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Torraccia

 Torraccia di San Basilio è il nome completo del piano di zona C1 Torraccia del V Municipio di Roma. Fa parte del quartiere Q.XXX San Basilio.
È situata a nord-est della capitale all’interno del Grande Raccordo Anulare dal quale è direttamente accessibile tramite uno svincolo.
Sorta alla fine degli anni Ottanta, adiacente al nucleo “storico” di San Basilio,

San Basilio

San Basilio è il nome del trentesimo quartiere di Roma, indicato con Q.XXX.
Il toponimo indica anche la zona urbanistica 5e del V Municipio.
Si trova nell’area nord-est della città.

I primi nuclei del quartiere di San Basilio, considerata borgata semirurale, risalgono agli anni 1928-1930. La grande vallata abitata da pastori e contadini, che esso era, accolse, dapprima, le abitazioni in carpilite, materiale formato da un impasto di trucioli di legno con calce praticamente capanne in muratura che, come anche in altre aree del suburbio, venivano dette case
“delle 7 lire” e, in questo caso anche “casette Peter”, dal nome dell’ingegnere progettista e, successivamente alla demolizione del villaggio, la nascita di nuove case popolari.
Oggi il nucleo del quartiere popolare è circondato da nuove aree di sviluppo urbano come la Torraccia che è comunque parte integrante del quartiere.

Durante il periodo fascista era abitato da operai e proletari comunisti. Fu teatro, alla pari di altre borgate, della lotta partigiana.

Il nucleo originario ebbe un nuovo sviluppo dopo la fine della seconda guerra mondiale con gli edifici di carattere intensivo della UNRRA, organizzazione umanitaria del famoso piano di aiuti Marshall.

Nel 1960 inoccasione dei Giochi Olimpici svoltisi a Roma, a San Basilio furono realizzate nuove costruzioni: “torri” di sette piani, con riscaldamento e ascensore. Ma già prima, altre borgate, agglomerati spontanei fuori da ogni pianificazione urbanistica sorsero su lottizzazioni abusive: la “borgatella” e la borgata di San Cleto, tra il fosso di San Basilio e la via Nomentana, appartengono a questa fase.
Negli anni ’50, insieme alla parrocchia di San Cleto, su lottizzazione abusiva nasce la omonima borgata di San Cleto, .

La borgata fu costruita da emigranti provenienti per lo più dall’Umbria e dalle Marche che tutt’ora vi risiedono.
San Cleto ospita i ruderi della torre del Coazzo, un casale del XIII secolo costruito su resti di un’antica villa romana.

Il Casale di San Basilio è sito nel quartiere di San
Basilio a Roma.

L’edificio è moderno con una torre con scaglie di selce e laterizio
risalente al XIII-XIV secolo. Verosimilmente è lo stesso casale della piantina di Eufrosino della Volpaia ove vi era una cisterna in calcestruzzo di selce con volta a botte inerente ad una villa tardo repubblicana scoperta nel 1930. La villa consta di un atrio rettangolare con impluvium centrale ed un giardino contornato da un portico su tre lati con coppie di colonne realizzate con laterizio.

Una scala sita a nord-ovest del peristilio portava al piano
superiore. Ad est ed a nord vi erano delle stanze forse di servizio accessibili solo dall’esterno. Ad ovest, invece, vi sono altri ambienti in opus reticolatum.

Alcune strutture murarie e dei mosaici del pavimento sono stati portati al Museo Nazionale Romano. Tali strutture murarie ed i mosaici, nonché dei brandelli di intonaco affrescato fanno capire che la villa risaleva alla prima metà del I secolo a.C. senza particolari interventi successivi.

 

 

Prato Lauro

Attraversato dalla Nomentana, superato il Grande Raccordo Anulare, si estende questo polmone verde della zona che è una “patria” di campi sportivi.

Proprio in angolo con la via Nomentana presenta resti di strutture sepolcrali.

Sant’Alessandro

Sant’Alessandro è un’area extraurbana dei municipi IV e V del comune di Roma. Si estende sulle zone Tor San Giovanni e Settecamini, a cavallo della via Nomentana, tra il Grande Raccordo Anulare e l’incrocio con la via Palombarese, nei pressi della Tenuta Coazzo.

Il lato corrispondente alla zona Tor San Giovanni (M.IV) confina a nord con le Case Nuove, ad est con la via Nomentana, a sud con via della Cesarina e ad ovest con la zona Marcigliana.

Il lato corrispondente alla zona di Settecamini (M.V) confina a nord con il comune di Guidonia Montecelio, ad est con Villalba di Guidonia, Villanova di Guidonia, Setteville di Guidonia e Settecamini, a sud-est con la zona Casal Monastero, a sud con la via di Sant’Alessandro e ad ovest con la via Nomentana.
Sant’Alessandrino è il nome della zona urbanistica 5i del V Municipio del comune di Roma. Si estende sulla zona Z.VI Settecamini.

Sant’Alessandro corrisponde all’antica Ficulea, cui dava il nome alla via Nomentana prima che prendesse il nome odierno (Via Ficulensis).

Il centro attuale si è sviluppato nella 2ª metà del XX secolo, specialmente dopo gli anni ’80, causa l’installazione, tra la via Nomentana e la via Tiburtina della Centrale del Latte di Roma.

Ci sono molti resti archeologici, tra cui:
• Strutture funerarie. Tra via di Cielo d’Alcamo e via Bonvesin de la Riva vi sono delle strutture forse riconducibili a delle strutture funerarie, nonché su via Nomentana, presso il Raccordo Anulare vi sono delle necropoli, delle tombe e dei sepolcri.
• La villa romana Sant’Alessandro. La villa è sita a 300 metri a sud est dell’abitato di Sant’Alessandro. La villa è di età tardo repubblicana con modifiche di età imperiale quando la zona venne insediata di fornaci. La villa, tagliata in due da via Dante da Maiano, è visibile dalla via stessa. La villa dista 800 metri da via Nomentana.
• Il torraccio di Capobianco. Il torraccio è sito al km 13,600 di Via Nomentana. In realtà è un sepolcro.
• Dei resti di Via Nomentana. Sono siti al km 12 di via Nomentana stessa presso un’area di servizio.

Settecamini

Settecamini è il nome della sesta zona del comune di Roma nell’Agro Romano, indicata con Z.VI.
Il toponimo indica anche la zona urbanistica 5l del V Municipio.
Si trova nell’area est del comune, a ridosso ed esternamente al Grande Raccordo Anulare e a ridosso del confine con il comune di Guidonia Montecelio.

Storia

Nasce come borgata rurale ai primi del novecento su territori di proprietà del duca Leopoldo di Torlonia.
Il toponimo attuale inizia a essere usato solo a partire dalla seconda metà dell’800.
In epoca medievale la località veniva chiamata “Campo dei Sette Fratelli” o “Forno dei Septe Fratri” in relazione alla leggenda di Santa Sinforosa e dei suoi sette figli (Crescente, Eugenio, Giuliano, Giustino, Nemesio, Primitivo e Statteo).
Successivamente venne chiamata Forno o Osteria del Forno in riferimento al casale posto a sud della Tiburtina, che oggi viene indicato come Casale di Settecamini dunque quello con lo stemma dei Cesi di Acquasparta sul portale, che ne furono proprietari fino alla fine del 1500.
Di fronte, è invece il Casale della Tenuta del campo dei Sette Fratelli (o Forno dei Sette Fratelli) proprietà dei principi di Torlonia.
Furono proprio loro a vendere al Comune il terreno per la costruzione della borgata Settecamini, nel 1915, nel programma di bonifica e risanamento dell’Agro Romano.

Settecamini è ricca di reperti archeologici preziosi.

Case Rosse

Case Rosse è una frazione del comune di Roma, situata in zona Z.VI Settecamini, nel territorio del Municipio V.
Sorge sul lato sud della via Tiburtina, racchiusa da viale del Tecnopolo a ovest e un tratto di via della Tenuta del Cavaliere a est, è un’area densamente popolata

Deve il nome ai resti del Casale Rosso, al centro del nucleo abitato.

Municipio V

Il Territorio comprende i quartieri di Casal Bruciato, Casal Bertone, Tiburtino (parte), Pietralata, Tor Sapienza (parte), Colli Aniene, Collatino (parte),Ponte Mammolo, Acqua Vergine (parte) Rebibbia, S. Basilio (zone), Tor Cervara (parte), Torraccia, Casal Monastero, Settecamini, Case Rosse, ed ha una superficie di circa Kmq. 49,15.

Storia

Il territorio del V Municipio rappresenta un settore del suburbio di Roma caratterizzato soprattutto dal passaggio dell’antica via Tiburtina, che costituiva la strada principale di collegamento tra Roma e l’Adriatico, e dall’attraversamento del fiume Aniene, antica via d’acqua utilizzata per il trasporto di materiale da costruzione come il tufo e il travertino nonchè, insieme ai suoi affluenti, grande risorsa idrica.

Altre vie antiche come la Nomentana e la Collatina, che deliminano a nord e a sud il territorio il Municipio, insieme alla via Palombarese e alle numerose strade di raccordo, costituivano una viabilità antica piuttosto articolata. Di queste particolare rilevanza doveva assumere, almeno fino al III sec. d.C., la via che si staccava poco oltre il nono miglio della Tiburtina in direzione di Ficulea, per la concentrazione di edifici funerari e di strutture legate al traffico e al commercio di prodotti agricoli.
Soprattutto dal II e I sec. a.C. la regione incomincia a popolarsi di ville rustiche, si ristruttura la viabilità principale e si potenzia l’agricoltura con l’impianto di colture specializzate, e si intensifica l’attività estrattiva lungo l’Aniene come testimonia il fronte di cava tra Pietralata e Salone che raggiunge una lunghezza di oltre 4 km.
A partire dalla prima età imperiale molte ville rustiche si trasformano in lussuose residenze come la villa di Severina presso S. Alessandro, quelle di Aquilio Regolo e di via Carciano pressola via Tiburtina, e lungo l’Aniene, in posizione panoramica a terrazze digradanti e provviste di approdo, quelle di Ripa Mammea e di Tor Cervara.

E’ interessante notare come, in età imperiale, la città si espande nel territorio circostante senza soluzione di continuità. Gli stessi imperatori applicano una politica di decentramento e l’evoluzione della struttura urbana troverà riscontro nel passaggio dalla forma chiusa della città repubblicana a quella aperta della città imperiale dal susseguirsi continuo di ville rustiche e residenziali, di cui alcune particolarmente monumentali con estesi parchi e giardini, necropoli ed edifici funerari.
Soltanto le invasioni barbariche e le guerre gotiche crearono una frattura tra città e campagna provocando un drammatico abbandono del territorio e segnando la fine dell’età antica.
Il primo tentativo di ripopolare il suburbio fu operato dai papi Zaccaria e Adriano I con la creazione nel territorio di domuscultae, centri di produzione autonomi e gestiti da funzionari ecclesiastici, che avevano il compito di assicurare i rifornimenti alimentari alla città e di difesa contro le eventuali incursioni. Il sistema inizia a decadere nel sec. X con l’affermarsi del feudalesimo. La proprietà fondiaria si concentra nelle mani di famiglie nobili o della chiesa che grazie alle continue donazioni vede accrescere il suo patrimonio. Le lotte di potere tra le potenti famiglie romane videro il proliferare di luoghi fortificati, generalmente impiantati su sepolcri o ville romane, lungo le direttrici viarie, a controllo del territorio, che divennero con il tempo il centro di grandi tenute.
Solo con l’unità d’Italia, con l’abolizione dell’asse ecclesiastico le tenute perderanno la loro configurazione; furono edificati nuovi casali e all’inizio di questo secolo realizzate le prime borgate rurali.