente mercato come quello di Roma, soddisfaceva in pieno le condizioni prescritte da Catone e dagli altri agronomi per l’insediamento di quelle fattorie modello che sono alla base del modo di produzione schiavistico, autosufficienti e nello stesso tempo produttrici di surplus destinato al grande mercato.

Numerose sono pure le fonti che da Cicerone a Plinio il Giovane e Simmaco descrivono questa parte del suburbio di Roma parlando di ville e possedimenti lungo la Via Ostiensee riportando nomi di proprietari famosi o sconosciuti, a cui si possono aggiungere quelli tramandatici dalla documentazione epigrafica su cippi e da tubazioni plumbee.

Difficile è il compito di trovare una puntuale corrispondenza fra questi personaggi e i resti archeologici evidenziati, tenendo presente che la forte domanda di terra nelle aree prossime alla città ne favoriva il continuo passaggio di proprietà ed il frazionamento, bastando spesso anche una superficie minima, ma opportunamente sfruttata, per ottenere lauti guadagni.

 

Mostacciano

Mostacciano è una frazione di Roma Capitale, situata nel territorio del Municipio Roma XII.
Si estende sulle zone Z.XXVII Torrino (Mostacciano A), Z.XXV Vallerano (Mostacciano B) e Z.XXIV Fonte Ostiense (Mostacciano C).

Detta anche EUR Mostacciano, la zona è caratterizzata prevalentemente da abitazioni residenziali.

Mostacciano è divisa in tre zone che, in origine (1969), rispecchiavano le diverse densità edilizie:
Mostacciano A, delimitata da viale Pechino, via Padre Giovanni Antonio Filippini, viale Don Pasquino Borghi, via Domenico Jachino, via Cristoforo Colombo e dal Grande Raccordo Anulare;
Mostacciano B, delimitata da via Cristoforo Colombo, il Grande Raccordo Anulare, via Pontina e via Carmelo Maestrini;
Mostacciano C, delimitata da via Cristoforo Colombo, via di Decima, via Pontina e dal Grande Raccordo Anulare.

In quest’ultima si trova il complesso ospedaliero denominato IFO – Istituti Fisioterapici Ospitalieri, di cui fanno parte l’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena e l’Istituto Dermatologico San Gallicano.

Mostacciano non doveva essere il nome di una tenuta, ma piuttosto il termine con cui si indicava già verso la fine del XII sec una località compresa tra le tenute di Acqua Acetosa ad est, Casal Brunori a sud, di Spinaceto e del Torrino ad ovest.

L’origine del nome fa riferimento al mosto che si sarebbe ricavato dalle sue vigne. Su una delle collinette sorgeva una torre di avvistamento che, insieme alla torre dell’Arnaro (ancora oggi visibile al Km II della Via Ostiense) e alla Brunori, assicurava il controllo su tutto il territorio delimitato dalle antiche Vie Ostiense e Laurentina e dai fossi di Spinaceto e Vallerano.
Il nome deriva dal latino mustacanus, mosto, prodotto nella già proprietà dei Pallavicini e grazie all’intervento della principessa Elvina Pallavicini, è nato il quartiere di Mostacciano sulla ex tenuta agricola di famiglia.

Tenuta di Mostacciano 

Le strutture di una torre, databili al XIII secolo d.C., si trovano interrate su una collinetta a circa 300 metri a nord ovest del moderno Casale di Mostacciano, nei pressi dell’incrocio tra la Via Cristoforo Colombo e il Grande Raccordo Anulare.

I resti di un antico tracciato stradale, ricalcante grossomodo l’attuale Via di Decima, sono stati individuati, in diversi tratti, lungo il confine nord orientale del comprensorio di Mostacciano.

Questa strada, probabilmente già in uso a partire dalla media età repubblicana (IV-III secolo a.C.), si staccava dal chilometro 9,700 dell’antica Via Ostiense e, dopo aver costeggiato il quartiere di Decima, correva per un lungo tratto parallela al fosso di Vallerano, per poi deviare, superata la Via Cristoforo Colombo, verso sud, fino ad incrociare, su una collina posta a 500 metri a nord della Via Pontina e del Grande Raccordo Anulare, l’asse stradale dell’antica Via Laurentina (attuale Via Pontina).

Recentemente, nei pressi di questo incrocio, sono stati individuati i resti dell’antico tracciato di questa strada realizzati con una massicciata in scaglie di basalto all’interno di un taglio operato nel sottostante banco tufaceo; nelle immediate vicinanze, infine, sono state messe in luce alcune sepolture a fossa con copertura di tegole e una probabile tomba a camera.

Il percorso viario dell’antica Via Laurentina, prima di giungere in questa zona, aveva inizio staccandosi al chilometro 6,500 della Via Ostiense e, dopo aver tagliato in senso nord sud il comprensorio occidentale dell’Eur, si raccordava, lasciandosi sulla sinistra il Castellaccio di Casa Ferrata (IX-X secolo d.C.), con l’attuale tracciato della Via Pontina.

A meno di un chilometro a sud da quest’area, all’incrocio tra la Via Pontina e Via di Valleranello, durante la costruzione di un edificio della Telecom Italia è stato messo in luce un diverticolo stradale e i resti di una necropoli databile alla prima età imperiale, con tombe a fossa e copertura di tegole alla cappuccina; probabilmente questo percorso, con andamento verso nord est, si dirigeva verso le alture di Casal dell’Ara, nella tenuta dell’Acqua Acetosa.

Nel comprensorio di Mostacciano, lungo Via Domenico Jachino, sono visibili, in sezione, le murature in opera reticolata di tufo di una cisterna appartenente ad una vicina villa rustica, databile alla tarda età repubblicana (fine II-I secolo a.C.); nelle immediate vicinanze si conservano, all’interno di un giardino condominiale, i resti di una strada basolata.

Altre strutture, attualmente non più visibili, localizzate in Contrada Monti della Creta, si riferiscono probabilmente ad un insediamento rustico di epoca romana.

 

Mezzocamino

Mezzocammino è il nome della trentunesima zona del comune di Roma nell’Agro Romano, indicata con Z.XXXI.
Il toponimo indica anche la zona urbanistica 12f del XII Municipio.
Si trova nell’area sud-ovest del comune, a ridosso ed esternamente al Grande Raccordo Anulare.

Storia

La zona fu così chiamata per il fatto che si trovava a metà strada fra Roma e la foce del Tevere. Lì si trovava una stazione di sosta, per i barconi carichi di merci, che provenivano dal porto di Ostia, diretti verso Roma, al porto fluviale di Ripa Grande, o a quello di Ripetta. Le barche, mediante funi, erano trainate da muli che percorrevano le sponde del fiume. Il percorso richiedeva due giorni e la sosta, dopo il primo giorno di cammino, avveniva in questo luogo, che, per tale motivo, prese il nome di Mezzocammino.
La tradizione vuole che in questo luogo fu martirizzato San Ciriaco, primo Vescovo di Ostia. In questo luogo fu eretta una Chiesa, ancora intatta nel XII sec., e poi andata in rovina: alla fine dell’800 esisteva solo la torre campanaria.
Adiacente alla Chiesa vi era anche un cimitero intitolato al Santo, il cui corpo, insieme ad altri venti compagni martirizzati sotto l’Imperatore Massimiliano, in seguito furono trasportati a S. Martino Monti e le teste a S. Maria in Lata. L’antico cimitero fu invano cercato, ma solo durante i lavori sulla Via Ostiense, prima della I° guerra mondiale,nel 1913 furono rinvenute delle tracce, dove oggi è collocato il ponte sul Tevere del G.R.A. A questi rinvenimenti occasionali fece seguito, tra la fine del 1915 e i primi mesi del 1916, una campagna di scavi archeologici svolta durante la costruzione della linea ferroviaria Roma-Ostia; in quell’occasione gran parte delle testimonianze rinvenute furono completamente distrutte per la realizzazione della strada ferrata.
Oggi l’area abitativa si è ampliata occupando l’area dei Tre Pini e di Poggio dei Fiori, verso la  Pontina, e quasi  tutto il tratto che giunge fino alla riva sinistra del Tevere, raggiungendo la Via del Mare.

Tenuta di Mezzocammino 

La tenuta di Mezzocammino, subito fuori il Grande Raccordo Anulare, è compresa tra l’antica Via Ostiense, la Via Cristoforo Colombo, mentre a sud confina con il fosso di Spinaceto.

La zona è costituita da una vasto pianoro del complesso sedimentario vulcanico della Campagna Romana ed è protesa, verso la riva sinistra del Tevere, con una serie di propaggini collinari di terreno argilloso calcareo separate da profondi canali di compluvio naturale.

All’interno della tenuta di Mezzocammino, lungo questo percorso viario, le recenti indagini archeologiche hanno rilevato un’occupazione stabile del territorio a partire dalla tarda età arcaica (VI-V secolo a.C.) fino ad epoca tardo repubblicana (II-I secolo a.C.).

La presenza di macine in pietra lavica, pozzi idrici, resti di fosse e canalizzazioni confermano anche per questa zona l’uso di tali strutture per scopi abitativi.

Sul limite ovest e nord del comprensorio sono state individuate alcune aree di cava prolungatesi fino ad epoca romano imperiale.

Gli scavi portarono in luce, di fronte al Casale di Mezzocamino, alcune strutture murarie absidate relative a mausolei pagani risalenti alla seconda metà del IV secolo d.C., tracce di una vasta necropoli in uso fra il IV e primi decenni del VI secolo d.C. e i resti della basilica costruita da Papa Onorio I° sulle murature di una cisterna romana, a circa cento metri ad est del moderno Casale.

Tra i due nuclei di strutture fu individuato, per circa36 metridi lunghezza, un diverticolo stradale basolato con andamento est ovest; questo tracciato viario probabilmente si staccava a sinistra del VII° miglio dell’antica Via Ostiense.

Particolarmente interessante fu il rinvenimento, in un piccolo settore di scavo, in parte disturbato da successive costruzioni romane, di uno strato di materiali fittili (frammenti d’impasto, bucchero e ceramica attica a vernice nera) databili ad epoca arcaica (VI-V secolo a.C.); è presumibile che, come nella tenuta del Torrino, tale insediamento arcaico di VI secolo a.C. risalisse ad epoca ben più antica.

Probabilmente il cimitero di San Ciriaco si sviluppò a partire dalla metà del IV secolo d.C., anche se non si può escludere l’esistenza di sepolture più antiche, forse risalenti ad epoca precostantiniana.

Nel XIII secolo d.C. il toponimo di San Ciriaco risulta erroneamente legato ad una torretta d’avvistamento posta a 250 metri a sinistra del chilometro 13,300 della Via Ostiense, nella Tenuta del Risaro.

Per la sua particolare posizione, su un’alta collina, questa vedetta era in contatto visivo con altre due torri, ora purtroppo distrutte: la prima, detta Torricella, situata su un’altura di fronte al Casale di Spinaceto, a sinistra dell’omonimo fosso; la seconda, chiamata Trefusa, era costruita su resti di una cisterna romana a circa 500 metri a est di Casale Ruffo, in località Riserva Quartaccio.

Il recente progetto di urbanizzazione nel comprensorio di Mezzocammino è stato preceduto da un’accurata campagna di indagini archeologiche preventive, tuttora in corso, estese su una superficie di circa 150 ettari.

Un antico tracciato stradale, con pavimentazione realizzata a blocchi di basalto, forse già in uso a partire dalla media età repubblicana, si staccava a sinistra del tredicesimo chilometro dell’antica Via Ostiense e, dopo aver attraversato il pianoro della tenuta, grossomodo in senso est ovest, si dirigeva verso l’area di Casal Brunori per raccordarsi con l’antica Via Laurentina (odierna Via Pontina).

Quest’asse stradale di lunga percorrenza, probabilmente un raccordo tra le antiche Vie Ostiense e Appia, proseguiva, dopo aver attraversato le tenute di Vallerano e della Selcetta, verso la biforcazione, detta di “Pizzo Prete”, tra Via di Trigoria e la moderna Via Laurentina (in quest’area alcune recenti indagini, durante i lavori di raddoppio dell’attuale asse stradale, hanno messo in luce una serie di mausolei funerari, tombe a camera e nuclei di sepolture a fossa con copertura di tegole alla cappuccina); successivamente questa strada tagliava, dopo aver ricalcato per circa due chilometri la moderna Via Laurentina, la tenuta di Porta Medaglia in direzione dell’attuale Via Ardeatina: da qui il tracciato antico è, in parte, ricalcato da Via della Falcognana, fino al sito dell’antica Bovillae sull’Appia.

Casal Brunori

Casal Brunori è un’area urbana del XII Municipio di Roma.
La tenuta di Casal Brunori si estende sulla zona Z.XXVIII Tor de’ Cenci, nell’area sud del comune, esternamente al Grande Raccordo Anulare, fra la via Pontina ad est e la via Cristoforo Colombo ad ovest, subito dopo Mostacciano B.

Storia

All’interno di questo quartiere, si eleva sulla sinistra di via Caduti per la Resistenza (angolo via Eroi di Trilly), presso il palazzo dell’Enasarco, la Torre Brunori, costruita sui resti di una cisterna romana: l’antica vedetta prende il nome da Brunoro di Gambara, conte amico del Farnese che nella seconda metà del XVI secolo possedeva questi territori ma nella carta di Eufrosino è segnata come “Morone”. Era una delle torri di guardia lungo l’antica Via Laurentina e lungo l’asse Ostiense – Appia, estendendo il suo controllo anche alla via che univa la costa ai Colli Albani.
Le recenti indagini archeologiche, svolte nel comprensorio di Casal Brunori, sono state condotte su di una superficie di circa 10 ettari, costituita da una propaggine collinare del complesso sedimentario vulcanico della Campagna Romana; l’area archeologica in un settore compreso tra le attuali vie C. Maestrini e I. Versari, ha rilevato ininterrotta frequentazione da epoca arcaica ad imperiale. La zona era attraversata da un tracciato stradale di epoca romana con pavimentazione in blocchi di selce sparsi dalle arature, identificabile con un segmento dell’antica arteria di collegamento Ostiense – Appia, rintracciata dalla SAR anche verso ovest al di là della C. Colombo, nella tenuta di Mezzocammino, dove presenta una carreggiata di mt. 4 di larghezza delimitata da crepidini mentre è segnalata ad est della via Pontina da allineamenti di basoli sparsi dalle arature.
L’insediamento abitativo di Casal Brunori nasce nel VI – V sec. a.C. con edifici realizzati in materiale deperibili, organizzati in un piccolo villaggio: le strutture presentano, al di sopra di una fossa con funzioni di ripostiglio, un pavimento ligneo ed alzato in blocchi di tufo e mattoni crudi con copertura di tegole. Nel passaggio all’età repubblicana si sviluppa nella stessa area un complesso più vasto con impianto relativo ad attività agricole (basamento per torchio ed articolato sistema per lo sfruttamento delle acque): a questo insediamento corrisponde un sepolcreto composto da un nucleo di tombe a camera di età medio repubblicana caratterizzata dai tipici corredi di vasellame a vernice nera e pezzi di aes rude, rinvenuto in prossimità di una strada arcaica rimessa in luce con direzione est-ovest, all’interno di una tagliata che scende con sensibile pendenza versola via C. Colombo, identificabile verosimilmente come un troncone dell’antica viabilità di raccordo Ostiense – Appia.

In epoca imperiale l’importanza del centro si riduce e le testimonianze si limitano ad un’attività industriale di cava, tramite grotte e cunicoli, finalizzata al reperimento di materiale per la realizzazione delle numerose ville circostanti.

Ad una distanza di 1 Km. a sud, sullo stesso lato, il Lanciani (Appunti manoscritti su tavolette IGM della Campagna Romana, Biblioteca dell’Istituto di Archeologia e storia dell’Arte) riferì l’esistenza di un diverticolo che attraversava la tenuta di Casal Brunori con andamento Est-Ovest.

Tenuta di Casal Brunori

Lo scavo sistematico della zona ha evidenziato i resti di otto strutture riferibili al periodo arcaico (VI-V secolo a.C.), costituite da piccoli edifici con pianta leggermente rettangolare ad unico ambiente; la presenza di alcune tombe infantili conferma l’uso ad abitazione di tali strutture, organizzate come un piccolo villaggio anche per la presenza di due pozzi, forse di uso comune. E’ certo che l’area di queste strutture sia stata rioccupata successivamente, durante l’epoca medio repubblicana (IV-III secolo a.C.), da un vasto complesso di cui si conservano, oltre a varie fosse con materiale di scarico, anche un basamento per il torchio con attigua vaschetta e numerosi pozzi e cunicoli sotterranei collegati fra loro.

A meno di 400 metri a nord est di questo insediamento rustico è stato individuato, al confine con il comprensorio di Mostacciano, una tomba ipogea a colombario risalente alla prima età imperiale (inizi del I secolo d.C.); il sepolcro, non ancora scavato, presenta una scala di accesso ad un vano sotterraneo, con paramento interno in muratura di opera reticolata in tufo.

Un tracciato stradale di epoca romana, con pavimentazione realizzata a scaglie di basalto, attraversava l’area del comprensorio da nord ovest a sud est e collegava la Via Ostiense alla Via Laurentina (odierna Via Pontina).

Verso il limite nord della zona sono state individuate alcune aree di cava probabilmente in uso fino ad epoca imperiale, con lo sfruttamento tramite scavo in grotta e cunicoli.

Nel settore nord nord ovest del comprensorio, infine, in prossimità di una strada di epoca arcaica tagliata nel banco di tufo, sono state rinvenute cinque tombe a camera databili al IV-III secolo a.C.; probabilmente quest’asse stradale, oltre a collegare l’area delle strutture arcaiche, proseguiva a est verso la tenuta di Vallerano, dove il recente scavo di un analogo tracciato viario, presentante una biforcazione, ha rilevato la presenza puntuale di tombe a camera dello stesso tipo e periodo.

Vitinia

Vitinia è una frazione di Roma Capitale, situata in zona Z.XXXI Mezzocammino, nel territorio del Municipio Roma XII.
Si trova nell’area sud-ovest del comune, esternamente al Grande Raccordo Anulare, fra le vie Ostiense a nord e Cristoforo Colombo a sud e ad est si affaccia sulla vallata di Malafede (il cui nome deriverebbe dalla vicina selva di Ostia, molto insicura in tempi passati).

Storia

Vitinia è uno dei più vecchi insediamenti del XII Municipio.
La sua espansione iniziò subito dopo la I Guerra Mondiale sui terreni dei latifondisti Di Marzio e Sirimaldi, in corrispondenza della allora stazione ferroviaria di Risaro, rimanendo piuttosto isolata dal resto della Circoscrizione.
Sul lato verso il mare, Vitinia affaccia sulla vallata di Malafede. Tutta la vallata è stata oggetto di grosse controversie sia per la sua tutela ambientale che per quella geologica ed archeologica, la tenuta appartenne al Duca Lante e poi al Principe Massimo.
Il deposito militare di carburanti di Mezzocammino situato a Vitinia è stato scenario di un attacco tedesco durante la seconda guerra mondiale, alle 20:30 dell’8 settembre 1943, poco dopo l’armistizio proclamato alle 19:45 da Badoglio.
Un nucleo autotrasportato di paracadutisti tedeschi della seconda divisione, la 2. Fallschirmjäger Division, lancia l’attacco di sorpresa allo sbarramento. Dopo una breve resistenza, i fanti della divisione Piacenza vengono sopraffatti insieme al Battaglione chimico a guardia del deposito di carburante di Mezzocammino. Vengono sorpresi e catturati dodici uomini, due cannoni e una macchina mitragliatrice.

Luoghi storici

Nei dintorni di Vitinia era situata la villa di Lucio Fabio Cilone, senatore, console e intimo amico dell’imperatore Settimio Severo (146-211). La presenza della villa è testimoniata dal ritrovamento di una fistola acquaria di piombo che recava la scritta LFABICILONISCV.

Nelle vicinanze c’era anche il ponte della Refolta, così detto dalla riserva d’acqua per le magre del pozzo di Malafede, che era uno dei più splendidi ponti romani antichi della campagna romana.
Sembra inoltre che sotto il terreno in cui sorge l’ex deposito militare di carburanti, oggi caserma in dismissione, esista un’area archeologica sepolcrale: il cimitero di san Ciriaco martire, vescovo di Ostia del III secolo.